- .Policies 2.0 <0>: the misunderstanding underlying the failure of the “Participatory policies”
- .Policies 2.0 <1>: perchè Policies 2.0?
- .Policies 2.0 <2>: come sviluppare Policies 2.0
- .Policies 2.0 <3>: strategie per la Partecipazione
- ∙Il problema dei tagli economici (dell’austerity)
- POLICIES NON CONVENZIONALI PER UN MOVIMENTO OUTSIDER (POLICES 2.0)
I tagli alla spesa per il 2017 del Comune di Torino sono il classico esempio di come non si sappia cogliere l’importantissima opportunità di cambiare la governance Città verso una dimensione partecipata, ma si agisca nella precedente modalità della Politica dei Partiti, ottenendo risultati negativi su tutti i fronti:
● perdita di qualità della vita nella Città
● perdita di consenso da parte della Cittadinanza
● crisi della propria posizione di potere istituzionale, poiché si viene attaccati dai “Poteri forti” – Partiti vecchi, Chiesa, Sindacati, ecc …
Anche in questo caso il difetto è nel metodo: si adotta un metodo antiquato invece di cambiare il paradigma della governance (sebbene in questo caso, questa sia la “promessa elettorale”). Ovvero, paradossalmente, si adotta proprio l’approccio che si vorrebbe cambiare, quello della visione politica/economica nella quale, inevitabilmente, si finisce invischiati nel problema della coperta troppo corta.
Ciò accade, appunto, proprio quando si sarebbe potuta cogliere l’opportunità della assoluta necessità cambiare la gestione economica della Città, per andare in direzione di una reale sostenibilità delle spese – e di miglioramento della qualità della vita – in una dimensione di reale partecipazione della cittadinanza.
Dove è il problema?
Si ragiona in termini di politica dei partiti. o, se volgiamo,
si ragiona in termini di Economia,
come se l’economia fosse alla base della vita della persone.
Ma il fine della Città è molto più generale: il sistema-città nasce per soddisfare i bisogni delle persone, i quali risiedono su un piano qualitativo diverso dal quello dell’economia.
L’economia è una scienza riduzionista, che non può prendere in considerazione la maggior parte dei “fattori umani” legati all’esistenza dell’uomo. Ovvero rimanendo sul piano dell’Economia:
1) non si è in grado di creare Qualità della vita.
2) si produce, nel lungo periodo, una condizione di fallimento economico per il fatto che su questa strada i bisogni umani qui non presi in considerazione richiedono sempre maggiori spese per essere soddisfatti: e si ottiene quindi, come conseguenza, un ulteriore peggioramento della Qualità della vita.
Ad esempio tale problema a Torino si produce non prendendo in considerazione nei tagli alle scuole la possibilità di avviare un nuovo corso di scuole realmente partecipate (“dal basso”, come è per il modello delle Scuole parentali). O, per il CSI Piemonte, un fornitore di soluzioni informatiche (che non hanno praticamente nessun reale valore per l’utente), mentre si potrebbe attivare un nuovo corso di Smart Technologies (vedi documento “Smart-approach per le Smart city [brochure]”).
La necessità di trovare una alternativa alla austerity
I tagli alle spese sono, appunto, una misura che oggi si sviluppa sul piano riduzionistico delle Scienze economiche. Creando così nuovi problemi laddove ci sono già dei problemi.
Ovvero, sostanzialmente, i tagli alle spese producono oggi una dimensione di austerity. Ottenendo cioè, come risultato nell’immediato, un notevole peggioramento della qualità della vita laddove in genere vi erano già problemi in tal senso.
Il problema nasce, anche qui, a causa di un equivoco di fondo legato al fatto che
si cerca di cambiare le cose
utilizzando gli stessi strumenti che hanno prodotto i problemi
(senza cercare di sanare la situazione operando sulle cause dei problemi).
Il fatto è che sebbene la condizione di austerity sembri essere inevitabile (da tale punto di vista), di fatto non lo è.
L’austerity sembra essere inevitabile, appunto, per il fatto che si prende in considerazione unicamente l’aspetto economico dei problemi. Ma in realtà
1) inevitabili sono i tagli e non l’austerity (non il peggioramento della qualità della vita, ossia dei servizi). Ciò perchè
2) i tagli possono essere assolutamente indolori se si propongono alternative ai servizi che vengono toccati dai tagli (servizi interni alle PA e verso i cittadini).
Non è demagogia: se gli stessi tagli sono effettuati con una concezione globale differente del sistema di governance (ad esempio di reale partecipazione democratica),
i tagli possono essere anche
una opportunità di migliorare la qualità della vita della Città
(pur in un inquadramento ideologico, le modalità indicate dal filone conosciuto come “Decrescita felice”, danno un’idea di questa possibilità).
Più nello specifico il problema risiede nel fatto che con l’attuale approccio basato sulla Economia politica: (1) tutto si basa su meccanismi economici, nel quale si considera ogni aspetto della vita unicamente dal punto di vista dei costi e nel quale (2) tutto è politica: qualsiasi aspetto della società deve essere soggetto a pianificazione di ingegneria “politica” (una gestione – d’autorità – dall’alto).
In questa dimensione, non prendendosi in essa in considerazione importanti qualità della vita, si ricorre ai soliti schemi: eliminare, vietare, sanzionare, ecc … Senza proporre alternative a ciò che viene vietato, eliminato, sanzionato.
Se invece si prendesse in considerazione l’intera gamma di qualità sociali che si vanno a toccare (il fattore umano nella sua interezza), dando ai cittadini l’opportunità di iniziare un nuovo percorso di gestione partecipata di ciò che ora è appannaggio esclusivo della Amministrazione pubblica, i tagli non sarebbero un problema, ma anzi un beneficio per i cittadini.
Ovvero
se il Comune fornisse ai cittadini strumenti e processi di partecipazione affinché essi potessero creare alternative “dal basso” a ciò che si limita o si toglie, nella attuale congiuntura i cittadini sarebbero motivati a concepire nuove forme di soddisfazione dei loro bisogni.
Infatti solo in condizioni come quelle attuali, di pressante ed inderogabile necessità, i cittadini sono motivati a fare quello sforzo necessario per darsi da fare in prima persona per concepire sistemi di soddisfazione dei loro bisogni.
Grazie a strumenti innovativi di partecipazione si otterrebbero notevoli vantaggi rispetto alla attuale condizione delle città, poiché si potrebbero finalmente definire nuove pratices di vita urbana (servizi delle PA, attività dei cittadini concepite e gestite dal basso, ecc …) più funzionali ai reali bisogni de cittadini (bisogni primari, ma anche bisogni ricreativi, culturali, ecc …).
Ciò vale anche per i servizi interni alla PA (l’equivalente del B2B) – come CSI Piemonte – poichè con le nuove modalità partecipate (dai cittadini, ma anche dagli operatori, ad ogni livello, delle PA) è possibile definire PA sostenibili (e più efficaci nell’erogazione dei servizi).
E’ ovviamente necessario curare anche l’aspetto della comunicazione, poiché solo la comprensione della necessità dei tagli, ed il sapere che sono possibili reali alternative all’austerity, può evitare che l’opinione pubblica (l’elettorato) supporti le azioni di contrasto messe inatto dai Partiti dell’establishment.
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