- sez 1INTRODUZIONE
- UNO SGUARDO ALLA SITUAZIONE ATTUALE
- VERSO UN NUOVO APPROCCIOALLE SMART CITIES:OLTRE GLI EQUIVOCI ATTUALI
- COSA SI PUÒ FARE, IN PRATICA:RIFLESSIONI SULLA NECESSITÀ DI TROVARE UNA VIA REALMENTE INNOVATIVA ALLA CREAZIONE DI CITTÀ SOSTENIBILI
- SMART DEVELOPING:CROWD-INNOVATION ATTRAVERSOLA OPEN PLATFORM FOR SMART CITIES
- sez 2 ASPETTI OPERATIVIDEL NUOVO APPROCCIO
- VERSO NUOVI TREND DI SOSTENIBILITÀ E NUOVE FORME DI SERVIZIO PUBBLICO
- INTRODUZIONE ALLE NUOVE TIPOLOGIE DI SOLUZIONI
- sez 3IL NUOVO MERCATOPOST-INDUSTRIALE:OPEN MANUFACTURINGE HARDWARE OPEN SOURCE
- SMART SOLUTIONS(OPEN SOLUTIONS)
- sez 4PRINCIPI DI BASEE POSSIBILI DIREZIONI DI SVILUPPODELLE SOLUZIONI PER LE SMART CITIES
Uno smart-approach per le Smart City:
un nuovo percorso di innovazione della la Città
abstract
Il presente documento consiste in una riflessione sull’innovazione delle Città (Smart City), la quale conduce a conclusioni radicalmente differenti rispetto a quelle che attualmente guidano progetti pubblici e privati in tale ambito.
Si propongono uno Smart Approach, un nuovo percorso di innovazione della la Città, che permette un rilancio di PA e Mercato attualmente in una fase di crisi (arroccati indifesa di privilegi che ormai non esistono più, perdono sempre più consenso e business) – e alcuni progetti specifici altamente innovativi (in settori come: Smart City, Smart House, Smart Mobility).
Il nuovo approccio all’innovazione rende possibile il superamento dei problemi che attualmente pongono in fase di stallo tali progetti: ● la dipendenza dai finanziamenti che, con la nuova fase post-crisi, non sono più disponibili (non è più nemmeno necessario il crowd-founding: con il crowd-sourcing il vero investimento diviene il capitale umano) ● costi insostenibili delle tecnologie adottate, quando oggi le tecnologie consumer (già diffuse sul territorio, in tasca ad ogni Cittadino) sono sufficientemente potenti per attuare una innovazione delle Città ● perdita consenso politico: con il nuovo approccio, che coinvolge i Cittadini in un nuovo percorso di miglioramento della Qualità della vita in Città, può essere recuperato il consenso ora sottratto dai partiti e movimenti emergenti ● perdita di business: il Mercato, con il nuovo approccio che abbraccia il nuovo trend emergete post-industriale, è in grado di rigenerarsi (rendendosi indipendente dai finanziamenti pubblici).
Si pone una particolare attenzione nei confronti del nuovo trend di progettazione di strumenti hardware in modalità Crowd-sourging (Makers), che sembra inaugurare una nuova era di innovazione dal basso.
sinossi
( meta-indice -)
( Indice completo in calce )
Il presente documento contiene:
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analisi della situazione politica e sociale europea, e considerazioni rispetto a possibili vie di soluzione della attuale crisi delle Istituzioni
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analisi della attuale situazione di stallo dei Progetti Smart City
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definizione di un nuovo percorso di sviluppo dell’innovazione Smart City – segue una introduzione di ulteriori fattori di innovazione di tale nuovo percorso: le soluzioni crowd-sourcing, e l’approccio dalle Smart Small Town
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definizione di uno Open Platform for Smart Cities (Smart City OS – Framework di sviluppo facilitato – Social Network “costruttivo” (di nuova generazione) – Sistema di supporto a nuove forme di imprenditorialità)
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progetti specifici realmente sostenibili (e realmente utili) per le Smart City.
Struttura del documento
( Indice completo in calce )
INTRODUZIONE
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UNO SGUARDO ALLA SITUAZIONE ATTUALE: analisi e riflessioni sulla situazione attuale – la necessità di rivoluzionare l’approccio alle Smart Cities – alcune considerazione sull’Innovazione della PA: verso una PA sostenibile
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COSA SI PUÒ FARE, IN PRATICA: la possibile ricetta – la crowd innovation – oltre la visione tecnologica: low-tech e nuove forme di imprenditorialità – le nuove opportunitàper le PA e per il Mercato locale
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SMART DEVELOPING: CROWD-INNOVATION ATTRAVERSO LA OPEN PLATFORM FOR SMART CITIES: il recupero della Sussidiarietà – Open Platform for Smart Cities:un nuovo percorso di innovazione dei servizi della città
ASPETTI OPERATIVI DEL NUOVO APPROCCIO
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VERSO NUOVE FORME DI SERVIZIO PUBBLICO E NUOVI TREND DI SOSTENIBILITÀ: verso nuovi trend di sostenibilità e nuove forme di servizio pubblico – oltre il Welfare:il Welfare 2.0 – una nuova Vision per le Smart Cities
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INTRODUZIONE ALLE NUOVE TIPOLOGIE DI SOLUZIONI: innovazione della Cittàcome Social innovation – il nuovo scenario (e le nuove tipologie di servizi) – l’innovazione Servizi pubblici – òe resistenze di PA e Mercato – goals e Attori del nuovo percorso di innovazione
IL NUOVO MERCATO POST-INDUSTRIALE: OPEN MANUFACTURING E HARDWARE OPEN SOURCE
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UNA NUOVA FORMA DI VALORE
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NUOVE QUALITÀ DELLA PRODUZIONE E DELLA DISTRIBUZIONE POST-INDUSTRIALE: nuove modalità di produzione: il mercato Prosumer / Open Factory al posto della catena di montaggio – nuova modalità di progettazione – cosa si produrrà
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LA NUOVA ECONOMIA POST-INDUSTRIALE: LA CONTEXT ECONOMY
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COSA SI PROPONE: APERTURA DI UN POLO DI INNOVAZIONE DAL BASSO
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SMART SOLUTIONS (OPEN SOLUTIONS)
PRINCIPI DI BASE E POSSIBILI DIREZIONI DI SVILUPPO DELLE SOLUZIONI PER LE SMART CITIES
sez 1INTRODUZIONE
UNO SGUARDO ALLA SITUAZIONE ATTUALE
VERSO UN NUOVO APPROCCIOALLE SMART CITIES:OLTRE GLI EQUIVOCI ATTUALI
LA SITUAZIONE ATTUALE IN SINTESI
<> la necessità di superare l’attuale situazione di stallo
L’attuale processo di innovazione delle Smart Cities sembra girare a vuoto: spesso non produce risultati positivi (non produce una reale innovazione – ossia qualità realmente utili). Esso sostanzialmente, è entrato in una una fase di stallo (al di la dei nuovi “programmi” di facciata, che sembrano più che altro mirati a prendere tempo) poiché viene a mancare il sostegno originario di tale modalità di progettazione: i finanziamenti.
Ciò che serve ora è quindi è
UNA SERIE DI RIFLESSIONI SU QUANTO STA ACCADENDO
le quali permettano di
DEFINIRE UN NUOVO APPROCCIO
CHE RIPORTI IL SISTEMA DELL’INNOVAZIONE A PIENO REGIME.
Questo nuovo approccio, che è viene delineato nel presente documento, presenta le seguenti caratteristiche di base:
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si basa su un approccio alternativo sostenibile rispetto alla situazione contingente, quando l’approccio tradizionale alle Smart Cities è divenuto palesemente insostenibile (il nuovo approccio dispone di maggiori risorse – e qualitativamente migliori).
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porta innumerevoli vantaggi sia alla PA (e alla Classe politica che la amministra a livello locale), sia al Mercato (che deve solamente riposizionarsi per riprendere a sviluppare nuovi business).
<> il problema: gli equivoci dell’approccio attuale
( analisi del problema attuale )
La questione di base è: perchè si è arrivati alla attuale situazione di stallo dei progetti per le Smart Cities? Come se ne può uscire?
( punti negativi – gli equivoci )
Il problema è che fino ad ora (almeno a “livello Istituzionale”)
si opera conUN APPROCCIO BASATO SU EQUIVOCI DI BASEche impedisce di imboccare una stradadi reale innovazione delle Città.
Questi equivoci sono fondamentalmente:
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si opera in un’ottica “spesa orienteded” nella quale si ragiona in base ad investimenti in denaro. Ma il denaro, pur rimanendo uno dei fattori importanti nella creazione di una soluzione, nell’epoca attuale della “sussidiarietà spontanea” in quanto “approccio Open Source” (che si basa sull’opera di comunità trasversali di volontari in ogni parte del mondo) ciò che conta maggiormente non è il capitale tradizionale, il denaro, ma il “Capitale umano” (si vedrà che in questa nuova modalità il costo di sviluppo di software è irrisorio, e il supporto hardware delle soluzioni per le Smart Cities si può basare sulle Tecnologie consumer diffuse sul territorio dai device di proprietà dei Cittadini: SmartPhones, Router Wifi, ecc …).
Si tratta quindi di passare ad uno sviluppo di soluzioni “bisogni oriented” (che significa Human Oriented): orientato a sviluppare le qualità umane della Città, per renderla più a “misura d’uomo” (vedremo che il processo non è solo Citizen oriented, ma è anche Citizen driven).
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tale approccio tradizionale orientato alla spesa produce l’attuale dipendenza dai finanziamenti (progetti fund driven): ma i finanziamenti per la gestione dei Servizi (e del Government) vengono a mancare, ed è quindi necessario cambiare radicalmente l’approccio – dal Crowdfunding al Crowdsourcing: ci si deve basare non più sul financing, ma sulla capacità di engagement dei Cittadini (di reperire e coinvolgere il “Capitale umano) nell’ideazione e creazione di soluzioni (anche il Crowdfunding, con l’approccio “Open Source” basato sul volontariato, diviene secondario).
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oggi si opera con un approccio technology centered che non è in grado di produrre risultati qualitativi apprezzabili (quelli che fanno la differenza tra la Città “stupida” e la Smart City – tra sostenibilità ed insostenibilità di una Soluzione) – vi deve invece essere un approccio quality centered: il fine della Città, in essenza, è l’essere umano (la Qualità della vita delle persone): è quindi necessario, per recuperare questo aspetto, cominciare a porre l’attenzione sulle qualità umane del sistema sociale cittadino: per questa ragione è necessario recuperare la tradizionale “progettazione dal basso” delle comunità umane di un tempo (vi deve essere una condizione di Sussidiarietà anche nella progettazione): la progettazione delle Soluzioni per le Smart Cities deve avvenire, per lo meno in gran parte, con la co-partecipazione dei Cittadini.
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si continua ad operare in logiche di Governance tradizionali, quando il percorso di innovazione implica un ripensamento a monte di questo aspetto: è necessario passare da una logica di governance (poche persone che da anni vivono fuori dal contesto di vita del “normale cittadino”, e, dall’alto, pensano di avere le ricette giuste per soddisfare i bisogni dei Cittadini) ad una logica di fornire ai Cittadini strumenti di co-governance (Sussidiarietà).
Ciò significa anche portare all’interno dei processi di Amministrazione della Città maggior “democraticità” (che, si noti, è sinonimo di maggior consenso elettorale): il processo di progettazione di una Città (come quello della gestione di essa) è un processo di tipo democratico: una Città progettata (o ri-progettata) senza il contributo attivo delle persone che la abitano non potrà mai essere abbastanza funzionale ai bisogni delle persone da essere definita Smart.
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si opera con un approccio orientato al Mercato. Dire che i Cittadini sono i clienti del Sistema amministrativo è ancora molto limitativo: nel Mercato attuale (nel quale si è sostituita la regola tradizionale di offerta che nasce per soddisfare i bisogni del pubblico con la creazione di bisogni artificiali) non c’è più posto per una reale soddisfazione dei bisogni delle persone. Tale approccio non fa che continuare a generare problemi di insostenibilità delle Città: distacco delle Amministrazioni (Servizi ai cittadini) dai reali bisogni delle persone (ulteriore scadimento della qualità della vita nei centri urbani), continue ingenti spese con la necessità di vessare i cittadini con pesanti tributi, inefficienza di sportelli e servizi (che penalizzano, tra le altre cose, in modo insostenibile il mondo del lavoro).
> …. al massimo, … per poter cogliere meglio la domanda, … è necessario considerare i Cittadini degli “User”, ed utilizzare un approccio User Driven, ossia Citizen driven: di tipo UGC (User Generated Content): in questo caso UGS, User generated Solutiontions).
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si continua ad operare “per il futuro”; questo è il trend legato alla dimensione sulla via del tramonto (per fattori oggettivi) della “Politica dei finanziamenti” e delle “grandi commesse” per i “grandi Player del mercato”: una dimensione che, per “prendere tempo” (per poter, nel frattempo, continuare a godere di “finanziamenti”), tenta di giustificare una “ricerca pura” e “fasi di progettazione” di lunghezza infinita che non sono in grado di produrre risultati reali. Questo approccio non è affatto smart (si potrebbe dire che è smart dal punto di vista di chi riceve i finanziamenti, se non fosse che i il “tempo dei finanziamenti” sta per terminare).
Con questo approccio non si fa nulla, di fatto, per risolvere i problemi di fondo del presente, che è drammaticamente insostenibile (non si tratta più di una insostenibilità “sopportabile”, come quella dell’inquinamento, della scarsità della qualità dei servizi: oggi le persone non riescono più a sopravvivere – ad “arrivare alla fine nel mese”) a causa della insostenibilità dei costi della vita urbana.
Questo approccio non produce qualità, non è “time to market”, non …. ……. progettare “per il futuro” non è smart abbastanza,
Il problema è quindi “qui e ora”. Non si tratta di continuare a “progettare”, ma di risolvere in breve tempo i problemi del presente: ciò è possibile nel percorso indicato in questo documento: il Progetto Open Platform for Smart Cities. In questo modo si producono vantaggi non solo per i Cittadini, ma anche per le PA e per i Player del Mercato (ammesso che questi sappiano adeguare la loro mentalità).
Per definire un nuovo approccio si deve cioè prendere in considerazione che:
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vi deve essere una progettazione del futuro (valutazione degli scenari possibili: un tentativo di comprendere come si vivrà in futuro) parallelamente alla progettazione di Soluzioni immediate. Oggi si progettano invece soluzioni per il futuro, e non per il presente, ma senza cercare di comprendere veramente come potrà essere un futuro sostenibile.
Le “Soluzioni immediate”, sono possibili, come si vedrà più avanti, grazie ad espedienti come (1) l’utilizzo di tecnologie consumer, (2a) la definizione di Open Platform di servizi pubblici (definizione di semplici protocolli di comunicazioni tra Apps per integrarle in un unico sistema generale della Città), e (2b) di “Framework di sviluppo facilitati”.
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Il futuro è molto più vicino al passato (a modelli conosciuti) di quanto viene delineato ora: l’obbiettivo è creare Città a misura d’uomo, che significa, per la maggior parte, recuperare una dimensione umana già presente in epoche precedenti alla nostra (sia pure una dimensione coniugata con alcune forme di innovazione “compatibili” con la dimensione umana, ovvero umanamente sostenibili).
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le soluzioni per le Smart Cities sono attualmente quasi tutte Soluzioni Mobile: perchè è un trend di “investimento” dei grandi attori del Mercato. Ma la maggior parte delle soluzioni per innovare le Città necessitano solamente di una piccola componente di Mobile: si pensi a Soluzioni per la Scuola o per i Servizi anagrafici (si tenga conto, inoltre, che è molto importante non pensare al mobile come Smart Phone o Tablet: vi sono anche interessanti soluzioni decisamente smart come quelle via SMS).
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<> forse: le soluzioni sono su infrastrutture, quando dovrebbero essere basate sulla creazione di valore aggiunto rispetto alle infrastrutture
si continua a pensare che sia necessario costruire infrastrutture hardware, quando oggi è … basarsi sulle infrastrutture diffuse … customer ..
<> una innovazione, in parallelo, delle PA
Il percorso di innovazione delle Città (la Smart City) è in primo luogo una innovazione di vari aspetti delle Istituzioni della Democrazia: Amministrazione dei servizi, Governance, tipologie di servizi, ecc ….
Si tratta cioè di attuare una “Riforma” delle Istituzioni sociali (in quanto PA e Governance) che può essere praticata in via indiretta (rispetto alle Istituzioni di governo attuali): una riforma de facto, nel pieno rispetto delle Leggi attuali, praticata sull’aspetto pratico della gestione dei servizi [vedi documenti del Progetto Iniziativa riforma dal basso, scaricabili dal Sito].
In altre parole, per rendere sostenibili i servizi delle PA, e per migliorare la qualità della vita dei Cittadini, è necessario riformare il nostro sistema di Pubblica amministrazione e di Governance. E per effettuare tale tipo di riforma non è necessario attendere che vengano prodotte nuove Leggi a livello di Governo nazionale: con uno smart approach è possibile cominciare a cambiare le cose (in gran parte) in modo sostanziale, impegnandosi a progettare soluzioni intelligenti ai problemi attuali, nell’immediato.
Ciò è possibile se si interpreta in modo intelligente la legislazione attuale; e se, come indicato più avanti, ci si rende (in gran parte) indipendenti dai “finanziamenti” (grazie alle nuove tecnologie Software ed Hardware disponibili a livello consumer, ed alle nuove metodologie di ideazione e sviluppo delle applicazioni basate in gran parte sul Web).
In questo modo è possibile, appunto, praticare una Riforma delle Istituzioni indipendente dalle Istituzioni governative centrali (senza cioè aspettarsi l’impossibile: nuove leggi e nuovi finanziamenti).
Una “riforma” con la quale si definisce una “nuova Città”nella quale si progettano e costruisconoNUOVI MODELLI DI WELFARE 2.0che (introducendo, tra le altre cose, la Sussidiarietà tanto spesso sollecitata dalle direttive UE)MIGLIORANO DECISAMENTELA QUALITÀ DEI SERVIZI E LE SPESE AD ESSI CORRELATE.
Sussidiario: “Che serve di sussidio, di aiuto; che costituisce un mezzo complementare e integrativo per qualcos’altro”
Sussidiarietà, derivato di Sussidiario: “In generale, il fatto, la caratteristica, la situazione di essere sussidiario, di svolgere funzione di complemento, d’integrazione. In partic., nel linguaggio politico, principio di s., il concetto per cui un’autorità centrale avrebbe una funzione essenzialmente sussidiaria, essendo ad essa attribuiti quei soli compiti che le autorità locali non siano in grado di svolgere da sé.” (Treccani)
In questo nuovo contesto, si noti, si migliora la democraticità delle istituzioni. Non è una questione morale, ma una questione “pratica”: in questo modo infatti
SI MIGLIORA DECISAMENTEIL PROCESSO DI PROGETTAZIONE E GESTIONE DEI SERVIZI,poiché questi ultimi vengono creati(e continuamente evoluti in base al cambiamento dei fattori ambientali, oggi in continuo cambiamento)con il contributo fattivodei destinatari del processo di soddisfazione dei bisogni
(ossia con la compartecipazione della “Domanda”: in questo caso i Cittadini co-progettano e co-gestiscono, in gran parte, i Servizi pubblici).
Di questo scenario non non hanno nulla da temere né “i politici” né i Player tradizionali del Mercato. Anzi, la Classe politica (e l’amministrazione dei Servizi pubblici) in questo modo si giova di alcuni vantaggi competitivi fondamentali, creando delle “avanguardie” (a livello globale) nella soddisfazione di bisogni reali del territorio.
L’Amministrazione pubblica, tra le altre cose, ottiene in questo modo: di venir premiata dai Cittadini con un alto consenso elettorale; di ottenere migliori “punteggi” di merito da parte della UE, e quindi maggiori finanziamenti; di assumere un ruolo di risonanza internazionale che porta vantaggi nella “visibilità politica” dell’iniziativa, e vantaggi indotti come un incremento del turismo (alcune soluzioni, che operando anche sul web sono accessibili a livello globale, riguardano anche il turismo), dell’organizzazione di eventi, ecc …
Molti vantaggi competitivi vi sono anche per il Mercato: in tale contesto i Player tradizionali possono, semplicemente “riposizionandosi”, entrare in un “business diffuso” non più dipendente dai finanziamenti, oggi in via di estinzione (essi, come vedremo, nel nuovo contesto possono ottenere nuovi vantaggi).
ad esempio offrendo .. supporto tecnologico hardware, come servizi di hosting evoluto; o offrendo, in partnership con i piccoli sviluppatori locali, soluzioni “premium” dei servizi … sportello amico delle Poste ..
Si tenga inoltre conto che, come si descrive più avanti, questo nuovo scenario smart ha una notevole ricaduta positiva sul lavoro locale (si genera un nuovo giro di affari locale attorno alla micro-soluzioni smart che genera occupazione).
RIFLESSIONI SULLA SITUAZIONE ATTUALE
– punto primo: una corretta definizione di Smart City
L’attuale processo di creazione delle Smart Cities sembra quindi girare a vuoto a causa di una serie di equivoci su cui esso si basa.
L’equivoco fondamentale è quello sulla definizione di Smart City.
Da una pubblicazione della UE, “FIREBALL White Paper: Smart Citiesas Innovation Ecosystems Sustained by the Future Internet”
“The Concept of “Smart City”
Cities and urban areas of today are complex ecosystems, where ensuring and quality of life is an important concern.
In such urban environments, people, public authorities experience specific needs and demands regarding domains such as healthcare, media, energy and the environment, safety, an enabled and facilitated by Internet broadband infrastructures. (…) to maintain and upgrade the required infrastructures and establish efficient,effective, open and participative innovation processes to jointly create the innovative applications the demands of their citizens”
– verso una nuova definizione di Smart Cities
( mia definizione di Smart City )
E’ perciò necessario, innanzitutto, puntualizzare la definizione di Smart City:
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Smart è oggi per lo più oggi inteso come intervento di “intelligentizzazione” della Città in quanto “informatizzazione”, automazione, “modernizzazione”. Ma si tratta, in questo caso, di un equivoco: questo trend è proprio ciò che va modificato, dal quale la Smart City deve uscire: i risultati di questo approccio sono le Città “futuribili” come quelle che stanno nascendo, dal nulla, in oriente (Dubai, ecc …), ultra-tencologiche e per nulla sostenibili dal punto di vista dei costi e della qualità della vita.
Con Smart si intende quindi “dotate di una intelligenza propria” (una intelligenza “informatica”). Si dovrebbe invece tener conto del fatto che l’unica forma di intelligenza in gioco è quella degli individui. L’attuale idea di Smart appartiene a quella fase, ormai fallita, che è partita con l’idea di una Intelligenza Artificiale che potesse sostituire, in gran parte, l’intelligenza umana: ma l’”informatica” può soltanto essere un supporto all’intelligenza dell’uomo, e non un sostituto (neppure parziale: la creatività e il decision making sono qualità peculiari della mente dell’uomo; l’informatica può offrire strumenti che supportino tali processi, ma non surrogarli).
Questa forma di “intelligentizzazione” della Città è un livello che va indubbiamente sviluppato, ma solo in subordine all’altro livello, che è di:
-
Smart con il significato di “intelligenza umana”: l’intelligenza peculiare dell’uomo che gli permette di migliorare la qualità della sua vita (mentre gli animali sono “condannati” a vivere sempre “allo stesso livello”). Ossia di intelligenza in quanto capacità dell’essere umano di comprendere come esso può soddisfare al meglio i propri bisogni; qualità che negli ultimi decenni è venuta meno a causa dell’uso dell’intelligenza “super-moderna” che in nome della Politica della Città ha fatto un luogo di Governance dall’alto (sistema nel quale i bisogni dei cittadini finiscono per essere un elemento accessorio); che nel nome delle retoriche populiste ha creato un sistema di Welfare “super-assistenziale” (che ha reso l’uomo dipendente dal supporto di terzi, in netto contrasto con le direttive sulla Sussidiarietà); e che nel nome del PIL ha creato una condizione di scarsità delle qualità umane (e delle risorse naturali) per favorire il super-consumo dei nuovi prodotti del Mercato.
Smart Cities, in questo caso significa Città che recupera la sua accezione originaria di luogo finalizzato a migliorare la vita dell’uomo (una Città che ritorna ad essere “a dimensione umana”).
da Smart a Sostenibili
( Smart Cities come Città Sostenibili )
Si dovrebbe cioè parlare di Città sostenibili più che di Smart Cities.
Ovvero non importa tanto che le città siamo “smart” (di per sé intelligenti): ciò che importa è che le Città siano siano di per sé sostenibili.
Il che significa che:
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le Città devono essere umanamente sostenibili: Città a dimensione umana e Servizi sostenibili (che soddisfino realmente i bisogni dei Cittadini) senza produrre gli effetti collaterali negativi attuali: alienazione psichica delle persone, forme di violenza e crimini non più controllabili, declino delle PA che porta a perdita di qualità dei servizi ed insostenibilità dei costi, ecc … Va inoltre specificato che non si parla dei bisogni così come sono intesi oggi: ossia di bisogni inventati dal Mercato per “far girare l’economia”. Ma dei bisogni reali dell’uomo (fisici e psicologici).
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Città sostenibili significa anche Città che devono cessare di dipendere da flussi di denaro provenienti da Enti esterni (almeno non nella misura attuale): ciò che deve essere compreso è che vanno introdotte nel processo di innovazione delle Città le regole delle Direttive sulla Sussidiarietà: non solo per ciò che riguarda il coinvolgimento dei Cittadini nella co-progettazione e nella co-gestione dei servizi attuali; ma anche nel definire una nuova dimensione di Sussidiarietà di Servizio pubblico nel quale i Cittadini imparano a soddisfare “in proprio” gran parte dei loro bisogni.
Ciò è possibile se, come si auspicano già molti operatori del settore Smart Cities, si cambia radicalmente il paradigma del sistema di servizi; e del Sistema da cui quest’ultimo dipende, il Sistema di Governance.
( anche sostenibilità del Processo di sviluppo delle Soluzioni )
In una vera dimensione di Sussidiarietà (di Smart City) sostenibile deve essere anche il processo di sviluppo delle soluzioni: le Città sostenibili devono quindi essere comunità sociali sostanzialmente co-gestite (in parte) dal basso, dai Cittadini (con una revisione dei rapporti tra PA e Cittadino).
In altre parole
una Smart City può raggiungere una reale sostenibilitàsolo se essa è “co-progettata dal basso”.
I processi di progettazione di una Smart City devono cioè essere Processi Citizen driven: i Cittadini sono infatti non solo i beneficiari delle soluzioni; sono anche le uniche persone che sono in grado di sapere quali sono i veri bisogni che vanno soddisfatti dalle Soluzioni. Ciò per il fatto che il contesto sul quale si va ad intervenire, quello dei bisogni sociali (bisogni dei Cittadini) è un contesto estremamente dinamico:
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di per sé i bisogni si evolvono con l’apparire di soluzioni: la Storia dell’innovazione ci mostra che le soluzioni fanno intravvedere ai beneficiari la possibilità, prima insospettata, di soddisfare ulteriori bisogni (ad esempio: un tempo la possibilità di disporre di una segreteria telefonica sul telefono fisso ha stimolato la “Domanda” di poter consultare tale device in remoto; o, recentemente, la possibilità di consultare mappe sullo Smart Phone stimola il desiderio di poter vedere dove sono, in questo momento, gli amici della mia “cerchia”).
Per questa ragione, tra le altre cose, vi è la necessità di una evolutività delle soluzioni: (le soluzioni devono essere aperte ad una loro evoluzione – vedi più avanti)
… ((copia da altro doc precedente ma metti in approfondimento))
-
inoltre, in momenti come quello attuale, di rapidi cambiamenti (rispetto ai quali anche gli esperti non sanno cosa fare) il quadro dei bisogni sociali è estremamente mutevole, emergono continuamente nuovi bisogni. In tutti i settori: lavoro, sicurezza, Welfare, ecc …
– LA CITTÀ COME ECO-SISTEMA: riportare la Città alla sua dimensione “naturale”, rimettere le persone al centro della progettazione
@città come comunità@ecosistema
Va quindi cambiato radicalmente l’approccio alle Smart Cities, all’innovazione della Città.
In primo luogo, cioè, va ridefinita la concezione di Città. Ovvero
la Città deve nuovamente essere vista nella sua “dimensione umana”, come è stata concepita in origine dall’uomo:
come una “comunità umana” (il Villaggio) che poteva garantire una qualità di vita superiore a quella della “famiglia isolata” sul territorio (grazie alle sinergie tra i “paesani”, oggi Cittadini).
( la dimensione del villaggio )
I nuovi modelli di Città sono oggi infatti prefigurati come un insieme di sottosistemi che riproducono la dimensione del Villaggio (Vicinato, Quartiere, ecc …) nella quale le persone possano vivere in una “dimensione umana”. Ossia in quella dimensione spaziale, fisicamente limitata ai limiti fisiologici dei sensi dell’uomo, e della capacità della sua mente di prendere in considerazione, con “coscienza”, le cose; che è anche la dimensione nella quale l’essere umano può godere di effettive sinergie con altri esseri umani, e può avere una profonda consapevolezza delle “questioni sociali” da affrontare.
Questa è, appunto, la dimensione “locale” nella quale si toccano con mano le questioni da affrontare, le si dibatte faccia a faccia con altri Cittadini (che si conoscono almeno “di vista”).
La Città deve essere quindi presa in considerazione come un ecosistema.
La Città va cioè vista come un sistema organico con un suo “metabolismo”, basato sulle interrelazioni tra le sue “cellule” (esseri umani). Un insieme dalle componenti complesse, non definibili con modelli razionali (componenti, gli esseri umani, che sono contemporaneamente “il motore” ed il Fine della Città, e quindi il Fine di qualsiasi intervento su di essa).
Le Città sono infatti, in sostanza,un insieme di interrelazioni tra persone;e non, come si vorrebbe, un insiemedi servizi, di infrastrutture, di strutture burocratiche
(questo sono tutte “sovrastrutture” rispetto all’essenza del “sistema”: le persone con i loro bisogni).
Le persone sono quindi il fine delle progettazione delle Smart Cities: l’elemento fondamentale su cui portare l’attenzione in sede di progetto.
Non si tratta di retorica: sino a che non si abbandonerà l’attuale concezione che pone l’attenzione sulle “sovrastrutture” vi saranno sempre “inefficienza”, ed insoddisfazione delle persone: e di conseguenza, ciò che conta maggiormente per PA e Mercato, vi saranno sempre insostenibilità di costi (impossibilità di vendere Soluzioni sviluppate per l’attuale “Mercato delle PA”), e perdita di consenso elettorale.
Ciò perchè, paradossalmente, in un contesto in cui il fine è l’essere umano, ponendo in primo luogo l’attenzione su elementi come efficienza, si produce inefficienza.
L’attuale approccio alle Smart Cities che pone la propria attenzione sulle “sovrastrutture” (che sono sistemi puramente razionali) non è quindi in grado di risolvere i problemi di un sistema di soddisfazione di bisogni umani, l’eco-sistema urbano, che è per sua natura non-razionale, non “pianificabile” (non può essere definito in modo razionale) a causa di due fattori determinanti:
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il Sistema di bisogni dell’uomo (l’eco-sistema della Città) non può, come si è detto, essere gestito dall’”alto”, “dal di fuori” poiché in questo caso si viene a perdere il diretto contatto con i bisogni da soddisfare (le analisi divengono astratte rispetto al contesto reale, e le soluzioni che ne derivano sostanzialmente inefficaci)
-
la contingenza attuale è fatta di continue trasformazioni dei suoi elementi di base (fattori sociali) come: mondo del lavoro, questioni di sicurezza sociale, educazione scolastica, integrazione sociale, ecc … ; ciò determina la necessità di avere servizi ed infrastrutture capaci di cogliere tali trasformazioni “in tempo reale” (devono essere “evolutive”, ed essere capaci di adattarsi alla contingenza in continua trasfomrazione); anche per questa ragione, quindi, servizi ed infrastrutture devono essere gestite (per lo meno co-gestite) direttamente da chi deve ricevere una soddisfazione dei propri bisogni sociali.
la necessità di rivoluzionare l’approccio alle Smart Cities: preparare un nuovo scenario virtuoso
L’unica soluzione in un contesto di questo tipo, per le Istituzioni preposte alla gestione del progetto di Innovazione delle Città, è quindi di
intraprendere UNA STRADA CHENON FORNISCA GIÀ DIRETTAMENTE SOLUZIONI:ma di intraprendere un nuovo percorso maieutico,che favoriscala nascita di soluzioni tramite un processo di co-progettazionenella quale solo i Cittadini sono protagonisti
(pur operando questi ultimi con le PA, Università, Player del Mercato).
L’attuale percorso di progettazione delle Smart City, anche nella sua versione più avanzata, ossia quello di incubazione di start up (tramite supporto, ad esempio, delle Università) sono solo, in realtà, un compromesso ancora troppo lontano sia da un modello Citizen Driven, sia dalla reale capacità di individuare ed interpretare domanda da parte dei Cittadini, sia dalla capacità progettuali “professionali” (ad esempio, di una Agency di consulenza di alto livello).
Si vedano a questo proposito le “sviste progettuali” clamorose che emergono nei prodotti usciti da tali incubatori (alcuni prodotti, ma una piccolissima percentuale, sono invece di elevata qualità: ma questi ultimi sono prodotti sviluppati comunque in modalità “professionale tradizionale”). Alcuni esempi: l’App per bimbi (per le neo-mamme) manca dell’elemento fondamentale per una reale soluzione: un sito complementare alla App che le permetta di aggiungere ulteriori funzionalità alla soluzione. O il portale dedicato alla pubblicazione delle idee innovative, che non presenta un minimo livello di reale usabilità e valore aggiunto (offerto invece dai concorrenti).
E’ quindi necessario ribaltare l’attuale approccio alla progettazione di soluzioni per le Città: in particolare, per creare nuove forme di Città più sostenibili non si può prescindere dal rimettere al centro del processo l’essere umano: è cioè necessario definire un sistema di soddisfazione di bisogni “progettato” e “gestito” (per lo meno in un regime di “co-progettazione” e “co-gestione”) dai beneficiari delle soluzioni.
Ovvero ci si deve rendere conto che è necessario mettere in condizione l’eco-sistema della Città di “auto-produrre”, in modo “spontaneo”, soluzioni: è necessario cioè, in primo luogo,
occuparsi di preparare il terreno sul quale dovranno nascere, “dal basso” (in regime di Sussidiarietà richiesto dalla UE),le soluzioni
(in modalità maieutica – facilitata e supportata da Enti Pubblici e Player del mercato).
Si tratta cioè, come vedremo nel prossimo capitolo, di definire in primo luogo un nuovo scenario nel quale si offrono strumenti (una Piattaforma di lavoro collaborativo) che permettano a “normali cittadini” di associarsi tra loro, ed unirsi con piccoli sviluppatori per progettare e creare soluzioni di nicchia che permettano di soddisfare loro bisogni specifici reali (queste soluzioni saranno comunque, nella maggior parte dei casi, utilizzabili da altri Cittadini, anche in altre Città).
Un nuovo scenario di Crowd-sourcing nel quale si integrano, appunto, forme di sviluppo “di base” (Cittadini, sviluppatori, piccole Software House) con PA e Player attuali del Mercato.
Nel prossimo capitolo si illustrano le caratteristiche del nuovo scenario “virtuoso”, fatto di elementi come Open Platform, Framework di sviluppo facilitato e strumenti di lavoro collaborativo (utilizzabili anche da tecno-analfabeti); e anche, tra le altre cose, di favorire la nascita di nuove forme di imprenditorialità.
alcune considerazionesull’Innovazione della PA:verso una PA sostenibile
– vedi in Advisor 1 e 2 –
Per poter innovare in modo sostanziale Servizi ed Infrastrutture è ovviamente necessario innovare, in parte, le PA.
Ovvero per poter innovare in modo efficace quel sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone che è la Città, è necessario in primo luogo innovare alcuni aspetti delle Istituzioni della Democrazia: Amministrazione dei servizi, Governance, ecc ….
Senza una innovazione di tali ambiti è impossibile uscire da un circolo vizioso nel quale vi saranno sempre e comunque insostenibilità di costi (impossibilità di vendere Soluzioni sviluppate per l’attuale “Mercato delle PA”) ed inefficienza dei servizi (e di conseguenza perdita di consenso elettorale).
Si tratta di una questione di sopravvivenza per la Classe politica che attualmente amministra la città.
Se non si vuole prendere in considerazione una effettiva soddisfazione dei bisogni delle persone, in tempi di crisi come quello attuale, le PA dovrebbero almeno prendere in considerazione la questione del consenso elettorale.
E nella nuova dimensione di crisi il consenso lo si crea durante il mandato, e non nella campagna elettorale (ricordiamo che realtà come “Fermare il declino” e il “Movimento 5 stelle” hanno interrotto la pace armata tra le forze politiche tradizionali, ed intervengono come elemento di rottura; erodendo in modo determinante il consenso verso le forza politiche “istituzionali”).
Per poter sopravvivere la Pubblica amministrazione deve quindi entrare nell’ottica di una reale innovazione. Deve cioè abbandonare gli attuali goal primari (come l’accesso ai finanziamenti, la “collaborazione” con il Mercato di vecchia concezione), per passare ad una innovazione qualitativa, sostanziale: mirata ad una reale soddisfazione dei bisogni dei Cittadini.
La PA deve divenire sostenibile, divenendo una Open PA: aperta (in parte) alla collaborazione dei Cittadini (vedi, ad esempio, le possibili forma di Amministrazione e Progettazione partecipata).
Come si è detto in precedenza tale “riforma” delle PA può essere praticata, in “via indiretta” (a livello locale), partendo dall’immediato. Ossia senza attendere che vengano prodotte nuove leggi a livello nazionale, o nuovi finanziamenti [vedi anche documenti del Progetto Iniziativa riforma dal basso, scaricabili dal Sito]
COSA SI PUÒ FARE, IN PRATICA:RIFLESSIONI SULLA NECESSITÀ DI TROVARE UNA VIA REALMENTE INNOVATIVA ALLA CREAZIONE DI CITTÀ SOSTENIBILI
Le Istituzioni della Democrazia moderna sono entrate in una profonda crisi dalla quale anche i maggiori esperti non sanno come si possa uscire.
La questione di fondo sembra essere: vi sono dei difetti di fondo nell’attuale Sistema-democrazia che continuano a produrre i problemi sociali che ci affliggono [vedi documento: La manipolazione delle masse, scaricabile dal sito]
Per questa ragione la nostra Società necessità di una radicale innovazione. Negli ultimi anni sono stati appunto indicate, dalle Istituzioni globali come la UE, alcune strade sulle quali sviluppare questa innovazione: Sussidiarietà e Smart Cities.
incipit (la peculiare evoluzione dell’uomo)
Una innovazione di questo tipo non rappresenta altro che “l’evoluzione dell’uomo”: quel processo con il quale l’essere umano “progredisce” la sua Società.
Nella Storia dell’uomo vi sono dei momenti nei quali una Civiltà specifica incontra delle gravi difficoltà nel gestire se stessa (diviene “insostenibile”) per il fatto che le sue strutture istituzionali non sono più in grado di favorire una naturale evoluzione, o “progresso” della Società. Quello attuale, per la Democrazia moderna, sembra essere uno di quei momenti.
La Scienza ci dice che l’uomo è in evoluzione: l’essere umano si evolve facendo progredire la sua Civiltà (a differenza degli altri esseri viventi che hanno unicamente una evoluzione biologica).
L’Innovazione è cioè nella natura della Società dell’uomo.
Il problema è che nella super-modernità si è congelato questo processo evolutivo dell’uomo (manca oggi, cioè, un reale progresso della Società dal punto di vista dell’uomo), poichè nella nuova condizione gli esseri umani non dispongono più delle loro qualità evolutive: in primo luogo della consapevolezza dei loro bisogni e la conoscenza dei processi di soddisfazione di essi.
Ciò avviene per il fatto che la Società super-moderna ha “accentrato” nelle mani di pochi (“in alto”) i fattori di gestione della “Comunità umana”, che un tempo erano “distribuiti” a livello “bottom” (nei singoli individui, nel Crowd si direbbe oggi). La questione è che era prorpio questa qualità di “intelligenza diffusa” della Comunità umana che la rendeva evolutiva (in grado di evolversi “adattandosi”, come ci dice la Scienza dell’evoluzione, ai fattori contingenti). Che rendeva la Società in grado di soddisfare in modo efficace i suoi bisogni (garantendo una buona qualità della vita a “costi” sostenibili).
Per poter progettare una Città realmente sostenibile
è quindi necessario riportare questa “intelligenza di gestione della società”, ora concentrata in poche persone,al “Crowd”, ai Cittadini
(sia pure con il supporto e la mediazione delle tradizionali Istituzioni di Governance e di Pubblica Amministrazione). Che significa, in pratica, ridistribuire alle persone parte delle facoltà decisionali, ma sopratutto le facoltà ideative e gestionali (in particolare per ciò che riguarda i Servizi pubblici: non è altro che l’introduzione del Principio di Sussidiarietà auspicata dalle Direttive UE).
Ovviamente il processo per ristabilire questa qualità virtuosa nella società urbana (molti piccoli paesi di provincia funzionano già – o ancora – in tale modalità) è complesso, poiché in primo luogo va recuperata la “coscienza civica” del Cittadino, per il fatto che le persone hanno perduto la loro qualità fondamentale: l’idea di essere responsabili dei processi di gestione della loro comunità (quest’ultima non è che l’idea base della Democrazia: “il Cittadino è Sovrano”, ovvero l’idea nella mente della persona che il funzionamento della sua società dipende da lui, dalla sua partecipazione effettiva ai processi di gestione delle Istituzioni).
I Cittadini devono cioè recuperare ora, in primo luogo, (1) la consapevolezza dei loro problemi (ora assente, per il fatto che da molto tempo essi sono tenuti a pensare “ci pensano gli altri a dirmi quali sono i miei problemi”) e (2) la consapevolezza di poterli risolvere (oggi si pretende che siano gli altri a soddisfare i nostri bisogni, invece di pensare se è possibile per noi risolverli direttamente, ed in modo migliore per farlo); e quindi devono recuperare (3) il “saper fare” di un tempo (ossi con il super-Welfare e il super-consumismo le persone non sono più in grado nemmeno di rammendarsi un calzino o di aggiustare un lavandino che gocciola – mancano cioè nella cultura attuale del Cittadino le best pratices di base).
( l’impossibilità di gestire un sistema di bisogni dall’alto )
La questione è che sostanzialmente l’eco-ambiente della Città (come qualsiasi comunità umana),
● o è un “Sistema virtuoso” che funziona in modo “spontaneo”, grazie al fatto che “le cellule” di tale organismo sono in grado di provvedere, in gran parte, ad organizzare il soddisfacimento dei loro bisogni (sono cioè in grado di assumersi la responsabilità della gestione della loro vita: è l’essenza del Sistema democratico);
● o non funziona affatto, come nel caso dell’attuale sistema dei servizi pubblici fortemente gestiti dall’alto (l’aspetto peggiore di questa situazione è che in questo caso, intervenendo dall’alto per risolvere i problemi, non si fa che aggiungere danno al danno).
In altre parole un “Sistema dei bisogni” come è quello della Città deve essere gestito in prima persona da “portatori di bisogni”: i metodi di gestione dall’alto, come può invece essere per gli animali, non funzionano.
Non si tratta di una astratta convinzione ideologica: la Scienza ci mostra che questa è semplicemente una considerazione scientifica.
Quindi, per risolvere i gravi problemi della attuale Società moderna è necessario rendersi conto che non è possibile “fornire dall’alto la qualità della vita dei Cittadini” così come non è possibile “imporre dall’alto” (con la guerra) la Democrazia, come si sta facendo nei paesi di cultura “non-democratica” (non è una questione morale: semplicemente la cosa non funziona).
Ovvero non è possibile creare una forzatura di un sistema che deve essere spontaneo.
E’ invece necessario creare le condizioni, in “modalità maieutica”, affinchè il processo di ri-generazione (di riforma) del Sistema-democrazia (del Sistema-Città) avvenga spontaneamente. Affinchè il Sistema-Città sia effettivamente in grado di produrre una reale qualità della vita (ed una reale sostenibilità dei Servizi per il Cittadino).
Procedere in questo modo, con un processo nel quale le persone divengono protagoniste del cambiamento, non è certo una cosa facile: è necessario intervenire gradualmente preparando opportunamente il terreno affinchè le persone siano motivate ad agire in modo effettivo; a riassumersi, dopo decenni di vita “irresponsabile”, la corretta responsabilità della gestione della propria vita.
Si tratta cioè come si illustra nel prossimo capitolo, di cominciare a creare le pre-condizioni di sviluppo di questo processo di innovazione Citizen-based della Città.
// sospeso // e se si è veramente .. andati nella giusta direzione … si portà sviluppare un effettivo processo virtuoso …
Ovviamente, in pratica, non potendo “rivoluzionare” dall’oggi al domani le Istituzioni pubbliche e Mercato (si otterrebbe l’effetto opposto: di aumentare la crisi di insostenibilità della PA, di scarsità di lavoro, ecc…) si dovrà giungere ad un compromesso: sarà cioè necessario, tra le altre cose, operare in parallelo, su due fronti: per l’immediato e per il futuro (ma , comunque, un futuro non lontano).
In questo documento si traccia un possibile percorso in questa direzione.
LA POSSIBILE RICETTA
ribaltando i ruoli di PA e Cittadini (Sussidiarietà)
Prima di definire qualsiasi aspetto specifico del processo di innovazione della Città (di progettazione di Smart City) è quindi necessario ripensare a fondo l’approccio generale alla questione (è necessario dotarsi di ciò che oggi manca: una strategia generale di intervento).
La Smart City ha cioè in primo luogo bisogno di un Smart appproach. La questione è che oggi si persegue un tentativo di innovazione basato su un approccio appartenente alla stessa forma mentis che ha prodotto l’attuale problema: ossia la crisi delle Istituzioni del Welfare, e la conseguente crisi economica della PA (la cosa peggiore da fare ora è tentare di correggere dall’alto una situazione prodotta proprio da da una mancanza di partecipazione dal basso).
Il problema fondamentale dei progetti di Smart Cityè cioè che il loro approccio è attualmente per lo più obsoleto; e che fino a che non si cambierà, a monte, l’approccio,non si potranno vedere risultati apprezzabili.
(vi sono oggi, in realtà, molti piccoli progetti, anche ufficialmente supportati dalle Istituzioni, che vanno già in questa direzione).
Ora, cioè,
è necessario cominciare a vedere nella giusta lucequel “sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone”che è la Città,nel quale i Cittadinisono coloro che hanno i bisogni da soddisfare,e quindi meglio di ogni altro sanno di cosa si tratta.
(si tratta di bisogni che in tutta la storia dell’umanità precedente al ‘900 i Cittadini hanno risolto da sé).
Per questa ragione è necessario, in primo luogo, mettere i Cittadini in grado di operare in prima persona per soddisfare gran parte dei loro bisogni oggi coperti dalle PA (è la modalità indicata nelle Direttive sulla Sussidiarietà).
O, se volgiamo vedere le cose in un altro modo (dal punto di vista della PA), i Cittadini che rappresentano il problema, possono essere in questo caso anche la soluzione più efficace del problema. O ancora, per dirla con le direttive UE, la soluzione ai problemi dei Cittadini è il regime di Sussidiarietà: in questo modo si possono risolvere in modo efficace gli attuali problemi dei Servizi pubblici poiché li si affronta “all’origine”.
– la crowd innovation
In pratica il processo di creazione delle Smart Cities va visto come un processo di Social innovation che parte da una riflessione e una ri-definizione della concezione del Sistema dei servizi (una ridefinizione delle metodologie di ideazione, gestione e somministrazione dei servizi); ma anche da una ri-definizione del Welfare (in un momento in cui emergono in modo drammatico i limiti dell’impostazione del Welfare “totalmente dall’alto”, il sistema del Welfare va ripensato per poter ridivenire sostenibile, ed in grado di produrre, attraverso la metodologia della Sussidiarietà, una qualità della vita del Cittadino che finora non è stato in grado di produrre). [vedi nella sezione successiva del documento il cap. “Welfare 2.0”]
Si noti come la crisi economica attuale derivi in gran parte da questa impostazione del Welfare super-assistenziale: è questa concezione che ha prodotto l’esplosione dalla “bolla dei mutui” (sono crollati i “mutui welfare” e non mutui privati).
Si dovrebbe cominciare, in questo caso, a ragionare in modo nuovo: un conto è prestare con facilità denaro (delle PA) ai Cittadini (modello di Welfare attuale); un altro è supportare i Cittadini nella “creazione” di una loro nuova casa, “responsabilizzandoli”: è possibile, ad esempio, attribuire ai cittadini lotti di territori di “edilizia agevolata” sui quali essi, con tutti i supporti del caso da parte della PA, possono costruirsi una nuova casa (i supporti possono essere strumenti in prestito, finanziamenti sui materiali, corsi di costruzione – negli Usa è prassi diffusa che i Cittadini si costruiscano le case dopo aver seguito dei corsi).
Si tenga conto che la costruzione di tali abitazioni può avvenire in gruppi di persone: proprietari di altri lotti, amici, ecc… (come è sempre avvenuto nelle “comunità umane”, e come ancora avviene in casi di comunità che adottano criteri di reale sostenibilità).
Queste modalità di “creazione” della propria abitazione sono non solo estremamente più economiche (e, grazia alla modalità di sussidiarietà, estremamente meno onerose per parte della PA) dell’erogazione “old school” di mutui da parte della PA (si deve tenere conto, in ogni caso che, di fatto, il problema è nato dal fatto che tali prestiti sono stati restituiti, e che questo problema ha pesato sull’intera società); ma permettono ai Cittadini ci costruirsi una “Città su misura”, ovvero di creare una qualità della vita molto superiore a quella fornita dal Wlefare attuale.
Si tratta quindi di ripartire creando la condizione “virtuosa” della società umana, nella quale è l’intelligenza diffusa delle persone ad operare in modo sinergico, olistico, per ideare e gestire (collaborando fattivamente con le PA) i Servizi pubblici.
il nuovo approccio Citizen driven innovationanche per le categorie imprenditoriali
( integrazione cittadini – piccoli sviluppatori)
Il punto fondamentale rimane comunque il nuovo l’approccio Citizen driven innovation nel quale i Cittadini assumono un ruolo fondamentale di suggeritori, progettisti, e, in parte, creatori e gestori di nuove forme di servizio pubblico.
Questa Crowd innovation non va però vista solo come una modalità nella quale unicamente i “normali cittadini” si impegnano a risolvere i loro problemi.
In questo percorso si riuniscono e si integrano “Cittadini normali” e piccoli sviluppatori : studenti universitari, professionisti indipendenti, piccole software house del territorio, ecc … (ovviamente questi Cittadini, ideatori o sviluppatori di Soluzioni, saranno opportunamente sostenuti dagli attuali Player del mercato e delle PA – i quali, però, come si illustra più avanti, dovranno nel frattempo cambiare, in parte, la loro mentalità).
Questo percorso comprende “nicchie” formate da diverse di categorie di Cittadini:
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“privati”: categorie “naturali”, già esistenti nel tessuto urbano, ma per lo più non ancora organizzate come tali; come i genitori, anziani,
-
“del Mercato”: in questo caso tali categorie sono quasi sempre già organizzate in “associazioni professionali” (negozianti, piccole imprese, per varie categorie professionali, ecc….)
Queste categorie professionali e imprenditoriali sono una fonte ideativa molto importante poiché esse non solo conoscono molto bene i loro bisogni (problemi come inefficienze di servizi ed infrastrutture pubbliche, mancanza di altri servizi privati di supporto alla loro attività, ecc.. ), ma tali categorie sono anche spesso in grado di indicare, con cognizione di causa, possibili alternative ai servizi attuali. Esse sono inoltre abituate, in qualche modo, a dibattere tali questioni, e a “fare gruppo”.
In ogni caso sarà necessario, per agevolare il processo di innovazione co-partecipato “dal basso” (ovvero per favorire e l’interazione di Mercato e PA con lo “sviluppo dal basso”) favorire la creazione di Associazioni di Cittadini; e di coinvolgere nel processo la attuali Associazioni professionali, o di Imprese (o di stimolare la creazione di nuove Associazioni di categorie professionali, nel caso in cui le attuali non siano in grado si seguire con l’opportuna dinamicità il processo di innovazione).
(ovviamente, a monte, sarà necessario, come si vede più avanti, il terreno … stimolando l’engagemet … coivolgendo i cittadini ……) vedremo ni porssimi capitoli ..
( chiusra cap )
Nei prossimi capitoli si analizzano alcuni elementi della “ricetta” indicata in questo documento. Segue un punto di particoalre importanza .. che riguarda un aspetto fondamentale … l’applciazione delel tencologie alle solzuioni di servizi per le nuove Smart Cities.
OLTRE LA VISIONE TECNOLOGICA:LOW-TECH E NUOVE FORME DI IMPRENDITORIALITÀ
La questione fondamentale è, come si è detto, di superare l’attuale concezione del Sistema di servizi pubblici, superando in primo luogo quegli equivoci di fondo sui quali si basa oggi tale sistema che inficiano la possibilità di ottenere risultati reali.
(il mantenimento di tali equivoci serve solo per prendere tempo in attesa di un “miracolo”; sia gli Amministratori pubblici che gli attori del Mercato dovrebbero rendersi conto che da una lato, mantenendo la situazione attuale, con il cronicizzarsi della situazione di mancanza di denaro per finanziare l’attuale gestione dei modello tradizionale di Servizi Pubblici, si rimane in una fase di stallo; e che dall’altro lato, cominciare a sviluppare una effettiva innovazione, in regime di reale Sussidiarietà, o Crowd-sourcing, rappresenta sia un opportunità di nuovo consenso elettorale, sia nuove opportunità di business ).
( equivoci dal punto di vista ingegneristico)
Per quanto riguarda l’aspetto ingegneristico dell’approccio alle Smart Cities, vi sono due equivoci fondamentali:
-
a proposito dell’approccio progettuale, dal punto di vista della progettazione oggi i progetti di soluzioni sono
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progetti privi di un reale collegamento con la realtà (non in grado di cogliere la reale “domanda”) – si tratta, appunto, del risultato della attuale, obsoleta, metodologia di gestione dall’alto del processo di innovazione delle Città.
-
progetti pianificati per il futuro – oggi serve realizzare soluzioni immediate (ma soluzioni evolutive che possano essere messe a punto, in modo ottimale, con il tempo, attraverso l’”esperienza sul campo”).
-
a proposito delle scelte tecnologiche di base: oggi ci si basa sulla ricerca avanzata che mira ad inventare nuove tecnologie, quando, come vedremo in questo capitolo, è sufficiente utilizzare in modo intelligente le attuali tecnologie consumer (non è più, ad esempio, necessario disseminare il territorio di sensori, poiché, come si fa già con molte App, oggi è possibile utilizzare la rete di sensori diffusa dal crowd sul territorio con Smart Phone).
Oggi
è quindi possibile, con uno Smart Approach,partire con soluzioni immediate, di grande efficacia
(anche grazie al fatto che esse, come vedremo, possono essere integrate in uno Smart City OS); ovvero oggi è possibile sviluppare un processo di creazione della Smart City in modo estremamente economico ed efficace (ed estremamente vantaggioso per PA e Mercato).
Ciò che manca, in primo luogo, è oggi è una visione strategica generale, che in questo documento si comincia a definire.
LA MATURITÀ DELLE TECNOLOGIE CONSUMER:LA SVOLTA TECNOLOGICA (e progettuale)
Oggi le tecnologie (hardware e software) sono approcciabili (possono essere manipolate) anche dalle persone comuni (sono semplici da comprendere e manipolare, hanno costi irrisori, e dispongono di qualità confrontabili con quelle delle “tecnologie avanzate”: uno Smart Phone dispone attualmente di una potenza tecnologica che pochi anni or sono si trovava solo su dispositivi molto sofisticati, dai costi di milioni di dollari).
Il livello di “potenza” raggiunto oggi dalle Tecnologie consumer permette quindi di cambiare radicalmentel’approccio ingegneristico alle Smart Cities.
( qualità delle nuove tecnologie consumer )
Le qualità delle attuali tecnologie consumer sono infatti:
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esse forniscono prestazioni assolute ormai superiori alle reali esigenze delle soluzioni per le Smart Cities.
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esse necessitano di una progettazione molto molto semplice (per la loro integrazione in App). Con l’uso di tali tecnologie consumer passa in secondo piano la “questione tecnologica”: non c’è più bisogno di fare ricerche sofisticate, di mobilitare esperti per le analisi dei contesti nei quali si interviene: si può finalmente focalizzare l’attenzione sul vero problema; e lo si può fare “dal basso”: in questo nuovo contesto sono gli stessi Cittadini che possono ideare soluzioni efficaci per le Smart City.
-
con esse la gestione “ingegneristica” diviene alla portata di sviluppatori di basso livello (per lo sviluppo delle componenti software, e per la gestione delle funzionalità delle componenti hardware): è alla portata di studenti di un Istituto tecnico (e spesso di comuni cittadini “smanettoni”).
Quindi in questo nuovo contesto non ha più senso ricercare “invenzioni tecnologiche”, ma ci si orienta direttamente a creare “soluzioni” ai problemi.
E’ importante comprendere l’importanza di questa svolta tecnologica, poiché l’attuale problema delle Smart Cities (mancanza di progetti efficaci) deriva prorpio dal fatto che sino ad ora PA e Mercato si sono concentrati su soluzioni Hi-Tech; un approccio che non ha permesso di sviluppare una reale risposta alla Domanda (non ha permesso di creare servizi realmente sostenibili, che migliorino effettivamente la qualità della vita dei Cittadini).
Un esempio di soluzione “low-tech” nettamente più efficace di quella corrispondente hi-tech: un “eolico privato”, legato ad esempio, al singolo edificio (si tratta di una “re-invenzione”, poiché si può vedere una “Invenzione tecnica” di questo tipo nelle fattorie dei film western).
Un’elica sul tetto dell’edificio è l’invenzione di per sé, che essendo “diffusa sul territorio”, gestibile sotto la responsabilità dei condomini, è già decisamente più sostenibile dell’eolico delle mastodontiche eliche che arrugginiscono immobili sul territorio italiano.
Ma l’elica sul tetto non è ancora una soluzione: una soluzione prevede, ad esempio, una integrazione dell’elica con il sistema elettrico della casa. (ed esempio, un collegamento intelligente con gli elettrodomestici, che si avviano automaticamente quando c’è il picco di vento – di energia). E prevede, possibilmente, un collegamento con altri edifici ai quali è possibile, nei momenti di picco, cedere in qualche modo l’energia.
Allargando il sistema sul territorio, si può creare una rete di rilevatori (sono le stesse eliche) che possono permettere di creare “mappe del vento” che permettono, ad esempio, di segnalare l’arrivo di flussi di vento.
– le opportunità fornite dalle nuove tecnologie consumer
La grande opportunità del momento è quindi la possibilità di sfruttare le “nuove tecnologie” (consumer) più abbordabili: meglio manipolabili (anche da persone di basso livello di competenza), estremamente economiche (sono inglobate nei dispositivi elettronici che usiamo tutti i giorni; e sono diffuse sul territorio a spese dei privati).
Sono tecnologie che hanno, appunto, una altro importante vantaggio: sono già ora diffuse sul territorio perchè fanno parte della dotazione di base della maggioranza dei Cittadini: accesso ad Internet, Web Cam, Smart Phone, Tablet, Black box nelle auto, Centraline per il riscaldamento, ecc … Questi device inglobano le stesse tecnologie che fanno parte delle costosissime soluzioni HiTech (non troppo smart, quindi) oggi in progetto per le Smart Cities (sono, ad esempio, le tecnologie: GPS, videocamera, connettività wireless, e possibilità di condividere i dati con il crowd ).
Si tratta di una svolta nel progresso dell’umanità: le tecnologie tornano ad essere alla portata della gente (come le tradizionali “tecniche”: l’aratro, la vela, il forno a legna, ecc …); gli utenti possono facilmente venirne in possesso ed utilizzarle in modo efficace (di fatto, in gran parte, lo hanno già fatto); ma anche manipolarle (utilizzarle per creare nuove soluzioni-App, integrarle in soluzioni complesse).
Con le tecnologie diffuse sul territorio(“in tasca” ad ogni Cittadino)è quindi possibile creare sistemi tecnologici che in precedenza sarebbero costati cifre insostenibili:
investimenti di milioni di euro in hardware sono oggi sostituiti da un investimento “diffuso” nel crowd, “a carico dei cittadini”.
Questa nuova realtà produce il vantaggio immediato di abbassare enormemente i costi degli interventi di innovazione sul territorio , per il fatto che ora:
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gli utenti dei servizi pubblici hanno in tasca “i terminali” del sistema di servizi pubblici digitali. Un investimento spontaneo “privato” sostituisce la necessità, ormai insostenibile, di effettuare grandi investimenti per l’innovazione delle infrastrutture: non c’è più bisogno di disseminare la Città di visori digitali o punti interattivi (display, Kiosk-Totem), poichè la maggior parte dei Cittadini dispone già di tali dispositivi (certo, è necessario ovviare al digital divide che in questo modo si crea: ma si tratta di un intervento di tutt’altra dimensione – si noti inoltre che molto può fare per eliminare il digital divide utilizzando nuove tecnologie: molte persone non si dotano di telefono cellulare a causa della sua difficoltà di utilizzo: ma oggi con un telefonino Android con una App da pochi euro è possibile avere un telefono a portata di anziano tecno-analfabeta più facile da usare di un telefono fisso – in questo modo tale utente diviene anche in grado di inviare messaggi testo). E, come vedremo, non c’è nemmeno bisogno di disseminare, come si sta facendo ora, il territorio di sensori digitali.
Questi terminali non solo solo informativi, ma permettono di eseguire operazioni come quelle “di sportello”: prenotazione (anche per i trasporti), creazione documenti fiscali, ecc …
-
Queste nuove tecnologie consumer possono non solo essere utilizzate nella modalità appena indicata, ma possono anche essere condivise con gran profitto con gli altri Cittadini: sostanzialmente in molti casi non c’è più bisogno di disseminare il territorio di nuovi sensori (ad esempio: rilevazione di temperatura, segnalazione di posizione), poiché è possibile utilizzare la rete di sensori “privati” diffusa sul territorio che condividono i loro dati (già molte App lo fanno – ovviamente è possibile scegliere di nascondere l’identità di chi fornisce i dati). Si possono utilizzare, ad esempio, i sensori delle auto o degli Smart Phone per gestire la mobilità (più avanti vengono descritti vari tipi di soluzioni di questo tipo) [vedi Progetto Mobility 2.0, sul sito lucabottazzi.com].
Con questa rete diffusa di dispositivi interconnessi tra loro è anche possibile creare “reti virtuali” (che non hanno bisogno dell’installazione di nuove infrastrutture): reti peer to peer che si basano sulla condivisione degli Smart Phone e Tablet (questa opportunità è già sfruttata, ad esempio, in alcuni progetti di Mobilità).
le nuove opportunitàper le PA e per il Mercato locale
( rischio relativo per PA e Mercato )
Si ricorda che tutto ciò, a differenza di quanto si possa pensare, comporta un rischio molto relativo per le PA e per il Mercato, a fronte di notevoli vantaggi.
Questa nuova strada all’implementazione di servici pubblici technology-based innovativi permette infatti a PA e Mercato di uscire dall’equivoco di fondo che sta li sta portando in una situazione di stallo (a patto che si adotti un approccio innovativo).
Questo equivoco consiste sostanzialmente nel fatto che oggi si insiste sulla progettazione di soluzioni “hard” (ad “alto investimento”, che prevedono la creazione di nuove infrastrutture hardware dai costi esorbitanti) come quella, ad esempio, tanto per citarne una, che prevede di mettere i sensori per rilevare la temperatura ambientale in ogni lampione stradale. Senza rendersi conto che tali soluzioni tecnologiche ad “alto investimento” non producono che risultati, dal punto di vista della reale soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, estremamente scarsi; e che in ogni caso non possono più essere realizzate nel nuovo regime di austerità economica (si è riusciti a farlo in alcune Città, indicando in fase di progetto elementi di virtuosità che all’atto pratico sono di pura fantasia – in ogni caso ora quel canale è chiuso).
Un altro equivoco è quello su cui si basano molti incubatori a partecipazione pubblica, come quelli delle Università, che producono soluzioni che sono quasi sempre molto lontane dall’essere reali “prodotti di Mercato” (eccetto poche pregevoli soluzioni). Ossia lontane dal centrare la Domanda: lontane dal presentare reali qualità di utilizzo, features realmente funzionali, ecc… (mancano, come minimo, di una analisi “professionale” – vedi in altra parte una sintetica analisi di alcuni prodotti).
Il problema sembra essere che nessuno sembra pensare ad un approccio realmente innovativo come quello indicato in precedenza (ciò in Italia, quando in altri luoghi ci si da già da fare in tale direzione); nessuno sembra pensare che un approccio crowd-sourcing è molto più proficuo per PA e Mercato (si tratta di un processo dal basso – relativamente – che si integra opportunamente con PA e con Player del mercato, i quali assumono una nuova mentalità).
Vediamo, in sintesi, gli effetti di tale modalità di innovazione, in entrambi i settori:
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con il nuovo approccio per le PA le cose non cambiano se non in meglio; la singola Città ha la possibilità di divenire, per lo meno in questa fase di transizione, una avanguardia a livello mondiale nell’innovazione dei sistemi dei Servizi pubblici (ma anche, più in generale, una avanguardia nell’innovazione delle Istituzioni democratiche) con tutto ciò che consegue: ricevere “punteggi” elevati da parte delle Istituzioni internazionali, e quindi esenzioni da sanzioni, finanziamenti maggiori, ecc … Ed anche vantaggi indotti come maggior turismo e organizzazione convegni (i servizi sul turismo sarebbe visibili a livello globale sul Web).
Certo, cambierebbero invece le cose per quelle realtà politiche locali che non sapessero adeguarsi al cambiamento, ossia non fossero in grado di cambiare la loro mentalità (si vedrebbero soffiare il posto, alle elezioni, dai movimenti emergenti).
Questo cambiamento è in ogni caso inevitabile: quella di innovare la Città in direzione di una maggior sostenibilità dei servizi, ed una maggior qualità della vita dell’”elettorato” è oggi una necessità: con l’approccio tradizionale adottato ora questi risultati non potranno mai essere conseguiti, e le PA corrono rischi molto maggiori non adottando il nuovo approccio.
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per i Player del mercato le cose cambierebbero in meglio: vivere con il vecchio approccio in attesa del miracolo di un “risanamento dell’economia” che permetta di ritornare alla “politica degli alti investimenti” per singole soluzioni innovative per le Città sembra un’idea astratta (alla luce anche delle diagnosi più ottimistiche). Con il nuovo approccio, ridefinendo le proprie strategie, riposizionandosi in modo opportuno, le Aziende che attualmente operano nel settore possono inaugurare una stagione di nuovo business (ovviamente chi non fosse in grado di adattarsi al nuovo approccio sarebbe fortemente penalizzato).
Una considerazione importante: nel nuovo approccio vi è un “ri-posizionamento” generale del Business dal quale traggono grandi vantaggi PA e Cittadini: infatti in tal modo si porta la “produzione industriale” (con un downsizing della ricerca e della produzione), a livello locale, con enormi benefici per l’economica locale. Ciò significa non solo un netto miglioramento della situazione dell’occupazione locale, ma anche, per lo meno nei primi anni, il divenire delle Smart City un polo “industriale” di riferimento per le altre Città. Questo nuovo approccio è quindi particolarmente attraente per le Città che debbano riconvertirsi da una economia industriale in declino. Ovviamente, in questo caso, i Player del mercato internazionale devono sapersi riconvertire con una “struttura diffusa” negli ambiti locali.
la nuova imprenditorialità dal basso
Il nuovo scenario delle Smart Cities è quindi caratterizzato da una nuova forma di imprenditoria che si sviluppa maggiormente a livello locale (non è, in fondo, che un recupero dell’imprenditoria tradizionale). In questo nuovo scenario nascono cioè nuove forme di business (con nuove forme di lavoro, diciamo di “smart working”): un business che si sviluppa dal basso, in piccole realtà, molto dinamiche. Nel quale non si tratta più di produrre hardware sofisticato, ma di assemblare tecnologie avanzate in modo piuttosto semplice; e di creare semplici applicazioni in grado di gestire i dispositivi hardware consumer (di per sé hi-tech): ciò che conta, in questo caso, è il reale valore che viene sviluppato con queste soluzioni.
Con questo nuovo approccio si hanno, come si è detto, innumerevoli vantaggi per il business e per la Città: si tratta di
una innovazione Citizen driven che produce soluzioni in grado di soddisfare effettivamente i reali bisogni delle persone (della Città);
soluzioni che sono anche soluzioni evolutive, in grado di adattarsi dinamicamente alle evoluzioni delle questioni relative ai vari aspetti sociali della Città.
In questo nuovo scenario dovranno, ovviamente, essere ripensati molti dei fattori che concorrono allo sviluppo dei business (si analizza la questione nel prossimo capitolo).
Dovrà, ad esempio, esserci una ristrutturazione del sistema di relazione tra PA e piccole imprese. E le imprese dovranno molto probabilmente trovare nuove forme di associazione, integrazione; e di interazione con la domanda (semplicemente riadottando l’approccio tradizionale di Business in quanto sviluppo della soddisfazione dei bisogni della Domanda).
Ma, a monte di tutto, in questo profondo ripensamento di attività pubbliche e private, vi dovrà appunto essere l’emergere di nuove forme di imprenditorialità (in qualche modo facilitata, assistita).
Strutturata in forme in parte simili alle Cooperative sociali: ma con un approccio meno “social” e più imprenditoriale (seppure di piccola imprenditoria di dimensione della “Start Up di studenti”).
Questo nuovo modi di creare soluzioni di pubblico interesse (servizi pubblici e privati) sarà, appunto, un recupero delle qualità tradizionali del Mercato. Ma, ovviamente, in modo progredito rispetto al passato grazie alla possibilità di utilizzare le nuove tecnologie software ed hardware non solo per il prodotto, ma anche per il processo di ideazione, progettazione e realizzazione delle soluzioni.
Più avanti, nella prossima sezione, si illustrano più nello specifico le qualità di questa Innovazione Citizen Driven, e di queste nuove forme di imprenditorialità).
Nel capitolo successivo si analizzano invece, tra le altre cose, alcuni dettagli per la definizione d un percorso di preparazione del terreno per una tale il tipo di innovazione sin qui descritto:
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definire una piattaforma che faciliti il nuovo approccio alle Smart Cities
… (se non .. almeno di interazione a livello di dati …) in ongi caso “standard” …
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incentivare l’intraprenditorialità “a basso livello”.
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incentivare l’ideazione di Apps specifiche da parte dei Cittadini – Citizen as developer
(ma orientate a bisongi .. l’utente dei servi è il creatore ..…)
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incentivare la creazione di nuovi servizi da parte dei Cittadini (associati in varie forme) in modalità di Sussidiarietà – Citizen as service
SMART DEVELOPING:CROWD-INNOVATION ATTRAVERSOLA OPEN PLATFORM FOR SMART CITIES
Il nuovo approccio all’innovazione della Città – alla progettazione delle Smart Cities – prevede quindi
UNA NUOVA VISION DEL SISTEMA-CITTÀ:
una nuova concezione di servizi pubblici (e, in parte, della Governance); una nuova dimensione del business; ed un nuovo modo di “essere cittadini” (nel quale i Cittadini hanno finalmente un ruolo attivo, collaborativo, nella gestione di Città).
In sostanza andiamo verso
una modalità di erogazione dei Servizi pubblici che recepiscei principi espressi nelle direttive sulla Sussidiarietà
che per anni sono rimasti nel cassetto delle Amministrazioni, poiché erano viste come un impedimento alla “politica degli investimenti”: oggi la Sussidiarietà diviene, a livello politico, una necessità per poter ottenere il consenso politico per continuare a governare (Sussidiarietà significa migliore qualità della vita, a costi inferiori); e per il Mercato la Sussidiarietà diviene una opportunità per rilanciare il business (seppure sotto forme che richiedono un ripensamento delle modalità operative, un riposizionamento da parte dei Player del Mercato).
IL NUOVO APPROCCIO PROGETTUALE:IL RECUPERO DELLA SUSSIDIARIETÀ
il significato del termine Innovazione
Uno di problemi che rendono particolarmente insostenibile il sistema di Servizi pubblici (anche dal punto di vista del finanziamento iniziale, cosa che rende impossibile la realizzazione della maggior parte delle attuali mega-soluzioni per le Smart Cities) è l’equivoco di fondo sul significato del termine innovazione.
Innovazione non è, come si intende oggi, l’applicare nuove tecnologie ai processi tradizionali.
Innovazione è, invece, migliorare i prodottidal punto di vista della loro qualità utile per gli utenti.
Ovviamente, in uno scenario come quello attuale, nel quale sono disponibili nuove tecnologie estremamente efficaci, si tratterà anche di applicare queste tecnologie ai prodotti.
Ma perchè vi possa essere una reale innovazione (una effettiva soddisfazione della Domanda di servizi pubblici) è necessario che l’aspetto tecnologico passi in secondo piano: l’attenzione progettuale deve in caso caso essere focalizzata sulla ricerca della soddisfazione dei bisogni delle persone.
(per capirci: la progettazione o è sviluppata con una attenzione alle tecnologie, ed allora assume una connotazione tecnocratica; o è sviluppata con un “approccio da “problem solver”, un approccio umano finalizzato a creare valore reale per l’utente. Purtroppo non si sono vie di mezzo, poiché nel primo approccio i veri creatori di valore vengono esclusi dal processo; mentre nel secondo caso, l’approccio “umano”, trovano una collocazione nel progetto le tecnologie – il risultato di questo approccio è quello illustrato nel video nel quale si vede la nonnina che utilizza con soddisfazione l’iPad).
la necessità di ri-sintonizzarsi sulla Domanda reale
Ciò significa adottare una metodologia nella quale il processo di ideazione e progettazione delle soluzioni sono guidati dalla Domanda. Intendendo però qui la Domanda reale, quella analizzata da A. Smith, che ha fatto funzionare il Mercato per secoli; e che oggi è stata sostituita dalla Domanda artificiale (“immaginaria”) del super-consumismo (cosa che rappresenta la principale forzatura del Mercato che ha prodotto l’attuale crisi economica).
E’ un approccio che recupera la dimensione originaria del Mercato. Ma non può essere un “puro” approccio di Mercato (come si cerca, spesso, di fare ora, riportando i meccanismi dell’Azienda nel settore pubblico), poiché per molte ragione ciò non può funzionare poiché vi sono differenze fondamentali tra i due settori.
[excursus] Una riflessione sulla diversità tra il Mercato e il settore dei Servizi pubblici.
Non si tratta di una considerazione ideologica: se questo metodo di creare una domanda artificiale può funzionare per il Mercato, non può invece funzionare per i Servizi pubblici.
Infatti in un contesto come quello del Mercato, in cui vige il meccanismo del “consumo”, vi sono due caratteristiche fondamentali: (1) le persone pagano direttamente i beni acquistati e (2) i Consumatori possono essere convinti ad acquistare “il superfluo” per il fatto che non vi sono veri riscontri dell’eventuale inefficienza del prodotto (si tratta, appunto, di “superfluo”; di prodotti tutt’altro che “vitali”, dei quali il Consumatore recepisce più che altro un “valore emozionale” – superflua, in questo caso, può essere anche solo la componente di valore aggiungo che i Consumatori pagano per un design chic dell’auto).
Il caso dei Servizi pubblici, sopratutto in un regime di forti ristrettezze economiche, è totalmente differente. In questo caso la modalità attuale del mercato non può funzionare per il fatto che:
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si tratta di servizi improntati sulla pura utilità (e di servizi essenziali, “vitali”); se in questo caso le soluzioni non funzionano in modo efficace, la vita del Cittadino viene decisamente penalizzata (fanno eccezione, ovviamente, i “servizi” come le Notti Bianche, sui quali le PA sembrano porre ultimamente una attenzione che probabilmente andrebbe rivolta alla creazione di soluzioni dalla valenza maggiormente “utility”).
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i servizi sono pagati attraverso il sistema delle tasse. Ciò comporta differenze notevoli rispetto al sistema di “acquisto consumistico”: i Cittadini pagano in questo caso in modalità differita, e quindi, dal punto di vista psicologico, si produce uno stress al momento del pagamento (sostanzialmente non vi è, nella testa del “consumatore”, una chiara rispondenza tra il servizio utilizzato e la spesa specifica che devono sostenere).
ad esempio, in questo caso non si può riprodurre il meccanismo di “acquisto di impulso”; in altre parole
Si deve aggiungere che nel caso dei Servizi pubblici, con il “Sistema delle Tasse”, che le direttive UE spingono a sostituire, in parte, con il Sistema della Sussidiarietà anche per questa ragione, si perde di vista la questione dei costi reali dei Prodotti. [vedi nella prossima sezione una analisi di questa problematica]
In ogni caso, in entrambi i casi oggi la scontentezza si traduce in una perdita di consenso: per quanto riguarda il Mercato i Consumatori tendono ad abbandonare la Grande Distribuzione tradizionale per passare agli “alternativi” Discount. Mentre per il settore pubblico i Cittadini tendono a votare partiti “alternativi” a quelli attuali.
la necessità di adottare un approccio User driven
Nell’ambito dei Servizi pubblici, in particolare in questo momento di crisi economica delle famiglie, le PA devono quindi adottare un nuovo approccio:
un recupero della politicadi soddisfazione dei bisogni dei Cittadini
(per poter realizzare servizi realmente sostenibili, che migliorino la qualità della vita dei Cittadini).
Si tratta di un approccio User driven (Sussidiarietà). La strada per realizzare questa Innovazione del Sistema dei servizi pubblici (un recupero della concezione dei servizi come soluzioni per la reale soddisfazione di reali bisogni delle persone) passa infatti, in primo luogo, per un recupero della partecipazione dei Cittadini.
Si tratta cioè di una innovazione Citizen driven che, come chiedono le direttive sulla Sussidiarietà, è inclusiva: ingloba nel processo di innovazione i destinatari dei Servizi (li coinvolge in attività d co-ideazione e co-gestione di tali servizi).
In altre parole le soluzioni per la Città intelligenti nascono con un coinvolgimento dell’intelligenza diffusa nel Crowd.
Non è più quindi, appunto, una “innovazione tecnica”, ma una Social innovation che implica un ripensamento, ed una ridefinizione (almeno parziale) (1) sia di Governance, (2) sia del sistema di servizi.
la necessità ..di un cambio di mentalità da parte di PA e Mercato( un approccio non social )
Se nella gestione delle PA non vi può essere un puro approccio di Mercato, il nuovo approccio alla progettazione delle Smart City non può essere neppure un approccio Social come è stato concepito sino ad ora (una socialità “centralizzata”, pianificata dall’alto).
Non si può, cioè, essere più legati, come si è tutt’ora, né all’idea di poter risolvere dall’alto, in qualità di “esperti”, i problemi della gente; né alla pura mentalità dei “finanziamenti” (ovvero degli “alti investimenti”). Tale approccio non conviene più, sotto nessun punto di vista, nè a chi gestisce le PA, nè agli attuali Player del mercato.
In primo luogo perchè quel tipo di finanziamenti, nel nuovo regime di austerità, non solo sta venendo meno; ma perchè tali finanziamenti oggi non sono più comunque nemmeno giustificati dallo stato attuale delle cose: oggi le infrastrutture che si vogliono costruire in tal modo (con alti “investimenti”) non già disponibili, in modo diffuso (in tasca alle persone), sul territorio urbano (vedi, ad esempio, i sensori presenti negli Smart Phone).
In secondo luogo perchè tale approccio, come si è appena detto, non è in grado di garantire quella “Qualità del prodotto” necessaria per i Servizi pubblici (è un approccio approccio ideativo e gestionale che insegue la realizzazione di una Domanda che non corrisponde alla realtà dei bisogni dei Cittadini).
Si tratta invece di
ricominciare operare secondo il modello dell’offertache si basa su una corretta interpretazione dei bisogni delle persone; che recuperi il Principio della Sussidiarietàche per millenni ha caratterizzato il risolverei problemi della vita sociale delle comunità umane.
Ciò significa che (per lo più) le PA devono non creare nuove infrastrutture (ci sono già, come vedremo nel prossimo capitolo); e nemmeno cercare esperti per ridefinire nuove forme di servizi sostenibili (gli esperti sono i Cittadini, opportunamente supportati da PA e Mercato).
Le PA devono invece preparare il terreno affinchè il processo di innovazione avvenga in modo (relativamente) spontaneo,
creando le precondizioni affinchè si sviluppino nuove attività “dal basso”. Ciò significa offrire ai Cittadini un approccio facilitato alle ideazione delle Soluzioni che li metta in grado di raggiungere una reale consapevolezza delle caratteristiche dei loro problemi; e delle nuove modalità di Sussidiarietà di risolverli (con una nuova modalità di azione che permetta loro di integrarsi, in questo processo di innovazione, con “sviluppatori” presenti sul territorio, e con PA e Mercato) .
Più avanti si analizzano le caratteristiche di un sistema di questo tipo. Ed anche la questione fondamentale del coinvolgimento dei Cittadini in questo processo: i Cittadini devono essere stimolati con l’idea di poter avere finalmente un ruolo pro-attivo nella gestione delle questioni sociali che li riguardano; e con l’idea che vi sia un possibile futuro migliore (un futuro immediato) come risultato di questo processo.
OPEN PLATFORM FOR SMART CITIES:UN NUOVO PERCORSO DI INNOVAZIONE DEI SERVIZI DELLA CITTÀ
metti alcune parti come questa anche nelle introduzioni varie …
Per ciò che riguarda l’aspetto pratico della questione, ossia la creazione delle Soluzioni innovative per le Smart Cities, riassumendo, si tratta quindi di preparare il terreno (creare le pre-condizioni) sul quale si dovrà sviluppare questo processo di innovazione della Città.
Si tratta cioè, per le PA, di abbandonare la mentalità attuale – dei “finanziamenti”, delle “grandi opere”, e di pianificazione dall’alto dello sviluppo dei Servizi – per adottare un metodo maieutico, non pianificato, che i occupi in primo luogo di preparare un “terreno fertile” allo sviluppo di una innovazione fortemente orientata al Croud-sourcing.
Il che significa, in pratica, cominciare a vedere la Città come ecosistema (la Città come “comunità dell’uomo”). Un sistema che, come tutti gli ecosistemi, funziona quando vi è un apporto “spontaneo” delle “cellule”: in questo caso i Cittadini. E non funziona invece quando in esso si pretende di essere in grado di gestire le cose dall’alto. O peggio quando si vogliono correggere i problemi prodotti da una mancanza di “spontaneità dal basso” con interventi dall’alto.
Ovviamente non si tratta di “tornare indietro”. Nel nostro caso, essendo uno degli elementi acquisiti con il Progresso dell’umanità l’’”invenzione” delle attuali Istituzioni pubbliche, queste ultime saranno un elemento fondamentale per la riuscita dell’innovazione delle Città in direzione di maggior sostenibilità dei Servizi ed infrastrutture.
Ma le PA devono assumere un ruolo completamente nuovo:(1) di stimolo dei Cittadini nell’ideazione di servizi, e(2) di supporto alla collaborazione dal basso nella loro creazione(e, in parte, nella loro gestione).
Ma una questione di importanza fondamentale è non solo che i Cittadini siano portati a comprendere che ciò è possibile.
E’ fondamentale che siano in primis le PAa rendersi conto cheè effettivamente possibile innovare la Città con il nuovo approccio
(la mancanza di questa consapevolezza sembra essere attualmente l’ostacolo maggiore).
Le PA devono cioè rendersi conto che è possibile oggi “riformare” i servizi sociali senza dipendere da altri (se non in misura molto minore alle aspettative attuali): non è più necessario, con questo nuovo approccio, “aspettare i finanziamenti” (nè inventarsi modalità di Crowd-funding), poiché le risorse si trovano sul territorio: nella Città vi sono già le “infrastrutture diffuse” (grazie alle tecnologie consumer acquistate dai Cittadini – dai PC in rete agli Smart Phone, e accessori vari); e il nuovo capitale consiste nei Cittadini: nella loro capacità di analizzare i bisogni della città, nella loro voglia di cambiare le cose.
Ma in primo luogo è probabilmente necessario che le PA comprendano che la Sussidiarietà può effettivamente funzionare (e che non danneggia affatto né la Classe politica, che, anzi, in questo momento di crisi può trovare in essa innumerevoli vantaggi; nè il Mercato, che con essa può sviluppare nuove forme di business).
– le caratteristiche dell’Open Platform For Smart Cities
(Le idee formulate in questa sede sono naturalmente solo ipotesi – per quanto le si ritenga essere molto probabili).
Si tratta quindi, per poter partire nella giusta direzione, di preparare un “ambiente operativo” (con una accezione tradizionale, non informatica) nel quale si possa sviluppare tale processo: un ambiente il cui scopo pratico è di “creare una comunità di sviluppo”, e permettere ad esse si operare nel modo più semplice possibile pere produrre innovazione (si tratta di mirare alla creazione di un network di micro-comunità: associazioni di persone, e Cittadini e sviluppatori, che si integrino con PA, Mercato, Università, ecc….).
“Tecnicamente”, non si tratta di un ambiente rigido. Si tratta di una Open Platform for Smart Cities per lo Sviluppo di soluzioni che non definisce un corpo rigido di regole e di standard, o un set di strumenti limitato.
Ma definisce invece un ambiente che accetta più diffusi standard attuali, ed è in grado di integrarli in modo ottimale.
Un ambiente che è cioè in grado di permettere al maggior numero di competenze di avvicinarsi alla Piattaforma; ma anche permettere di farlo a chi manchi ancora delle competenze necessarie per intervenire nel processo in modo “professionale” (ad esempio gli studenti “smanettoni” che vogliano cominciare a sviluppare parti di soluzioni in modo basico).
Non c’è quindi nulla da inventare:si tratta di scegliere “il meglio”, nel modo più possibile inclusivo,e di integrarlo in modo che possa formareun sistema organico di sviluppo.
Gli ambiti della Open Platform for Smart Cities studiati in questo documento sono:
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Smart City OS una che integri le varie soluzioni crowd-sourcing.
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Framework di sviluppo facilitato: un “ambiente di sviluppo” ottimale che permetta al Crowd (piccoli sviluppatori) di sviluppare in modo semplice e rapido le applicazioni per la Smart City.
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un Social Network …. “costruttivo” (differente da quelli attuali, “di cazzeggio”) che permetta ai cittadini di condividere idee, e di aggregarsi in gruppi di lavoto (nei quali possono unirsi normali Cittadini, piccoli sviluppatori ed Aziende).
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un Sistema di supporto a nuove forme di imprenditorialità
SMART CITY OS
Si tratta quindi di creare un nuovo scenario di innovazione, nel quale “dal basso” i normali cittadini sviluppano soluzioni specifiche.
Questi Cittadini ideatori di soluzioni si integrano:
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“in orizzontale”, con piccoli sviluppatori, come studenti di materie informatiche, piccole software house, ecc …
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“in verticale” con PA, grandi Player del Mercato, enti di supporto come Università, ecc …
Un punto fondamentale: per questo scenario si definisce, tra le altre cose, un terreno comune, un ambiente operativo (uno Smart City Operating System), nel quale si integrano le varie soluzioni specifiche (come “moduli”), che vengono così a formare una unica soluzione integrata dalle molteplici funzionalità
Come vedremo nel prossimo capitoletto, lo sviluppo di queste applicazioni avviene in un ambiente facilitato e protetto.
Si tratta di un ambiente olistico nel quale le singole soluzioni vengono a produrre quindi una “potenza superiore alla somma delle parti”.
Le singole soluzioni sono infatti integrate in soluzioni di livello più generale. E, sebbene nascano per soddisfare esigenze molto specifiche dei Cittadini, non divengono di nicchia proprio perchè lo Smart City OS permette il loro utilizzo ad altri Cittadini che sul territorio urbano hanno le stesse esigenze dell’ideatore (inoltre tali soluzioni sono disponibili a livello globale).
( in pratica … )
In pratica è tutto piuttosto semplice: non si tratta di creare né nuovi standard, né costose infrastrutture.
Ma si tratta invece di utilizzare in modo intelligenze ciò che già esiste, ed è tutt’ora utilizzato nei settori più avanzati di sviluppo di soluzioni: primariamente nel mondo “Open Source”, dove lo sviluppo avviene in modalità di “volontariato” (con questa modalità sono stati costruiti i migliori prodotti attuali: il Web – Linux (Ubuntu), il sistema operativo gratuito più facile da usare di Windows – Netscape-Firefox, il Browser di riferimento in quanto a reale produttività; OpenOffice, la suite di applicazioni per ufficio che sta soppiantando Microsoft Office (Word, Excel, PowerPoint, Access), ed altri).
Per il Sistema Operativo per Smart City si scelgono quindi elementi che:
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“ci sono già”
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si integrano tra loro in modo “naturale”: nascono già per essere integrati.
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sono Open Source (free e modificabili – per modificarli si creano comunità Open Source di sviluppatori “volontari” – è molto probabile che le stesse comunità originarie collaborino in questa direzione)
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sono già tra i maggiori standard (vi sono più standard importanti che presentano le precedenti caratteristiche)
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le App sono in formato universale (ad esempio nel formato del Web: HTML 5, Javascript, ecc …); in questo modo possono essere utilizzate su qualsiasi PC, Smart Phone o Tablet.
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i dati sono contenuti in formati aperti (data base SQL, formati di Office di OpenOffice (cheè HTML)
Questi elementi, già naturalmente integrabili da loro, divengono moduli che fanno parte (per le loro caratteristiche originarie) di un unico Ambiente operativo.
Possono poi essere creati ad hoc dei sub-moduli per funzionalità specifiche (ma sempre con le Comunità Open Source globali, in modo che rimangano all’interno di standard universali).
Con l’idea di fondo di costruire un sistema di per sé aperto, si definisce quindi un “ambiente” che è supportato da diversi standard già esistenti (che possa comunque inglobare in sé qualsiasi applicazione possa essere utile allo scopo).
L’integrazione avviene a due livelli principali:
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integrazione del funzionamento delle Applicazioni: il “linguaggio” di sviluppo è comune, per cui le singole applicazioni possono integrarsi come se fossero semplicemente dei moduli di funzionalità” di un sistema più complesso.
Vi è una integrazione possibile a livello di linguaggio di sviluppo: ad esempio adottando il PHP, le applicazioni possono facilmente interagire (anche quelle già esistenti, creando semplici moduli che seguano le linee guida dello Smart City OS).
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integrazione nell’utilizzo di dati comuni: in questo caso le varie applicazioni, anche se non si integrano a livello operativo nel Sistema, possono comunque servirsi de dati del Sistema (visualizzarli e manipolarli). Ovvero, il sistema è di per sé Open Data.
Vi saranno ovviamente gli Open Data forniti dalla PA (quelli prodotti nella gestione della Città, indicati dalla apposita Legge) e i dati Crowd-Sourcing, i Crowd-data generati dagli utenti attraverso le Applicazioni.
( ↔ sull’esitente … ci sono già )
Il percorso di Start Up dello Smart City OS, così come è qui concepito, permette di partire in modo estremamente rapido, utilizzando elementi già esistenti.
Vi sono già infatti ottimi Sistemi operativi Open Source come Ubuntu; e ottimo Software per la produttività “da ufficio” come Open Office che non hanno nulla da invidiare ai loro concorrenti commerciali: anzi, per alcune caratteristiche, possono essere considerati superiori (tali software sono sono indicati da EU e ONU).
Ma altri software Open Source possono essere molto utili, come Firefox sul quale sono stati, ad esempio, costruiti importanti applicazioni come Thunderbird (client di posta), JukeBox musicali.
Lo Smart City OS può integrare questi software grazie ad “estensioni” create ad hoc per essi.
i Sistemi operativi (comuni a PC e Tablet)
Si deve tener conto che la tendenza attuale è di creare sistemi operativi per device mobili che possano fornire le stesse funzionalità presenti sui “PC” (funzionalità produttive ora non disponibili su iPad e i Tablet Android).
Un tentativo in questo senso, al di la delle promesse mancate di Apple di sviluppare il suo OSX in questa direzione, viene da Windows 8, il quale non è però una scelta funzionale al contesto che si sta delineando, per almeno due motivi:
1) perchè ciò sarebbe in contrasto con il “buon senso”, e con le direttive Onu e UE: non ha senso scegliere un sistema chiuso ed a pagamento, quando sono disponibili soluzioni gratuite “aperte”, che possono cioè essere manipolate ad hoc.
2) per il fatto che, a detta della stessa Microsoft, Windows 8 è (almeno per ora) un enorme insuccesso.
Una possibile scelta alternativa a Windows 8 è Ubuntu per tablet.
Ubuntu (Linux) è già lo standard di mercato Open Source gratuito per il mondo Ufficio (le direttive ONU e UE lo indicano, appunto, assieme ad OpenOffice, come la scelta necessaria alternativa a Windows). E ora viene rilasciato anche per i tablet (si tenga conto che dietro l’iniziativa c’è il Player di SmartPhone/tablet attualmente più potente del mondo: Samsung, che ha deciso di affossare Android con la scelta di passare ad Ubunto per i suoi Tablet).
Questo nuovo sistema operativo per i device mobili rappresenta, appunto, una innovazione molto significativa nel mondo delle Applicazioni-Utility: si porta in questo modo la produttività dei PC nel mondo dei device mobili.
Un’altra opzione molto interessante è Firefox OS per device mobili, adottata dal maggior produttore mondiale (cinese) di Smart Phones (si tratta di una alternativa ad Android estremamente funzionale, e molto “leggera”, che potrà essere adottata con successo, ad esempio, sui prossimi Smart Phone di fascia bassa).
Ubuntu per tablet e Firefox OS sono un ottimo esempio di due elementi che possono convivere nello Smart City OS.
uno standard per le Applicazioni
Per quanto riguarda invece le applicazioni specifiche, in tal caso caso non si tratta ovviamente di scegliere tra applicazioni esistenti, ma di definire le modalità per costruire nuove applicazioni che tra loro si possano integrare.
In ogni caso, per quanto riguarda le applicazioni già presenti sul Mercato, con cui lo Smart City OS si può integrare, nell’ambito delle applicazioni gratuite vi sono appunto OpenOffice (LibreOffice), Firefox, Thunderird, WordPress e molti altri. Questi software si integrano tra loro poiché sono costruiti su standard comuni: ad esempio il formato HTML). Ma avendo essi una architettura modulare, possono essere creati per essi “estensioni” che possono permettere loro di integrarsi anche con aspetti più specifici della piattaforma.
Ma la Piattaforma qui descritta è in grado di integrare anche applicativi commerciali, come FileMaker o Access, i quali possono comunque accedere e manipolare i dati dello standard definito in Smart City OS.
l’integrazione “naturale” delle applicazioni
Le App per device mobili (che però, nella nuova dimensione, funzionano anche su PC) saranno molto probabilmente sviluppate come WebApp (applicazioni che funzionano attraverso il browser – anche in device non connessi ad internet): in questo modo possono essere utilizzate su qualsiasi PC, Smart Phone o Tablet [vedi nel prossimo capitolo].
La Piattaforma viene quindi ad essere un sistema a moduli (e sotto-moduli): in questo caso le singole mcro-App possono essere integrate creando Applicazioni più complesse.
Questo modello è simile a quello delle Applicazioni formate da molti Plugin scelti dagli utenti, come Firefox o WordPress.
Integrazione Software/Hardware (la rete diffusa di sensori)
Nello Smart City OS saranno definiti standard per comandare singole tecnologie HW, come sensori. In realtà questo problema è già risolto nella maggior parte delle tecnologie consumers: si pensi, ad esempio, alla possibilità di connettere Webcam private (usate per dagli esercizi commerciali e dai condomini) per create un “network di sicurezza pubblica” (leggi permettendo: con gli opportuni accorgimenti oggi è già possibile).
In ogni caso oggi Samsung inserisce nei sui SmartPhone, oltre agli ormai tradizionali sensori come il GPS, nuovi sensori che permettono di rilevare temperatura ed umidità dell’ambiente, o di tenere traccia del ritmo dei passi (in questo modo oggi funzionano ottime app per il training sportivo e per il fitness). Questi SmartPhone possono inoltre essere interfacciati (via Bluetooth) con accessori esterni che rilevano, ad esempio, battito cardiaco o contenuto di glucosio nel sangue (funzionalità simili vi saranno nei nuovi Smart Watch).
Con un simile sistema consumer è possibile quindi, ad esempio, poter fare efficaci diagnosi remote della salute (vi sono già le App). Ma anche controllare gli strumenti della propria casa, come riscaldamento ed elettrodomestici.
In tale conteso è possibile creare ambienti di sviluppo “dal basso” semplicemente diffondendo le linee guida di programmazione già esistenti. Tuttalpiù si potranno creare livelli di middleware per fare comunicare tra loro alcuni elementi (ad esempio moduli di interfaccia sw/hw che permettano un accesso più semplice, da parte delle App, ai sensori ha).
l’interfaccia di utilizzo
Ma, come si è detto gli aspetti tecnici non sono i più importanti: si deve tener conto del fatto che il compito più importante della piattaforma è di conseguire una ottimale soddisfazione dei bisogni dei Cittadini.
La piattaforma avrà quindi il compito importante di mettere in contatto i potenziali utenti con i servizi nati per quel tipo di necessità. Per questa ragione viene progettata in modo molto accurato la sua usabilità.
La Piattaforma dispone, tra le altre cose, di un Social Network descritto in un prossimo capitolo che permette ai Cittadini non solo di individuare percorsi di sviluppo delle soluzioni, ma anche di utilizzare in modo ottimale le soluzioni già create.
FRAMEWORK DI SVILUPPO FACILITATOCitizen as developer
Il primo passo, al quale si è appena accennato, è quindi di definire una “ambiente operativo” che permetta alle soluzioni dal basso di operare in modo sinergico, olistico.
Per poter pervenire ad un risultato di questo tipo è necessario, una volta definite le caratteristiche dell’”ambiente operativo” nel quale devono operare le applicazioni (dello Smart City OS), definire un “ambiente di sviluppo” ottimale che permetta alla nuova imprenditorialità “dal basso”, “dal piccolo”, di sviluppare in modo semplice e rapido le applicazioni per la Smart City.
Si tratta di un un Framework di sviluppo di delle Apps della Smart City (Smart Cities Solutions Development Framework).
In questo ambiente di sviluppo è necessario:
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chiarire le regole.
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definire strumenti per lo sviluppo che permettano una creazione semplice e rapida delle soluzioni (si tratta di scegliere ed integrare elementi già esistenti,).
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creare una infrastruttura che permetta ai più di partecipare all’innovazione della Città.
chiarire le regole
Si adottano metodologie standard: è necessario riuscire ad integrare gli standard di sviluppo (linguaggi, framework specifici, database, ecc …) per poter dalle la possibilità alla maggior parte delle competenze di partecipare al processo.
Si tratta quindi di mettere in grado gli standard di comunicare tra loro (eventualmente con del middleware all’interno dello Smart City OS); di documentare il funzionamento degli strumenti scelti, e le possibilità di integrazione.
Come si è detto, non c’è bisogno di creare nulla, tutto è già disponibile sul Mercato (e, per la maggior parte, in modalità gratuita).
Gli standard devono essere quindi il più possibile Open: ad esempio con i formati adottati da Firefox (per la struttura, e per i plugins); o OpenOffice (LibreOffice) soprattutto per i formati testo e Database (universali).
Si utilizzeranno standard di linguaggio e database che possono rendere indipendenti le App da device (PC, SmartPhone, ..) e Sistemi operativi: Html 5 in grado di operare anche offline (con tutto ciò si integra in esso), Sql, ecc…
la composizione modulare dello Smart City OS
Il Sistema è quindi composto da moduli (e sotto-moduli): in questo caso le singole micro-App possono essere integrate creando Applicazioni più complesse.
Un livello avanzato della Piattaforma dovrebbe prevedere la suddivisione di ogni App (mobile o Web) in più singole funzioni: in modo che la Piattaforma divenga una integrazione di singole funzioni più che una integrazione di Applicazioni (su questa strada era andata Apple con OpenDoc, prima che fosse “spinta” dal mercato ad abbandonare il progetto).
In questo caso è possibile creare soluzioni che integrino unicamente singole funzioni delle App..
Oltre alle applicazioni Open Source sarà possibile integrare nello Smart City OS anche applicazione commerciali (almeno a livello di compatibilità nella gestione dei dati). Si tratta, ad esempio, di standard di mercato per alcune categorie di professionisti, come FileMaker (per il quale possono essere create estensioni ad hoc – esso ingloba già gli standard PHP ed SQL), o la Suite Adobe.
Vi sono ottimi standard per hardware Open Source, come Arduino.
<> strumenti di sviluppo
Sono disponibili oggi molte metodologie e strumenti di sviluppo facilitato e collaborativo (ad esempio: Framework di sviluppo di vario tipo, come gli IDE: Integrated Development Environment – i RAD: Rapid application development (rapid prototyping) – “Agile software development”).
Si deve tener conto che esistono degli ambienti di sviluppo di livello “superiore” ai semplici linguaggi di programmazione (ambienti che rendono molto più facile lo sviluppo di semplici app): il più importante di questi ora sempre essere WordPress.
WordPress dovrebbe essere preso in considerazione per le sue qualità di semplicità di sviluppo dei moduli, e per la efficiente e numerosissima comunità di globale che lo supporta (può essere utilizzato non solo come componente social della piattaforma, ma anche come “piattaforma di base” per molte tipologie di soluzioni).
Anche la Struttura di Firefox può essere un riferimento (per costruire con essa applicazioni locali che integrano applicazioni online).
(con la … dell’Open Osurce, ad esempio di Worpress o Firefox e loro pluglin).
framework .. fornire Kit di IDE .. ora è tech driven, e big companies derive. Non è che le Big comapines vengano escluse … ma esse si mettono ad eoperare in subordine ..
<> infrastruttura
Una parte importante nello sviluppo delle applicazioni nella nuova modalità lo la ha il Social Network descritto nel prossimo paragrafo.
+ Social Network
Si tratta di un Social network “costruttivo” (mentre oggi i Social Web sono, come si suol dire, strumenti di “cazzeggio” che non possono essere in alcun modo finalizzati a “qualcosa di costruttivo”: è proprio l’interesse primario di tali Piattaforme commerciali di tenere le persone nella “modalità cazzeggio”, per potere produrre una forma di “engagement” dispersivo, che porta a cliccare e cliccare qui e la in modo “improduttivo”, e in questo modo a “fare traffico”).
Su questo Social Network si sviluppano idee e dibattiti sull’innovazione delle Città (su soluzioni per il miglioramento della Qualità della vita urbana).
Questi dibattiti (sono comunque aperti ad un pubblico globale, e sono supportati da PA e dal Mercato) producono idee che, tramite strumenti del Social Network, sono organizzate in progetti, e sviluppate in soluzioni.
Il Social Network permette di creare e di gestire, in modo semplice, l’attività di gruppi di lavoro. E supporta tutte le varie fasi dello sviluppo di applicazioni (anche con strumenti già disponibili sul Web, che vengono integrati nella Piattaforma) come debug (non solo “tecnico”, ma anche in quanto messa a punto funzionale di nuove features).
il coinvolgimento dei Cittadini
Si tratta di modificare in modo radicale l’approccio all’innovazione della Città.
Non è più un percorso “tecnologico”, ma un percorso umano.
Un percorso di Social inclusion: in questo nuovo contesto, cioè, i Cittadini sono stimolati ad intraprendere un percorso di innovazione della Città dalla prospettiva di ottenere un miglioramento effettivo della loro qualità della vita. E dall’idea di ottenere finalmente un ruolo attivo in tale processo.
I Cittadini devono quindi rendersi conto che non solo questa innovazione verso una ridefinizione di Servizi ed Infrastrutture ideate e co-gestite dal basso “si può fare” (devono cioè comprendere che questa strada è decisamente migliore del processo attuale nel quale “ci pensano gli altri”), ma devono anche comprendere che questo è un processo molto piacevole (se organizzata in modo corretto è anche una esperienza “di comunità” conviviale – determinante è il fatto che la nuova strada rappresenta un processo piacevole in alternativa alla soluzione attuale di affidarsi ad un percorso di austerità).
In primo luogo con il Social Network qui delineato, con i suoi Canali di informazione multimediali (gestiti sia dal Crowd che dalle PA) si accresce la consapevolezza dei Cittadini facendo conoscere ad essi le potenzialità del nuovo percorso: quali sono i progetti già realizzati (tipo quelli di Marsh, sviluppati in Sicilia per conto della UE), e gli strumenti a disposizione.
Quindi si accresce il “saper fare” dei Cittadini i quali possono accedere, attraverso il Social Network, in un modo estremamente facilitato, ad una cultura tecnica che permetta loro di poter ideare soluzioni in un campo specifico (vi sarà cioè. una sorta di micro-Università online della seconda età).
Si tratta inoltre di coinvolgere il mondo imprenditoriale (aiutandolo ad abbracciare una nuova mentalità funzionale al nuovo scenario di innovazione).
Tra gli errori attuali: oggi si pensa di poter motivare le persone con premi in denaro: la motivazione maggiore è invece quella “non profit” nella quale le persone sono stimolate a dare il meglio di se con un impegno per creare soluzioni per i problemi della gente (vedi, ad esempio, le nuove forme di volontariato sociale – e lo sviluppo delle comunità Open Source nel software e nell’hardware). Inoltre oggi si pensa a favorire lo sviluppo di Apps (come nel caso di apps4me di Milano), quando invece si tratta di ideare soluzioni più complesse, nella quali i cui fattori più importanti sono quello umano, logistico, ecc … E nelle quali l’elemento Applicazione è secondario
Più nello specifico, engagement significa non ciò che si fa ora, ossia una serie di sondaggi confezionati in modalità “Comunicazione” da parte delle PA. Ma significa l’attivazione di una partecipazione per i Cittadini che permetta a questi ultimi di partecipare in modo sostanziale, “costruttivo”; e che abbia, da parte dell’Amministrazione, persone in grado di cogliere il valore delle istanze prodotte dai Cittadini.
Attivazione di gruppi di lavoro: i Cittadini che si incontrano sul Social Network possono mettersi assieme a piccoli sviluppatori, trovare tutoring pubblico (PA) o privato: sia aziende che investono sul potenziale valore dell’idea, sia gruppi di esperti che si mettono a disposizione (free o a pagamento, o investendo sulla possibilità di realizzazione, la partnership di aziende, … ).
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(INIZIO) – approfondimento Social Network
+ SISTEMA di supporto per le nuove forme di imprenditorialità
Come si è detto, nel nuovo contesto di innovazione delle Città crowd-sourcing nasceranno nuove forme di imprenditorialità locale
Le PA dovranno quindi tener conto di questo trend, ed creare regole e infrastrutture per supportare queste nuove realtà operative.
sez 2 ASPETTI OPERATIVIDEL NUOVO APPROCCIO
In questa sezione ci si occupa di approfondire gli aspetti operativi della nuova modalità di innovazione delle Città in direzione delle Smart City.
( mappa degli aspetti … )
Il nuovo approccio alle Smart City veramente sostenibili qui proposto presenta importanti novità sotto i due aspetti:
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Governance (alla Governance tradizionale vendono abbinati strumenti complementari principalmente basati sulle ITC).
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Servizi Pubblici (nuovo approccio alla definizione e gestione dei servizi pubblici).
nuovo approccio alla Governance
La crisi della attuale forma di Democrazia rappresentativa (scollamento delle Amministrazioni dalla vita reale, e ormai cronica incapacità di mantenere un livello sostenibile delle spese, e Servizi per il cittadini efficienti) ha portato le Istituzioni a prendere atto della necessità di riconnettere Amministrazione e Governance con “il basso”, con i Cittadini.
Vedi, a questo proposito i documenti (scaricabili dal Sito) relativi al progetto Iniziativa riforma dal basso; ed al progetto, in esso integrato, Open Government Platform.
nuovo approccio ai Servizi pubblici
Nei prossimi capitoli si analizza il nuovo approccio alla definizione e gestione dei servizi pubblici.
VERSO NUOVI TREND DI SOSTENIBILITÀ E NUOVE FORME DI SERVIZIO PUBBLICO
in questo inciso di una ventina di pagine si approfondisce il concetto di Sussidiarietà. Si abbozza la definizione di una nuova Vision della Smart City. In particolare si analizza il concetto di Welfare sul quale si basa l’impostazione ideologica del nostro sistema sociale (e delle PA), arrivando a definire un Welfare 2.0.
Si è detto che passare ad una nuova modalità di innovazione delle Città realmente sostenibile (a progetti di soluzioni per Smart City che funzionino veramente) significa, innanzitutto dotarsi di una Nuova Vision. E quindi di strategie generali (che oggi praticamente non esistono, poiché si procede sviluppando direttamente tattiche specifiche prive del supporto di una visione e di strategie generali).
Quindi prima di passare ad esaminare soluzioni specifiche per la Smart City si analizza la questione della Nuova visione e delle Strategie generali.
UNA NUOVA VISION:UNA CITTÀ A MISURA D’UOMO
( recupero della dimensione umana della Città )
Si tratta cioè di definire quale è la nuova Vision della Città: quali sono gli aspetti che possono rendere la Società urbana migliore (senza però entrare nel campo delle utopie). E quindi, per arrivare ad individuare l’essenza di problemi per i quali si devono produrre le “soluzioni Smart City”, si tratta di individuare gli aspetti attuali della Città che non corrispondo a tale visione.
Innanzitutto è necessario recuperare il senso della Città:
la Città ha come fine l’uomo: la sua salute psichica e fisica.
Il fine della Città è cioè la Qualità della vita:tutto il resto deve essere subordinato a tal fine.
La Crisi della Città (del Sistema sociale come è concepito ora) deriva in primo luogo dal fatto che nella nostra società si è perduta la dimensione umana: ovvero si è perduta la dimensione della Città (della comunità sociale) come sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone nel quale le persone erano esse stesse elementi attivi del processo di gestione. E’ in conseguenza di questo cambiamento che si è generato l’attuale Sistema di soddisfazione dei bisogni (Servizi pubblici) gestito quasi unicamente dall’alto (in un certo senso, “dall’esterno” dell’ambiente dei bisogni). Sistema che ha finito per raggiungere la sua attuale condizione di insostenibilità: per i costi di gestione, e per le sue inefficienze:
il Sistema sociale attuale è, sostanzialmente, divenutoincapace di creare una effettiva qualità della vita urbana.
Mancando le nostre Città di una dimensione realmente umana, ciò che va fatto, in primo luogo, è quindi
il recupero di una Società urbana in quantoSocietà a dimensione umana.
In altre parole, per utilizzare una definizione della Cultura classica, la Città deve tornare ad essere una “comunità dell’uomo”:
Il che significa una comunità nella quale:
1) le persone tornano a vivere una buona qualità della vita umana; caratteristica che si basa, innanzitutto, su una buona qualità delle relazioni umane (ossia si basa su una dimensione umana delle relazioni nelle quali vi è “familiarità” con le altre persone – si tratta di un contesto di relazioni umane nel quale il “prossimo” non è più una entità astratta, ma una persona con un volto, se non un nome; una storia che si conosce, se non altro per sentito dire; ecc…).
2) le persone hanno possibilità di “fare”: ossia la capacità di operare direttamente (anche se, in alcuni casi con il supporto di personale “specializzato”) per organizzare la propria vita sociale.
Solo in questo tipo di ambiente può nascere nelle persone un’idea di possibile miglioramento della vita sociale, della qualità della vita urbana. Ovvero può nascere la voglia di darsi da fare in prima persona per cambiare le cose.
La “comunità dell’uomo” è storicamente un ambiente caratterizzato da una struttura che si basa su un network composto di persone; o meglio si basa su un network di piccole comunità di persone (private e professionali) accomunate da interessi comuni.
Solo in un ambiente “a base umana” come questo possono svilupparsi quei Valori che sono il motore che fungono da molla al cambiamento: che spingono le persone ad agire per migliorare le cose (come si è detto questi Valori fondamentali della Società civile non possono essere inculcati nelle persone, ma si possono solo sviluppare in modo spontaneo quando le persone vivono in una ambiente “a dimensione umana”).
Tale dimensione corrisponde a quella del Villaggio, che esiste ancora nei piccoli centri urbani, o nei quartieri che recuperano le qualità umane del vivere sociale (qualità delle interrelazioni, capacità di gestire le questioni del territorio, ecc…).
In ultima analisi la crisi della Città deriva in primo luogo dalla perdita delle sue qualità umane (essa non è più in grado espletare la sua funzione fondamentale: fungere da sistema di soddisfazione dei bisogni della gente).
Per recuperare tali qualità fondamentali la Città deve recuperare la sua strutturazione originaria: deve ritornare ad essere di un insieme organico di persone (di tante piccole comunità).
( Strategie generali: sussidiarità e )
Per poter definire in modo corretto un percorso di innovazione delle Città si tratta quindi, in primo luogo, di crearsi una nuova Vision che ridefinisca, alla base, la sua ragion d’essere.
Solo allora potranno essere sviluppate le strategie di innovazione e le soluzioni specifiche (ossia si potrà parlare di tecnologie, infrastrutture, regole, ….).
Vediamo quindi nel prossimo capitolo di chiarire il concetto sul quale si basa la Vision del Sistema sociale attuale: il Welfare.
OLTRE IL WELFARE:il WELFARE 2.0
“Quando un problema resiste malgrado gli sforzi di ricerca,dobbiamo metterne in discussione le premesse fondamentali”Albert Einstein
Una considerazione ovvia (ma necessaria per definire le fondamenta del sistema Smart City): la società moderna si basa sul Welfare. E’ un modello che è, nel nostro modo di pensare, una “conquista del progresso” (un modello dal quale non si può prescindere nella definizione di una “Società civile”).
E’ quindi è molto probabile che sia necessario ridefinire la nostra società su un modello di questo tipo.
E’ però necessario, come si è detto, partire da “riflessione a monte” sulle questioni da affrontare, poiché si tratta di affrontare un cambiamento radicale nella storia della Città (e della nostra Società moderna). Poichè partire, come si fa adesso, da questioni relativamente immediate, “superficiali” rispetto alle vere cause dei problemi della Società urbana, non fa altro che peggiorare le cose (non risolvendo in tale modo i problemi nella loro essenza, si producono solo dei “palliativi” che non fanno altro che tamponare temporaneamente il problema: intanto le cose peggiorano).
Per poter approntare reali soluzioni è invece necessario arrivare ad individuare le cause del problema.
Per quanto riguarda il Welfare, emerge che esso, così come è concepito ora (il Welfare super-assistenziale), è probabilmente una delle cause fondamentali della attuale crisi della nostra Società (poiché esso oggi produce spese insostenibili, e una molto scarsa qualità di risultati).
Si tratta quindi di rendersi conto che
il Welfare attualenon è divenuto insostenibile a causa della crisi attuale,ma esso è intrinsecamente insostenibile:è prorpio tale forma di Welfare che ha prodotto la crisi attuale.
Come vedremo, uno degli aspetti del Welfare attuale che lo rendono insostenibile consiste nel Sistema di pagamento dei Servizi attraverso il Sistema indiretto “delle tasse” (si analizzerà come questa modalità di pagamento produca costi enormi per il tipo di gestione del flusso di denaro).
Naturalmente il Welfare può essere “sostenibile”. E’ solo il modello adottato di recente dai paesi dell’UE che è divenuto insostenibile: altri Paesi forniscono ai Cittadini, con spese sostenibili, servizi molto più efficaci dei nostri.
Il Welfare va quindi ripensato, partendo dal suo principio di base: l’assistenza alle persone (la soddisfazione di bisogni reali delle persone).
Ovvero, per migliorare la qualità della vita delle persone, è necessario, tra le altre cose, definire un Welfare che corregga i problemi di quello attuale.
Per usare una terminologia di moda, è necessario andare verso un Welfare 2.0.
– il Modello(i) del Welfare
Analizziamo quindi, brevemente, il Welfare.
La prima considerazione: benchè ora vi sia un unico generico significato di Welfare (si tratta di una concezione “ideale”, o se volgiamo, ideologica), esso presenta, in realtà, diversi modelli (molto diversi tra loro), applicati in diverse Nazioni.
Va quindi, in primo luogo, chiarito tale punto.
(qui si riportano i concetti di base sviluppati in altri documenti)
I modelli di gestione dei “servizi pubblici” (la parte determinante del Welfare) sono, in Democrazia:
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liberale “puro” (utilizzato per la fondazione degli Stati Uniti – secondo la Cultura Europea esso non rientra nei modelli del Welfare): i servizi sono offerti da Professionisti e Imprese private, e il Cittadino stipula assicurazioni private per coprirsi dai rischi della vita.
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di “Protezione sociale”: Welfare di 1° livello, modello Bismark (1880) – con esso si introduce in Germania un primo livello di Welfare (in parte per diminuire il flusso di emigrazione verso l’America delle Classi più povere) ancora oggi adottato da molte Nazioni: è il modello di Welfare in quanto “Assicurazioni sociali” (gestite dallo Stato): Pensione di anzianità, Assicurazione infortuni, Sussidi di disoccupazione e Assicurazione sulla Salute. Qui vi è una forma di assistenza indiretta nel senso che lo stato non gestisce i servizi, ma fornisce al Cittadino i soldi per pagare i servizi.
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di “Assistenza sociale”: il Welfare Italiano attuale; il ministro inglese Beveridge, dopo la seconda guerra mondiale, introduce in Inghilterra un sistema più spinto di Welfare: oltre che delle Assicurazioni lo Stato diviene “proprietario” anche dei Servizi, delle attività professionali come: ospedali, trasporti, ecc … Questo è il modello attualmente in crisi.
– di qui il cpaitoletto è copiato in Welfare –
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della Sussidiarietà: questo nuovo tipo di Welfare (ancora da applicare), che è stato delineato degli organismi internazionali (ad esempio nel Trattato di Maastricht della UE, e dall’ONU), ed è incluso nella nostra Costituzione, nasce, appunto, per cercare di risolvere i problemi del nostro Welfare attuale, che sono legati al fatto che attualmente le decisioni vengono prese lontano dai Cittadini, e sono quindi decisamente slegate dalle necessità di questi ultimi (in questo modo si ottiene un basso livello di qualità di servizi ed infrastrutture); e che le spese effettuate in questa modalità producono una degenerazione del sistema della Spesa pubblica (vedi i problemi di deficit e di debito pubblico attuali); in questo modo si produce anche una deresponsabilizzazione del Cittadino che, ormai abituato a vivere in un sistema sociale che si occupa in tutto e per tutto di lui, ma del quale, visti i risultati rispetto alla Qualità della sua vita, non ha più rispetto, perde senso di responsabilità civica che è alla base di un Sistema democratico (assume cioè comportamenti “irresponsabili” nei confronti della società, e non è più spinto a partecipare alla vita politica del paese). Come si illustra più avanti, con la Sussidiarietà si vogliono correggere, attraverso una radicale innovazione della concezione dei Servizi, tali problemi.
Riassumendo, emerge quindi, in sostanza, che vi sono attualmente due livelli di Welfare (il Welfare della Sussidiarietà non è in realtà, appunto, mai stato attuato), basati rispettivamente su forme di:
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“assicurazione sociale” (Social Insurance, National Insurance): infortuni, anzianità, sussidi disoccupazione, ecc ..): Germania, paesi nordici e Olanda, Uruguay e New Zealand; e Inghilterra negli anni ‘30
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“assicurazione sociale” + “Servizi pubblici” veri e propri (Trasporti, Ospedali, ecc …). Ossia dell’assistenza diretta da parte dello Stato (è il caso italiano).
A questi modelli si aggiunge il nuovo modello di Welfare della Sussidiarietà (imposto, almeno sulla carta, dalle maggiori Istituzioni internazionali come EU e ONU).
Di fatto la Sussidiarietà, per resistenze da parte del mercato e della Classe politica, non solo non è ancora stata introdotta. Ma se ne è voluto cambiare il significato, per soddisfare gli interessi degli attuali attori politici (PA nella concezione attuale) e del Mercato: snaturandone così l’essenza, e quindi le potenzialità di soluzione del problema della crisi delle Nazioni democratiche.
Ovvero mentre la Sussidiarietà nasce esplicitamente per riportare ad una “dimensione umana” il sistema di servizi sociali, riportando la responsabilità della qualità dei Servizi al Cittadino (il quale in questa modalità deve cominciare ad “occuparsi di se stesso” laddove lo può effettivamente fare), oggi si tende a dare al termine un significato fuorviante, di fenomeno che si sviluppa unicamente su una “dimensione finanziaria”: la Sussidiarietà sarebbe quindi, in questa versione “revisionata”, unicamente una nuova modalità per attribuire fondi ad enti locali (in questo modo si è attuata la tipica strategia del “cambiare qualcosa per non cambiare nulla”.)
Il percorso .. Protezione socaile (senza servizi) > assistenza sociale (Protezione > Sussidiarità
– i problemi del Welfare attuale
– capitoletto copiato in Welfare –
I problemi del Welfare attuale sono analizzati in modo approfondito su vari documenti scaricabili dal Sito lucabottazzi.com.
In brevissima sintesi i problemi del Welfare attuale individuati dalle Istituzioni globali sono:
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le decisioni vengono prese lontano dai Cittadini (con un sistema altamente burocratico), e sono quindi decisamente slegate dalle necessità di questi ultimi (in questo modo si ottiene un basso livello di qualità di servizi ed infrastrutture);
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le spese effettuate in questa modalità producono una degenerazione del sistema della Spesa pubblica (vedi i problemi di deficit e di debito pubblico attuali);
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in questo modo si produce anche una deresponsabilizzazione del Cittadino che, ormai abituato a vivere in un Sistema sociale che si occupa in tutto e per tutto di lui; ma del quale, visti i risultati rispetto alla Qualità della sua vita, non ha più rispetto: si perde il senso di responsabilità civica che è alla base di un Sistema democratico (si producono da parte dei Cittadini comportamenti “irresponsabili” nei confronti della società, e assenza di partecipazione rispetto alla vita politica del paese)
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si produce una forte insoddisfazione da parte dei Cittadini, che si determina, tra le altre cose, in una perdita di consenso da parte della Classe politica attuale.
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sistema delle tasse
LE QUALITÀ DEL WELFAREDELLA SUSSIDIARIETÀ(CROWD-SOURCING)
il Welfare della SussidiarietàCOMBINA LE QUALITÀ MIGLIORI DEL WELFARE ATTUALE E DELL’ORGANIZZAZIONE TRADIZIONALE DELLA VITA SOCIALEDELLE COMUNITÀ DELL’UOMO.
ç_sussidiarietà (descrizione – vantaggi)
Il modello della Sussidiarietà rappresenta, sostanzialmente, una innovazione del Modello del Welfare.
Una innovazione che introduce, in accordo con i trend attuali, nuove qualità nel nostro sistema sociale: si tratta cioè di una innovazione del Welfare verso il basso. Ma una nuova concezione della Società moderna che rappresenta anche, contemporaneamente, un recupero, all’interno della società urbana, di qualità del passato: con la Sussidiarietà si reintroducono delle “qualità umane” che si sono gradualmente perdute con lo svilupparsi delle Città nella loro dimensione “industriale” del ‘900.
L’Idea che sta dietro al concetto di Sussidiarietà è che mentre oggi come oggi lo Stato soddisfa, con servizi pubblici, quasi tutti i bisogni “sociali” dei cittadini, si debba ribaltare la situazione, mettendo a punto un Sistema sociale nel quale i Cittadini si organizzano (con opportuni strumenti, e con supporti finanziari da parte della PA) per dispensare essi stessi alla propria comunità servizi che soddisfino la maggior parte dei “bisogni sociali” delle persone (la necessità di presenza di molte strutture pubbliche ovviamente permane). Come vedremo, la Sussidiarietà ha assunto nuove connotazioni: Crowd-sourcing Welfare, Citizen as Service, ecc …
Quello della Sussidiarietà è cioè un modello nel quale si uniscono i vantaggi del progresso umano del ‘900 (le Istituzioni sociali “inventate” dall’uomo le quali rappresentano una “conquista” della nostra Civiltà in fatto di diritti umani), e le qualità della società “tradizionale” (quelle della comunità-villaggio nella quale le persone vivono tutt’ora come in una sorta di grande famiglia estesa, e nella quale vi è uno spontaneo senso si solidarietà verso il prossimo), Qualità, queste ultime, fondamentali per il buon funzionamento della società poiché esse rendono l’uomo in grado di “badare a se stesso” (ed al territorio ultra-locale, “sotto casa”, in cui vive) per la maggior parte delle questioni di vita quotidiane.
In altre parole con il nuovo modello della Sussidiarietà si mantiene “il meglio” del Welfare attuale, ossia quella rete di protezione che è alla base dell’idea di una Società civile, ma si dispone per i Cittadini, in parallelo, un nuovo sistema nel quale essi possono risolvere i propri problemi, in modo più diretto, all’interno della loro comunità.
Vedremo che in ogni caso, nel nuovo modello, il Cittadino avrà la possibilità di ricorrere al supporto del Welfare nella conformazione attuale: Il prevalere del Welfare della Sussidiarietà si avrà per il fatto che quest’ultimo produce risultati sostanzialmente migliori (questa conclusione non è un proiezione astratta, ma deriva da una valutazione dei risultati ottenuti in quegli ambiti nei quali tale modello – con il nome, ad esempio, di “democrazia diretta” o “democrazia liberale” – è stato applicato fin dai secoli scorsi; quegli ambiti nei quali, appunto, la vita sociale era gestita in prima persona dai Cittadini).
le caratteristiche dello scenario del nuovo Welfare
@ vantaggi smart approach (sussidiarietà)
Per comprendere meglio come ciò possa funzionare, è necessario comprendere, in primis, le qualità del nuovo scenario che si ottiene in una innovazione di questo tipo.
Il sistema può funzionare perchè, appunto, alle persone “conviene” il nuovo sistema, sia dal punto di vista della spesa, sia da quello della qualità della vita.
In particolare, in questa nuova dimensione:
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la modalità di Sussidiarietà produce risultati tangibili nettamente migliori rispetto al Welfare attuale – come è dimostrato dai paesi che adottano, pur sotto altre etichette, questo tipo di “modello assistenziale”, con esso si ha un risultato “immediato” che è una drastica riduzione del costo della vita, ossia una riduzione delle tassazioni, tariffe, ecc…. Ma anche una riduzione dei costo dei servizi privati, come le visite e le cure mediche non mutuabili; e migliora anche la qualità dei servizi erogati.
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la persona non è lasciata sola a se stessa di fronte al problema, ma il sistema sociale è strutturato affinchè i problemi possano essere risolti attraverso il supporto di una rete sociale di assistenza (una rete predisposta dalla PA, ma i cui contenuti sono organizzati dal basso)
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non si perdono, appunto, le qualità positive del Welfare attuale (di sostegno di “chi proprio non ce la fa”; o di chi si sente più sicuro nell’utilizzare il Welfare tradizionale).
UNA NUOVA VISION PER LE SMART CITIES
il nuovo scenario radicalmente differente
Ancora una volta dobbiamo ricordare come per comprendere come le cose possano evolversi in un una dimensione decisamente innovativa è necessario innanzitutto cercare di prefigurarsi la situazione completamente nuova nella quale si svilupperanno le innovazioni specifiche (altrimenti tali innovazioni appariranno come irrealizzabili).
Nel nuovo scenario del Welfare della Sussidiarietà vi saranno in ogni caso trasformazioni spontanee della nostra società (che prescindono dalle nostre volontà) dovute allo sviluppo degli attuali trend che si stanno già ora generando spontaneamente all’interno del nostro sistema società/mercato come antidoto alla attuale situazione di crisi (questi trend nascono spontaneamente, in gran parte, dal basso per il fatto che i Cittadini si sono resi conto che il nostro sistema non è più in grado di risolvere i suoi problemi dall’alto).
Si tratta dei già citati macro-trend: alcuni dall’alto, come quelli presi in considerazione dalle direttive sulla Sussidiarietà, o legati alle necessità di ridurre drasticamente la spesa pubblica, o di diminuire l’inquinamento delle Città (il quale produce gravi danni alla salute, e quindi un carico aggiuntivo per la Sanità).
Altri trend dal basso sono come, ad esempio, il trend “2.0” sulle modalità di organizzazione della vita sociale e del lavoro (più per necessità che per scelta, nascono nuove forme di lavoro meno “dipendente”); o legati al recupero della conoscenza “del fare”, alla diffusione di nuove modalità di volontariato, ecc …
Questi ultimi trend a loro volta producono trend più specifici come quello del “fai da te” (dall’Ikea ai Makers); il trend “Open Source”; le nuove modalità di consumo, come i Gruppi di Acquisto o la distribuzione a KM Zero.
Si deve considerare che questi trend sono ora solo all’inizio dello sviluppo, e per comprendere come sarà il nuovo scenario, è necessario sforzarsi di creare una Vision nella quale il nuovo modello sociale sia il risultato dello sviluppo di questi trend.
Tra le altre cose, si deve riflettere sul fatto che le persone nel prossimo futuro di cui stiamo parlando, avranno non solo nuove abitudini (stili di vita, pratices, … – le nuove condizioni di lavoro creeranno un “tempo liberato” che le persone avranno a disposizione, ad esempio, per poter badare a se stesse); ma avranno anche un nuovo modo di percepire le cose (una nuova sensibilità) e di ragionare; e quindi nuovi modi di impostare la propria propria vita e le relazioni con gli altri.
E che si avranno inoltre a disposizione nuovi strumenti tecnologici, che saranno una evoluzione in versione “prodotto-utility” delle attuali versioni “prodotto-immagine” del super-consumismo attuale (ad esempio l’iPhone Appie rappresenta una “poco intelligente” applicazione delle tecnologie, laddove il nuovo Smartphone di Samsung rappresenta invece un passo avanti nel quale le tecnologie divengono soluzioni).
Per comprendere meglio come questi ultimi trend si potranno sviluppare, è necessario comprendere che con la comparsa di nuovi strumenti e con lo svilupparsi di nuove modalità di interazione sociale, e di nuove modalità di lavoro e di consumo le persone saranno spinte a sviluppare ulteriormente i trend crowd-sourcing attuali. Ovvero come si creerà un circolo virtuoso nel quale nuovi strumenti e nuovi modelli permetteranno, a loro volta, di sviluppare ulteriori strumenti e modelli sociali.
Così come, ad esempio, la comparsa del telefono ha portato non solo allo svilupparsi di nuovi strumenti (dalla segreteria al cellulare), ma anche lo svilupparsi di nuove modalità di interazione tra persone (sia nel privato sia sul lavoro)
In particolare si svilupperanno, tra le altre cose, network dal basso di assistenza sociale (ad esempio vi saranno strutture di rete sociale “dal basso” di prevenzione sulla salute – dobbiamo ricordare che riducendosi di molto il lavoro dipendente i potenziali operatori di questo nuovo “sistema assistenziale” avranno molto più tempo a disposizione).
un vantaggio fondamentale: la soluzione dall’origine di gran parte dei problemi
il Welfare 2.0SI PONE COME “SOLUZIONE A MONTE”DEI PROBLEMI ATTUALI
Si noti che il nuovo scenario comporta non solo un approccio differente alla “soluzione dei problemi”.
Ma, ed è ciò che conta maggiormente, esso comporta anche un modo di vedere le cose e di agire che riduce di molto i bisogni (i problemi) con i quali oggi i Cittadini hanno a che fare.
Ciò per due ragioni principali:
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molti dei bisogni attuali sono prodotti dallo stesso sistema di Istituzioni (il sistema di pagamento delle tasse in Italia è così complesso che anche il più piccolo professionista deve ricorrere ad un Commercialista; servizi pubblici inefficienti costringono il Cittadino ad usare la sua automobile)
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molti bisogni, come indicano le direttive sulla Sussidiarietà, possono essere soddisfatti direttamente dagli stessi Cittadini.
(un condominio potrebbe essere amministrato, con leggi differenti, dagli stessi condomini, risparmiando non solo sulle spese, ma ottenendo risultati qualitativi migliori;
Con il nuovo modello di Welfare questa “soluzione a monte” dei problemi attuali avviene sia a livello personale, come per alcune questioni di salute psico-fisica: un trend che si sta sviluppando in modo significativo è quello di metodi alternativi di “gestione della propria salute” – legato alla diffusione di una nuova “cultura della salute” – adottato anche a livello di Medicina di base, grazie al quale le persone accedono ad un livello di salute migliore di quello attuale; un trend che produce importanti vantaggi come la forte di diminuzione del ricorso ai consulti medici e a cure farmacologiche.
Sia trend a livello sociale, come quelli che riducono la necessità di ricorrere a servizi pubblici (ad esempio, si parla di una Società nella quale il lavoro e il fare la spesa sono impostati in modo radicalmente differente – e nella quale vi saranno molto probabilmente diverse modalità di mobilità; bicicletta, piccole vetture elettriche – la necessità di utilizzare mezzi di trasporto pubblici sarà notevolmente ridotta).
alcuni vantaggi specifici
@ vantaggi smart approach (vantaggi generali)
Altri vantaggi determinanti sono una notevole riduzione della spesa pubblica (ovvero del costo della vita). Ed una maggior qualità dei servizi pubblici, che nel nuovo scenario sono ristrutturati in modalità “2.0”: ciò significa che i Cittadini vengono coinvolti nel processo decisionale, e sono quindi fortemente responsabilizzati per quanto riguarda le spese e la qualità dei servizi (sono gli scopi primari della Sussidiarietà): i Cittadini divengono responsabili “del cosa di deve fare a proposito di ogni servizio pubblico” (e quindi del “cosa si deve spendere”).
Vi sarà anche il miglioramento del funzionamento della PA, che si rinnovano radicalmente, riducendo, tra le altre cose, in modo drastico, la burocrazia (per il mondo del lavoro si tratta di una notevole riduzione dei costi operativi).
Vi sono poi numerosi vantaggi indotti, come la già citata riduzione dei costo dei servizi privati. Nel nuovo scenario, con la nascita delle nuove reti dal basso di servizi sociali, si viene a perdere in gran parte la distinzione tra servizi pubblici e privati (come vedremo più avanti, nel nuovo contesto nasce una nuova categoria di servizi che non sono né prettamente pubblici – né “convenzionati” come ora – né prettamente privati).
VERSO UN NUOVO WELFARE:UN NUOVO MODELLO DI ASSISTENZA SOCIALE PIÙ EFFICACE
Quindi sia i trend attuali “dal basso” che le direttive delle Istituzioni di government internazionali indicano la strada di una riforma del Welfare in direzione della Sussidiarietà/Crowd-sourcing (“verso il basso”).
In base a queste indicazioni è possibile delineare il nuovo Welfare della Sussidiarietà (Welfare 2.0).
– il trend “2.0” e la Sussidiarietà
la necessità di aggiornare il concetto di Sussidiarietà
Come si è accennato, le indicazioni sulla Sussidiarietà fornite dalle Istituzioni internazionali risalgono ai primi anni ‘90.
Nel frattempo alcune cose sono piuttosto cambiate (in meglio, in questo caso); ed ora si sono messe in modo che oggi è possibile realizzare in modo più compiuto la Sussidiarietà rispetto a quanto si pensava allora.
Sono cioè migliorate, ad esempio, le tecnologie di comunicazione che permettono ai Cittadini di comunicare tra loro in modo molto efficace, un modo molto più “produttivo” di come era negli anni ‘90. Tanto che in alcune Nazioni è stato possibile creare una forma migliore di Democrazia rappresentativa, nella quale le persone con un voto elettronico” possono esprimere più direttamente il loro parare su questioni di government.
E’ anche cambiata la percezione del government: i movimenti nascenti stanno dimostrando (al di la degli obiettivi specifici che essi si pongono, i quali possono non essere condivisi) che le persone vogliono “dire la loro” sulle modalità di Government che essi non condividono più (quelle della 1° Repubblica).
Inoltre si sono sviluppati nuove modalità di sviluppo di prodotti, come quella Open Source (una modalità, appunto, Crowd-sourcing), nella quale si sviluppa un importante lavoro di volontariato con il quale si creano i migliori prodotti del mercato.
il trend “2.0” e il crowd-sourcing
Ciò che accomuna questi trend specifici è il trend generale detto Web 2.0 (nella sua accezione più generale di Web come piattaforma di supporto per nuovi modi di vivere e di lavorare – trend generale che ha fatto nascere trend specifici nei vari ambiti di vita dell’uomo, definiti tutti con l’estensione “2.0”).
Il nuovo Welfare può quindi essere definito un Welfare 2.0,basato su una Sussidiarietà 2.0.
Il trend “2.0” si sviluppa oggi sul Web con attività dal basso (Crowd-sourcing), in casi come:
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sviluppo di soluzioni: Open Source con il quale si sviluppano soluzioni (software ed hardware) migliori delle corrispondenti soluzioni commerciali (come i prodotti software spinti da ONU e UE: Ubuntu e OpenOffice, il browser Firefox).
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sviluppo dei contenuti User Generated Content: ad esempio contenuti giornalistici (i blog sono sempre più importanti, in alcuni sono più utilizzati dei tradizionali quotidiani)
In generale, dal punto di vista della Società, il trend “2.0” riporta le attività sociali in mano ai Cittadini.
Una implicazione importante: da questo punto di vista il trend “2.0” riporta, tra le altre cose, la Democrazia in una dimensione più vicina ai suoi principi: il Cittadino, in alcune sfere, può ora effettivamente divenire il “Sovrano” (principio espresso come fondamento della Democrazia anche nella nostra Costituzione, ma finora disatteso per l’impossibilità da parte del Cittadino di esercitare in modo effettivo questo ruolo – possibilità che oggi appare realizzabile con le nuove tecnologie della comunicazione).
E
il trend “2.0”si basa, in sostanza,sul Principio di Sussidiarietà.
Infatti i trend “2.0” si fondano sul Crowd-sorucing (sulla creazione di contenuti e strumenti da parte da parte degli Utenti). E la Sussidiarietà è, sostanzialmente, una dimensione nella quale gran parte dei “servizi pubblici” vengono gestiti “dal basso”, dall’utenza.
Il Welfare della Sussidiarietà indicato nei primi anni ‘90 dalla Istituzioni internazionali di Governance è quindi un Welfare 2.0, basato sui nuovi strumenti Web che permettono di comunicare ed organizzare canali di informazioni dal basso (e dibattiti); e quindi di organizzare vere e proprie attività [vedi documenti relativi al Progetto Open Government Platfom scaricabili dal SIto].
La possibilità di realizzare un Welfare 2.0 permette, appunto, di mettere a punto una Sussidiarietà più completadi quella concepita in origine.
Se fino ad ora, in assenza del supporto delle ultime Tecnologie di Comunicazione (Web 2.0 compreso) è stato praticamente impossibile creare una reale Sussidiarietà nel servizio pubblico, ora è finalmente possibile superare gli ostacoli della burocrazia tradizionale e della Governance strutturata in modo verticale: ossia è possibile creare strutture capienti (per lo più virtuali) ed efficienti strutture decisionali, progettuali e gestionali “dal basso”, nelle quali i Cittadini possano trovarsi per discutere e deliberare.
Oggi è anche decisamente più facile integrare attività “dal basso” con quelle della PA: le nuove tecnologie permettono ai Cittadini di organizzarsi dal basso, e dall’altro lato, alle PA di “aprirsi” all’integrazione delle attività complementari (rispetto agli attuali servizi pubblici) dei Cittadini.
– la definizione di un percorso verso un Welfare 2.0
– un paio di pagine prima ci sono i meta-vantaggi del Welfare 2.0 –
Per definire un nuovo Welfare (un Welfare sostenibile, qui definito Welfare 2.0) è quindi necessario partire dalle fondamenta (mentre oggi si attuano correttivi che non fanno altro che rimandare la vera soluzione del problema).
Si tratta cioè di crearsi una nuova Vision della “questione sociale”. E quindi di definire, in base ad essa, una strategia generale per uscire dalla attuale crisi (come si sente dire nelle conferenze sulle Smart City, oggi mancano sia Vision che strategia generali).
Il nuovo Welfaresarà innanzitutto caratterizzato daUNA DIMENSIONE DI REALE PARTECIPAZIONEDA PARTE DEI CITTADINI.
Una nuova Società che possa dar luogo ad un Welfare sostenibile deve quindi essere un “luogo di consapevolezza civica”, nel quale i Cittadini sono informati (dall’alto), ma possono anche produrre una informazione dal basso. Ed in ogni caso l’informazione, perchè si possa produrre consapevolezza, deve essere dibattuta (vedi descrizione precedente del Social Network della Platform for Smart Cities – vedi anche il progetto Open Government Platform scaricabile dal Sito).
ç Web 2.0
Una breve ma necessaria precisazione: quando si parla di Web 2.0 non si parla di quello che oggi è conosciuto come tale. Oggi Web 2.0 è un termine di facciata, con il quale si indica non uno strumento nuovo, ma uno strumento che rappresenta una evoluzione particolarmente sofisticata degli obsoleti strumenti del Mercato “dell’immaginario”: quello attuale è un luogo, come è spesso definito, “di cazzeggiamento”.
In questo documento si parla invece di un reale Web 2.0, di un Web “costruttivo”, di un “Web legato alle cose” (vedi approfondimento della questione nei documenti scaricabili dal Sito).
Se si vuole superare l’attuale crisi è quindi necessario definire una nuova Vision (che è determinata dalla capacità di individuare il prossimo sviluppo degli attuali trend sociali). Ed è quindi necessario, in base ad essa, definire nuove strategie di riforma del nostro sistema Società/Mercato (in questo documento si affronta tale questione in vari punti).
Per definire le strategie generali, affinchè esse risultino essere effettivamente sostenibili, è anche necessario analizzare con attenzione le risorse che oggi si hanno a disposizione, e che possono aiutarci a creare una scenario veramente nuovo (si effettua tale analisi nei capitoli successivi).
Queste risorse consistono non solo nelle nuove potenti tecnologie consumer, ma anche nelle risorse umane: nelle persone che dispongono oggi di una nuova forma mentis che si sta sviluppando con i trend “Open source”, volontariato, capacità di organizzarsi, a livello sociale, in modalità indipendente dalle istituzioni; capacità si dotarsi di nuove forme di “consumismo sostenibile”; ecc …
Non si tratta di partire da zero, benchè a livello di Smart City poco sia stato colto dei nuovi fenomeni: molto si vede già in giro, come, ad esempio, esperimenti di eGovernance, laboratori di makers, comunità di sviluppo Open Source, Gruppi di acquisto.
la necessità di condividere la nuova Vision
Quali sono i vantaggi più importanti prodotti da una innovazione delle Città in direzione degli attuali trend spontanei e direttive internazionali (come la Sussidiarietà) ?
c’è anche una parte .. sui vantaggi all’inzio del prossimo capitolo
( necessità di condividere la nuova vision )
Bisogna fare un breve premessa: una delle criticità maggiori è probabilmente nel
riuscire a condividere la nuova Vision con le persone.
In altre parole per poter cambiare in meglio “dal basso” (per lo meno con il contributo fattivo delle persone) il nostro sistema sociale, è necessario che i Cittadini siano spinti a farlo da una visione di un futuro migliore. E questa Visione deve essere, una visione “sostanziale”, a differenza di quelle “di propaganda” o “di marketing” sinora sviluppate sia dalla Classe politica (i Cittadini sono prevenuti nei confronti delle visioni “politiche” attuali, che “promettono” un futuro migliore ma sono prive di reale progettualità); sia nei progetti per le Smart Cities (i Cittadini vogliono andare verso uno “stile di vita” più umano, e non verso una società iper-tecnologica).
La Visione che va comunicata alle persone deve presentare vantaggi “tangibili”:
la nuova Vision deve basarsi su progetti credibili, fattibili.
Va quindi in primo luogo sviluppata una descrizione credibile dei vantaggi della nuova dimensione di Welfare.
In altre parole il primo problema che va superato è quello della immaginaria visione “salvifica” del Welfare attuale, la quale impedisce alle persone di comprenderne i difetti intrinseci che lo stanno rendendo insostenibile sia come spesa che come qualità dei risultati prodotti.
Va quindi affrontato il problema di spiegare in modo efficacie il fatto che il Nuovo Welfare presenta notevoli vantaggi rispetto a quello precedente (e praticamente nessun svantaggio rispetto a quello attuale, poiché quest’ultimo permane: il nuovo sistema è semplicemente, come si è detto, scelto spontaneamente dai Cittadini perchè più “conveniente” sotto la maggior parte dei punti).
Sino a che non si svilupperanno i due punti precedenti le persone saranno terrorizzate dall’abbandonare “ciò che conoscono”, e non saranno affatto partecipative, “costruttive”: e si deve tenere conto che i Cittadini sono il capitale (umano) che in assenza di capitale finanziario può permettere di attuare questo cambiamento in direzione di una maggior sostenibilità.
il processo di chiarificazione sul Welfare
Si deve quindi cominciare un processo di chiarificazione generale (e quindi nei dettagli), delle qualità di un nuovo sistema sociale basato sui trend spontanei attuali.
( vanbtaggi … )
In estrema sintesi i Cittadini devono comprendere come
“oltre il Welfare attuale” vi sia una forma di socialità che produce una dimensione di Qualità della vita migliore
di quella attuale.
Si tratta cioè di capire in primo luogo la nuova dimensione sociale nella quale si recuperano le qualità della vita perdute: il nuovo Welfare Croud-sourcing nasce come nuovo modello sociale, al quale la struttura Welfare “assistenziale” in sé è accessoria. Ciò per il fatto che, come si è detto, il nuovo Welfare introduce i vantaggi di fondo che eliminano “alla fonte” gran parte degli attuali problemi che affliggono la vita urbana.
Ovvero in tale modello si supera, in gran parte, l’approccio attuale del Welfare, quello del “risolvere i problemi” poiché il nuovo contesto sociale, basato su reti di persone (e Associazioni) che collaborano in una continua attività di sfondo tende, spontaneamente, a creare meno bisogni (meno problemi).
Ed in ogni caso, in tale contesto, i problemi che nascono vengono affrontati con una rete sociale in grado di operare in modo “professionale” su di essi, ma, rispetto al sistema di servizi attuali, con in più quel coinvolgimento “affettivo” che si ha nei confronti del “vicino di casa” (non si dirà mai abbastanza: i servizi importanti del Welfare attuale rimangono attivi, ma risultano essere meno appetibili della nuova modalità “social” dei Servizi).
un vantaggio determinante: oltre l’austerità
Un vantaggio determinante del nuovo modello sociale Crowd-sourcing risiede nel fatto che con esso si elimina uno dei problemi più gravi attuali: quello della cosiddetta austerità.
Nella nuovo modello sociale si vive infatti in una nuova dimensione “conviviale” (si recupera, come vedremo più avanti, ad esempio, la tradizionale “vita di piazza”: e gran parte dei lavori assumono, appunto, un aspetto di volontariato/conviviale, come era, ed è tuttora, nei centri rurali). Vi saranno nuove abitudini di vita (più simili alle abitudini tradizionali dell’uomo, ma in questo caso supportate dagli strumenti ottenuti con il Progresso moderno): di base vi saranno nuove forme di interrelazioni sociali, e di “uso del territorio”.
Nel considerare ciò, si deve tener conto dei cambiamenti che, volenti o nolenti, stanno avvenendo nella nostra società i quali producono nuovi “spazi urbani liberati” (oggi vi è comunque l’inderogabile necessità di chiudere, in ogni quartiere, alcune strade per proteggere il traffico pedonale, o per creare piste ciclabili). E producono “tempo liberato” (grazie alle nuove modalità di lavoro post-industriale): in questi spazi e con questo tempo a disposizione le persone potranno organizzare nuove forme di vita sociale, e nuovi spazi attrezzati per gioco, ritrovo, sport, ecc …
Il nuovo “tempo liberato” a disposizione di normali cittadini e professionisti permetterà, appunto, di sviluppare i nuovi servizi organizzati dal basso del Welfare crowd-sourcing.
Il risultato di tutto ciò è che rispetto ai Servizi pubblici
nella nuova dimensioneNON È PIÙ NECESSARIA L’ATTUALE “VIA DELL’AUSTERITÀ”.
Non si tratta più di valutare come ridurre i servizi (per ridurre la spesa pubblica), ma si ribalta il problema: si abbandona la necessità della spesa di un capitale finanziario utilizzando il più importante Capitale umano. Si tratta cioè non più di riuscire a trovare “finanziamenti” da parte dello Stato, ma di essere in grado di predisporre un sistema che possa fare rendere al massimo il “capitale umano” per creare una forma di “assistenzialità” migliore.
Si pone cioè in questo modo all’attuale percorso triste di austerità una alternativa felice (non necessariamente coincidente con quella proposta da movimenti come Decrescita felice).
Ancor più nello specifico, riassumendo quanto detto in precedenza,
ciò che va chiarito è che: “Oltre il Welfare attuale” c’èuna condizione di minori spese edi migliore qualità dei servizi.
Qualità che derivano dalla possibilità che, in un regime di reale Sussidiarietà (in una “piattaforma di servizi” crowd-sourcing), il Cittadino ha di organizzare la sua vita sociale in funzione dei suoi reali bisogni (ciò è possibile perchè solo in tale contesto i Cittadini sono in grado di individuare i propri bisogni; e quindi di mettere a punto delle modalità di soddisfazione delle quali essi possono verificare direttamente i risultati, e correggerne, eventualmente, in “tempo reale”, i difetti).
// sospeso /// Quindi andare oltre il Welfare non è un “abbandonare” i Cittadini a se sessi, poiché nella “nuova dimensione” essi divengono automaticamente in grado di far funzionare le cose a livello sociale.
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nuovi stili di vita
LA NECESSITÀ DI RIDEFINIRE LA SUSSIDIARIETÀ
Gli equivoci sulla Sussidiarietà devono quindi essere chiariti per poter affrontare una reale innovazione delle Città (ovvero una innovazione del Welfare verso una dimensione maggiormente sostenibile).
E’ necessario cogliere l’occasione di questa “revisione” (in realtà è una contro-revisione) del significato del termine Sussidiarietà per avviare una riflessione sul significato della nuova generazione di servizi in Sussidiarietà (crowd-sourcing).
– riepilogo del concetto di Sussidiarietà
In sintesi le questioni relative alla Sussidiarietà [si sintetizzano qui argomenti analizzati in altri documenti, disponibili sul Sito].
Si è detto che le conquiste del progresso, come nuove forme di consapevolezza sociale che hanno prodotto nuovi abitudini e nuove buone pratices, e come i nuovi strumenti, premettono di sviluppare una forma di Sussidiarietà (servizi crowd-sourcing) decisamente migliore di quella concepita in origine negli anni ‘90.
Vediamo in primo luogo la Sussidiarietà nella sua dimensione originaria.
Sintetizzando: Sussidiarietà è la nuova conformazione del sistema di Servizi pubblici indicata dalle Istituzioni glovali (come EU e ONU), la quale si pone come soluzione dei problemi creati dall’attuale Welfare gestito in tutto e per tutto “dall’alto”.
Ossia con la Sussidiarietà si delinea un nuovo sistema nel quale i Cittadini sono più direttamente coinvolti nella definizione e gestione dei servizi.
// sosp // si dovrebbe passare da … Si tratta di un Subsidiary Wlefare che sostituisce l’attuale Centraliza..-Burocratic Welfare.
Una prima considerazione: la Sussidiarietà è semplicemente il metodo antico, “tradizionale”, dell’uomo per la gestione della sua Comunità (è alla base del sistema formale di gestione della società inventato dagli Antichi greci e da noi adottato: la Democrazia).
@Sussidiarietà (brief definizione)
La Sussidiarietà si basa sull’idea che per poter risolvere il problema della insostenibilità del Welfare attuale (una delle maggiori concause della crisi economica delle nazioni) sia necessario sostituire il sistema attuale nel quale lo Stato soddisfa, con servizi pubblici, quasi tutti i bisogni “sociali” dei cittadini, con un nuovo sistema nel quale i Cittadini si organizzano (con opportuni strumenti) per soddisfare da sé una parte dei loro bisogni oggi soddisfatti dallo Stato.
In altre parole l’idea su cui si basa la Sussidiarietà e che
per migliorare le cose (ridurre la spesa e migliorare la qualità dei Servizi) il Cittadino debba riprendere ad occuparsi direttamente dei suoi bisogni,
lasciando allo Stato solamente la soddisfazione di bisogni che il Cittadino non può soddisfare da sé (si ribalta qui il modello attuale nel quale il Cittadino si occupa solo dei pochissimi bisogni per i quali lo Stato proprio non può intervenire).
Un esempio della forma tradizionale di “autogestione” proposta oggi dalla Sussidiarietà è rimasta nei regolamenti comunali che attribuiscono ai condomini la responsabilità della pulizia dei marciapiedi adiacenti all’edificio (i condomini sono responsabili, ad esempio, se accade un incidente a causa della neve non rimossa).
Nel regime di Sussidiarietà i Cittadini possono organizzare i servizi in modo nuovo: venendo in questo modo a ridurre notevolmente le spese (sia per le PA che per loro), e a migliorare la qualità dei servizi.
Si pensi ai Cittadini che organizzano il lavoro di riparazione di un marciapiede “sotto casa”: essi spendono meno della metà di quanto spendono oggi in tasse (per pagare 10€ alla ditta che lo ripara, si devono pagare molto più di 20€ di tasse). Ed inoltre essi scelgono in questo caso con attenzione il fornitore (e ne seguono attentamente i lavori) come se si trattasse di “casa loro”. In casi più evoluti i Cittadini stessi possono intervenire più direttamente, riducendo ulteriormente (di molto) la spesa ai soli materiali impiegati.
Quindi, tra le altre cose, Sussidiarietà significa che il Cittadino abbandona la sua condizione passiva attuale, e prende in mano la sua vita sociale. Ovvero comincia a responsabilizzarsi rispetto alle questioni sociali del suo Quartiere. E comincia a comprendere di essere in grado di poter cambiare direttamente le cose (assieme agli altri membri della comunità).
Si genera in questo modo un processo di miglioramento della qualità della vita urbana che nemmeno una la miglior PA del mondo sarebbe in grado di attuare.
( un indicatore del successo di tale via è il modo di esprimersi dei Cittadini: nel nuovo contesto essi sono portati a dire “nel quartiere stiamo facendo” invece di “stanno facendo” – ad esempio parlando della attivazione di un asilo, o della sistemazione di un giardino).
//// sospeso ////////////
Tra le altre cose
co-operarione, ..
solidarità .. il care diventa spontaeo ..
Ma Sussidiarità dimplcia altri .. vaori .. come soidarietà .. che però non possno essere … inculcati .. .
“subsidiarity” and “solidarity.”
Soidarità: …
Volontariato: … vedi open soucrce, banche del tmepo …
Sussidiarità e ridistribuzione. .. il welfare nace come ridistrubuzione … ma .. ridistribuzione, in democrazia, signifca ..
– ulteriori riflessioni sulla Sussidiarietà
ç_sussidiarietà (come valore umano, enciclica)
Per accedere ad una condizione di miglior qualità della vita (che sia sostenibile dal punto di vista dei costi) è quindi necessario definire una nuova forma di Welfare basata su un sistema fortemente integrato nel quale operano:
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PA: rimane comunque determinante il ruolo delle PA, che in questo caso (oltre a continuare a fornire direttamente Servizi pubblici), assumono la funzione di integratore delle nuove tipologie di servizi.
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operatori privati (come già accade ora in ogni Regione – in particolare vedi il caso della Lombardia, che si basa su un sistema di Welfare molto simile a quello dell’Olanda: ovvero del Welfare di prima generazione, l’unico che abbia continuato a funzionare sin ad oggi, producendo costi bassi ed ottima qualità dei servizi), e
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i nuovi servizi “dal basso” in regime di sussidiarietà.
Oggi però le cose, a proposito della della Sussidiarietà, vanno molto diversamente da come ci si aspettava all’epoca della sua definizione.
In primo luogo ciò è dovuto ad un equivoco di fondo sul termine Sussidiarietà, generato da una scarsa volontà di realizzarla nel suo significato originario (il fatto è che vi è un palese conflitto tra la qualità di una reale Sussidiarietà e gli interessi della classe politica attuale, e dei grandi Player del mercato – conflitto che con la nuova condizione di crisi, come vedremo, viene meno).
Il problema principale attuale è quindi che la Sussidiarietà oggi si basa su di una interpretazione ideologica che ne snatura l’essenza, le intenzioni di chi ha in origine creato la direttiva originaria (si ha ora una interpretazione legata alle Ideologie sociali).
Il significato attuale porta la Sussidiarietà in una direzione opposta a quella originaria: mentre nel significato originario si mirava ad una rivalutazione del ruolo dell’individuo (o, almeno, di piccole e libere associazioni di individui locali) rispetto allo Stato, oggi tale termine viene riportato agli interessi di una Ideologia nella quale domina l’idea della necessità di una gestione della società dall’alto.
In questo modo, appunto, si ribalta il significato di Sussidiarietà, neutralizzandone gli effetti positivi in nome di un mantenimento di una condizione di privilegio della “Politica” (e del Mercato ad essa connesso), e si rimette il Cittadino nella situazione di passività (e conseguente inconsapevolezza) nei confronti delle Istituzioni pubbliche (come vedremo, paradossalmente, questa linea penalizza fortemente sia la Classe politica che il Mercato)..
Per recuperare il valore originario della “riforma” del sistema dei servizi in direzione della Sussidiarietà è quindi necessario chiarirne in primo luogo il reale significato del termine Sussidiarietà: essa nasce da una Enciclica papale, la Enciclica Rerum Novarum (1891), nella quale si indicano possibili rimedi ad una società che già allora (più di un secolo or sono) manifestava molte delle criticità attuali.
A proposito di tale Enciclica alla voce Sussidiarietà su Wikipedia si legge:
“l’oggetto naturale di qualsiasi intervento nella società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium) le membra del corpo sociale, non già di (…) assorbirle.”
«il principio di sussidiarietà esalta il valore dei cosiddetti corpi intermedi (famiglie, associazioni, confessioni religiose strutturate, etc.) che si trovano in qualche modo tra il singolo cittadino e lo Stato: secondo questo principio, se i corpi intermedi sono in grado di svolgere una funzione sociale o di soddisfare un bisogno del cittadino (per esempio l’istruzione, l’educazione, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, l’informazione), lo Stato non deve privare queste “società di ordine inferiore” delle loro competenze, ma piuttosto sostenerle – anche finanziariamente – e al massimo coordinare il loro intervento con quello degli altri corpi intermedi.
In questo modo il principio di sussidiarietà, che è un principio organizzativo del potere basato su una ben precisa antropologia, traduce nella vita politica, economica e sociale una concezione globale dell’essere umano e della società: in questa concezione, il fulcro dell’ordinamento giuridico resta la persona, intesa come individuo in relazione, e perciò le funzioni pubbliche devono competere in prima istanza a chi è più vicino alle persone, ai loro bisogni e alle loro risorse.» (Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_sussidiariet%C3%A0)
Andando a vedere le intenzioni originarie del Principio di Sussidiarietà si chiarisce quindi l’equivoco attuale:
la Sussidiarietà non è affatto una questione di finanziamenti,ma una questione antropologica di recupero di valori umani all’interno della Società.
Secondo le intenzioni originarie infatti l’introduzione del Principio di Sussidiarietà si sarebbe dovuta ottenere attraverso un recupero del ruolo attivo del Cittadino nella gestione delle questioni sociali legate al suo territorio (nell’ambito ultra-locale che lo riguarda direttamente): in questo caso non solo il Cittadino sarebbe dovuto divenire il protagonista della soddisfazione dei suoi bisogni, ma esso avrebbe anche recuperato la sua qualità di “Cittadino democratico” determinante per un buon funzionamento del Sistema-democrazia: la sua responsabilità diretta nel buon andamento della società (non più solo la responsabilità di Cittadino-elettore, ma anche la sua responsabilità verso l’ambiente ed i concittadini).
Ritornando all’equivoco attuale sul termine Sussidiarietà, tale termine indica in sostanza non una strada di nuove modalità di finanziamento dei Servizi, ma un sistema organizzativo dei Servizi pubblici di nuovo tipo (il quale ribalta, in parte, il Sistema organizzativo attuale) nel quale si ridefinisce, su basi antropologiche, un sistema di soddisfazione dei bisogni delle persone realmente sostenibile.
Ovvero con la Sussidiarietà si definisce una nuova modalità di vita nella quale, recuperando pratices e valori più tradizionali dell’uomo (in particolare, appunto, la responsabilità dell’individuo nei confronti di se stesso; e il “saper fare” ciò che gli serve per condurre la sua vita), le persone possano nuovamente essere in grado di badare in gran parte a se stesse.
Si noti lo snaturamento del significato del termine Sussidiarietà negli slogan politici: “Cooperazione sociale, aiutare chi aiuta ad aiutare” [http://www.grazianoazzalin.it/territorio/lavoro/cooperazione-sociale-aiutare-chi-aiuta-ad-aiutare/]
Rispetto alla crisi attuale, la differenza sostanziale tra le due concezioni di Sussidiarietà è che con la nuove concezione “opportunistica” di Sussidiarietà non si fa altro che peggiorare le condizioni che con la versione originaria si volevano migliorare: alto livello di costi dei servizi e, contemporaneamente, bassa qualità dei Servizi.
La Sussidiarietà si pone infatti come antidoto ad un Sistema statale che ha assorbito funzioni che sarebbero dovute rimanere ai cittadini (che rappresenta anche una forma di Cultura che ha radicalmente cambiato la coscienza dei cittadini, ed il loro modo di vivere).
Altre implicazioni [sintesi di argomenti sviluppati sui documenti scaricabili dal sito]: non si tratta di un discorso “filosofico” astratto, ma di prendere in considerazione il fatto che con il sistema attuale di Società/Mercato si è snaturate nell’essenza il nostro sistema Sociale.
E a causa di ciò si è creando un mondo interamente basato sul Valore-denaro (i Valori di un tempo sono stati tutti tradotti in valore-denaro: anche per sposarsi l’attenzione maggiore è nella scelta di un partner che abbia disponibilità finanziaria più che altri importanti Valori umani).
Inoltre le persone sono totalmente assorbite dal “Lavoro”, rendendo la loro posizione molto vicina a quella dei “servi della gleba”, i quali erano schiavi del lavoro, mentre i contadini “liberi” potevano gestire a modo, lavorando sulle loro proprietà, il lavoro (ciò è difficile da comprendere, in effetti, se non si è frequentato l’ambiente rurale negli anni ‘60, quando il ritmo della vita era molto più lento di oggi – si utilizzavano i buoi e non ancora il trattore – e le condizioni di vita dei contadini erano migliori di quella attuali). Questa schiavitù nei confronti diviene particolarmente critica nel momento in cui sta crollando il sistema pensionistico.
E genera Cittadini succubi delle pratices inventate dal Sistema: le persone, disinteressate dagli aspetti pratici della vita, non riescono più a vivere un attimo di “tempo libero” senza guardare la Televisione (invece di occuparsi, ad esempio, della gestione della Casa), o andare la Domenica, sostituendo la tradizionale passeggiata nel verde, all’ipermercato o all’Ikea.
E, ancora, riduce notevolmente il livello culturale di un tempo: il conduttore di una fattoria didattica si sente spesso dire dai bambini che non credono che il latte venga dalle mucche, perchè è creato in una fabbrica vicino alla città. Questo abbandono di valori e cultura tradizionale porta, appunto, ad una de-responsabilizzazione degli individui, ed a una perdita di fattori sociali determinanti come la solidarietà ed il rispetto nei confronti del “bene comune”.
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E, valutazione di importanza determinante, con tale .. si è finiti in una crisi dal quale in sistema attuale non è in grado di uscire (anche gli esperti non sanno più dare indicazioni ..)
In ultima analisi: le direttive sulla Sussidiarietà, a dispetto di quanto i più pensano attualmente, indicano quindi un percorso di riforma del sistema dei Servizi pubblici che parte da un ripensamento del sistema nel suo elemento base, l’elemento su sui si fonda la Democrazia: il Cittadino.
Si tratta di un percorso che riporta cioè quel sistema di soddisfazione di bisogni delle persone che è la Democrazia, ad essere gestito più direttamente dai suoi beneficiari (questa era infatti la condizione iniziale della Democrazia).
Ovvero con la Sussidiarietà si indica una strada per uscire da una crisi per risolvere la quale non sono più sufficienti le piccole modifiche attuali (che non fanno altro che rimandare “il fallimento” del sistema). Ma è necessario invece riformare il sistema dalla sua essenza (che è stata snaturata negli ultimi decenni): il cittadino .. la sua capacità di rendersi conto di quali sono i suoi relai bisogni .. e di cosa va fatto per soddisfarli.
Ciò singifica, in termini pratici, … rinunciare (in parte) alla centralità del sistema attuale … ma stimolare lo sviluppo di una vera società democratica: una società dal basso …
Il che singifca appunto, non definire solamente un nuovo sistema di finanziamento dei servizi pubblici, ma dare in mano (in parte) ai Cittadini la resposabilità della soddisfazione dei loro bisongi (aiutandoli in maniera supplettiva – subsidium – certo, anche con opportuni finanziamenti: in queto caso però le spese saranno estremamente ridotte rispetto a quelle attuali.
Il problema della attuale Sussidiarietà è che essa, assorbendo pian piano le mansioni di soddisfazione dei bisogni delle persone (dei “servizi”) originariamente sviluppato dai cittadini stessi (come è ancora nelle comunità rurali) le Istituzioni pubbliche hanno assorbito anche la resposabilità dei Cittadini (ed hanno affievolito notevomente la qualità fondamentale di un Cittaidno “il saper fare”) .. snaturando così la società .. creando una società che .. costi sempre più alti per produrre qualità sempre più basse (questa è la natura della crisi finanziaria delle Nazioni … (e l’assenza di partecipazione .. del cittadino alla governance, che è il fattore fondamentale del funzioanmento della democrazia).
– la Complementarietà dei Servizi in Sussidiarietà
Si tratta quindi di chiarire ulteriormente la natura della nuova tipologia di Servizi che nasce “più vicino alle persone, ai loro bisogni e alle loro risorse” (che oggi possiamo definire “Servizi crowd-sourcing”).
E’ importante comprendere che il principio di Sussidiarietà implica la caratteristica di Complementarietà dei Servizi.
Ovvero: i Servizi di nuova generazione, “co-ideati” e “co-gestiti” dal basso, sono complementari rispetto a quelli attualmente erogati da PA o da Privati (per lo meno in questa fase di transizione tra l’attuare Super-Welfare ed un nuovo Welfare 2.0).
Complementari significa, tra le altre cose, che rappresentano una alternative possibile per le persone (non obbligatoria): alla base di del Welfare 2.0 vi deve essere la libera scelta dei Cittadini (per definizione, non si può imporre dall’alto un “percorso dal basso”).
(come abbiamo detto a proposito dello sviluppo del Welfare 2.0. esso, per essere realmente democratico deve svilupparsi dal basso come “libera scelta dei Cittadini”, e non perchè si abbandona la modalità attuale dei servizi: il successo del Welfare 2.0 deriva dal fatto che esso implica minori costi – tariffe per gli Utenti – e fornisce una qualità migliore).
Questa Complementarietà sussidiata (ossia supportata dagli enti Pubblici, ma non inglobata in essi) si svilupperà in due livelli:
1° livello di complementarietà: un livello costituito da nuove tipologie di servizio completamente “dal basso”. Un esempio: un servizio privato come quello creato da famiglie che si auto-organizzano per portare, con le loro auto, i figli a scuola a turno (una sorta di scuolabus familiare).
A questo livello appartengono i nuovi servizi organizzati sul Web come quelli che permettono di condividere una tratta in automobile (esistono già delle App di questo tipo); servizio che si rende complementare a quello dei Trasporti pubblici: si pensi a come possano essere utili questi “passaggi” per chi abita nella cintura della Città (si tratta non solo risparmi di denaro, ma gli utenti si possono organizzare per essere presi “sotto casa”).
2° livello di complementarietà: un livello nel quale vi è un miglioramento dei Servizi pubblici attuali ottenuto attraverso un processo crowd-sourcing.
In questo caso i Cittadini si organizzano per sostituirsi all’attività di operatori pubblici. Un esempio: una associazione di Cittadini può occuparsi di tagliare l’erba nelle aree verdi del Quartiere. Una attività di questo tipo non solo limita, di molto, i costi dell’intervento tradizionale (le modalità dell’intervento sono per lo più non-profit), ma rende più tempestivo e più “personalizzato” l’intervento (i Cittadini del quartiere possono decidere di modificare le aree verdi in base a loro gusti o necessità). Possono inoltre nascere da questa modalità nuovi tipi di iniziative socialmente utili: ad esempio si può far raccogliere l’erba tagliata da chi alleva animali nella cintura della Città.
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Lavori publbici .. Complementarietà …
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– vigile del quartiere in complementarietà sussidiata …
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In questo modo si … recuperano le qualità originarie del Welfare …
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Sussidiario significa che l’Ente pubblico non fornisce più un servizio di sua proprietà (Beveridge), ma supporta solo …. Quindi PA Sussidiaria implcia anche Cittadini (singoli o in associazioni) Complementarietà .. Ad esempio nei servizi publbic attuali, il milgioramento .. in direzione della Smart City avviene con un entrare in gioco di servizi complementari … nella sanità i parenti dei pazienti dovrebbero poter svolgere alcune mansioni (in questo caso è necessario ri-pensare: magari micro-sopedali locali). Nel caso di …
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>> >> a chi è più vicino alle persone, ai loro bisogni e alle loro risorse.” (o meglio dalle persone stesse, che poi … unendosi in Associazioni di persone, sviluppano ..
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INTRODUZIONE ALLE NUOVE TIPOLOGIE DI SOLUZIONI
In questo capitolo (10 pp) si analizzano le questioni relative allo Sviluppo di Smart Cities di nuova concezione, ovvero allo sviluppo di una innovazione delle Città che si basa sul Welfare 2.0 (crowd-sourcing, o della Sussidiarietà); approfondendo, in particolare, l’analisi del nuovo scenario prodotto dal nuovo approccio.
INNOVAZIONE DELLA CITTÀCOME SOCIAL INNOVATION
Creare Smart Cities significa quindi effettuareuna innovazione sociale profonda e pervasiva.
Che passa per una riflessione che parte dalle modalità di vita urbana, e dalle modalità di creazione e gestione dei servizi pubblici.
E che produce un nuovo scenario di regole (regolamenti locali), nuove modalità di utilizzo del “bene comune”, nuove modi di operare nel mondo del lavoro (nuove metodologie di lavoro, nuovi modi di fare impresa, ecc …), forme di mobilità radicalmente nuove; ed una re-ingegnerizzazione dei processi delle PA.
Riforma sociale (2)
Come si è accennato, si definisce qui un nuovo Smart approach che permette di effettuare, in parallelo, una “riforma delle Istituzioni sociali” che può avvenire in modo indipendente dalle Istituzioni governative centrali: senza la necessità di ottenere dalla Istituzioni nazionali nuove leggi e nuovi finanziamenti (il che implica, in una certa misura, anche una riforma della Governance, ottenuta attraverso le stesse modalità).
Questo tipo di riforma è oggi possibile: si tratta semplicemente di applicare la Sussidiarietà nella ridefinizione dei Servizi pubblici (richiesta, comunque, dalle direttive internazionali); di interpretare in modo intelligente la Legislazione attuale; di sfruttare le opportunità fornite dai nuovi strumenti (sensori consumer, Web, ecc…); e di utilizzare nel modo migliore il capitale umano. [vedi i documenti su Iniziativa riforma dal basso scaricabili dal Sito]
Si tratta di una riforma dalla quale, come si è detto, “Politici” e Mercato non solo non hanno nulla da temere, ma hanno molto da guadagnare: la classe politica (l’amministrazione delle PA) nella nuova modalità ottiene vantaggi fondamentali, che si traducono in forte recupero del consenso elettorale.
E per i Player attuali del Mercato si tratta di accedere a nuove opportunità di business senza la necessità di attendere nuovi finanziamenti che non verranno più (con, ovviamente, la necessità di cambiare, in parte, mentalità ed approccio; e di un riposizionamento sul Mercato).
IL NUOVO SCENARIO (E NUOVE TIPOLOGIE DI SERVIZI)
i vantaggi della Social innovation
Il processo di innovazione qui delineato, che passa per una ridefinizione del Welfare in direzione di una maggior sussidiarietà, offre i seguenti vantaggi di base:
1) è una strada che non passa per una austerità (rinuncia, ma per una sorta di rinascita del piacere di vivere la Città.
2) porta una diminuzione immediata dei costi del vivere (che significa anche avere finalmente costi sostenibili per il Cittadino, in quanto tributi locali, tariffe, ecc …); e, come si è detto, porta contemporaneamente un miglioramento della “qualità dei servizi”.
3) ri-attribuisce il ruolo attivo dei Cittadini (la qualità di base del Sistema democratico): da ai Cittadini l’idea tangibile di un miglioramento delle loro condizioni, di un futuro (migliore) possibile.
Queste qualità sono determinanti, intanto perchè permettono alle persone di sopravvivere in questo momento di profonda crisi economica. Ma anche per il fatto che esse rappresentano la “molla” che porta i cittadini ad agire in prima persona per cambiare le cose.
In questo processo sostenibile di innovazione si crea una nuova dimensione di vita urbana nella quale le persone recuperano l’idea di poter “progettare il prorpio futuro” (dando alle persone la prospettiva di un nuovo futuro fatto di nuovi stili di vita più gratificanti, nuove tipologie di servizi più efficaci, migliore qualità di cibo, ambiente, interrelazioni umane; di nuove “attività conviviali” all’interno della comunità, ecc …)
Si crea cioè una nuova dimensione della Politica nella quale essa ritorna ad essere, in parte, ciò che era in origine: “politica in quanto partecipazione attiva del Cittadino alla gestione della vita della comunità sociale” (la Politica diviene, almeno in una piccola parte, una “politica per progetti -dal basso”). [argomenti sviluppati in alcuni documenti scaricabili dal Sito]
>>> ( vataggi della riforma )
@ vantaggi smart approach (IRDB)
Questa nuova strada, come si è accennato, produce una lunga serie di vantaggi.
In questa forma di Social innovation si definisce un cambiamento radicale della qualità della vita della Città: si hanno i già citati nuovi “stili di vita” (più gratificanti perchè si tratta di una “qualità della vita” definita ed evoluta direttamente dai Cittadini; e finalmente motivanti perchè spingono le persone ad entrare in un nuovo ciclo virtuoso di innovazione della Città).
Uno dei vantaggi più significativi per la comunità sociale urbana prodotti da questo percorso di innovazione, è la notevole ricaduta positiva da esso prodotta sul lavoro locale (come vedremo, nel nuovo contesto si genera attorno alle nuove Soluzioni Smart un nuovo giro di affari locale che genera nuova occupazione).
L’INNOVAZIONE SERVIZI PUBBLICI
ç_welfare 2.0 (innovazione servizi)
Si propone nelle prossime pagine, per una maggior chiarezza della esposizione delle Soluzioni, una “sistematizzazione” degli elementi coinvolti nel progetto.
La strada verso il Welfare 2.0 si basa sull’innovazione di due generi di servizi attuali, ai quali si aggiunge un terzo genere peculiare nei quali i servizi sono definiti ex-novo:
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servizi pubblici (es.: Sanità, raccolta rifiuti, Trasporti, ecc.. ).
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servizi privati (es.: Taxi, Agenzie immobiliari, ecc… ).
-
nuove tipologie di servizi basati sulla Sussidiarietà (che si sostituiscono, in parte, ai servizi dei due generi tradizionali).
– i nuovi tipi di servizi
Nascono quindi nuove tipologie di servizi,che vanno a fare da complemento ai servizi attuali.
Una questione determinate: per comprendere cosa può avvenire in questa direzione è necessario de-costruire totalmente l’attuale visione dei servizi pubblici:
i nuovi servizi sono completamente differenti da quelli attuali, sia sotto l’aspetto della tipologia di servizio,sia nelle modalità di gestione e di erogazione.
Sono servizi che nascono da idee prodotte direttamente dalla mente dei Cittadini mentre affrontano i problemi della vita quotidiana.
Questi nuovi servizi nascono cioè con un processo dal basso, “2.0”, sviluppato in gran parte sul Web (si tratta però non del Web 2.0 attuale, “effimero”, ma di un Web integrato nella vita normale delle persone. Il “Web delle cose”, strettamente legato alla realtà materiale: che serve, ad esempio, a supportare “pratiche reali” come riunioni “fisiche” in locali pubblici o privati).
Questo percorso di innovazione è un percorso attraverso il quale i Cittadini divulgano le loro idee, e si organizzano in gruppi per svilupparle (gruppi che comprendo anche “tecnici”, sviluppatori).
Come vedremo, in questa nuova concezione dei servizi viene meno l’attuale netta distinzione tra servizi gestiti dalla PA e servizi privati. Nasce quindi una nuova categoria di servizi che non sono né prettamente pubblici (né “convenzionati” come ora), né prettamente privati.
Questi nuovi servizi derivano cioè dall’integrazione di PA (in questo caso il sistema di servizi si dota di una Struttura aperta) e “Privato”: in questo ultimo ambito vi sono i tradizionali grandi Player integrati con le nuove forma di imprenditorialità sociale (che a loro volta integrano normali cittadini con piccoli sviluppatori).
i notevoli vantaggi dei nuovi servizi
Si tratta di Servizi come, ad esempio, quello che potrà erogare una Associazione di Cittadini che si occupi di mantenere i giardini del quartiere (taglio erba, pulizia, ecc … ) – o una Associazione di genitori che si occupi di creare e mantenere, in una giardino pubblico, nuovi giochi per bambini.
Questi servizi sono complementari a quelli attualmente erogati dalle PA, e vengono realizzati solo a determinate condizioni analizzate più avanti: le nuove forme di Associazione di cittadini che creeranno e gestiranno questi nuovi servizi:
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nascono ed agiscono solo con il consenso della Cittadinanza ultra locale (i maggiori fruitori del giardino, in questo caso). E
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sono massimamente responsabilizzate (pur essendo basate esse prevalentemente su volontariato, esse ricevono fondi per “rimborsi” ed attrezzature, i quali sono subordinati al mantenimento di certi standard di qualità, oltre che ad una valutazione periodica dei Cittadini).
@ vantaggi smart approach (responsabilizz. – cassa integraz. – lav. conviviale)
Questa modalità di erogazione dei servizi porta, appunto, notevoli vantaggi in quanto a spese (si tratta prevalentemente di volontariato) e a qualità del servizio (gli operatori agiscono, in un certo senso, “nel giardino di casa loro”).
Si tenga conto che sono comunque sempre coinvolte figure di elevate qualità professionali (le quali possono essere disponibili in quanto “cittadini del quartiere”, o possono essere “prestati” dalla PA) – e che molto probabilmente gli operatori dovranno comunque “qualificati”, anche se con modalità piuttosto semplici (ad esempio sostenendo un esame per ottenere una abilitazione).
Si noti l’importanza di questo tipo di gestione alternativa dei servizi basata sull’operato dei Cittadini: in questo caso si creano nuove possibilità di lavoro, poiché si crea una sorta di sistema di gestione della disoccupazione a livello locale.
Grazie alla possibilità offerta dal regime di Sussidiarietà di gestire a livello locale fondi per sostenere tali forme di lavoro utile per la comunità (forme di lavoro che sono un misto di lavoro volontario e salariato) si crea infatti una sorta di “Cassa integrazione a livello locale”.
( convivialità dei servizi e atteggiaemtno virtuoso .. )
Ma in questo caso vi è un altro vantaggio notevole: in questo modo si favorisce un ciclo virtuoso di innovazione.
In questo modo, infatti, si recupera l’aspetto conviviale della vita urbana (in particolare della vita di Quartiere). Ovvero, più in particolare, tra le altre cose si recupera la dimensione dell’era pre-industriale nella quale il lavoro assumeva un aspetto di lavoro comunitario conviviale (è così ancora oggi nei piccoli centri rurali).
E questa condizione psico-fisica della cittadinanza favorisce lo sviluppo del ciclo virtuoso di sviluppo dal basso di innovazione della Città, instillando nelle persone: maggior creatività e maggior consapevolezza dei problemi e dei modi per risolverli.
E, soprattutto, genera nelle persone maggior responsabilizzazione: il fatto di occuparsi delle cose che le riguardano tende infatti a generare nelle persone un senso di responsabilità civica (una spinta alla partecipazione), poiché esse cominciano ad occuparsi del “bene comune” del loro Quartiere come del “loro giardino”. Le persone non saranno solamente spinte ad assumere una maggior senso civico in quando a non “buttare la carta” per terra; ma si chineranno per raccoglierla e buttarla in un cestino). E poi, magari, ad organizzare azioni per ripulire e sistemare aree come i giardini, ecc…
Di questo passo si può arrivare ad un coinvolgimento del Cittadino in quanto a responsabilità nella gestione delle spese relative al territorio [vedi documenti IRDB sul Sito]
– un nuovo scenario di regole e di modalità di fruizione della Città
@ nuovo scenario (regole locali)
Questi nuovi servizi si sviluppano in un nuovo scenario, fatto di nuove regole di e nuove “abitudini di vita urbane”.
( regole )
Questi servizi dovrebbero infatti essere inseriti in un nuovo scenario di nuove regole (le quali non sono prettamente necessarie, ma possono comunque essere un elemento che facilita lo sviluppo di un soluzioni basate sulla Sussidiarietà: si tratta, in ogni caso, di regole a livello comunale – le Soluzioni indicate in questo documento sono per lo più fattibili nel contesto normativo attuale).
nuove regole: come le PA devono predisporre le cose
– messo anche in Advisor 1 –
Le nuove regole dovranno andare appunto nella direzione di una apertura della PA alla collaborazione da parte di Associazioni di Cittadini alla erogazione dei servizi sul territorio.
Si dovrebbero cioè seguire i seguenti principi:
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apertura delle PA alla collaborazione dal basso (Open PA).
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creazione di modalità di responsabilizzazione dei Cittadini (delle Associazioni) che entrano nel nuovo regime di collaborazione (ad esempio, come si è detto, subordinando i sussidi ai risultati ottenuti).
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definizione di una modalità di piena integrazione delle Associazioni di operatori con la cittadinanza locale (dalla quel devono appunto essere legittimati – inoltre qualsiasi cittadino locale deve potersi candidare all’integrazione nella Associazione di operatori).
Ovviamente, soprattutto in una prima fase di transizione, la PA deve pubblicizzare in modo capillare la nuova modalità erogazione dei Servizi pubblici (il nuovo modo per i Cittadini di vivere la Città da protagonisti del cambiamento in direzione di una miglior qualità della vita).
A questo scopo la PA deve creare canali di informazione e di formazione che facilitino la nascita di una nuova generazione di Cittadini in grado di ragionare in modo nuovo, in termini di desiderio di cambiare le cose, e di assunzione della responsabilità di questo cambiamento (in termini si Sussidiarietà).
A questo proposito nella Piattaforma Open Government Platform [vedi Sito] vi è la possibilità di attivare, in modo molto semplice, canali di Web TV (più efficaci della TV Broadcast) e di eLearning che potrebbero essere utilizzati in modo efficace per diffondere la nuova cultura della Sussidiarietà dei Servizi pubblici).
nuove regole: linee di condotta per le Associazioni
In base alle considerazioni precedenti, le nuove Associazioni di Cittadini devono quindi seguire le seguenti Linee:
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pubblicità e trasparenza dell’avviamento e della gestione: qualsiasi azione deve essere pubblicizzata presso la cittadinanza locale in modo molto chiaro; compreso il progetto iniziale di avviamento dell’iniziativa. Vi deve essere una alta visibilità effettiva: anche con indicazioni di “cartelli” sui luoghi di pertinenza (sia per il progetto che per le singole azioni programmate). E va ridotto al minimo il divide per la partecipazione dei Cittadini tecno-analfabeti (oltre agli strumenti Web 2.0 devono essere utilizzati degli strumenti complementari “tradizionali”).
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apertura agli altri Cittadini, e legittimazione (consenso tramite voto) delle azioni da parte della Cittadinanza locale: nell’ambito locale in cui esse operano, le Associazioni sono vincolare al consenso della cittadinanza (voto) non solo per per l’attivazione della Associazione, anche di ogni azione. La proposta iniziale deve essere pubblica affinchè altri Cittadini possano eventualmente avanzare richiesta di partecipazione (qualsiasi cittadino deve potersi candidare per i vari ruoli e cariche dell’Associazione). Qualsiasi Cittadino deve poter collaborare dall’esterno con giudizi, proposte, ecc … L’Associazione e le azioni specifiche sono sottoposte ad una sorta di rating da parte dei Cittadini (ed, ovviamente, da parte della PA).
La struttura della PA si deve quindi aprire alla possibilità per i Cittadini di integrare loro attività con quelle del Comune.
Ciò può essere fatto anche in modalità semplici: può ad esempio essere integrata l’attività delle nuove Associazioni con le Istituzioni pubbliche decentrate già esistenti, come le Commissioni delle Circoscrizioni (in questo caso esse vengono ad essere delle “Commissioni aperte” – vedi progetto Circoscrizione 2.0). In questo caso l’attività della Associazione può essere formalmente inglobata nelle attività delle Commissioni, ed operare però in modo relativamente indipendente: con strutture indipendenti per l’attività di gestione (sul Web, in locali esterni alla sede della Circoscrizione), e per l’attività operativa sul territorio (si tenga conto che gli operatori sono, nella loro attività, sempre “online” rispetto alla PA: ad esempio con device mobili che dispongano di GPS, e videocamere – e che esistono sempre forme di controllo e valutazione da parte della PA, sia durante i lavori, sia a posteriori).
Anche in questo aspetto la PA (ovvero la Classe politica che le gestisce) deve comprendere che in questo modo essa guadagna un notevole consenso politico.
l’emergere di nuove abitudini urbane
Nel nuovo scenario emergono inoltre, tra le altre cose:
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nuovi modelli di fruizione degli spazi pubblici: gli spazi pubblici (previa valutazione da parte della PA – e legittimazione da parte della Cittadinanza locale) possono essere utilizzati dai Cittadini per attività di pubblico interesse (questa possibilità esiste già, ma viene ampliata e pubblicizzata).
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nuovi modelli di consumo con nuove attività di eCommerce locale (modalità on ancora esistente, sviluppata in altro documento), che comprendono, tra le altre cose, forme di acquisto come quelle dei Gruppi di Acquisto solidale. Un’altra modalità è, ad esempio, lo scambio di beni non più utilizzati in forme nuove (giochi per bambini, elettrodomestici, mobili, ecc…).
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nuovi modelli di organizzazione dei Cittadini e di nuove forme di imprenditorialità (Imprenditorialità sociale).
nuova modalità di fruizione spazi pubblici
– c’è approfondimento in altra sezione –
Uno degli aspetti più importanti della Social innovation qui delineata è, tra le varie radicali trasformazioni del modo di vivere la città, la nuova modalità di fruizione degli spazi pubblici (argomento approfondito in altra sezione).
Un esempio: si può migliorare e diffondere l’attuale modalità di “usufrutto” degli spazi pubblici da parte dei Cittadini – come attraverso la possibilità da parte di Associazioni di operare in un’area pubblica (vedi il caso, citato in altra parte, dei genitori del quartiere che creano e gestiscono, in un giardino pubblico, un’area pubblica di giochi per bambini). Questa possibilità fornisce, tra le altre cose, la nuova direzione conviviale della comunità sociale.
nuovi modelli di consumo
Sul consumismo 2.0 sono sviluppate argomentazioni e progetti in altri documenti disponibili sul Sito (in particolare “Consumismo 2.0”).
Nello specifico vi saranno, ad esempio nuove forme di consumo (che implicano maggior consapevolezza di scelta, sviluppata anche attraverso opportuni canali di informazione dal basso) con una Distribuzione diretta (un caso intermedio è definito “KM zero”), maggiormente “controllata” dal basso (vi sono già molti casi totalmente “diretti”, come i Gruppi di acquisto). Nei documenti citati si sviluppano modelli di “eCommerce locale”, in grado di cambiare in modo radicale l’eCommerce.
nuovi modelli di imprenditorialità (e di lavoro)
Vi saranno modalità facilitate per la costituzione di forme di associazione “imprenditoriali” (non a scopo di lucro: probabilmente forme di Cooperative sociali di Quartiere).
Nascono probabilmente nuove forme di lavoro, un mix tra lavoro di volontariato e lavoro salariato (che, come si è detto, sono una ottima opportunità per sostenere, a livello locale, la disoccupazione – una sorta di Cassa integrazione 2.0).
Nella prossima sezione si illustra lo scenario del nuovo mercato post-industriale, nel quale si ribaltano le attuali regole di ideazione, produzione e consumo.
RESISTENZE DI PA E MERCATO
Certo vi sono comprensibili resistenze da parte delle PA e del mercato (dei Player attuali).
Uno dei problemi è infatti rappresentato dalla necessità di superare le resistenze di una classe politica e di Player tradizionali del Mercato che non sono in grado di vedere i benefici di una innovazione reale.
Il primo di tali benefici è in realtà una necessità: la svolta in direzione di una innovazione verso il basso (verso il crowd-sourcing, la Sussidiarietà) è oggi un qualcosa imposta dalla contingenza: è necessaria, per le PA (la Classe politica che ora le gestisce) e il Mercato, per poter sopravvivere nei prossimi anni.
Per quanto riguarda la Politica si tratta di poter soddisfare i Cittadini con il poco denaro oggi a disposizione (e di farlo migliorando la qualità della vita della Città rispetto alla situazione attuale, per poter guadagnare consenso).
// forse non più // ; e quindi si tratta di riuscire a contrastare l’attuale tendenza al voto “contro” (i Partiti si gratificano oggi per vittorie sugli avversari quando i Cittadini non fanno altre che bocciare le amministrazioni precedenti).
Per quanto riguarda il Mercato, vi è invece la possibilità di creare nuovo business (in entrambi i settori è però effettivamente necessario cambiare, almeno in parte, mentalità e approccio).
L’aspetto più ingenuo di queste resistenze è rappresentato da casi di “difesa estrema” come quello che ha portato, negli USA, alla condanna di chi ha prodotto una App che permetteva ai Cittadini di organizzarsi, anche “la volo”, per offrire passaggi auto ad altri cittadini (si è ravvisata in tale attività una forma di concorrenza sleale nei confronti dei Taxi, poiché i Cittadini non sono muniti di licenza per trasportare altre persone).
Queste azioni tese a salvaguardare il Mercato tradizionale (che va in effetti salvaguardato per proteggere le famiglie che di quel tipo di lavoro vivono) è però “estremo”, e rischia di divenire agli occhi dei Cittadini “totalitario”; e quindi rischia di far perdere ulteriormente il consenso verso le “Istituzioni”.
Si dovrebbero trovare in questo ambito formule di compromesso. Tenendo però presente che queste devono essere soluzioni transitorie, poiché in ogni caso il macro-trend (la “quarta ondata”), difficile da fermare in un regime democratico, tenderà a trasformare il sistema Società/Mercato occidentale nella direzione indicata dalle App “crowd-sourcing” in questione (gran parte dei Business dovranno in qualche modo riposizionarsi: alcune di compagnie di Taxi stanno già riposizionandosi con servizi a valore aggiunto, come a Milano: appoggiandosi esse stesse ad Apps).
Si ricorda un grande vantaggio presentato dalla nuova tipologia di soluzioni per le Smart Cities che le PA dovrebbero prendere in considerazione: oltre alla soluzione del problema “vitale” della sostenibilità dei costi della vita urbana, tali soluzioni possono portare, come si è visto, anche ad un rilancio della occupazione dei Cittadini: il nuovo approccio permette di creare nuovi poli di innovazione locali – ciò anche grazie alle nuove forme di produzione in modalità post-industiale descritte nella prossima sezione (particolarmente utili per le aree che dovono convertire una precedente produzione industriale “pesante”) – e con le nuove forme di lavoro salariato-volontariato già descritte.
GOALS E ATTORIDELNUOVO PERCORSO DI INNOVAZIONE
Il goal dell’innovazione verso le Smart Cities deve essere:
1) migliorare i servizi attuali adattandoli al trend emergente di Sussidiarietà/Crowndsourcing; aprendo la propria struttura collaborazione dal basso.
2) creare di nuovi servizi di Sussidiarietà (per le PA non si tratta più però di “creare” nuovi servizi, ma creare le condizioni affinchè questi vengano spontaneamente ideati dal basso: sono (1) “servizi pubblici”, vicini alla concezione attuale, o (2) servizi prevalentemente gestiti dai privati (es.: piccoli asili in appartamenti).
gli attori
Gli attori delle Smart Community sono (le Smart Cities create con il nuovo approccio):
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Cittadini (singoli, famiglie – che contribuiscono con idee, sviluppo tecnico, ed azione sul territorio per l’erogazione dei servizi).
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“Sfere sociali”, ovvero di ambiti della vita sociale nei quali i Cittadini sviluppano, in direzione anche differente, e con competenze spesso differenti, lo stesso tipo di attività; sfere che possono essere distinte in due generi:
// sospeso /// un concetto già creato per altre teorie (qui non si prende il sisngificato ideologico, ma solo quello letterale, di “sfere di vita sociale” dei Cittadinni),
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Privato: Scuola in quanto studenti e genitori della scuola, Sport e Tempo libero: Associazione di persone che pratica uno sport, o si ritrova in circoli; ecc …
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Professionale: come Associazioni di categoria (Professionisti, Negozianti, Piccola industria, ecc …); in questo genere sono incluse quelle forme di associazione che rappresentano la nuova “imprenditorialità sociale”.
la nuova Imprenditorialità sociale
I nuovi servizi sono spesso delle forme servizio pubblico-privato erogate anche, e soprattutto, da un nuovo tipo di imprenditorialità: una Imprenditorialità sociale che opera con nuove regole (in realtà si tratta, in gran parte, di regole già esistenti: come quelle legate alle Associazioni non a scopo di lucro, delle Cooperative sociali; queste regole andranno, se possibile, riviste a livello locale).
In questo caso vi può essere un mix di volontariato e profitto (che può portare, appunto, un reddito ai disoccupati locali).
E vi sono delle partnership di un tipo completamente nuovo, come quelle tra normali Cittadini, che forniscono un’idea di soluzione, e contribuiscono fattivamente alla sua realizzazione, e piccoli sviluppatori (anche studenti smanettoni).
Questa nuova tipologia di “imprese” di base si integra poi, nella Open Platform For Smart Cities, con la PA (ad esempio con le “municipalizzate”) e i Grandi Player del mercato.
Un notevole vantaggio di questo forma di imprenditoria locale è che essa ingloba automaticamente la Corporate Social Resposibility che le Istituzioni stanno, con molti sforzi, cercando di portare nel Mercato
// tit // … nuove regole e strumenti
#nota: si elencano caratteristiche delle nuove regole in un capitolo precedente (cosa fare: regole per PA e regole per Associazioni)
Nel nuovo scenario è auspicabile la disponibilità di nuove regole e nuovi strumenti per le attività di “servizi pubblici” in modalità di Sussidiarietà.
Delle nuove regole (per le PA e le Associazioni di Cittadini) si è accennato in precedenza.
– struenti .. gli struneti “per la Smart City”, appunto, … (( che cazzo sono ??? ))
sez 3IL NUOVO MERCATOPOST-INDUSTRIALE:OPEN MANUFACTURINGE HARDWARE OPEN SOURCE
In questa sezione (35 pp), ci si occupa di un trend relativamente recente che permette di rivoluzionale il concetto di innovazione per le Smart Cities.: il trend del Do It Yourself dei cosiddetti “Makers”.
Si tratta della nuova modalità post-industriale di produzione degli strumenti hardware detta “Open Source hardware”, nella quale si producono, “da zero”, sofisticati dispositivi (meccanici ed elettronici) dalle qualità paragonabili a quelle dei dispositivi Hi-tech oggi utilizzati per l’innovazione delle Smart Cities.
E’ in atto una terza fase dello sviluppo della Società/Mercato moderna: la Terza ondata nella sua fase matura che possiamo definire nuova era post-industriale.
Nella nuova era post-industriale si verificano radicali cambiamenti non solo nel Mercato, ma anche in ogni aspetto della nostra società.
In questa fase Società e Mercato di integrano maggiormente di quanto è stato fino ad ora; ma in modo differente, di segno opposto: a differenza della fase attualmente in declino (la fase “industriale”), nella quale era “il Mercato” a guidare il processo di gestione della Società (la nostra è, appunto, una Società/Mercato),
ora il processo di gestione e sviluppo della Societàè gestito “dal basso”,dalla componente sociale del Sistema.
Ciò avviene, in linea di massima:
-
nel Government con una apertura delle Istituzioni alla cooperazione dei cittadini;
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per quanto riguarda la produzione di beni e servizi, essa diviene user-driven (ma vi è la componente ancora più innovativa del nuovo corso: una modalità Do It Yoursef con la quale l’uomo, ritornando alle forme di economica “pre-capitalista” (ossia a quelle forme di società nelle quali non vi era una totale subordinazione della vita al denaro) si trasforma da “consumatore” in pro-sumer, ossia esso steso produttore dei prodotti che utilizza.
Da un punto di vista prettamente economico, oggi si assiste cioè ad una radicale riforma delle Città (della vita sociale) in direzione della Sussidiarietà che genererà una nuova forma di Economia post-industriale basata, al livello nazionale, sull’integrazione di varie Economie (mercati) locali.
Nuovi Mercati definiti in base a principi di produzione del downsizing e della localizzazione; ossia ad una produzione local centered: è
una Economia legata adUNA MODALITÀ DI PRODUZIONE POST-INDUSTRIALE,CHE SUPERA LA “PRODUZIONE DI MASSA”
per andare, grazie ai nuovi strumenti di produzione (legati alla modalità “Makers”), che permettono di sostituire la catena di montaggio con macchine dal costo irrisorio (stampanti 3D, mini-robot, ecc …) una produzione mirata (“di nicchia”, tendente al prodotto unico. Ciò grazie anche ai nuovi strumenti Web 2.0.
NUOVA FORMA DI VALORE
Il nuovo Mercato post-industriale è caratterizzato , tra le altre cose, da un nuovo tipo di Valore del prodotto.
Sostanzialmente si passa da una forma di valore “inventato” dai produttori per convincere l’utente ad acquistare un prodotto in sé privo di reale valore (ossia privo di reale capacità di soddisfare veri bisogni dell’acquirente), alla forma di valore tradizionale dell’uomo.
Questo nuova forma di valore effettivo per l’uomo è definita come valore utilità (ovvero il valore che risiede nella soddisfazione di bisogni reali).
Per quanto riguarda i beni materiali, si tratta di una forma di “servizio” inglobata nel Prodotto (la “componente servizio”, che spesso consiste in “funzioni software” – ad esempio si tratta delle funzioni di base del cellulare che notificano le chiamate perdute, o che trasformano il cellulare in una sveglia – gli elettrodomestici ingloberanno presto questo tipo di componente servizio).
Nei sevizi il nuovo valore è rappresentato da una componente “problem solving” (vedi più avanti).
Una nuova importante caratteristica di questa componente utilità dei prodotti e servizi è legata alla loro connettività: connettività via WiFi, con altri dispositivi; e, soprattutto, la connettività con la Rete: ciò permette agli utenti di fruire di servizi basati sul crowd-sourcing (gli utenti possono risolvere i problemi con il supporto della comunità sociale).
i trend del cambiamento
Una necessaria considerazione preliminare sui nuovi trend emergenti (post-industriali) che portano una radicale innovazione del contesto sociale: come è per molti trend della Storia, questo trend è prodotto da una situazione di necessità storica, e non da “libere scelte” delle persone (o degli attori del Mercato).
Non si tratta cioè di valutare se esso trend sia giusto o sbagliato; ma di studiarli per sfruttarli al massimo per trarre da essi Valori significativi per le persone e per la Società (o, se vogliamo, per poter mettere in piedi business proficui).
Ovvero: se il trend precedente, quello “industriale”, apparteneva alla serie di trend nati “dall’alto” (in tal caso sono stati i grandi Attori del Mercato a generarlo), i trend attuali appartengono al genere di trend dal basso, i quali, nella Storia dell’uomo, finiscono immancabilmente per succedere ai trend all’alto quando le cose sfuggono di mano a chi gestisce questi ultimi. Ossia quando si arriva ad una condizione nella quale, appunto, sopraggiunge una situazione di profonda crisi.
Una ulteriore considerazione: nella attuale crisi i precedenti “gestori” del sistema sociale sono così prigionieri della loro forma mentis (la quale funzionava a meraviglia nei tempi migliori) che essi proprio non sono in grado di comprendere il motivo della crisi, e quindi di porvi rimedio.
Le caratteristiche contingenti della nostra Società in crisi sono [vedi approfondimento in altri documenti del Sito]:
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lo spending, la possibilità di spendere da parte dei “consumatori” è divenuto molto limitato, ed il Mercato entra in crisi perchè non riesce più a vendere (di conseguenza cresce a livelli insostenibili la disoccupazione): la Società entra così in un circolo vizioso che non può che far peggiorare la situazione (sino a che non si troverà un sistema radicalmente alternativo – i problemi attuali sono l’aver portato ad esasperazioni della caratteristiche del sistema del Consumismo, nel quale le parole d’ordine sono (a) “facciamo prodotti senza qualità”: ci costano di meno, in ogni caso tanto riusciamo a convincere la gente a comperarli. E (b) “spendiamo sempre maggior quantità di denaro pubblico”, tanto con le tasse viene recuperato.
Il problema è, appunto, che sia chi gestisce il Mercato, sia chi gestisce le Istituzioni politiche, è entrato in una forma mentis tale che non è in grado di vedere con lucidità l’essenza del problema, e quindi insiste nel cercare di risolvere i problemi prorpio con le modalità che lo hanno creato. E la vita dei Cittadini diviene sempre più insostenibile (costi sempre più elevati, e sempre minor qualità dei servizi).
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le cose si complicano ulteriormente per il fatto che le persone, che ora devono affrontare problemi di vita sempre più gravi, hanno nuove richieste particolarmente critiche legate ai problemi emergenti (di efficienza di infrastrutture, di cure, ecc….).
i nuovi trend come come rimedio alla crisi attuale
Questa situazione contingente molto grave ha spinto delle “avanguardie” a studiare possibili vie uscita ad una situazione che sembra essere irrimediabilmente disperata.
Sono nati quindi una serie di trend dal basso che concorrono a definire uno scenario (ancora in nuce, non inquadrabile facilmente a livello generale) di una nuova società post-industriale.
( nuove forme di servizio )
In sintesi, utilizzando i termini dell’economia classica, nel nuovo trend post-industriale:
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si recupera il ruolo dell’individuo come regolatore dell’offerta. Si ritorna cioè alle regole del “mercato” tradizionale dell’uomo, nel quale la produzione avveniva in base alle richieste dei potenziali consumatori (l’offerta dei produttori nasceva per soddisfare una reale domanda da parte del pubblico, mentre oggi la Domanda è forzata grazie a forme di pubblicità particolarmente efficaci). Uno dei nuovi fattori che facilitano lo sviluppo di questo nuovo trend è rappresentato dalle nuove tecnologie di comunicazione: grazie ad esse è possibile avere, appunto, una forma di progettazione-produzione crowd-sorcing.
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ovvero si ricupera il valore d’uso del prodotto (l’effettiva utilità del prodotto) a scapito del valore di scambio (il valore commerciale). Ossia in questa modalità l’utente, in questa situazione di crisi, ritorna ad apprezzare l’effettiva utilità di un prodotto (la capacità del prodotto di risolvergli effettivamente dei problemi, di migliorare sostanzialmente la qualità della sua vita).
la componente utilità: oltre la tecnologia in sé
La radicalità del cambiamento in atto è dovuta al fatto che negli ultimi anni il business si è basato sulla tecnologia in sé.
Questo è, ad esempio, l’errore commesso da Apple: ogni nuovo prodotto che essa rilascia si basa sull’appeal di caratteristiche di per sé sbalorditive: sottigliezza, quantità di pixel del display, ecc … Ma ora questo appeal, in tempi di crisi, viene meno: le persone non sono più disposte a spendere metà del loro stipendio per sbalordire gli amici (le caratteristiche di tali prodotti sono da qualche anno già più che sufficienti per garantire una ottima usabilità da parte degli utenti).
In tale contesto Samsung si sta rapidamente sostituendo ad Apple come leader del mercato cominciando a curare nei suoi Smart Phone l’effettiva utilità del prodotto.
Anche le Aziende coinvolte nei progetti delle Smart Cities si basano sulle tecnologie in sé, senza rendersi conto che il business nel settore delle tecnologie è in realtà da sempre basato sulla progettazione di un valore che si sovrappone a quello delle tecnologie (la componente servizio del prodotto), e non affatto sulla tecnologia in sé (in realtà in tale settore ci si è potuti basare sino ad ora su alti investimenti in tecnologie prive di sostanziale valore utilità per il fatto che gli Attori del mercato potevano basarsi su “facili” finanziamenti degli Enti pubblici – un metodo poco smart per le Smart cities).
Ora è quindi necessario prendere nuovamente in considerazione il fatto che i veri business del dopoguerra non sono stati certo gli elettrodotti o le centrali elettriche, ma piuttosto, ad esempio, per il settore dell’”energia elettrica”, sono state le “invenzioni” (utilities) degli elettrodomestici. E successivamente, le invenzioni dei contenuti (surgelati, programmi TV, ecc…) di tali strumenti tecnologici.
Le tecnologie sono state, in effetti, da sempre il supporto dell’innovazione, e hanno sempre velocizzato i cambiamenti. Ma ciò che in realtà conta, in questa fase di mercato, è il valore d’uso del prodotto.
la nuova concezione del Servizio e del Prodotto materiale
Sostanzialmente
cambia il tipo di valore del prodotto:DA UN VALORE EFFIMERO, EMOZIONALE(tipico del mercato di fine ‘900)SI PASSA AD UN VALORE-UTILITÀ
(ad esempio l’auto ricupererà il suo originario ruolo di automobile-utilità).
Nell’ambito dei Servizi vi saranno profondi cambiamenti: in generale i Servizi saranno “molto più servizi”: ossia svolgeranno veramente un servizio utile alle persone (servizi con reale valore aggiunto sostituiscono i “servizi di massa” – Servizi a valore aggiunto) ..
Ovvero: si ritornerà alla originaria accezione di servizio: (Treccani) “Lavoro svolto alle dipendenze di altri, dietro adeguato compenso” servìzio s. m. [dal lat. servitium, propriam. «condizione di schiavo», der. di servus: v. servo]. “Nel linguaggio econ., prestazione volta a soddisfare un bisogno umano, individuale o collettivo”.
Vi sarà quindi una svolta anche nel “servizio pubblico”, il quale sarà sviluppato con gli stessi canoni delle nuove modalità di servizio: i servizi nasceranno (e saranno gestiti) molto vicino alla domanda (secondo la nuova modalità trend crowd-sourcing, ovvero in modalità Sussidiarietà).
Nei prodotti materiali vi sarà, appunto, una nuova “componente servizio” integrata nel prodotto (Service focused product): una elevata componente servizio, in un certo senso, trasformerà i prodotti in servizi (in soluzioni): vi saranno cioè Smart product come nuovi elettrodomestici (come la lavatrice che può rimandare l’accensione in caso di previsioni di pioggia).
( cambiamento delle modalità di produzione )
Sia i servizi che beni materiali cambiano anche nelle modalità di produzione.
Vi saranno prodotti e servizi dalle nuove caratteristiche:
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tailored products – dai prodotti che vanno bene per tutti della produzione di massa si sta passando a servizi e prodotti tailor made (prodotti di nicchia con un alto livello di personalizzazione).
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problem solving i prodotti smetteranno di essere acquistati per questioni di immagine, e diventeranno delle soluzioni a problemi reali delle persone.
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on demand – ad esempio, i servizi non saranno più erogati indiscriminatamente, ma su richiesta dell’utente: e si tenderà al pay per use (es.: la raccolta di immondizia potrebbe essere legata, grazie alle nuove possibilità di monitoring fornite dalle tecnologie, alla quantità e qualità dei rifiuti smaltiti dalla persona). Inoltre, come illustrato nel progetto Mobility 2.0 [scaricabile dal sito] è possibile sostituire l’acquisto dell’auto con un sistema di Car sharing.
NUOVE MODALITÀ DI PRODUZIONE DI SERVIZI E PRODOTTI MATERIALI
I prodromi dell’”Era post-industriale” mostrano come
vi saranno nuove modalità di produzione (e di distribuzione).
Nella nuova fase di Mercato si riuniranno cioè le nuove modalità “dal basso” (Web, tecnologie open, ecc …) con modalità di produzione pre o proto-industriali. E vi sarà una integrazione tra le tradizionali forma di artigianato (“lavoro su misura”) e del bricolage moderno (Do It Yourself: la capacità di fare da sé, che è cresciuta enormemente con le ultime tecnologie di “produzione desktop”).
I vantaggi prodotti in tale direzione dal progresso sono, tra gli altri:
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le tecnologie consumer per i Makers, che portano forti potenzialità nel “fai da te”; tali strumenti, come vedremo, possono essere messi a disposizione degli utenti in lavoratori aperti.
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le modalità Open Source, (e di crowd-sourcing, co-working, ecc …) utilizzata soprattutto per il software, si sta estendendo al campo dell’hardware: ciò garantisce, appunto, enormi possibilità di sviluppo nelle modalità di produzione post-industriali.
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il basarsi delle nuove forme di produzione su software, e quindi su “files” (i modelli del prodotto) – in questo modo si facilita la progettazione dal basso: vi saranno nuovi software di progettazione di facile utilizzo, che saranno in grado di fare test virtuali sul modello, di suggerire modifiche (ad es.: rinforzi) – in tale contesto, ad esempio, si risolve in molti casi il problema dei ricambi (dell’obsolescenza del prodotto): i ricambi possono essere creati sul momento partendo da files del modello (si tenga in mente che c’è anche la possibilità di copiare parti con scanner 3D)
Le nuove modalità di produzione si estendono a tutta la filiera (catena di produzione distribuita su varie aziende che operano in fasi successive). E alla distribuzione.
O meglio, le fasi di produzione si integrano portando la produzione molto vicino alla distribuzione; se non a coincidere con essa (come vedremo, il prodotto viene prodotto “nel punto vendita”).
nuove qualità della produzione edella distribuzione post-industriale
questi punti credo siano sviluppati in doc manifesto …
Nella nuova dimensione
nasce la nuova figura dell’utente Prosumer che sostituisce quella del Produttore tipica dell’Era industriale
(si supera la dualità produttore/consumatore apportando nuove qualità della “produzione”).
Tale dimensione del Mercato (del Consumismo 2.0) ha le seguenti caratteristiche:
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produzione locale (distribuzione KM Zero): produzione e consumo avvengono nella stessa area. Oggi il cibo a KM zero indica un nuovo modo di rapportarsi con il territorio (che è semplicemente un recupero delle modalità tradizionali di “consumo”). Questo aspetto ha una ricaduta positiva fondamentale non soltanto per i costi e la qualità del prodotto: ma anche per quanto riguarda l’occupazione locale (vedi in altri punti del documento).
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prodotti di nicchia – tailor made (servizi e beni materiali): una prima fase è avvenuta 20 anni fa con i mobili tailor made, ora con abbigliamento tailor made “progettato” su Siti web. Si può effettuare una produzione di nicchia insostenibile nella modalità industriale. Ma anche un produzione “personal”.
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auto-costruzione: i prodotti arriveranno (opzionalmente) in kit di montaggio (vi saranno, tra le altre cose “istruzioni di montaggio multimediali”, e supporti online di personale specializzato, e/o del Crowd).
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auto-produzione: è una ulteriore evoluzione della modalità prodotti di nicchia/tailor made (i quali sono comunque prodotti da Aziende): vi sarà cioè una la produzione diretta da parte dell’utente (assistito da software sofisticati – vedi prossimo capitolo – e, opzionalmente, da operatori specializzati). L’auto-produzione è, come era costume nella Cultura tradizionale dell’uomo, “di comunità” (si possono mettere assieme amici dalle diverse competenze che, in modo conviviale, creano ed assemblano lo strumento).
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“durabilità infinita”: si passa una rapida obsolescenza ad una “durata infinita” del prodotto (che, come un tempo, viene passato di generazione in generazione (vedi prossimo capitolo).
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auto-mautenzione: manutenzione “da hobbista”: le parti si sostituiscono molto facilmente (il funzionamento di molte parti è auto-diagnosticato dall’intelligenza del prodotto (questa qualità è subordinata anche all’esistenza di sistemi di diagnostica: ogni dispositivo deve avere un minimo di “intelligenza” dedicata alla auto-diagnostica: e deve essere aperto ad una diagnosi da parte di applicazioni esterne ad esso).
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upgradabilità: la modularità del prodotto permette di aggiornare il prodotto in modo da adattarlo a nuove esigenze, o a nuovo proprietario. La modularità mette in grado il prodotto di accettare parti standard (definiti come nuovi Open Standard), ma anche parti non-standard grazie alla possibilità di utilizzare flange di adattamento (è possibili ri-utilizzare parti di recupero”, come un motore elettrico di una lavatrice per una micro-vettura elettrica)
nuove caratteristiche del consumo post-industriale
ç_local ecommerce
Si entra in una fase di Consumismo 2.0, nella quale, ad esempio, diviene fondamentale il mercato dell’usato/excange. Sia per prodotti interi, che per le componenti (per la manutenzione e la personalizzazione dei prodotti).
E si sviluppa una nuova forma di eCommerce: il local eCommerce, il quale definisce un nuovo business model per gli esercenti ultra-locali (nella gestione del rapporto con i Clienti e con i Fornitori), il quale permette di sviluppare un volume di vendita notevolmente maggiore di quello attuale, e un migliore modo di servire i clienti (vedi alcuni modelli indicati sui documenti scaricabili dal Sito: “ritira al volo”, “consegna a domicilio”).
Con il nuovo modello di eCommerce locale il Negozio può, tra le altre cose, abbinare al suo magazzino un magazzino virtuale (quello dei fornitori). Ed il Cliente può, ad esempio, ordinare sul Sito prodotti che vengono poi ritirati in negozio (uno dei vantaggi è che il Cliente può effettuare l’ordine anche nelle ore di chiusura dei negozi; e nella modalità “consegna al volo”, il Cliente può evitare perdite di tempo ricevendo, al volo, da un commesso la borsa della spesa sostando rapidamente in uno spazio riservato del negozio) – il Cliente può inoltre, richiedere la consegna a domicilio.
Tale modello porta con sé anche nuove pratices per consumatori, come quella dei Gruppi di Acquisto.
(excursus) oltre l’obsolescenza programmata: durabilità infinita
– probabilmente il materiale per questi paragrafi è in “Comunità urbane”
I nuovi prodotti post-industriali eliminano in grandissima parte uno dei problemi dell’Era del consumismo: l’obsolescenza programmata.
L’obsolescenza programmata è (sarebbe), di per sé una qualità utile; ma, di fatto, è un “trucco” dei produttori che produce un danno per il consumatore.
L’idea di base, che di per sé sarebbe in qualche modo positiva, è che è inutile avere componenti che durano più della vita prevista di un prodotto (ad esempio è inutile che il radiatore o gli accessori di plastica interni durino più dell’auto in sè). Il fatto positivo è che in questo modo si hanno componenti meno durabili, e quindi meno cari. Il fatto negativo è che si da per scontato che un’auto debba essere cambiata dopo pochi anni, e che quindi a quel punto cade a pezzi e non la si può più mantenere in modo ragionevole cambiando alcuni pezzi.
L’invenzione della cosiddetta “obsolescenza programmata” definisce una delle regole di base del consumismo: i prodotti sono tutti “usa e getta”: i prodotti attuali, cioè, non possono essere più mantenuti in vita come si faceva un tempo con una corretta manutenzione, ma devono essere buttati quando perchè divenuti irrimediabilmente inutilizzabili. Ciò vale per il rasoio, ma anche per auto che costano 10 volte lo stipendio di una persona.
Oltre l’obselescenza programmata:
nel nuovo contesto post-industrialei prodotti riprendono la loro tradizionale “durabilità infinita”.
A Milano circolano ancora tram del 1920 che i conduttori giudicano migliori sotto molti punti di vista, (tra i quali l’affidabilità di funzionamento!) che presentano costi di manutenzione infimi rispetto ai tram più moderni.
Nel nuovo contesto il prodotti di nuova concezione (si tratta in realtà del recupero della loro concezione tradizionale) presentano alcune qualità che li rendono, appunto, di durata infinita: non solo “durano una vita” (possono essere upgradati per essere potenziati o adattati a nuove esigenze); ma possono anche, come era un tempo, venir passati di generazione in generazione (possono facilmente essere riadattati al nuovo proprietario).
Si tratta di un Mercato del un non-consumismo: è il ricupero dell’”utilizzo” nei confronti del “consumo”. Nel quale il consumo ritorna ad essere confinato nei “prodotti di consumo”, e non più a caratterizzare anche “strumenti”. Questi ultimi, appunto, recuperando il loro fattore utilità, recuperano la loro valenza utilizzo.
Si passa cioè da un mercato che offre prodotti che si sono rivelati essere insostenibili, ad un nuovo contesto nel quale si producono “tecnologie sostenibili”.
Ciò è possibile grazie alle nuove qualità dei prodotti post-industriali:
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robustezza: i nuovi prodotti recuperano la robustezza di un tempo (oggi definita come ”bulgara”).
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la manutenzione “da hobbista”, alla portata dell’utente medio (che può aggiustare o sostituire qualsiasi parte, all’infinito): per questa ragione la vita del veicolo è “infinita”. Si deve comprendere che nel nuovo contesto le persone sono anche “hobbisti avanzati” poiché si recupera in esso la “cultura del fare” (grazie anche a semplici corsi, che possono essere anche proposti a studenti del liceo). E si deve tener conto del fatto che si avrà più tempo a disposizione (il tempo “liberato” rispetto alla dimensione di lavoro industriale).
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modularità: i prodotti tecnologici ritornano ad essere modulari come un tempo: gli “elettrodomestici” sono nati come strumenti modulari (erano assemblati con elementi standard – telaio di semplice costruzione sul quale venivano montati motore, ecc … – oggi questa tipologia di progetto può divenire un importante plus a livello di stile). Si noti la differenza che c’è attualmente tra un computer iMac di Apple (integrato, si butta via presto perchè si rompono alcune parti, o perchè non si può upgradare a versioni più potenti) o un normale PC, che invece può durare molto più a lungo perchè ogni parte può essere cambiata (ad un prezzo irrisorio) da qualsiasi hobbista volenteroso.
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nuova tipologia di ricambistica: i ricambi possono essere prodotti ad hoc, da produttori indipendenti, o “in casa”. Il Web 2.0 garantisce anche una abbondanza di parti di ricambio usate (parti smesse da altri utenti che vogliono modificare i loro strumenti).
La Ford modello T è un importante esempio di tecnologia sostenibile: modulare, di facile riparazione (come gli attuali PC). Il nuovo mercato delle vetture urbane andrà in questa direzione [vedi progetto Lite Motive, la cui introduzione è scaricabile dal sito]
il nuovo scenario in sintesi
Per immaginare il nuovo scenario (radicalmente modificato rispetto a quello attuale) possiamo partire applicando, con l’immaginazione, piccole modifiche allo scenario attuale.
Il business model di Ikea, ad esempio, in una successiva evoluzione, può divenire quello di una Azienda che permette di progettare da casa il proprio elemento d’arredo (partendo da modelli pre-definiti – con il supporto di software sofisticati, ma di uso elementare, descritti in altri punti), e quindi invia a casa del Cliente il Kit di costruzione del prodotto (con istruzioni di montaggio multimediali, e supporto video online di operatori specializzati).
Nelle prossime pagine si analizzano alcuni aspetti del nuovo scenario di produzione e consumo post-industriale.
(1) NUOVE MODALITÀ DI PRODUZIONE:IL MERCATO PROSUMEROPEN FACTORY AL POSTO DICATENA DI MONTAGGIO
( le forme di convergenza )
Siamo quindi in una nuova fase della Terza ondata nella quale, grazie ai nuovi strumenti ed alle nuove conoscenze (ma anche ad una nuova, emergente, Cultura del consumo), è possibile passare in modo significativo ad un tipo di “produzione” post-industriale.
La nuova fase è caratterizzata da:
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convergenza di tecnologie e saperi: si viene a perdere la “cultura della super-specializzazione”, e si recupera il sapere più generale dell’uomo (oggi le nuove tecnologie consumer possono essere assemblate da semplici hobbisti – la cultura super-specialistica rimarrà confinata a piccoli settori di produzione di alte tecnologie).
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convergenza dei settori di mercato: ad esempio convergenza tra media: sul Web si fondono Quotidiani, TV in un un unico canale media. E convergenza degli strumenti tecnologici: i nuovi device mobili racchiudono in se le funzioni di PC, telefono, TV, telecomando remoto, ecc …
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convergenza di fasi di produzione e distribuzione: come si è detto si assisterà ad una integrazione delle fasi di produzione e di distribuzione (vedi la modalità KM zero), con una produzione sempre più vicina (anche geograficamente) all’utenza che tenderà alla auto-produzione. Anche in questo caso sparisce la “specializzazione”: non vi saranno più aziende specializzate in una produzione specifica, ma le nuove strutture di Factory dotate dei nuovi strumenti “da Makers”, di facile utilizzo, potranno produrre prodotti notevolmente differenti tra loro. E si perderà la specializzazione tra i ruoli di progettista, produttore, venditore ed utilizzatore.
Le persone diverranno quindi ideatori e creatori dei loro strumenti (che potranno essere prodotti, per i meno esperti, nelle Open Fatories con il supporto di operatori esperti).
E’ necessario, per poter comprendere come ciò possa accadere, comprendere che oggi Internet è il “Web delle comunità”: le persone, grazie al Web, possono creare comunità ad hoc per svolgere qualsiasi attività; o comunità in grado di condividere e sviluppare idee. Ma possono anche lavorare in gruppo, in teleconferenza, sviluppando documenti e progetti in modalità “remota”.
Nel nuovo scenario vi saranno dei prosumer integrati in comunità che li possono supportare non solo nella fase di ideazione ma anche nell’utilizzo del prodotto (vi sono già siti ed app che consigliano e supportano utilizzi ottimali degli strumenti; uno dei quali è la “condivisione” di tali strumenti).
E’ in un contesto di tale tipo che si svilupperà rapidamente la nuova cultura di ideazione/produzione degli strumenti personali: l’utente potrà crearsi anche la propria vettura urbana in una Open Factory.
In tal modo le persone divengo “produttori per se stessi”. E gradualmente viene meno la necessità di avere una fase di distribuzione dei prodotti.
Più in generale, nella nuova Società/Mercato emergente (nella quale si ribaltano i ruoli: ciò che rimarrà della “componente Mercato” sarà subordinato alla Società civile, alla vita delle persone, mentre oggi la Società è subordinata al Mercato) le persone divengono creatrici della loro realtà (ciò vale anche per gli aspetti Welfare e Governance) [vedi, per la Governance, sul Sito i documenti relativi al Progetto Iniziativa riforma dal Basso].
Nel nuovo contesto le persone non diranno più “lo ho comperato in tal posto”, ma diranno “me lo sono fatto io”. Ciò vale anche per i nuovi “servizi pubblici” ideati e gestiti dal basso.
Un altro aspetto interessante del nuovo contesto: i Cittadini non diranno più “stanno facendo nel mio Quartiere” (ad esempio un nuovo giardino attrezzato per i giochi), ma diranno “siamo facendo …”.
da Prosumer a Produttore
Con la nuova Era si abbandona quindi la produzione di massa, la produzione da catena di montaggio, e si torna alla manifattura.
In essa vi saranno almeno due livelli di produzione:
1. la produzione da parte di Aziende, ma in modalità completamente nuova (Smart Manufactoring).
2. l’auto-produzione (User Genrated Product)
1) I MICRO-PRODUTTORI – oltre la Catena di montaggio: lo Smart manufactoring
Vi sarà un primo step nel quale permarrà in parte la produzione di tipo tradizionale, con il produttore slegato dall’utente in fase di produzione. Spariranno comunque (in gran parte) le mega-produzioni industriali, accentrate in grandi poli sul pianeta, e sorgeranno nuove forme di micro-produzioni: una dimensione che va dall’artigianato alla piccola industria.
Questo livello caratterizzerà la prossima fase di transizione dall’era industriale alla nuova Era post-industriale matura.
Le nuove modalità di produzione, come si vede in altri punti del documento, rivoluzionano anche le modalità di vita delle persone. Un vantaggio particolarmente importante di questo nuovo tipo di produzione: si genera una nuova modalità di lavoro, di tipo locale (che crea maggior occupazione), molto più flessibile di quella attuale (la nuova forma di lavoro non necessita di operatori altamente specializzati, e le Aziende – ma anche i singoli operatori “in proprio” – possono continuamente cambiare tipo di lavorazione per seguire le variazioni della domanda – un “lavoratore” può, sapendo gestire in nuovi strumenti “da Maker”, a seconda delle richieste del Mercato, passare dalla “produzione” di una vettura elettrica urbana ad un piccolo elettrodomestico).
2) l’Era dello USER GENERATED PRODUCT
Il secondo livello della “produzione” post-industriale rappresenta un salto di innovazione decisamente più radicale, e sarà praticato solo da poche avanguardie (ma molto importanti), in attesa che, diffondendosi la nuova Cultura della produzione (e del lavoro) tale modalità di “produzione” divenga comune.
In questo livello vengono recepiti in modo più compiuto i trend attuali, e si hanno quindi ideazione e produzione realmente “dal basso” (vi sarà una sempre maggior partecipazione dell’utente finale alla creazione del prodotto; arrivando al punto in cui l’utente sarà in grado di costruirsi direttamente, con il supporto di comunità Web, il suo prodotto).
Vi sarà cioè un’Era di User Generated Product .
Tale scenario sarà caratterizzato da una profonda trasformazione delle “produzione” nella quale sparirà l’attuale impostazione industriale.
Si torna alla manifattura, con un punto avanzato dello sviluppo del trend rappresentato dalle Open Facories: delle strutture aperte al pubblico dotate degli strumenti di produzione personal (stampanti 3D, piegatrici di tubi, ecc ….) connessi in rete, nelle quali gli Utenti potranno creare i loro prodotto con il supporto “in tempo reale” di amici (come avviene ancora oggi nelle comunità rurali) o di comunità Web,.
Questi centri non saranno molto dissimili dagli attuali Centri di bricolage nei quali gli utenti possono andare, ad esempio, a lavorare il legno.
Ovviamente vi saranno nuove regole: anche nei casi di regolamentazione più rigorosa, per le lavorazioni più complesse e pericolose le persone potranno prendere un “patentino” (che dura una vita si può fare tutto, dal veicolo urbano al piccolo elettrodomestico – anche in questo caso è necessario riuscire ad immaginare uno scenario completamente differente: nelle scuole verrà insegnato il “fai da te” di nuova generazione, e l’adulto avrà probabilmente tale patentino assieme al Diploma di Maturità).
E’ molto importante riuscire ad immaginare le nuove modalità di lavoro, che tornano ad essere molto simili alle modalità “originarie” dell’uomo: quelle dei lavori di comunità (ancora oggi si seguono tali modalità nelle nostre campagne). Tale approccio ha una importante componente di convivialità, grazie alla quale il lavoro diviene un piacere di “fare” qualcosa assieme agli altri.
Vi sarà anche il supporto di tutoring di comunità Web (che inizia nella fase di progettazione e preparazione della produzione).
nuove forme di imprenditorialità
Come si analizza in altre parti del documento, vi saranno nuove forme di imprenditorialità.
Nella nuova dimensione post-industriale, dal costruirsi qualcosa a venderlo il passo è breve: quando il prodotto è finito e testato, lo si può offrire ad altri.
Questo nuovo tipo di Offerta può assumere diverse forme (può essere free o a pagamento):
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si mette a disposizione il file (che comprende non solo i modelli 3D replicati dalle “macchine”, ma anche le “istruzioni” per i network di strumenti delle Open Factories per eseguire tutto il ciclo di lavorazione; istruzioni per gli operatori comprese).
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si offre il prodotto già realizzato: in kit di montaggio o già montato. Si deve tener conto che si può offrire la personalizzazione del prodotto, cambiano i modelli 3D in base a richieste specifiche da parte dell’Utente finale.
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vi possono essere nuove tipologie di offerta: ad esempio il creatore di un prodotto può offrirsi come consulente per una ri-progettazione dello stesso, o per essere da supporto nella fase di produzione.
– le Open Factory (Open Manufactoring)
E’ bene vedere, in breve sintesi, come saranno fatte le Open factories.
In linea generale le Open Factrories saranno degli Open Space (di grandi dimensioni) con aree adibite a varie fasi di lavorazione.
gli strumenti di lavorazione offerti dalle Open Factories
In primo luogo all’interno delle Open Factories tutti gli strumenti sono collegati in rete ad una “intelligenza” principale che gestisce i vari strumenti (gestisce le varie fasi di lavorazione – vedi nel prossimo capitolo la descrizione del processo).
Questa “intelligenza” è rappresentata da un software che prende in considerazione la cartella di file che l’utente ha preparato in precedenza, i quali descrivono l’oggetto (CAD) e le varie necessità che si possono incontrare nelle varie fasi di lavoro (vi saranno software dall’uso piuttosto semplice che daranno i vari suggerimenti nello sviluppo del progetto, creeranno liste di materiale che ci si deve procurare, indicheranno come vanno effettuati i tagli dei pezzi, ecc …).
Nelle Open Factories vi saranno le tipologie di strumenti oggi utilizzati dai Makers (stampanti 3D, plotter per il taglio laser, cucitrici, ecc …). Pian piano saranno disponibili per questa modalità di produzione: piegatrici di tubi, piccoli robot adibiti a taglio, ispezione o saldatura, “dime intelligenti”, ecc … (si svilupperà una sorta di domotica – robotica di nuova generazione – per le Factories; in gran parte in modalità open source).
esempio di processo nella Open Factory
Vediamo brevemente una possibile “sceneggiatura” delle produzione di una micro-vettura elettrica urbana (si tenga presente che una primissima versione di una produzione di questo tipo, offerta dalla Local Motors, ha realizzato prodotti molto interessanti).
In una Open Factory sarà possibile, realisticamente, per una persona “normale” (con una competenza da hobbista), costruire per sé, ad esempio, un Veicolo urbano dalle prestazioni, nel traffico urbano, migliori di quella di un autovettura normale, con una spesa di circa 3.000 € (vedi progetto Lite Motive sul Sito).
L’utente alle prime armi può frequentare un breve corso. Può anche chiedere di essere assistito da un operatore abile (ricordiamo che nel nuovo contesto la cultura del fare, ora detta dei Makers, sarà diffusa anche dalle normali Scuole).
Come primo passo: l’utente (il “team”) si procura in un’area apposita il materiale necessario (la lista è presente nei file del progetto), li carica su un carrello e comincia la lavorazione.
telaio
Per il telaio: passa alla fase di taglio dei tubi, operazione che viene eseguita in modo semi-automatico dalle macchine (in base alle misure riportate nei files).
Successivamente passa all’aera di piegatura tubi, nella quale le macchine operano sempre in base ai dati dei file.
Quindi si sposta con il carrello all’area assemblaggio, nella quale sono disponibili delle dime di facile utilizzo, nelle quali esso piazza i pezzi (le dime sono “intelligenti”, e permettono una esatta collocazione dei pezzi).
Il “robot” verifica la corretta collocazione dei pezzi (per le saldature non devono esserci spazi eccessivi), e quindi passa a saldare le varie parti.
Per strutture non sviluppate su un unico piano vi saranno fasi successive di assemblaggio. Ad esempio: prima, su una dima più semplice, verrà assemblato il telaio di base (come quello di un kart), poi su una dima 3D verranno aggiunti i pezzi ulteriori (quelli delle parti rimanenti del telaio: parti come il “rollbar” , che servono anche ad irrobustire il veicolo). [vedi progetto Lite Motive]
Con questa modalità vengono saldate al telaio anche le flange necessarie per rinforzare il telaio o per inserire gli elementi della vettura (come il motore).
Si tenga conto che il software di progettazione provvede a suggerire la necessità di tali rinforzi; e crea automaticamente il modello delle flange di attacco dei vari elementi.
Altre macchine taglieranno e piegheranno pezzi di lamiera (ad esempio per il pavimento della vettura).
elettronica
Vi saranno poi aree adibite alla creazione dell’elettronica della vettura.
finiture interne e carrozzeria
Anche in questo caso si deve terne conto del fatto che si tratta di prodotti particolarmente innovativi, e vanno quindi immaginati dettagli di nuova concezione.
La carrozzeria può essere ad esempio creata in plastica creando le varie parti con stampanti 3D. Ma vi sono ottimi esempi di carrozzerie in tela (anche da parte di BMW), le quali possono essere create con strumenti tipici delle lavorazioni per abbigliamento (presenti nelle Open Facotries): taglio della tela, cuciture, ecc …
Con questa modalità di produzione si può fare “praticamente tutto”: dall’abbigliamento (già oggi vi sono siti per l’auto-creazione dei propri vestiti), agli elettrodomestici e alle vetture (vedi in particolare i progetti da me proposti).
In tutti i casi si potrà partire parte da un modello di base (che si potrà trovare sul Web, nella modalità Open Source Hardware), e modificarlo attraverso nuovi software di Progettazione assistita 2.0; i quali saranno in grado di fornire suggerimenti, criticità delle scelte effettuate, difetti di progettazione, ecc … (sarà possibile aver il supporto, in tutto il processo, di Comunità Web).
Per comprende come possano aver successo le Open Factories bisogna tener conto che, oltre ai vantaggi competitivi di base (ad esempio: prezzo enormemente inferiore e personalizzazione spinta dei prodotti), vi saranno anche nuovi fattori sociali legati ai nuovi trend: vi sarà una maggior cultura del “fare”, maggiore collaborazione tra persone (anche grazie a strumenti Web 2.0), maggiore tempo libero (un po’ a causa della crisi di occupazione, un po’ grazie alle nuove modalità di lavoro). Nelle Open Factories si potrà lavorare anche la sera, e nei Week End.
(2) NUOVA MODALITA’ DI PROGETTAZIONE
Oltre alle modalità di produzione cambieranno le modalità di ideazione e progettazione dei prodotti.
In primo luogo va considerata l’evoluzione storica della Progettazione (negativa) avvenuta di recente: negli ultimi decenni si è sviluppata l’attuale fase di Mercato, quella del cosiddetto Capitalismo finanziario, nella quale la Progettazione ha assunto una funzione praticamente irrilevante.
Il Capitalismo finanziario attuale è una evoluzione del “puro” capitalismo industriale, nella quale le grandi Società finanziarie internazionali si sono accaparrate le imprese della generazione precedente, e nella quale si è sostituito il tradizionale Imprenditore che “aveva a cuore” il prodotto, con dei Manager che sono interessati unicamente ad incrementare il fatturato.
In questa fase il Mercato ha reso inutile la fase di progettazione per il fatto che nella nuove dimensione del business, il quale viene a superare “il problema” di una Offerta subordinata alla Domanda (ovvero di prodotti che soddisfino reali bisogni delle persone), la progettazione, in effetti, non ha più ragion d’essere.
La Progettazione è, di per sé, finalizzata allo sviluppo di un prodotto in modo che questo sia in grado di soddisfare in modo ottimale un bisogno specifico delle persone: oggi non si progettano più i prodotti, ma li si “studia” in modo che eccitino le persone al punto da portarle ad effettuare un “acquisto di impulso” – con la nuova Scienza di Mercato si riesce cioè a bypassare il lato razionale dell’acquirente, e sarebbe quindi “stupido” perdere tempo a progettare funzionalità “serie” del prodotto.
Le aziende ora sono effettivamente in difficoltà a causa di tale concezione del business, poiché in un momento di crisi come quello attuale le persone non spendono più per acquistare prodotti “effimeri” ma avrebbero bisogno di prodotti-utilità: il problema è che negli ultimi anni le Aziende hanno effettuato una sorta di selezione “in negativo” del personale con la quale sono stati allontanati i “progettisti” (chi ragionava in termini sostanziali), e sono stati promossi ai vertici dei vari settori “i venditori” (vi è stata una sorta di “meritocrazia al contrario”).
Sostanzialmente oggi, per adeguarsi alla nuova situazione di crisi, le Aziende dovrebbero fare un salto di qualità che non sono prorpio in grado di fare (la forma mentis che ha pervaso ogni livello dell’azienda proprio non permette ad essa di vedere la necessità di cambiare!).
Questa è la ragione per la quale avranno successostrade di “riforma” del Mercato “alternative”:come quella della nascita di un nuovo Mercatoche si gestisce dal basso.
la necessità di superare l’attuale fase Marketing-driven: un recupero della Progettazione
Per comprendere meglio quale siano i problemi della situazione attuale, è necessario fare una puntualizzazione di tipo culturale (la Cultura è alla base dei nostri modi di valutare le cose, e quindi dei nostri atteggiamenti).
Il Mercato (definendo una nuova dimensione definita “egemonia culturale”) ha creato nuovi significati per termini che tradizionalmente avevano un significato molto differente: il permanere di questa situazione basata su equivoci sui significati delle cose è uno dei fattori che impediscono una rinascita del mercato (che impediscono un recupero della progettazione di prodotti “sostanziali”, di prodotti realmente utili).
Tra tali equivoci, uno dei più importanti è quello relativo al termine marketing: esso indicava, in origine, la Scienza che deve trovare il modo di portare sul Mercato un prodotto in modo che esso possa incontrare le persone che abbiano i bisogni che quel prodotto è in grado di soddisfare (alla base del processo originario del Marketing c’è un prodotto che soddisfa realmente bisogni delle persone – un prodotto-utilità).
Il Marketing è però oggi divenuto “creativo”, nel senso che esso è ora in grado di far vendere qualsiasi cosa facendo leva su meccanismi emozionali (in questo caso nasce appunto un prodotto che verrà comunque acquistato a prescindere dalle sue reali qualità, e quindi il Marketing finisce per sostituire la progettazione: esso deve ora solo inventarsi forme di comunicazione di massa per indurre le persone a comperare un prodotto senza qualità effettive).
( verso un nuovo stile post-industriale)
Un altro importante equivoco è sul termine Design: Design significa progettazione e non Styling. Ma ora il termine Design viene utilizzato con il significato di Styling, e ciò concorre a far perdere di valore al processo di progettazione (quando esce la nuova versione di una vettura, diciamo la Yaris versione 2, si annuncia che essa presenta un nuovo Design, quando essa non è che un “effimero” re-stiling del modello precedente – si noti il problema paradossale creato da questa mentalità: molto spesso la necessità di dover cambiare la forma ad ogni costo, per indurre gli utenti a cambiare il modello precedente, produce forme più scadenti di quelle originali).
Il prodotto più significativo di questa modo di creare prodotti è lo spremiagrumi si Stark (è uno dei fiori all’occhiello del “Design” moderno), che non funziona perchè, in assenza di una reale progettazione, chi lo ha disegnato non ha compreso che il succo spremuto, per qualità intrinseche dei liquidi, non sarebbe caduto nel bicchiere, ma sarebbe sbrodolato sul tavolo.
Nella nuova dimensione del mercato post-industriale si recupererà la valenza utilità dei prodotti, e quindi il Marketing lascerà nuovamente spazio alla progettazione.
E nella progettazione vi sarà un recupero del Design a scapito dello Styling (non è che ci sarà meno “stile” nei prodotti, ma lo stile dipenderà, come sempre è stato nella storia dell’uomo, in larga misura, dalla capacità di un progettista di far risaltare il valore di aspetti funzionali del prodotto – vedi la bellezza di quelli che oggi vengono definiti oggetti “vintage”).
Quindi nell’Era post industriale vi saranno nuovi tipi di stile legati alle nuove qualità sostanziali dei prodotti.
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ad esempio, come si è detta, le nuov caratteristiche di la robustezza e modularità, manutenibilità dei nuovi prodotti potrà recuperare in parte lo stiling dei primi del ‘900.
nell Design si deve tern conto di rivoluzionare .. cioè decsotruire … significa ritornare a forme di desing basico:
– negli elttorndomestici “asemblati” iniziali
– nelle … parti funzinali .. proto .. come sospesioni .. balestre ..
nuovi supporti software alla progettazione
Per quanto riguarda la Progettazione in sé, in generale le nuove caratteristiche saranno: in in primo luogo vi è, come si è detto, un recupero del ruolo dell’individuo nella gestione del Sistema sociale (Sussidiarietà), il che significa un recupero del trend tradizionale nel quale le persone si interessano direttamente alla concezione degli strumenti con i quali esse devono soddisfare i loro bisogni (prodotti-utilità).
Ovvero si svilupperà il nuovo meta-trend a livello di Società-Mercato: ideazione di Prodotti, Servizi (e Governance) si avvicinano sempre più alla Domanda (ai bisogni reali delle persone).
Vi sarà quindi una creazione di idee,ed una progettazionesempre più di tipo Crowd-sourcing.
Si tratta di una modalità che si svilupperà in modo “comunitario” (su Comunità Web), o in modo individuale (che può però comunque essere supportata nelle varie fasi di sviluppo del prodotto da comunità Web).
Vi sarà una nuova generazione di Social Network, la quale supererà la fase di “cazzeggiamento” attuale, e che permetterà alle persone di pervenire a risultati concreti, utili impossibili con gli attuali Social Network (con strumenti Web 2.0 di condivisione delle idee, di lavoro di gruppo, di sviluppo facilitato di progetti, ecc ….). [vedi il Social Network per le Smart Cities in altro punto del documento]
I nuovi “software abilitanti” di Progettazione, di facile utilizzo ma al contempo molto “potenti” (potremmo dire del tipo CAD 2.0), metteranno i normali Cittadini in grado di progettare strumenti tecnologici complessi (daranno i vari suggerimenti del caso, svolgendo anche “test virtuali” di funzionamento e suggerendo modifiche).
nuova forma di ricerca
Non bisonga inoltre sottovalutare l’aespetto delle ricerca ..
consumer-led and socially-led approach,
Signifca che la ricerca si fa anche “sociale” …
COSA SI PRODURRÀ
Il mercato nel nuovo scenario sarà quindi profondamente differente da quello attuale.
L’auto-produzione sarà sia Consumer che Business: un esempio delle nuove modalità di auto-produzione è stato Benetton, il quale ha utilizzato le prime tecnologie “desktop”, le “macchine” casalinghe per fare la maglia, per creare il suo nuovo business (nel sottoscala di casa).
Nasceranno nuove forme di business: ad esempio vi saranno dei service (consulenti) per aiutare le persone a progettare servizi e prodotti. O per supportarli nelle fasi di auto-produzione.
L’auto-produzione sarà ance To Business: ci sarà chi si costruirà gli strumenti per attivare nuove forme di produzione (ad esempio si potranno costruire macchine per attivare una produzione nel settore dell’abbigliamento tailor-made).
Si deve tener conto che vi sarà un nuovo Design (non si parla di Styling) delle parti prodotte, più funzionale alle nuove modalità di produzione “Makers” ed ai nuovi materiali utilizzati (ad esempio le molle di una sospensione per micro-vettura da Città possono essere sostituite dalle più tradizionali balestre).
Produzione On Demand: ad esempio si svilupperanno business come evoluzione del modello Ikea: l’utente potrà progettare da casa l’elemento, e ricevere a casa il Kit.
L’utente potrà auto-costruirsi strumenti protesici per il corpo: dentiera, “ponte”. Ma si potrà costruire anche dei “gessi intelligenti” per fratture, che lascino libere le articolazioni (si vendono già in giro tutori per polsi).
Anche la chimica molto probabilmente diventerà on Demand (gli utenti potranno creare le loro personali formule di detersivo scegliendo le componenti su un sito).
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Nuove forme di creazinoe di oggetti, di catene di mantaggio … (taylor made) ..
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Fashio: veititi, chchiali, mx come borse (fibbie, …)
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Si noti che il braccialetto .. portà essere .. come pezzo unico. E che comunque si tente ad aggingere un vlaore utlità: i braccialetti son intelligenti .. con chip …
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prodotti “Intelligenti” che possono sapere (e papire) temparatura umità .. ambiente .. ma anche essere umano .. (caring economy) finalmente …. )
LA NUOVA ECONOMIA POST-INDUSTRIALE:LA CONTEXT ECONOMY
La nuova Economia è la context economy.
Essa rappresenta una modalità di produzione e di “consumo” completamente diversa da quella attuale, nella quale il Mercato non si sviluppa più a livello di massa:
Prodotti e Servizi non sono più “indifferenziati”rispetto al contesto in cui andranno ad essere utilizzati,ma sono concepiti in modo “interattivo”,sensibile rispetto a tale contesto.
Prodotti e Servizi saranno fortemente “localizzati”, e tendenzialmente fatti “su misura”.
In questa nuova dimensione il Mercato nazionale sarà un Sistema di mercati locali integrati in esso (anzi, seguendo trend glocal, il Mercato si svilupperà contemporaneamente sia verso una dimensione più locale, sia verso una dimensione maggiormente globale: ovvero gli ambiti locali si integreranno più direttamente in un sistema di mercato sovra-nazionale – ma in tale contesto gli ambiti locali non saranno più gestiti dall’alto, come avviene ora con la UE, ma saranno più autonomi nelle loro decisioni).
Si ricupera la diversità: i piccoli Mercati locali saranno fortemente differenziati nella progettazione e nella produzione: e, ovviamente, nelle caratteristiche dei prodotti.
I Mercati locali saranno un eco-sistema di competenze che integrerà elementi “dall’alto” (tradizionali”) e dal basso (crowd-sourcing), nuove forme imprenditoriali, nuovi modelli di PA (infrastrutture e servizi per le Imprese), ecc …
Si creeranno dei nuovi “poli produttivi post-industriali” di piccole dimensioni.
Il nuovo Mercato sarà un eco-mercato. Un mercato più legato all’ambiente (essendo esso gestito più direttamente dalle persone, esso è più umano)
esso dagli elementi fondamenteli “uomo” e natura .. esso è anche “umano” ed ecologico) .. nel quale i Citadini possono gestire … le qualità dei prodotti in direzione, appunto, dei .. valori umani .. e del rispetto per l’ambiente.
Sostanzialmente si realizza ciò che si persegue inutilmente oggi, con la modalità di produzione e consumo di massa: la “Corporate social responsibility” (CSR)
Wikipedia – CSR: Corporate social responsibility (CSR, also called corporate conscience, corporate citizenship, social performance, or sustainable responsible business/ Responsible Business)[1] is a form of corporate self-regulation integrated into a business model.
Nel nuovo contesto User driven gli Utenti divengono effettivamente gli stakeholder dell’azienda, come degli azionisti, degli investitori.
Ciò fa effettivamente della nuova imprenditoria una Imprenditoria Smart.
– le nuova modalità di lavoro
ç_decrescita (nuove modalità lavoro)
Nell’era post-industriale vi sarà una “nuova cultura del lavoro”.
A differenza dell’Era industriale, nella quale la Cultura del mercato (del lavoro e del consumo) hanno influenzato la vita di tutti i giorni, nella nuova era si invertiranno i fattori: il lavoro, come era un tempo nei piccoli paesi di provincia, verrà subordinato alla vita quotidiana (si avrà una vita più a misura d’uomo).
Vi saranno cioè nuovi modi di vivere (nuove attitudini ed abitudini, nuove pratices, ecc …).
E vi sarà, come si è detto, una notevole quantità di “tempo liberato”; a causa di un fattore contingente (la nuova condizione post-crisi crea molto meno lavoro) inizialmente diviene una necessità adattarsi alla nuove condizione (vi sono meno soldi, ed è necessario trovare dei modi per risparmiare facendo alcune cose da sé).
Ma di qui nasce un circolo virtuoso nel quale le persone, apprezzando questo recupero di uno “stile di vita” tradizionale (perduto con il super-consumismo), saranno in grado di mantenere in ogni caso questa dimensione di “tempo libero” (anche grazie ai nuovi trend DIY come quello dei “Makers”, per le persone si riduce la necessità di “spesa” e quindi la necessità di “guadagnare” dei soldi).
In tale contesto vi sarà una netta distinzione tra varie forme di lavoro (mentre oggi il “lavoro” è unicamente inteso come lavoro salariato o professione – altre forme del lavorare sono considerate “bricolage”).
Vi saranno cioè almeno tre forme del lavorare:
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lavorare direttamente per sé – applicando il principio della Sussidiarietà, si ritornerà alla dimensione tradizionale nella quale si soddisfano direttamente, in gran parte, i propri bisogni: manutenzione della casa e strumenti, organizzazione di “servizi dal basso” assieme ad abitanti del Quartiere, ecc … (riducendo, appunto, la necessità di portare a casa uno stipendio). [vedi i documenti Iniziativa Riforma dal Basso, scaricabili dal Sito]
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lavoro come è inteso oggi (però, appunto, con modalità totalmente differenti da quelle attuali)
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lavoro comunitario – il quale non sarà necessariamente di puro volontariato: con i risparmi ottenuti dalle PA grazie alle nuove modalità di gestione dei Servizi pubblici in Sussidiarietà, si potranno pagare “rimborsi spese” per le persone in difficoltà (una sorta di cassa integrazione pagata per un servizio reale prodotto dalle persone). Come si è detto, in questo caso si torna a modalità “originarie” di “lavoro di comunità” (che ancora oggi si seguono nelle nostre campagne), nella quale si genera una importante componente di convivialità, grazie alla quale il lavoro diviene un piacere di “fare” qualcosa assieme agli altri (una concezione opposta a quella del lavoro dipendente moderno).
dal unto di vista encomico, … sostituisce tasse, tariffe si servizi pubblici, ecc .. ) .. si sotituisce in questo caso .. c…
Nel nuovo contesto la produzione di tipo attuale sarà ridotta al minimo: le grandi produzioni industriali, ora accentrate in grandi poli sul pianeta, saranno in gran parte sostituite da una “produzione diffusa” sviluppata in una dimensione più vicina a quella della attuale piccola industria (ma in modalità post-industriale, decisamente differente da quella attuale).
Come si è detto, questo nuovo trend genererà una nuova forma di Economia, di tipo locale (in grado di creare maggior occupazione), e molto più flessibile (non necessitando le nuove modalità di lavoro di operatori altamente specializzati, le Aziende possono continuamente cambiare tipo di lavorazione per seguire le variazioni della domanda).
Nella nuova Era post-industriale vi sarà un sustainable manufactoring, definito, tra le altre cose, dalle seguenti caratteristiche:
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automazione sostenibile fatta di un contesto di robotics completamente nuovo (quello delle Open Factories) – nella quale, oltre a risparmio di risorse ed energia, ed a una netta riduzione dell’inquinamento, sarà molto importante la caratteristica di gestibilità da parte di personale “non specializzato” (di capacità a livello hobbistico) del sistema di produzione, della manutenzione delle “macchine”, ecc …
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semplicità e flessibilità di produzione: questa qualità, a cui si è già accennato, offre la e possibilità di produrre la mattina un prodotto ed il pomeriggio un altro (l’attrezzatura degli spazi e la logistica interna sono definite in modo nuovo, altamente flessibile e facilmente trasformabile). Questa possibilità permette di seguire la Domanda eliminando in questo modo il rischio di doversi fermare per un forte calo di una domanda specifica.
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mobilità del lavoro sostenibile – nel nuovo contesto vi è una nuova forma di mobilità sostenibile che determina alcune ricadute positive su alcuni ambiti della vita sociale: vi sarà una condizione post-crisi nella quale vi sarà maggior occupazione poiché si potrà vivere lavorando di mento (“meno lavoro per più persone” – in condizioni però di qualità della vita migliore rispetto a quelle attuali)
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diverso rapporto delle persone con il lavoro – nel nuovo contesto vi saranno, appunto, “sistemi di produzione” di tipo radicalmente nuovo: possono essere anche “personal” (con “lavorazioni in casa”, o nel proprio garage) – e le Aziende opereranno in modo totalmente diverso: avranno una relazione diversa con i “dipendenti” (probabilmente con un inquadramento contrattuale più vicino a quello dei collaboratori esterni); i Sistemi di produzione avranno tutte le componenti “in rete”, quindi saranno monitorabili e gestibili anche con device mobili come Tablet (che un operatore può avere sempre con sé anche se è altrove).
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Una persona può rispondere ad una richesta del sistma … con una priorità rispetto ad altre eprosne, o non rispondere .. permette .. si potrà lavorare anche la sera, e nei Week End.
COSA SI PROPONE
APERTURA DI UNPOLO DI INNOVAZIONE DAL BASSO
In questo documento si parte dalla considerazione che si è inaugurata una nuova era di “innovazione dal basso” (della Società e del Mercato), ma sembrano mancare opportuni strumenti per favorire lo sviluppo di questa era (vi sono alcune esperienza a sé stanti, ma nessun vero aggregatore di progetti).
Si propone cioè, in generale (più nello specifico si propongono invece alcuni progetti specifici) di creare un “Polo” per lo sviluppo di questa forma di innovazione, in particolare con un “Sito” che, tra le altre cose,
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informi le persone della nuova possibilità di realizzazione di soluzioni, diffonda la nuova Cultura dei Makers; e,
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operativamente, permetta alle persone che vogliano intraprendere questa strada di unirsi in gruppi di lavoro, e sviluppare nuovi progetti (vedi a questo proposito l’infra-struttura proposta per le Smart Cities, nel capitolo “Open Platform for Smart Cities”).
Lo scopo di questo Polo di innovazione dal basso qui proposto è non solo di produrre soluzioni specifiche, ma anche di cominciare a definire linee di sviluppo in settori specifici della vita quotidiana, per dare un impulso più generale (più profondo) all’innovazione dei vari ambiti della vita quotidiana (ad esempio, vedremo, ridefinendo in modalità crowd-sourcing un Domotic Enviroment in alternativa a quelli ora proposti dai grandi attori del mercato – raccogliendo, nel Sito, ciò che è stato fatto sino ad ora).
un ripensamento dell’innovazione
ç_innovazione dal basso
In sintesi quanto espresso in altri documenti disponibili sul Sito: la vera innovazione è “dal basso”.
Innovazione significa, in sostanza, migliorare la qualità della vita delle persone. Si tratta cioè, come si è illustrato in capitoli precedenti, di creare strumenti (ad alta componente servizio) che aiutino le persone a soddisfare, nel miglior modo possibile, i loro bisogni.
E nessuno meglio delle persone destinatarie di questi “servizi” può sapere cosa è veramente necessario per loro (come si è detto, l’ideazione di questi strumenti-servizi è un processo in continuo divenire: ogni realizzazione deve essere provata sul campo dagli utenti, e messa a punto nel tempo – per questa ragione è necessario sviluppare le soluzioni il più vicino possibile all’utenza).
(la caratteristica di upgradabilità della nuova generazione di strumenti crowd-sorucing, assente negli attuali strumenti forniti dal Mercato).
La crisi ha messo in luce il fatto che oggi è necessaria una innovazione realmente sostenibile: una reale innovazione deve essere realmente sostenibile.
L’innovazione deve cioèprodurre effettivi vantaggi per la qualità della vita,a costi accessibili, e con minimi effetti collaterali negativi.
L’attuale innovazione, gestita dall’alto, non è invece affatto sostenibile: essa sostiene unicamente gli interessi dei grandi Player del Mercato (e, in qualche modo, della “politica” – ma, come illustrato in altri punti di questo documento, in realtà Mercato e Politica trarrebbero grandi vantaggi dall’adottare il nuovo trend).
La strada che si propone qui si pone come radicale alternativa alla strada attuale (si tratta, in un certo senso, di una “una innovazione dell’innovazione”).
La nuova forma di innovazione, sostenibile, come si è detto, è un ripensamento (ribaltamento) dell’attuale innovazione basata su tecnologie sempre più sofisticate (e quindi sempre più costose) commercializzate nel nome di una ecologicità che è solo sulla carta (vedi, ad esempio, la lavatrice Whirlpool “a pressione”).
Si tratta di un ripensamento dell’innovazione nel quale si sviluppano prodotti più “semplici”, “meno automatici”, ma dai costi di acquisto (sono anche auto-costruibili) e di gestione nettamente inferiori (presentano anche una durata estremamente superiore ai prodotti attuali). E dai risultati migliori (un nuovo tipo di lavatrice più “soft” “risparmia” i colori e i tessuti, qualità che con le lavatrici attuali hanno una rapida obsolescenza).
Per poter praticare il nuovo percorso di innovazione è però necessario creare strutture di base che, in primo luogo, permettano alle persone di cominciare a pensare di poter veramente modificare il loro attuale modo di vivere.
Per questa ragione le persone devono recuperare la tradizionale conoscenza del “saper fare” (ciò è possibile attraverso i canali multimediali del Polo previsti dal presente Progetto – è possibile creare una mini-Università per Makers gestita in modalità Crowd-sourcing – con il contributo di esperti” – che diffonda cultura generale di “Qualità della vita”, e cultura “tecnica” specifica).
Un esempio di contenuti di tale tipo di Università (una Scuola online con sedi-alboratorio diffuse sul territorio): per ciò che riguarda, ad esempio, il settore delle lavatrici, le persone potranno imparare, oltre a nozioni tecniche generali (es.: risparmio energetico), anche le nozioni tecniche legate allo strumento (i principi di funzionamento, i meccanismi da utilizzare, ecc ….). Ovviamente uno degli argomenti fondamentali sarà rappresentato dalla nuova cultura della auto-costruzione.
Un tale tipo di istituzione, “Open”, può sviluppare in breve tempo una importante cultura tecnologica alternativa a quella attuale.
alcuni aspetti della proposta
Si propone:
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lo sviluppo di Open standard specifici nei vari settori delle Smart Cities (sono in realtà tutti i settori della vita di una persona).
– Un ente che si ponga come riferimento … ISO .. su open standard
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dare un impulso allo sviluppo di nuovi “enviroment” di innovazione: definendo nuove linee di sviluppo in settori specifici della vita quotidiana (ad esempio un nuovo Domotic Enviroment definito in modalità crowd-sorucing).
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alcune specifiche Open Source Solutions. (vi sono alcuni progetti qui accennati, sviluppati in altra sede)
– definire Open Standard
( le considerazione che seguono mancano, in effetti, di una approfondita conoscenza del settore: per cui alcune idee proposte possono essere già in fase di sviluppo )
Si pensa si debba avviare un progetto di unificazione dei vari standard attuali: non necessariamente per definire un nuovo standard comune, ma per poter permettere ai vari standard di comunicare tra loro nelle soluzioni Open Source.
In tale sviluppo è anche importante la creazione di software “bridge” (middelware) per le applicazioni già esistenti (come quella dell’estensione di LabView per Arduino).
Ciò che manca, a mio avviso, è una nuova generazione di software di produzione di “Applicazioni” (framework) per la gestione dell’hardware di livello “facile utilizzo” (più semplici da utilizzare di quelli attuali, che sono comunque destinati a utenti esperti, sviluppatori).
Per chiarire: un esempio di questo tipo è FileMaker che quando è uscito ha permesso agli utenti “normali” (quelli che utilizzano Excel) di crearsi da sé, in modo rapido e semplice, dei veri database (magari partendo da un template, e con il supporto di video-tutorial su YouTube).
La cosa è un po’ complessa (e lunga) se si pensa che i nuovi software non solo devono essere (relativamente) semplici nell’interfaccia, ma devono anche inglobare molte nuove funzionalità (come si è detto i software di progettazione assistita devono poter effettuare test virtuali e suggerire cambiamenti – come rinforzi ai telai). E tali nuovi software devono essere Web 2.0: essere cioè connessi in rete affinchè le fasi di progettazione e di realizzazione della soluzione possano essere svolte in groupworking, o comunque con il supporto diretta di una Comunità Web (quest’ultima attività può divenire anche un modo per alcune persone di vivere – guadagnare – facendo in questo modo delle consulenze).
approfondimento // sopeso ///
di .. vedi il tenativo con Dog che riprende lo standard java .. per gestioni device … Sia per la Domotica per la Robotica delle Smart Manufactoryes (in queste ultime … una gestione centralizzata di tutte le fasi di lavoro, e gesitone dei layout del processo fiscio).
OSGi framework
Probabilmente … le cose da fare … – valori di gestioni dell’hardware (per interfaccia hw-hw, o per interfaccia tra hardware e software di gistione ….).
ques’tultimo due livelli il liello (di8acimao come un PHP ad oggetti .. (magari con un linguaggio di programmazione ad oggetti visuali, ocme Authorware … , LabView
– sw di inerfaccia …
– prootoccli di comunicazione hw-hw …..
– definire linee di sviluppo in settori specifici della vita quotidiana
Il Polo qui proposto deve anche fornire un impulso allo sviluppo di nuovi ambiti di innovazione sostenibile (ad esempio: una nuova concezione della Domotica, con soluzioni realizzabili nella modalità Makers). [vedi un primo accenno di “sistematizzazione” di tali settori nel prossimo capitolo – approfondimento disponibile in altri documenti inviabili via mail]
Ambiti nei quali il Polo deve quindi essere in grado di attivare un importante flusso di idee e di realizzazioni.
Vi devono essere, ad esempio, “concorsi” non-competitivi.
Si noti che con i canali interattivi Web del Polo è possibile iniziare a riformare radicalmente gli ambiti di vita quotidiana anche partendo dal piccolo: partendo da progetti Smart specifici di Domotica (lavatrici, frigo, fornetti, ecc ….) si può poi, ad esempio, trovare il modo di integrarli in un unico sistema di Domotica sostenibile.
SMART SOLUTIONS(OPEN SOLUTIONS)
Nel documento “Uno smart-approach per le Smart Cities” (nel quale questa sezione è temporaneamente inclusa) si propongono della Smart Solutions “non-makers” fatte di componenti software ed hardware (Open Source e non).
Qui, in particolare, si propone una serie di soluzione per Smart Cities interamente definite e prodotte nella nuova modalità “makers” (Open Source hardware).
Si propongono due livelli di soluzioni sviluppate nella nuova modalità:
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soluzioni a livello “privato”, come sono le attuali soluzioni della tipologia “Makers” (soluzioni “personal”, ad esempio per la propria abitazione: Domotica, Energia, ecc …).
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soluzioni a livello di Pubblica amministrazione – come illustrato nella prima parte del presente documento, si trasforma il concetto attuale di Smart City: definendo un nuovo Smart approach, che porta l’innovazione della realtà urbana alla portata “del piccolo”: ovvero sia del singolo quartiere, sia del piccolo centro urbano (Smart Small town). Come si illustra nelle prossime pagine, con la nuova modalità “Makers” tale approccio diviene ancora più efficiente: in questo modo tali piccole realtà possono permettersi di accedere, a costi praticamente nulli, a forme innovazione del tipo “Smart City” molto migliori di quelle sviluppate nei grandi centri urbani.
– nuova concezione degli strumenti,e nuove pratices sostenibili
Si tratta quindi di favorire la nascita di una nuova generazione di prodotti (ad esempio una nuova generazione di elettrodomestici, o, per le PA, nuovi sistemi di controllo del traffico) che presentano qualità radicalmente diverse rispetto a quelle dei prodotti attuali.
Queste ultime sono
1) qualità intrinseche al prodotto in sé, il quale diviene non solo più sostenibile economicamente grazie a: robustezza; modularità, la quale permette anche di declinare i prodotti per soddisfare esigenze specifiche – flange di adattamento permettono di utilizzare prodotti di varia provenienza, ed anche elementi usati riciclati (ad esempio il motore o il cestello di una lavatrice); lunga durata (i nuovi prodotti sono auto-manutenibili: possono essere riparati dagli utenti); upgradabilità (che permette di adattare il prodotto a nuove esigenze, o a nuovi proprietari); risparmio di energia; migliori risultati qualitativi (la nuova tipologia di lavatrice lava più a fondo ma “risparmia” i tessuti). Ma anche
2) importanti qualità dovute alle nuove pratices legate all’uso dei nuovi prodotti; pratices radicalmente differenti rispetto a quelle attuali, che permettono di migliorare ulteriormente le prestazioni dei prodotti citate in precedenza.
Le nuove pratices legate alla nuova configurazione dei prodotti sono nuovi modi di affrontare i “lavori ordinari” quotidiani più vicine alle pratiche tradizionali rispetto alle attuali pratiche super-consumistiche. Nuove pratices che, a fronte di un piccolo impegno in più rispetto agli attuali dispositivi (ma, nella nuova era post-crisi, sarà a disposizione una buona quantità di “tempo liberato”) garantiscono risultati nettamente migliori di quelli ottenuti con dispositivi e pratices attuali (e, più in generale, una migliore qualità della vita).
Si tratta quindi di nuovi modi di operare basati su una nuova generazione di dispositivi semi-automatici, in opposizione ai super automatismi forniti oggi dalle super-tecnologie (super-care nell’acquisto e nella gestione).
Nel nuovo contesto si pongono “automatismi” laddove è strettamente necessario, perdendo una piccola parte della attuale “comodità” dei dispositivi (nel nuovo caso sono necessari alcuni interventi diretti dell’utente), ma guadagnando molto in flessibilità ed accuratezza del lavoro (vedi esempi nei prossimi paragrafi).
i concetti di Commodity e di Utility
Una riflessione sul concetto di commodity, ovvero sulle qualità dei prodotti offerti dal mercato del super-consumismo (e sulle nuove pratices ad essi collegati).
Vi sono dei prodotti che sono effettivamente una “conquista” positiva del progresso, come il telefonino o la televisione. E prodotti che sono più che delle commodities, prodotti che sollecitano più che altro la nostra tendenza all’impigrimento, e non forniscono risultati reali: come gli stimolatori elettrici che promettono di far “fare ginnastica” ai muscoli addominali mentre si guarda la televisione,.
Anche strumenti di base molto utili, come il telefonino o la televisione, se utilizzati in modalità “impoltronimento” ci portano fuori dalla realtà con importanti conseguenze psicologiche negative (ciò vale, ad esempio, anche per il vino: se si “abusa di esso” si incorrono in “risultati collaterali” negativi). Tali pratices negative generano una delle condizioni peggiori per l’uomo: la dipendenza (l’abbruttimento).
Le pratices “positive” (fisiologiche) come quella della passeggiata, hanno una funzione fondamentale per lo sviluppo di qualità positive nel nostro sistema psico-fisico. Ad esempio portare fuori il cane la sera non è solo una necessità del cane, ma un modo di dedicare un po’ di tempo con se stessi, staccandosi della dimensione “mentale” della giornata lavorativa, dalle dipendenze domestiche (come la televisione – oggi con il telefonino è praticamente impossibile staccarsi dalla dipendenza dal telefono).
Come è importante portare, ad esempio, la Domenica i bambini fuori città, a giocare nella campagna.
Tale pratices non sono quindi una perdita di tempo (come può essere percepita invece dalle persone ormai prese da una routine di dipendenza) ma pratices importanti per la nostra saluta psico-fisica (e pratices che per le persone libere dalle dipendenze citate, sono una forma di piacere).
In sintesi: se utilizziamo il telefono per definire un incontro con un amico è un conto. Se invece lo utilizziamo per “sentire” quella persona (per non “perdere tempo” nel passare a trovarla), si tratta di una pratice che surroga le reali abitudini di vita, che alla fine della settimana ci ha portati a mancare contatti affettivi determinanti necessari per il mantenimento di un buon equilibrio psico-fisico (questa condizione di “distacco dalla realtà” crea, oltretutto una spirale viziosa: noi finiamo cercare di colmare quel senso di insoddisfazione che si è creato in noi con altre distrazioni come la televisione).
A questo proposito: anche il telecomando della TV è, di per sé, molto utile. Ma esso può finire per creare una dipendenza nei confronti della TV (con esso si viene a perdere la originaria reazione “basta, mi sono stufato di questo programma e spengo per fare qualcos’altro” poiché si continua a girare a vuoto all’infinito sui canali).
In ultima analisi, le super-commodities rischiano di tenerci lontani da una reale qualità della vita (ovvero non percepiamo la dipendenza nell’immediato; ma essa, lavorando a livello inconscio, guasta a livello sostanziale la nostra vita: la saluta fisica, i rapporti affettivi e sociali, le nostre capacità di intuizione, ecc …).
Negli ultimi tempi le commodities hanno sviluppato in modo esasperato queste loro qualità negative: un esempio di questo trend, che per ora non ha ancora avuto una larga diffusione, è rappresentato dall’automatismo completo lava-asciuga. Un automatismo costosissimo la cui superfluità (nella maggior parte dei casi) ci è ancora evidente perchè non siamo ancora caduti in tale dipendenza (oltretutto tale pratices crea nuovi bisogni: i tessuti asciugati a parte possono risultare essere quasi-stirati una volta asciutti, mentre i tessuti che escono dalle Lavatrici-asciugatrici sono pesantemente stropicciati).
Un altro esempio di super-commodities è il cibo preparato: in questo caso per “non perdere tempo” nel prepararsi il cibo, si perdono qualità importanti del cibo (e il piacere di sviluppare la propria creatività, per se e per gli altri commensali).
Ma un altro esempio di super-commodities, collegato al precedente, è quello della lavastoviglie la quale, pur essendo indubbiamente una comodità, presenta aspetti “insostenibili”. In realtà lavare i piatti a mano è molto più igienico (oltre al risparmio notevole sui continui acquisti di apparecchiature che si rompono spesso, e sull’energia elettrica e sull’acqua, in questo caso non si utilizzano i super-detersivi che lasciano un odore sospetto sui piatti). Con un lavello di dimensioni opportune lavare i piatti a mano è molto rapido: se li si mette a pranzo, dopo averli appena passati sotto il getto del rubinetto, in un catino pieno d’acqua, essi possono essere lavati molto molto rapidamente la sera nei tempi di attesa del cucinare la cena (ad esempio mentre si aspetta che l’acqua arrivi ad ebollizione, e che il sugo cuocia). Il catino può anche avere un “turbine” d’acqua come le vasche per lavare le fotografie appena sviluppate.
Si tratta ora di recuperare le valenze utility degli strumenti, creando prodotti commodities-utlilies.
Come vedremo in seguito, i nuovi dispositivi permettono, appunto, di ottenere una serie di importanti vantaggi rispetto ai dispositivi attuali. Oltre alle citate caratteristiche “oggettive” dei nuovi prodotti in sé (come prezzo di acquisto e di gestione estremamente basso, durata “infinita”, ecc …), essi aggiungono nuove importanti qualità strettamente legate alle nuove modalità di utilizzo: migliorano decisamente le altre qualità del prodotto ottenuto; forniscono una elevata flessibilità di utilizzo (da un uso minimale si può passare ad un uso professionale); e, tra le altre cose, elevano la qualità della vita e preservano la salute dell’utilizzatore.
A questo proposito è necessario sottolineare come queste nuove pratices sono responsabili, di per sé, di una “liberazione” del tempo dell’utilizzatore: i risparmi ottenuti per quanto riguarda l’uso di energia elettrica, di materiali (anche, ad esempio, il risparmio di indumenti con nuovi metodi di lavaggio “a macchina” sostenibili”), per la cessazione della necessità di acquistare continuamente nuovi prodotti (nella attuale modalità consumistica si devono gettare i prodotti dopo poco tempo, perchè non possono più essere riparati) sono tutti fattori che “liberano” l’utilizzatore dalla necessità di lavorare per alcune ore la settimana!
( esempio fornetto pae e lavatrice )
la possibilità di creare nuovi sistemi di elettrodomesticiche migliorano la qualità della vita
Come esempi significativi di questa nuova generazione di dispositivi possono essere prese le attuali “macchinette” per produrre direttamente il pane in casa (che permettono di risparmiare, in un mese, cifre notevoli!) e le lavatrici domestiche.
Questa nuova pratice di farsi il pane in casa può essere ulteriormente migliorata con la modalità di progettazione/produzione della tipologia Makers: tali macchinette per il pane possono essere ottimamente (e “comodamente”) sostituite da sistemi multipli, semi-automatici, tecnologicamente “meno sofisticati”, ma operativamente molto più sofisticati (pur nella loro facilità di utilizzo e di manutenzione).
La innovazione fondamentale potrebbe essere in questo caso quella di dividere le operazioni di impastaggio da quelle di cottura (entrambe, di per sè, comunque, totalmente automatiche – si noti che le istruzioni delle attuali macchinette “suggeriscono” comunque già ora questa soluzione per molti prodotti). Per migliorare il sistema attuale si possono utilizzare quindi separatamente una Impastatrice ed un Forno entrambi in versione 2.0 (con una App che ne integri le funzioni).
In questo modo si rende il processo più economico, e molto più flessibile: si possono così creare, ad esempio, oltre a varie forme di pane (impossibili con le macchinette attuali) biscotti, crackers, dolcetti che ora non possono essere creati.
E’ da notare un vantaggio determinante di questo sviluppo dei due dispositivi in direzione 2.0 (con una integrazione Web 2.0): oggi quasi nessuno utilizza tali macchinette per fare i biscotti perchè mancano sui manuali le ricette, che possono invece nel nuovo caso essere trovate su Internet. E manca il controllo via software del forno di casa (che nel nuovo caso è invece possibile tramite la stessa App che controlla l’impastatrice – inoltre nella nuova generazione del prodotto, si possono scaricare pre-set ad hoc per ogni tipo di prodotto).
Questa possibilità operativa offre una importante possibilità di risparmio sulla spesa in cibo: ogni settimana (come accadeva, il Sabato, nelle comunità rurali fino a pochi decenni or sono) la famiglia può farsi la scorta di tale tipo di cibo (e il dolce per la domenica).
( flessibilità di utilizzo )
Questa modularità del dispositivo migliora anche la flessibilità del sistema poiché si possono, ad esempio, cambiare facilmente i cestelli, passando da una versione “single” ad una versione “professionale”.
Anche la lavatrice 2.0 concepita secondo i nuovi principi post-industriali è un buon esempio di flessibilità di impostazione dell’hardware: diverse misure di cestelli (facilmente sostituibili), unitamente all’adattamento dei programmi di lavaggio via software) producono un notevole risparmio (e probabilmente si possono creare diversi tipi di cestello per diversi tipi di indumenti).
( uso professinale )
l’uso social dei nuovi strumenti (la condivisibilità)
Uno dei vantaggi più importanti delle nuove pratices post-industriali (post-super-consumismo) risiede nelle caratteristiche di networking dei device, e nella possibilità di un loro “uso Social”.
La caratteristica di networking permette di integrare l’utilizzo dei vari dispositivi, ed una loro gestione remota (monitoring, modifica parametri, ecc….).
Per quanto riguarda l’uso social, le nuove qualità come la robustezza, la facilità di manutenzione (qualsiasi utente può aggiustare il dispositivo, con prezzi di eventuali ricambi molto bassi), la possibilità di controllo remoto, la loro modularità rende i nuovi strumenti adatti ad una nuova modalità di utilizzo (in realtà già utilizzata in molte parte del mondo): la condivisibilità.
I tal caso è cioè possibile, ad esempio, avere un uso “comunitario” di elettrodomestici come le lavatrici (da sempre in alcuni paesi sono diffuse le lavanderie di condominio).
Questa possibilità rende possibili nuove abitudini 2.0: come forme di Consumismo 2.0, nelle quali gli utenti normali decidono di guadagnare qualcosa grazie ai loro strumenti (e alle loro capacità): gli utenti possono trasformarsi in professionisti. O per lo meno in una nuova categoria di professionisti che segue modalità 2.0 (che equivalgono al recupero di antiche pratiche – nella nuova era post-industriale si modificano, come si è detto, le modalità di produzione e di distribuzione), “vendendo” il pane in cambio, magari, di un semplice “rimborso spese”, o in modalità di “scambio equo” di altri “favori”.
( Ulteriori vantaggi )
Questa nuova tipologia di strumenti semi-automatici combinati con nuove pratice garantisce prestazioni molto più efficienti rispetto a strumenti e modalità attuali sotto molti altri aspetti.
Ad esempio si può pensare ai nuovi tipi di lavatrici “sostenibili” apparsi sul mercato, che possono essere collegate ad una bicicletta che permette di ridurre lo spreco di energie elettrica: in questo caso vi sono non solo risparmi notevoli, ma il sistema può permettere, provvedendo a creare condizioni ottimali (una bicicletta sistemata in giardino, o su un balcone), altre forme di qualità della vita. Si noti che tale sistema, che può essere utilizzato quando si verifichi insufficienza di irraggiamento dei pannelli solari, funziona, in generale, per tutta la casa (al posto della bicicletta può essere utilizzato, ovviamente, qualsiasi “macchina” da palestra).
Qundo si parla di qunove autlità .. il discorsso è lunghissmo .. Una ltuleriore qualità di un nuovo tipo di lavatrice 2.0 … … rovinano … colori, tessuti … di risparimare i tessuti (durata, colore) … e ………e creano un “bianco” finto che non è pulito (come si pensa) ma una patina .. sopra il tessuto .. che, tra le altre cose, ingiallisce al sole …
c’è cioè fanno una differenza tra l’essere schiavi del denaro ed essere liberi dal lavoro
– per una Decrescita sostenibile
Alcune ulteriori considerazioni sulla sostenibilità dei progetti per le Smart Cities [vedi il documento “Decrescita sostenibile”]
Il Sustainable living al quale le soluzioni “Smart” mirano (Smart City, Smart Housing, ecc ….) implica anche una condizione di autosufficienza (almeno parziale).
Questo è anche lo spirito della Sussidiarietà, la quale si basa sull’idea che le persone la cui esistenza “dipende” (in misura importante) da altre persone o Enti, non sono in grado di avere una vita “responsabile” (tali persone non sono, ad esempio, in grado di partecipare ad un percorso di innovazione crowd-sorucing).
Sostenibilità implica quindi un certo livello di indipendenza delle persone.
Ciò è evidente per il caso in questione: per creare Smart Cities è necessario in primo luogo riuscire a superare l’attuale condizione di super-consumismo. Ossia, è necessario in primo luogo riuscire a diventare indipendenti dal attuale di Società/Mercato. Altrimenti si rimane in una condizione di dipendenza che non permette di attuare nessuna reale, sostanziale innovazione.
Il percorso di innovazione qui delineato prevede il graduale sviluppo di un certo livello di autosufficienza rispetto al mercato dei Prodotti attuali (sviluppo basato appunto, su modalità di produzione post-industriale – Maker, Open Factories): elettrodomestici, veicoli, indumenti, arredamento, fornitori di energia, ecc …
Si tratta, come si e detto, di una condizione di non-dipendenza che non è solo risparmio: essa presenta altre caratteristiche che migliorano, di molto, la qualità della vita delle persone (qualità delle cose, maggior salute degli utilizzatori degli strumenti di uso quotidiano, componente sociale (conviviale) dello svolgere attività ordinarie, ecc …).
Vi è però un altro ambito non meno importante di “non-dipendenza”, quello del cibo. In questo caso vi sono due livelli di non-dipendenza da raggiungere: (1) un primo livello è quello della non-dipendenza dai cibi “confezionati”, nel quale si risparmia notevolmente sul valore aggiunte del prodotto (una valore aggiunto fasullo, creato dalla pubblicità, che è in gran parte un risparmio di tempo che si paga, appunto, in costi, salute, gusto, ecc …).
Ma vi è un altro livello altrettanto importante (2): quello della produzione del cibo (è un ambito di innovazione molto difficile da attuare in Città, ma in realtà un paio di vasi grandi, ma ordinari, sul balcone, possono fornire ottimi pomodori per alcune settimane).
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(è semplciemte autonomia resposabile dell’adulto)
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Economia di sussistenza è anche regime di autosufficienza ((è meglio il termine)) dove c’era “autoconsumo” e baratto Loro sono infatti oggi “sradicati”, così come lo siamo noi (senza però rendercene conto). gli siè è portata via la Tradizione, il sistema di valori (quindi al moralità), il sapere (le tecnolige), l way of life, il loro sistema economico, il loro sistema di realzioni sociali, …
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in soldoni .. ad esempio .. autosufficiente in quanto ad energie … ed in parte a cibo .. (la questione delgi orti è fondamntnale .. e la possibilità di “farsi i cibi”, dai farinacei (pane, biscotti, crakers, terte ..) e dipendere meno dal cibo preparato .. e cucinare .. (il tepo liberato dalle nuove .. post-crisi e dalle stesse new pratice che richiedono di guadagnare, e quindi di lavorare, di meno) … prepararsi il cibo .. anche la birra, imbottigliarsi il vino (più gli aquisti di gruppo ad esempo di vino, oli .. stagionali ..)
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sostenbilità .. farsi i maglii a macchina (con macchine condivise con altri, presso open facotries .. ) .. ordinare vietiti su misura .. fatti in mod bulgaro .. sceglendo i tessuti che si toccano con mano .. anch el le mutande … Un modo di … consumo totalmente differente … non si ricorre più “la Mercato ” (al supermercato .. ma ci si fanno le cse per durare .. (singifca che si fanno i pantaloni ccon le abbondanze che permettono di allargarli se si ingrassa … .
– l’innovazione di transizione
L’introduzione della modalità Makers permette di accedere ad
una nuova forma di innovazione:L’INNOVAZIONE DI TRANSIZIONE.
Ovvero, con il nuovo trend di Innovazione dal basso è possibile, dall’immediato, innovare facilmente i “sistemi sui quali si interviene, come quello delle abitazioni nel caso della Domotica. Tale innovazione si sviluppa in due livelli:
1) un livello nel quale si interviene con “scatolotti” e Apps che li gestiscono; con tali scatolotti è possibile, ad esempio, accendere e spegnere gli attuali elettrodomenstici; o i sistemi elettrici delle Auto, tramite il bus standard attuale.
2) il livello successivo è quello dei “Kit di trasformazione” (vedi quello per l’”elettrificazione di un modello della Toyota) che possono essere utilizzati, ad esempio, per gli elettrodomestici attuali, per poterli interfacciare in modo più completo all’Intelligenza alla “rete elettronica”.
SMART SMALL TOWNS:IL DOWSIZING DEI PROGETTI SMART CITIES
VEDI SE sistemarlo anche in altre parti del doc (dell’inciso, e del doc principale)
Si è detto l’innovazione degli strumenti elettronici riguarda sia “il privato” (soluzioni per la casa: domotica, produzione di energie, ecc …), ma anche l’ambito P.A. Analizziamo qui questo ultimo aspetto.
– il nuovo approccio Smart Town (Smart Small Town)
Si è detto che un nuovo approccio alle Smart Cities si basa su uno spostamento dell’approccio attuale “verso il basso”.
Ossia che le Smart Cities, per essere veramente Smart devono essere realmente intelligenti in quanto capaci di funzionare al meglio per quello che sono: un sistema di soddisfazione dei bisogni dei cittadini (ed inoltre essere realmente sostenibili nel nuovo regime di crisi).
Per tale ragione l’innovazione del Sistema-Città deve essere sviluppata con il contributo diretto di chi vive quotidianamente tali bisogni (vi deve essere una innovazione crowd-sourcing: Citizen as developer). Ovvero, come si è detto, le nuove soluzioni devono appartenere ad un nuovo regime di Sussidiarietà indicato come necessario dalle istituzioni internazionali come UE e ONU (una nuova dimensione di Citizen as Service).
Ciò significa, tra le altre cose, per le Smart Cities
un downsizing dell’ambito di applicazione delle soluzioni.
E’ cioè più probabile che le nuove soluzioni per Smart Cities, che siano cioè in grado di soddisfare realmente i bisogni dei Cittadini, e che siano realmente sostenibili, verranno sviluppate a livello di comunità locali.
In altre parole, per le ragioni che vedremo in seguito,
le Cities idealiper iniziare a sviluppare nuove soluzioni di Smart Cities realmente utili e sostenibili sonole Small Town
(si tratta dei piccoli paesi di provincia che vivono ora la maggior parte dei problemi delle grandi città: traffico, mobilità di persone e merci, ecc …).
Partendo dalle Small towndiviene cioè realmente possibile, dall’immediato,CREARE QUELLA NUOVA DIMENSIONEDELL’INNOVAZIONE DELLE CITTÀCHE NON SI RIESCE AD OTTENERECON L’ATTUALE APPROCCIO SMART CITIES.
( le ragioni delle small town )
Vi sono più ragioni per cui le Small Town sono il luogo ideale per realizzare Soluzioni per Smart Cities veramente utili e sostenibili (anzi, le Small Town sono, nella attuale condizione di crisi nella quale vengono meno i finanziamenti pubblici per le Smart Cities, esse sono l’unico modo per sviluppare progetti per le Smart Cities).
Un paio di ragioni che rendono le Small Town il luogo ideale per sviluppare progetti per le Smart Cities:
(1) Una prima considerazione di fondo: da un lato le Small Town hanno assunto quasi tutte le qualità negative delle grandi Città, ed hanno quindi un bisogno impellente di trovare soluzioni (tali problemi derivano dell’espandersi della “modernizzazione” spinta della società anche ai piccoli paesi di provincia – sebbene siano problemi apparentemente in “scala ridotta”, spesso tali problemi comportano conseguenze peggiori che non nelle grandi Città: si pensi alle auto che sfrecciano nella strada “del centro” di una pese che si sviluppa lungo una statale trafficata)
Ma dall’altro lato nelle Small Town vi è una dimensione delle PA molto più flessibile ed in contatto con “il basso”, cosa che rende “fattibili” radicali innovazioni di aspetti importanti del centro urbano (sopratutto in modalità crowd-sourcing); inoltre si deve inoltre tener conto del fatto che in tale ambito le soluzioni implicano costi irrisori e tempi decisamente ridotti rispetto al contesto delle grandi Città.
(2) L’ambiente locale è, appunto, quello ottimale per ottenere una dimensione di Crowd-sourcing (Citizen as developer): ossia per avere un dimensione di progettualità sul campo che possa produrre soluzioni veramente utili per i Cittadini (tale strada può essere utilizzata anche, in parte, per i Quartieri delle grandi Città).
// lettura ??// (le comunità globali .. sono .. impossibilità di conoscere .. problematiche locali … indubbiamente … vi sarà poi uno sviluppo delle soluzioni ottenute in questo modo in varie declinazioni locali per tutte le realtà gglobali che presentino problematiche simili
( le condizioni facilitatrici )
Si considera che oggi vi sono alcuni fattori che, appunto, favoriscono nettamente questo nuovo approccio “dal piccolo”:
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la piattaforma Web che permette nuove forme di organizzazione di progettazione e lavoro (anche attraverso device mobili).
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la nuova modalità “Open Source hardware” (della quale ci si occupa in questa sezione) la quale, unitamente alla possibilità di uso di tecnologie consumer già diffuse sul territorio a spese dei privati cittadini, rendono la realizzazione di Soluzione altamente innovative estremamente rapida ed a costi irrisori.
(lettura) Ricordiamo gli altri vantaggi … Come si è detto cià è possibile grazie alle:
– nuove tencologie consumer in possesso della maggior parte dei cittadini (connessioni Web, WiFi, SmatPhones, ecc…) che hanno ormai potenzialità tecnologiche superiori a quello delle Alte tencologie impiegate nelle equivalenti soluzoni “convenzionali” …
– diffusione di sistemi Open Sources Hardware (come Arduino) che permettono ad un hobbista di creare dispositivi elettronici molto sofisticati
– una rete di competenza .. sul Web che permette di conoscere …
– strumenti Web che permettono a più .. realtà (ad esempio a più comuni, anche in diverse parti della Terra) di creare grupi di lavoro su progetti specifici.
i plus dell’approccio Smart Small Town
Sviluppando una innovazione “dal piccolo”, dai piccoli paesi di provincia, è possibile sviluppare una innovazione Smart Cities ancora più vasta (e capillare) di quella attuale, poiché
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le Small Town, nell’insieme, coprono una aerea geografica enormemente più vasta delle metropoli. E inoltre
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si coinvolge una percentuale di popolazione superiore a quella attuale, poiché si deve tener conto che anche gli “abitanti delle città” sono fortemente coinvolti nelle questioni delle Small Town (si veda ad esempio chi transita spesso nei paesi di provincia, o per lavoro, o nel tempo libero).
Come si è detto, nell’approccio Smart Small Town si hanno i notevoli vantaggi non solo in quanto costi (istituzionali) nettamente inferiori e tempi di realizzazione burocratici molto bassi, di enorme flessibilità dello sviluppo (le strutture istituzionali delle Small Town permettono di sfruttare al meglio le qualità delle nuove soluzioni: dispositivi hardware flessibili, facilmente modificabili, ed aperti ad integrazione con altri dispositivi).
Ma si hanno anche i vantaggi di poter ideare, progettare (e realizzare!) le soluzioni con la partecipazione diretta dei cittadini (si tratta delle funzioni di co-progettazione e di Sussidiaritetà previste dalla Legge).
In questo modo
i Cittadini di ogni singolo paesinopossono facilmente “personalizzare” le soluzioniin base alle esigenze specifiche del territorio.
Ma PA e Cittadini possono anche modificare la soluzione in base a nuove esigenze (si noti che si tratta di un processo fisiologico, dal quale non si può prescindere, e che non è praticabile con le attuali soluzioni: i Cittadini, e le PA, evolvono la loro consapevolezza di come si possano risolvere i problemi del territorio man mano che utilizzano le soluzioni). Ciò vale anche, si ricorda, per il Quartiere della grande Città.
Si noti la reale possibilità di compartecipazione dei Cittadini anche alla realizzazione delle soluzioni: la nuova modalità Do It Yoursef del trend “Makers” permette ai Cittadini dalle competenze di livello hobbistico di partecipare alla creazione dei dispositivi hardware.
Con lo sviluppo di questa nuova tipologia di soluzioni si migliora effettivamente, in modo sostanziale la qualità della vita dei Cittadini a livello nazionale, poiché
si pone la progettazione di sofisticate soluzioni Smart City alla portata di qualsiasi piccolo centro abitato.
Per poter perseguire in modo efficace questa strada è necessario dar vita un Polo social sul Web che permetta alle Small Town di divenire consapevoli delle potenzialità offerte dalle nuove modalità di progettazione e di realizzazione delle Soluzioni, e che quindi permetta a PA e Cittadini di cooperare nello sviluppo dei Progetti: si tratta di creare un Polo virtuale come quello quello prospettato in precedenza definito Open Platform For Smart Cities (in questo caso leggermente riadattato – anche in direzione, appunto, di uno Sviluppo in “modalità Makers”).
Perseguendo questa strada, si noti,
si ottiene una notevole accelerazionedello sviluppo di competenzerelative alle soluzioni dei problemi dei centri urbani;ed una notevole accelerazione nello sviluppodelle Soluzioni per Smart City.
– Smart Small Town: l’esempio della Smart Mobility
Per comprendere come possa essere effettivamente migliore un approccio alle Soluzioni per Smart Cities agendo “dal piccolo”, ossia “dalle Small Town” (nella modalità crowd-sourcing/Makers), possiamo prendere in esame il caso di soluzioni di mobilità (le quali possono essere utilizzate, con piccoli adattamenti, anche nei grandi centri urbani). [altre possibili soluzioni sono esaminate, in sintesi, nel capitolo successivo – un approfondimento di tali Progetti può essere richiesto via email – lucabottazzi.contatti@gmail.com].
Tali Soluzioni sono suddivise in due tipologie:
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per la gestione del traffico “non residente” (vetture di non-residenti in transito nel centro urbano)
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per il trasporto interno di merci e persone. O meglio, viste le dimensioni, si tratta di prendere in considerazione la mobilità di interconnessione del paese con:
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altri paesi: bus, scuolabus, ecc …
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con la Città più vicina: corriere, car pooling, ecc …
Va inoltre specificato che vi sono due diversi ambiti di sviluppo delle Soluzioni tecnologiche (che si integrano in queste ultime): l’ambito privato (in questo caso strumenti da installare, opzionalmente, all’interno della vettura); e l’ambito pubblico (in questo caso gli strumenti di gestione del traffico da parte della PA).
Si deve tener presente che si auspica che nello sviluppo delle Smart Small Town vi sia l’adozione di nuovi strumenti di governance (come quelli indicati in capitoli precedenti – e definiti nel Progetto Iniziativa Riforma dal Basso descritto sul Sito). Tali strumenti possono migliorare di molto la di collaborazione da parte dei Cittadini nello sviluppo delle soluzioni.
La piattaforma per lo sviluppo di soluzioni per le Small Town deve tener conto che i piccoli paesi si devono poter associare con altre realtà simili, sia nella stessa area geografica (in questo caso, ad esempio, si può definire un sistema del traffico congiunto), sia con Town di varie parti del mondo (i quali hanno tutti, in gran parte, gli stessi problemi).
Per quanto riguarda le soluzioni sviluppate in associazione tra più Town (una rete di Small Town consorelle) della stessa area geografica si pensi al caso tipico di piccoli paesi attraversati dalla stessa strada statale molto trafficata (in questi paesi tale tale strada è spesso anche l’unica .spazio urbano nel quale i pedoni possono muoversi).
In casi come questo è possibile creare un Sistema condiviso tra Small Town che integra dati specifici per rendere più efficace il controllo del traffico (è possibile, ad esempio, riconoscere la targa di un’auto, e quindi registrare, ad esempio, il comportamento di un auto che viaggia lungo la statale affrontando uno dopo l’altro tali paesi – ed eventualmente sanzionare il conducente in modo più efficace: una pattuglia di vigili urbani può fermare quell’auto contestandogli la gravità della sua recidività).
Con il nuovo approccio in tali paesi è possibile ora fare Smart Mobility molto sofisticata che cambia radicalmente la vita dei Cittadini.
Una ulteriore complicazione del problema appena analizzato si ha quando questi piccoli centri abitati sono anche centri di villeggiatura (un caso molto diffuso), dove le strade statali sono anche frequentate da una alta densità di pedoni-villeggianti (decisamente “distratti”).
In questo caso può portare notevoli benefici un Sistema che conosce in ogni momento le condizioni del traffico (quante auto stanno arrivando, in ogni direzione, e dove sono i punti critici di concentrazione dei pedoni).
Con queste informazioni il sistema può, ad esempio, variare il funzionamento dei semafori, ed anche quello dei limiti di velocità (possono essere modificati i segnali stradali, in questo caso display elettronici) non solo in base a fasce orarie. Ma anche, dinamicamente, in base alla situazione di traffico (e pedoni).
Il nuovo sistema può anche prevedere la chiusura di aree in funzione della quantità di presenze dei pedoni, ad esempio con colonne che escono dal suolo, o sbarre tipo passaggio a livello.
I lampioni che illuminano le strisce pedonali possono aumentare l’intensità della luce all’avvicinarsi di pedoni (ciò è anche molto utile nelle strade cittadine che hanno punti ciechi, come negli angoli privi di marciapiede – vedi i Portici di Torino – nei quali il pedone rischia di farsi colpire dalle auto in arrivo).
Molte sono i nuovi dispositivi che possono essere creati nella nuova modalità: si possono creare ad esempio sofisticati impianti semaforici “smart” sulla base di quelli che si sono diffusi in Francia, il quali sono in grado di rilevare la presenza di auto sulla linea di arresto, e quindi scattare sol quando vi sono effettivamente auto che devono passare (utilizzato in particolare per strade secondarie che si immettono su strade principali).
I sistemi prodotti con la nuova modalità possono integrare in essi i dispositivi attuali, come autovelox. E’ possibile mandare dei warning agli automobilisti che viaggiano troppo velocemente molto più sofisticati di quelli attuali (i segnali che mostrano, lampeggiando, la velocità dell’auto).
Si possono poi creare dispositivi da montare sull’auto che possono aiutare ulteriormente gli automobilisti a rispettare i limiti di velocità (le Small Town, ma anche i piccolissimi centri abitati, possono dotarsi di emettitori che segnalano la presenza di un limite di velocità: tali segnali possono essere recepiti da App su SmartPhone o dai navigatori). In questo modo è anche possibile creare device da installare nell’auto, collegati, anche in Wireless, che tramite il bus standard del veicolo, ne limitano automaticamente la velocità nei punti critici.
Oltre alle soluzioni di Mobilità le Small Town possono giovarsi di molte altre tipologie di soluzioni prodotte con la nuova modalità Makers.
Si possono creare, ad esempio, droni auto-costruiti (estremamente economici e facili da gestire) per controllare non solo il traffico, sicurezza sociale, incendi, ecc …
Ed è inoltre possibile, ad esempio, risparmiare energia creando reti di generatori eolici “personal” (come quelli installati dai pionieri USA nelle loro fattorie). O creare sistemi smart di illuminazione pubblica del paese (o delle case isolate) di tipo “on demand”, che si accendono completamente solo con l’approssimarsi di persone (o biciclette).
ALCUNE SOLUZIONI “MAKERS”
nota: siamo ancora in makers
Si descrivono qui molto brevemente alcuni progetti di prodotti hardware di tipo Open Source.
[sono ovviamente omessi alcuni progetti significativi: è possibile richiede ulteriori infomazioni via mail: lucabottazzi.contatti@gmail.it]
+ SMART HOUSE (Domotica-Makers)
Ambiti di innovazione sostenibile:
Sustainable Living > Sustainable housing
una nuova domotica “dal basso”
L’ambiente della casa è un ambito fondamentale per l’innovazione del modo di vivere attuale (il principale goal del trend Smart Cities), nel quale è molto importante la definizione di nuovi strumenti e nuove pratices. [vedi anche il succ. capitolo “Smart buildings”]
In questo ambito con la nuova modalità Open Source (Makers) si ribalta l’attuale concetto di Domotica, la quale sta ora operando in un direzione opposta ad una reale “innovazione umana” (alla creazione di “utilities”). Ossia sta operando unicamente in funzione di una ragione principale: una propaganda finalizzata a fornire una immagine super-avanzata delle Aziende che sviluppano tale forma di ricerca (con essa si propongono futuribili soluzioni-propaganda che non hanno nessuna possibilità pratica di essere commercializzate – e come per le “auto elettriche”, hanno dei costi assolutamente insostenibili).
E’ interessante notare come i primi dispositivi “realmente utilizzabili” della Domotica siano piccoli dispositivi realizzati da start up che propongono semplici apparecchiature le quali permettono di gestire (parzialmente) gli attuali elettrodomestici ad App per Smart Phone.
Questo trend indica chiaramente
le attuali necessità della Domotica:
una reale innovazione che si basi su di una “DOMOTICA DI TRANSIZIONE”nella quale si creino dispositivi che permettano diINTEGRARE IN UNA NUOVA ”INTELLIGENZA” DELLA CASAPRODOTTI PER NULLA INTELLIGENTI (i prodotti della generazione attuale)
I dispositivi di cui si parla sono “scatolotti” che permettono, di base, di accendere e spegnere elettrodomestici tramite Apps. Tale innovazione di transizione può accedere ad
un livello successivo nel quale i Makers propongono
KIT CHE POSSONO RENDERE PIÙ INTELLIGENTIGLI ELETTRODOMESTICI ATTUALI
(un po’ come aggi avviene per l’”elettrificazione” di alcune auto).
Ciò che va fatto ora, per dare un impulso “2.0” al percorso di innovazione della Domotica, inducendo in esso la nuova modalità dei Makers (di Crowd-sourcing), è inaugurare una nuova era di innovazione dal basso, definendo una nuova forma di innovazione “dal piccolo” ancora più dal basso di quella attuale.
In sintesi, si tratta cioè di concepire nuovi prodotti con le qualità già citate:
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Qualità del Prodotto in sé: modularità, auto-costruibilità (anche in Kit), auto-manutenzione, ecc …
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Networking: i dispositivi sono dotati delle interfacce standard del mercato.
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Open Standard: è necessario definire nuovi standard che integrino quelli attuali (con qualche “aggiunta”)
Come si è detto, è anche determinante inventare nuove pratices: questa sarà però una attività sviluppata dal Crowd in modalità Web 2.0 (in questo caso è necessario creare un nuovo Polo di innovazione crowd-sourcing, che si descrive brevemente in altro punto).
Per quanto riguarda il networking dei device utilizzati per la Domotica, si possono fare molte cose: ad esempio, per ridurre le onde elettromagnetiche (problema finora non affrontato, ma molto critico) si possono creare reti interne agli alloggi attuali utilizzando la rete elettrica esistente (già negli anni 70 esistevano “modem” che permetteva di effettuare una comunicazione vocale all’interno dell’alloggio; successivamente sono nati adattatori che permettevano di effettuare collegamenti Ethernet su tali cavi).
Per quanto riguarda gli standard: gli standard esistenti (poco diffusi) sono quasi tutti standard proprietari e quindi destinati a fallire in un mondo che richiede “apertura”; ossia flessibilità di installazione di dispositivi di fornitori diversi.
Nell’ottica di una domotica di transizione si possono, appunto, creare Kit di adattamento di elettrodomestici (un po’ come si fa per la Toyota che viene convertita in una vettura elettrica).
In pratica sono molti i progetti possibili (alcuni già sviluppati da me in altra sede).
Alcune considerazioni: aggiungendo un timer ad un frigo di generazione attuale (inserito semplicemente sulla presa di corrente) si può risparmiare ulteriormente energia. E ciò può essere ottenuto anche inserendo portelli trasparenti per l’accesso ai ripiani interni (questo principio è utilizzato per i comparti-freezer).
+ SMART BUILDINGS
Mentre la Domotica, ovvero la Smart house, si occupa di ciò che sono i dispositivi installati successivamente al completamente dell’edificio (compresi gli impianti tecnici), lo Smart building riguarda gli aspetti ingegneristici dell’edificio.
Si tratta, in generale, di rendere la vita più sostenibile per gli abitanti degli edifici.
Si deve tener conto che
le qualità fondamentali del Sustainable living sono legate a CARATTERISTICHE PASSIVE DEGLI EDIFICI
(le quali permettono, a monte, di non creare dei problemi – i dispositivi attivi nascono per risolvere i problemi): una caratteristica passiva è costituita, ad esempio, da un muro che accumula calore da restituire la notte.
Per questa ragione una compiuta sostenibilità (“passiva”) è possibile solo con edifici costruiti ex-novo (le regole per una reale sostenibilità erano già studiate negli anni ‘70 nella facoltà di Architettura, ma non sono mai state realmente applicate).
Ma anche in questo caso è possibile intervenire con una Innovazione di transizione.
Per la grandissima maggioranza degli edifici esistenti (sopratutto quelli urbani) si tratta quindi di sopperire a questa mancanza di caratteristiche intrinseche positive con forme di intelligenza che li rendano maggiormente sostenibili.
In ogni caso vi sono due livelli di intervento:
1) un Susainable living effettivo, che si ottene costruendo ex-novo (anche nelle zone contigue con le città; anche in aree industriali dismesse).
2) adattamento edifici preesistenti, di due tipologie:
a) edifici di facile innovazione, perchè progettati in modo intelligente
b) edifici dalle scarse qualità di Sostenibilità (la maggior parte dei casi)
Per quanto riguarda una innovazione che introduca caratteristiche “passive” di sostenibilità, si possono comunque prevedere forme di ristrutturazione con interventi semplici, o più complessi sulla muratura; ma anche Kit di auto-costruzione dei dispositivi (si può fare, ad esempio, per un muro che accumula il calore per irraggiamento solare adattando, o rifacendo, la muratura di un balcone [vedi mio progetto Kit di autocostruzione ampliamento della casa).
Un esempio di innovazione: il riscaldamento Smart, che rappresenta una evoluzione dell’innovazione indotta dalle leggi (ma mai realmente applicata, per questioni di conflitto di interessi con il Mercato) verso una autonomia del riscaldamento dell’alloggio (si tratta, nei casi di caldaia centralizzata, di rendere autonomo l’alloggio).
Un riscaldamento legato al singolo alloggio permette di risparmiare cifre notevoli (pensiamo a chi non è in casa quasi tutto il giorno per via del lavoro). Ma il passo ulteriore è un riscaldamento 2.0 che permetta di regolare (con intelligenza) il livello di calore in ogni stanza.
Il raffrescamento dell’alloggio (realmente sostenibile) è invece un esempio tipico di funzione che può essere sviluppata quasi unicamente in modo passivo. : con qualità intrinseche dell’edificio, e con pratices (abitudini).
In questo caso si tratta soprattutto di recuperare una conoscenza che è stata perduta negli anni, e che renderebbe superfluo l’uso di condizionatori (ciò è possibile, garantendo qualità dell’ambiente decisamente superiore a quella fornita dai condizionatori). Alcuni esempi: gli Antichi persiani costruivano edifici con una cantinotta inondata di acqua dalla quale, durante il giorno, attraverso appositi “camini”, arrivava aria fresca. Ma molte pratiche, per lo più non utilizzate oggi, permettevano di “difendersi” dal caldo: tende che impediscono ai raggi solari di scaldare muri esterni, bagnare le superfici esterne calde dopo il tramonto, creare correnti d’aria, ecc …
Smart solutions per Smart Buildings
Nel quadro di innovazione dell’abitare verso una maggior qualità della vita (Smart City), si propongono alcune soluzione “Open Sources”.
la casa pre-fabbricata
la casa prefabbricata trasportabile con un unico camion, facilmente montabile da un paio di hobbisti.
(le parti da montare sono stivate in ordine sul camion, tutti i pezzi hanno istruzioni su di essi, e vi sono istruzioni multimediali su un monitor)
Nei pannelli sono, volendo, già contenuti gli impianti (elettrici, acqua, ecc …).
Sono previsti speciali elementi accessori, come la fossa biologica, il carrello con un serbatoio d’acqua per istallazioni particolari nella quali non sia disponibile l’acquedotto.
Sono rispettati, al massimo livello, tutti gli standard di qualità ecologici, di risparmio di energia (è presente una rete domotica – sono presenti sistemi di risparmio energetico “passivi” – e strumenti per la produzione di energia eolica ed idroelettrica).
E’ previsto l’uso di utilizzo di particolari condizioni fiscali attualmente in vigore (si facilità il conseguimento della “Licenza” per agricoltori, che permette enormi vantaggi per quanto riguarda il costo del terreno, ecc ….).
Una variante è il Progetto Kit di costruzione di un ampliamento per la casa.
Anche la produzione delle parti è sviluppata in modo particolare: una produzione molto flessibile (permette di produrre in momenti diversi soluzioni diverse). Molti degli strumenti di produzione sono quelli indicati in precedenza per le Open Factories (come le Dime intelligenti).
altre soluzioni
Si propongono varie soluzioni “Makers”, tra le quali dispositivi “personal” per la produzione di energia elettrica dal vento e dal fiume (con possibilità di networking per distriguire l’energia)
() sustainable .. Energy saving ..
Energy Saving > Passive Systems > riscaldamento passivo acqua …
Anche docce .. leggere per ..
ad esempio distribuire picchi di energia (per chi ha contratti econo9mici e non vuole fare “scattare il contatore” …).
Sustainable Energy: eolica domenstica … (colelgato a elettrodomestici ((copia da .. già fatto in Smart Cities))
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tutte cose, come riscaldamento .. personalizzato … che pur essendoci leggi non decollano per
==
Pratice dell sustainable living:
– fresco d’estate
[]open standard
difficile da definire, c’è già .. ma si può pensare …
+ SMART MOBILITY
(vedi la descrizione sintetica del capitolo precedente utilizzata come esempio di Soluzione per le Smart Town)
In questo ambito si possono utilizzare le interfacce informatiche standard delle vetture delle ultime generazioni.
Ed anche gli scatolotti (black-box) forniti gratuitamente dalle assicurazioni.
approfondimento specifico sulla Mobility per Small Town
Per il problema del traffico nelle Small Town si definiscono (in altra sede) soluzioni che integrano accorgimenti specifici non necessariamente elettronici.
Il problema è attualmente che, anche volendo, il guidatore che si trova “improvvisamente” ad attraversare un piccolo paese non riesce a star dietro al cambiamento di “ritmo” (si passa dai 90 Km/H a 50 Km/h – spesso si incontrano anche luoghi, come cantieri o uscite autocarri, nei quali il limite è di 30 Km/h; o il limite scende a 70 Km/h senza che vi siano cambiamenti di paesaggio).
E’ cioè difficile per l’automobilista porre la dovuta attenzione ai limiti di velocità mentre viaggia (non è solo il problema per il guidatore di evitare una multa: se c’è il limite significa che vi è un pericolo per altre persone). Si definiscono quindi modalità visuali che possano dare una “impressione” più netta di essere nell’area a velocità limitata: segnali ottici (come colorazione differente delle strisce centrali e laterali della strada), o dissuasori fisici elettronici (come le gobbette; ma anche come le bandelle sull’asfalto che producono rumore) che cambiano forma in funzione della velocità del veicolo).
Gates
are combinations of traffic signs, lights and architectural elements, that should suggest the
change of context from extra-urban to urban, these combinations must be completely
different from every other element that can be seen on highways and are the prelude of a
sudden change of the geometry of the road
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// sospeso //
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Smart Driving
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SUstainable driving
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– Smart Traffico Control
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Smart driving assistants ..
LiteMotive (r)
Un Progetto, all’avanguardia rispetto a qualsiasi soluzione proposta sino ad ora che, nell’ambito urbano, ridefinisce in modo radicale veicoli urbani e le modalità di spostamento; propone una serie di soluzioni integrate estremamente economiche e di facile gestione (soluzioni di mobilità), che possono essere adottate, nell’immediato, anche da piccoli centri urbani.
Elementi principali del progetto:
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La Micro-SmartVehicle (è anche un business a sé stante: una vettura-gadget) con tutte le comodità di una automobile, è accessibile anche a chi non ha la patente (anche a minorenni – volendo, la vettura può essere controllata dai genitori), totalmente connesso ad Internet, con carrozzeria personalizzabile, al prezzo base di 2.500 €. Essa dispone di componenti altamente innovative, sebbene molto economiche; ed ha, nel traffico cittadino, comfort e prestazioni superiori a quelle di una vettura normale.
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Il Sistema di mobilità MOBILITY 2.0 (Personal Mobility) con il quale si reinventa la Mobilità Urbana (nuove regole per la mobilità per persone e merci), e si ridefiniscono le modalità di utilizzo dell’automobile (e della Città) verso una vita sociale più sostenibile: grazie alle Soluzioni tecnologiche apportate dal Progetto), si delinea una “Città senza auto”, ovvero un nuovo modo di vivere gli spazi urbani (è particolarmente appetibile per le PA locali). Il Sistema è Open Source, adotta standard Hw e Sw consumer, e non ha bisogno di infrastrutture.
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Si propone una innovativa forma di utilizzo della vettura: la vettura “personal”, integrata in un sistema di Car sharing evoluto, di una nuova concezione che risolve problemi del car-share attuale come quello di ridistribuzione della flotta, ricarica delle batterie; e molto altro.
Autovelox “non punitivo”
In questa soluzione vi sono due ambiti: quello della Vettura e quello della PA (ambiente).
Il Comune ha la possibilità di costruirsi da sé dispositivi che rilevano la velocità del veicolo e:
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la segnalano su un cartello-display (come avviene oggi in molti casi – in questo caso a costi molto minori)
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inviano il segnale alla vettura (modalità innovativa).
La Vettura è in grado di recepire il segnale, e quindi di segnalare al conducente la necessità di limitare, in quel tratto, la velocità.
Il dispositivo/PA sarà flessibile, upgradabile a diversi standard di emissione del segnale, in modo che possa essere utilizzato anche con eventuali “standard ufficiali” definiti in un secondo tempo dagli Enti pubblici (es.: UE).
Il Sistema può interfacciarsi anche con attuali autovelox “privati”.
Il dispositivo/vettura (“scatolotto”) è in grado di interfacciarsi con Navigatore, Tablet (nella versione più semplice del sistema forse il segnale può essere rilevato direttamente da questi smart device, ma mancherebbe comunque la connessione con il sistema digitale della vettura), e con il Sistema digitale della vettura (in questo caso lo scatolotto serve anche, più in generale, come hub tra dispostivi digitali personali e vettura (come interfaccia grafica per gestire alcuni parametri della vettura).
altro per Automotive
Nel settore Automotive si possono prevedere cloni di parti elettroniche, come centralina accensione (si possono poi probabilmente creare in modalità crowd-sourcing file di setting ecologici per l’auto – ad un generazione di dispositivi “cinesi” può seguire una generazione di “dispositivi” crowd-sourcing).
bici “postino” (r)
Si tratta di una bici particolare per Città (“elettrificata”): un “triciclo” con parte anteriore che può essere carenata, il quale permette di trasportare nella parte posteriore oggetti ingombranti (anche mobili Ikea, piccoli o medi elettrodomestici, spese settimanali) o persone (probabilmente sedute in direzione inversa al senso di marcia).
E’ possibile anche un uso professionale (un postino può avere una parte posteriore carenata di plastica con comparti)
L’abitacolo può avere una copertura (come alcuni scooter attuali) leggera (anche di tela) che può anche essere completamente chiudibile (in questo modo diviene una micro-apecar).
E’ fatta tutta con pezzi standard facilmente reperibili sul mercato a basso prezzo (anche usato).
features varie: riconosce il proprietario da prossimità (smartphone, braccialetto, …) [vedi mio progetto specifico]
+ SMART MANUFACTORING(soft manufactoring)
Per lo Smart manufactoring vale, in parte, ciò che si è detto per la Domotica.
Nella nuova era cambieranno le modalità di produzione dei prodotti. Le attuali “fabbriche” (catene di montaggio) saranno sostituite da Factories nelle quali vi sarà contemporaneamente un ritorno alla dimensione della “manifattura”, ed un livello di “intelligenza” degli strumenti molto più elevato.
I nuovi strumenti saranno device di “generazione Makers” i quali renderanno i Sistemi di produzione estremamente flessibili (come abbiamo visto nel Cap. “Le nuova modalità di lavoro”), e la loro gestione a portata di operatore non specializzato (che disponga anche solo di qualità di hobbista: vi sarà una forte integrazione di device di produzione con software di facile utilizzo).
La flessibilità di tali sistemi sarà estremamente elevata: in questa nuova dimensione, ad esempio, una Azienda può passare rapidamente dalla produzione di biciclette alla produzione di veicoli elettrici, o elettrodomestici.
Per quanto riguarda la struttura fisica delle nuove “fabbriche” (“mini-fabbriche”: possono anche essere basate, nei casi minimi, su forme di “Garage manufacturing”) vi sarà una sostituzione della attuale hard robotics con sistemi di Soft manufacturing (Soft automation).
Sustainable manufactoring (sustainable automation). La nuova dimensione di produzione post-industriale è realmente sostenibile. Dal punto di vista ecologico: per la salute per chi vi lavora, e di chi utilizza i prodotti; per l’ambiente (inquinamento, utilizzo di energia, ecc …). Dal punto di vista dei costi (di produzione e di acquisto).
[questo capitolo è sviluppato in un altro documento]
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– – – > IN DOCUMENTO IN PROGRESS
+ ALTRI SETTORI
In altra sede sono in sviluppo descrizioni di altri settori nei quali si sviluppa una innovazione dal basso (ad esempio la Smart Agriculture)
sez 4PRINCIPI DI BASEE POSSIBILI DIREZIONI DI SVILUPPODELLE SOLUZIONI PER LE SMART CITIES
In questa sezione si sviluppano possibili linee di sviluppo di una nuova direzione delle Smart Cities. Si illustrano anche alcuni possibili soluzioni (sono qui omessi sia alcune soluzioni specifiche, sia la maggior parte dei dettagli delle soluzioni illustrate – per maggiori dettagli è possibile inviare richiesta a lucabottazzi.contatti@gmail.com).
Per poter comprendere quali sono i servizi che verranno creati nel nuovo scenario si deve riflettere sulle due nature dei servizi in questione:
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Servizi che dipendono da strutture o strumenti che non possono essere sostituiti da parti low-cost (ad esempio una apparecchiatura per l’ecografia); e non possono essere quindi fatte proprie dalla Imprenditorialità sociale.
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Servizi che non dipendono da tali strumenti: i Servizi che nasceranno con la nuova Imprenditoria sociale.
Si tenga conto che vi sarà, appunto, uno scenario completamente rinnovato (una ri-definizione dello scenario dei servizi in direzione di una reale sostenibilità: una ridefinizione che è, di per sé, semplice ed economica).
In questo scenario non potranno molto probabilmente essere sviluppati Servizi dal basso che inglobino direttamente strumenti ad alto costo.
Ma nei nuovi Servizi sociali organizzati dal basso possono comunque essere utilizzati strumenti hi-tech ad alto costo secondo le nuove modalità di utilizzo “a costo zero” illustrate in questo documento.
Ad esempio nella Sanità, si possono immaginare piccoli ospedali di quartiere (sono già stati avviati progetti di questo tipo) i quali possono disporre, in alcuni giorni del mese, di sofisticate attrezzature rese portatili (ma, sviluppando ulteriormente il concetto, si possono creare “roulotte” apposite che possono essere piazzate nei cortili di tali centri – come negli anni ‘70 c’era una camion tipo “Avis” che faceva le radiografie per diagnosticare la tubercolosi, e si piazzava davanti alle scuole).
linee di sviluppodel nuovo sistemadi servizi crowd-sourcing
Le Smart City vanno viste come Smart community.
O meglio,
le Smart City devono essere concepite comeUN NETWORK DI SMART LOCAL COMMUNITIES:
una rete sociale fatta di “Associazioni di persone” (nuove Associazioni non a scopo di lucro, esistenti forme di solidarietà e sussidiarietà organizzata, nuove forma di Imprenditoria sociale, ecc …).
Ciò che è fondamentale comprendere, per imprimere una nuova direzione all’innovazione delle Città, è che Smart Cities devono abbandonare l’attuale accezione del termine Smart (intelligenza fornita dalla tecnologie), per adottare un più corretto significato di Smart in quanto sostenibili (in questo caso l’intelligenza è quella dei Cittadini, del Crowd)
I progetti per le Smart Cities devono cioè presentare o goals di una reale sostenibilità dei costi e di un miglioramento della vita psico-fisica dell’uomo: si tratta proprio di quelle qualità che, appunto, sono venute meno nella società urbana a causa della gestione eccessivamente burocratizzata e decentralizzata della Città; e che non si è in grado di ripristinare con l’attuare approccio alle Smart City incentrato sulle tecnologie (e gli alti investimenti, dipendenti da finanziamenti pubblici).
Nella nuova realtà delle Città realmente sostenibili le PA devono quindi, in primo luogo, non solo guardare più in basso, ma anche
creare delle estensioni verso il basso della loro strutturacon le quali sia possibileintegrare in essa servizi esterni creati nella nuova modalità
(esse devono divenire, per usare termini di moda, delle Open PA).
Ovvero le Smart City devono organizzare una struttura “nel basso” nella quale i Cittadini si possono organizzare in forme associative private e professionali ed ideare e sviluppare nuove soluzioni per i Servizi pubblici (struttura delineata, appunto, nella Open Platform for Smart Cities o Smart Cities OS).
Ciò può essere fatto, come si è detto, senza dover cambiare di molto le cose (ad esempio integrando questi nuovi servizi nelle Circoscrizioni).
– linee di innovazione per le PA: le Open PA
ç_Open PA
Vediamo quindi quali sono le linee che le nuove PA devono per realizzare una innovazione delle Città che possa produrre Smart Cities veramente sostenibili.
In primo luogo vanno identificati i vari ambiti di intervento (segue un primo elenco):
* MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI ATTUALI, IN DIREZIONE DELLA SUSSIDIARIETÀ
Cioè un adattamento del Sistema attuale di Servizi pubblici al trend emergente di Sussidiarietà/Crowndsourcing (Open PA: aprendo la struttura della PA alla collaborazione dal basso).
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migliorare L’ACCESSIBILITÀ DEI DATI (delle informazioni). Nel nuovo contesto vi sarà, in realtà, un miglioramento dell’accessibilità delle due tipologie di dati:
1) i dati pubblici attuali (Open Data richiesti dalle Leggi)
2) i dati “privati” prodotti dal Mercato (come le informazioni prodotte dai Media, Università, Istituti di ricerca, ecc ….)
3) i dati Croud-sourcing (copyright free); (a) i dati User Content Generated; (b) ma vi sono anche i dati “del Mercato” divenuti di pubblico dominio, per cessazione del periodo di protezione definito per Legge (come Libri, Musica, Film) .
<r>
Questa ultima categoria è particolarmente importante, poiché permette di rivoluzionare letteralmente, ad esempio, il mondo della scuola. Vi sono già esperimenti di successo nei quali si usa un materiale didattico sia del tipo 2.a che 3.b (molti importante quello sviluppato in Italia). In questo caso il mercato può porre giustificate resistenze.
Ma molto importante è migliorare l’accessibilità dei dati delle PA, come quelli di un registro delle opere pubbliche (anche delle opere ancora in progetto), per permettere ai Cittadini di esprimere giudizi (in questo caso le PA possono porre giustificate resistenze).
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migliorare LA FRUIZIONE DEI SERVIZI ATTUALI (e diminuirne i costi, ovvero le spese dei Cittadini). E’ appunto la direzione che si sviluppa con le Smart City definite nel presente Progetto (ovviamente il miglioramento deriva anche dall’apertura del sistema dei servizi all’integrazione di componenti dal basso).
Vediamo alcuni tipi di miglioramento, prendendo come esempio il caso della Sanità: è possibile, definendo uno scenario radicalmente nuovo “verso il basso”:
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downsizing – decentralizzazione/”localizzazione”: ad esempio con le soluzioni di “micro-ospedali di Quartiere” (ci sono già iniziative delle PA in questa direzione), che possono portare una lunga serie di vantaggi. Sono possibili, in questo caso, due livelli di complementarietà di “servizi “spontanei” dal basso: da parte della parentela (che abita, in questo caso, nelle vicinanze); e da parte di volontari: in un quartiere che vive nella nuova dimensione descritta in precedenza vi è una buona familiarità tra le persone, ed è molto più probabile che in tale situazione le persone si muovano per aiutare qualcuno che conoscono, anche solo per averlo visto molto volte al mercato (si pensi anche ai pazienti che necessitano di lunghe degenze, o cronici).
Naturalmente queste nuove abitudini di vita virtuose devono essere viste in un nuovo contesto nel quale, ad esempio, con nuovi Social network “di quartiere”, si sa cosa è successo alla persona che non si vede più in giro (o meglio, si possono leggere richieste di aiuto, per persone che si conoscono, e sapere quando sono decedute, e partecipare ai funerali – o quando sono ricoverate in ospedale).
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spostamento dell’erogazione del servizio verso l’utente: esempi sono il parto a casa, e gli uffici, come quelli dell’ATM, che, in camper, si spostano di quartiere (o l’esempio citato in precedenza delle apparecchiature mediche di diagnosi).
Una “variante” di questa linea di innovazione è rappresentata, ad esempio, da strutture di accoglienza per familiari di persone ricoverate in ospedale, le quali abitano fuori città.
* stimolare e facilitare la creazione di NUOVE TIPOLOGIE DI SERVIZI (dal basso)
In questo caso però come si è detto, si tratta non tanto di “creare” nuovi servizi, ma di creare le condizioni affinchè questi vengano spontaneamente ideati dal basso. Come vedremo questi possono essere:
1) “servizi pubblici”, vicini alla concezione attuale, o
2) servizi prevalentemente gestiti dai privati (es.: piccoli asili in appartamenti).
Per questa ragione la PA, come si visto in un precedente capitolo, deve:
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aprire la sua struttura alla integrazione di servizi dal basso (Crowd-sourcing). Vi sono due livelli di integrazione dei Cittadini: <> “in orizzontale”, con piccoli sviluppatori, come studenti di materie informatiche, piccole software house, ecc … <> “in verticale” con PA, grandi Player del Mercato, enti di supporto come Università, ecc …
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creare responsabilizzazione dei Cittadini (vi devono essere dei meccanismi che premiano l’efficacia dei servizi).
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informare e formare i Cittadini affinchè essi comprendano cosa significa la Sussidiarietà; e quali sono i vantaggi di un nuovo Welfare organizzato dal basso.
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definire una piena integrazione delle Associazioni di operatori con la cittadinanza locale (le loro azioni devono sempre essere legittimate dal consenso dei Cittadini).
– le qualità dei Servizi crowd-sourcing
I Principi di base dello sviluppo delle attività di Servizi dal basso sono:
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esprimersi-informarsi (attraverso canali UGC) [vedi il progetto Web TV]
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comunicare/intraprendere nuove relazioni sociali “costruttive”
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organizzarsi in gruppi operativi
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sviluppare attività (anche le nuove forme di Imprenditorialità).
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queste ultime tre attività vengono sviluppate attraverso il Social Network “costruttivo” analizzato nella sezione precedente.
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le nuove soluzioni vengono sviluppate in modo facilitato dal Framework di sviluppo analizzato nella prima sezione.
Tra la PA e i Cittadini ( e le “Sfere sociali”) si instaura quindi un nuovo rapporto di:
1) autonomia: le nuova Associazioni sociali devono poter operare, erogando i servizi, in parallelo rispetto alle PA (ed in modo integrato con esse).
2) supporto: le PA devono supportare le nuove Associazioni in diversi modi: informazione, competenze, sussidi.
I nuovi servizi dal basso devono sviluppare le seguenti qualità:
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creare nuove modalità di Servizi che producano maggior soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, a costi minori per le PA e per gli utenti (nelle stesse direzioni nella quali deve operare la PA: in primis: downsizing, decentralizzazione/”localizzazione” e spostamento dell’erogazione del servizio verso l’utente)
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migliorare le comunicazioni (multimediali) tra persone (e tra enti e persone).
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creare nuove modalità di Consumo 2.0 (vedi progetti di e-Commerce locale).
AMBITI DELLO SVILUPPO DELL’INNOVAZIONE NELLE SMART CITIES-progetti specifici
Il documento è in fase di sviluppo: richiedere eventuali approfondimenti di argomenti specifici: lucabottazzi.contatti@gmail.com