- – 1 – POLICIES NON CONVENZIONALI PER UN MOVIMENTO OUTSIDER (POLICES 2.0)
- ◘◘◘●●● INTRODUZIONE A POLICY NON-CONVENZIONALI CHE PERMETTANO AD UN PARTITO “OUSIDER” DI REALIZZARE L’OBIETTIVO DI UNA REALE DEMOCRAZIA PARTECIPATA
- ■ COERENZA RISPETTO ALLA PROPRIA IDENTITÀ (PERCEPITA) PER MANTENERE IL SUPPORTO DELLA CITTADINANZA
- ■ LA NECESSITÀ DI PREPARARSI A DIFENDERSI DALLE OFFENSIVE DA PARTE DEI PARTITI ISTITUZIONALI
- – 2 – DECENTRAMENTO DEGLI ORGANISMI DI GOVERNMENT COME PERCORSO DI SVILUPPO SPONTANEO DELLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA
- ■ LA NATURA DEI PROGETTI PER LO SVILUPPO DEL DEMOCRAZIA PARTECIPATA
- – 3 – INTERVENTI DI INNOVAZIONE DELLE MODALITÀ DI GESTIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE(RIFORMA DAL BASSO)
- ◘◘◘●●● LE AREE DI INTERVENTO (in cui sono divise le soluzioni proposte)
- █ a. soluzioni di GOVERNMENT ED AMMINISTRAZIONE PARTECIPATE
(Welfare 2.0)
- ● WELFARE 2.0
(WELFARE PARTECIPATO)
- (+) SCUOLA PARTECIPATA
- (+) SANITÀ PARTECIPATA
- (+) SERVIZI DI SICUREZZA SOCIALE PARTECIPATI
(Smart Public Safety and Security)
- (+) LAVORI PUBBLICI PARTECIPATI
- (+) URBANISTICA PARTECIPATA E SOCIAL HOUSING
- [►] Urbanistica partecipata
- ■ SUSTAINABLE SOCIAL HOUSING (sussidiato e partecipato) / Sustainable Living
- (+) MOBILITÀ URBANA/TRASPORTI URBANI
- █ b. soluzioni “PRIVATE” DI INTERACTIVE CITIZENSHIP MA INTEGRABILI CON LE ISTITUZIONI (PA)
- █ c. strumenti di SMART CITIZENCHIP INDIPENDENTI DALLE ISTITUZIONI
- ■ d. counseling di INNOVAZIONE DEI PROCESSI DELLE ISTITUZIONI COMUNALI
- ■ e. INIZIATIVE ED EVENTI PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DELLE CITTÀ
- .Policies 2.0 <0>: the misunderstanding underlying the failure of the “Participatory policies”
- .Policies 2.0 <1>: perchè Policies 2.0?
- .Policies 2.0 <2>: come sviluppare Policies 2.0
- .Policies 2.0 <3>: strategie per la Partecipazione
- ∙Il problema dei tagli economici (dell’austerity)
- POLICIES NON CONVENZIONALI PER UN MOVIMENTO OUTSIDER (POLICES 2.0)
– 1 –
POLICIES NON CONVENZIONALI PER UN MOVIMENTO OUTSIDER
(POLICES 2.0)
◘◘◘●●● INTRODUZIONE A POLICY NON-CONVENZIONALI CHE PERMETTANO AD UN PARTITO “OUSIDER” DI REALIZZARE L’OBIETTIVO DI UNA REALE DEMOCRAZIA PARTECIPATA
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Nella presente sezione si illustrano le policy non-convenzionali che si pensa debbano essere seguite da un movimento outsider (rispetto a politica tradizionale ed establishment) per (1) poter governare a lungo (per non essere estromesso dal potere con gli escamotage praticati oggi); e per poter riuscire a realizzare in modo efficaci i suoi propositi.
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Si tratta sostanzialmente di approfittare della posizione istituzionale per consegnare nelle mani dei cittadini un reale potere (in modalità tale che sia quasi impossibile per la Politica tradizionale ripristinare l’attuale sistema di government ed amministrazione) senza incorrere in una forte reazione degli elettori.
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A questo scopo è cioè necessario:
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● guadagnare credibilità presso l’elettorato (per chi ha dato un “voto per il cambiamento”, ed ora vuole vedere se il Movimento è veramente in grado di mantenere i suoi impegni, o se si stratta delle “solite” promesse che nascondono una aspirazione a perseguire le tradizionali strategie politiche “dall’alto”, senza reali: partecipazione dei cittadini, trasparenza “attiva”, miglioramento della qualità della vita urbana (si tratta di “dimostrare” da subito, con programmi di governo convincenti, quale sarà il nuovo scenario per il quale si sta operando).
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● ma anche, e questo è il punto peculiare, si tratta di preparare il terreno per il futuro, in modo che eventuali Partiti che subentrino in tali ruoli istituzionali non possano più attuare le loro tradizionali strategie di “Politica dei Partiti”.
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In particolare, si tratta di sfruttare la posizione di potere, più che per attuare immediati programmi “di miglioramento” in modalità tradizionale (dall’alto”, in modalità slegata dalla cittadinanza), di creare una struttura di Open Democracy (un sistema di Democrazia realmente partecipata) che permetta ai cittadini (ed al Movimento “dall’esterno” del gioco della politica una volta che fosse estromesso dalle istituzioni) di continuare a realizzazione l’obiettivo di una reale Democrazia partecipata.
■ COERENZA RISPETTO ALLA PROPRIA IDENTITÀ (PERCEPITA) PER MANTENERE IL SUPPORTO DELLA CITTADINANZA
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Ciò che va tenuto a mente è quindi che un partito outsider può essere destituito dalle sue posizioni di potere istituzionale in modo relativamente facile dall’establishment politico.
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E che quindi, per coprirsi le spalle da tale, esso deve operare in modo non convenzionale ..
( CLAIM del m5s )
Per un movimento outsider governare con l’idea di poter realizzare i propri programmi significa quindi agire in modo differente dalle modalità della “politica ordinaria”: infatti sviluppando un percorso politico tradizionale (ossia cercando di migliorare servizi, infrastrutture, ecc …), il movimento si vedrebbe molto presto destituire dai propri ruoli istituzionali, e si vedrebbe cancellare le migliorie prodotte durante il periodo di carica (ciò è molto probabile, a meno che, appunto non si raggiungano importanti compromessi rispetto ai propri programmi iniziali – cosa che rappresenta un problema non meno grave del dover tornare “all’opposizione”).
Ovvero un Movimento come il M5S deve
operare dall’inizio per consolidare la propria posizione di “potere”
(il che significa la posizione di potere dei cittadini partecipatori)
in modo che nel futuro, anche se si viene estromessi dai ruoli di governo,
ESSO POSSA CONTINUARE IN MODO EFFICACE
AD OPERARE IL PROPRIO PERCORSO DI RIFORME.
Ciò è possibile quando si riesce a creare nuovi strumenti e canali di Istituzioni partecipate dei cittadini. Istituzioni che, come vedremo, devono poter essere utilizzate in modo proficuo dai cittadini anche in modalità indipendente dalle istituzioni governative (si vedano processi e strumenti innovativi illustrati nel progetto IRDB).
In questo modo, come vediamo più avanti, il Movimento può disporre di un potere “di fatto” che permette ad esso di sviluppare al meglio i suoi programmi ● sia mantenendo a lungo i ruoli istituzionali di potere; ● sia potendoli sviluppare in modo efficace dopo aver lasciato il ruolo di potere (in questo caso si è utilizzato in modo proficuo anche un breve periodo di occupazione del ruolo istituzionale, ed è quindi possibile riprendere l’attività precedente di opposizione in modo molto più efficace di prima).
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Dal punto di vista operativo, si tratta cioè di
porre la propria attenzione, dall’inizio del mandato,
SULLO SVILUPPO DI UNA STRUTTURA DI
ATTIVITÀ POLITICA “PARALLELA”
di government e di amministrazione partecipati
che può, appunto, essere utilizzata sia come supporto al ruolo istituzionale conseguito, sia, successivamente, dall’esterno delle istituzioni.
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Si tratta cioè, sin dall’inizio, di
riformare l’attuale Democrazia centralizzata
in direzione di una reale Democrazia partecipata
partendo prorpio
dalla partecipazione dei cittadini.
(di effettuare una riforma verso una Democrazia partecipata, appunto, attraverso un percorso basato sulla partecipazione)
Si noti che non potrebbe essere altrimenti: sarebbe infatti una contraddizione calare dall’alto un sistema “per i cittadini” sia per il fatto che ci si è posti fino a quel punto come sostenitori di un government partecipato; sia perché si tratterebbe di una contraddizione “tecnica”, poiché un sistema partecipato può essere progettato e creato solo in modalità partecipata (per il fatto che solo in tale modalità si è in grado di sviluppare il sistema in modo realmente partecipatorio).
In caso contrario, ovviamente, verrebbe a mancare l’esperienza diretta della partecipazione, cosa che, poiché non esistono già modelli collaudati di reale Democrazia partecipativa, inficerebbe i risultati della progettazione.
la necessità di un percorso bi-partisan e di comunicazione sostanziale
Per seguire questo percorso il Movimento deve essere in grado di coinvolgere i Cittadini in un percorso di riforma che vada oltre l’aspetto politico. Quindi è necessario che.
● le varie questioni siano affrontate creando obiettivi bi-partisan, universali, che possano coinvolgere in una “causa comune” la grande maggioranza dei cittadini (il che significa, sostanzialmente, focalizzare la propria attenzione su un modello di società – urbana – migiore di quella attuale; e di comunicare tale modello in modo credibile e chiaramente visualizzabile [Vedi i documenti della collana “Oltre la Social-democrazia]).
● Per questa ragione è particolarmente importante, tra le altre cose, curare l’aspetto della comunicazione:
– vi deve essere una effettiva costante comunicazione verso i cittadini di ciò che si sta facendo (uno dei problemi rilevati dall’elettorato delle giunte precedenti è prorpio l’assenza di trasparenza, di una reale comunicazione verso la cittadinanza – ed una giunta low profile è l’opposto di partecipazione).
– la comunicazione deve essere radicalmente differente da quella utilizzata fino ad oggi dalle Istituzioni governative: deve andare al di là della comunicazione ad una unica direzione, dall’alto verso il basso (e andare oltre alla concezione demagogica della comunicazione, che induce una dimensione di concessione paternalistica che contribuisce ad escludere reali possibilità di partecipazione). Ovvero si tratta di sviluppare una nuova (per le Istituzioni politiche) forma di “comunicazione sostanziale” che si sviluppa nelle due direzioni, verso i cittadini e dai cittadini (un dialogo costruttivo, e non un semplice ascolto). E che, come si vede in un successivo capitolo “il ripensamento del concetto di trasparenza”, che sia correttamente recepita dai cittadini.
Nel definire i canali di comunicazione con i cittadini è necessario tener conto della attuale condizione di inconsapevolezza dei cittadini, che non permette ad essi di comprendere sia le responsabilità delle modalità precedenti di amministrazione nella attuale crisi economica e di efficienza delle PA, sia come sia effettivamente possibile migliorare le cose con nuova forme di government ed amministra
LA NECESSITÀ
DI ESSERE COERENTI
RISPETTO ALLA PROPRIA IDENTITÀ
Il M5S deve quindi in primo luogo essere coerente rispetto ai propri principi ed agli altri propositi enunciati pubblicamente che ne rappresentano l’identità per non perdere il supporto della cittadinanza.
✛ POLICY RISPETTO
AI PRINCIPI FONDANTI DELL’IDENTITÀ
In sintesi, i Principi enunciati dal Movimento 5 Stelle sono (citazioni dirette):
● «Democrazia diretta/partecipativa: il cittadino non si limita a delegare un rappresentante politico, ma mantiene la possibilità di partecipare attivamente, di proporre e di decidere personalmente sulle questioni che lo riguardano. Si realizza nella completa trasparenza e informazione».
Ciò unitamente all’idea che sta alla base del movimento di utilizzare l’importante opportunità offerta dal media Internet, che permette di applicare alla politica i principi della partecipazione dei cittadini.
● «Trasparenza: Il cittadino deve avere facile accesso a tutti gli atti dell’amministrazione pubblica ed essere correttamente e continuamente informato e coinvolto nelle decisioni che lo potrebbero riguardare.»
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I principi sopra esposti, si aggiungono propositi enunciati in varie occasioni che si analizzano nel prossimo capitolo, tra i quali ● ripartire dai quartieri, ● dalla qualità della vita ● dal commercio di prossimità ● dalla riqualificazione delle periferie.
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rimanere fedeli ai principi già enunciati per mantenere l’appoggio della Cittadinanza
Non si tratta qui di essere fedeli ad una “linea del partito”, ma si tratta invece di soddisfare le aspettative dell’elettorato, cosa determinante per un movimento outsider che può essere esautorato dall’establishment con relativa facilità.
Ovvero si tratta di creare le condizioni che permettano di mantenere l’appoggio degli elettori anche nel “dopo-governo”. Si devono per questa ragione prendere in considerazione sia ● quei cittadini che hanno esercitato un voto di protesta i quali sono poi da convincere con i fatti, ma devono anche essere portati a raggiungere un livello di consapevolezza civica sufficiente a poter contribuire operativamente in futuro allo sviluppo delle strategie del Movimento. Sia ● quei cittadini che hanno esercitato un voto consapevole, ma che non devono essere delusi una volta che si è entrati nel “gioco della politica”: in primo luogo, appunto, rimanendo fedeli ai principi originari.
In ultima analisi è necessario sfruttare al meglio il periodo in cui si gestiscono posizioni di potere per rafforzare la propria posizione dichiarata:
1) di Movimento che opera per coinvolgere le persone in una reale attività partecipazione al government.
2) e che si muove in tale direzione con un importante uso dei nuovi canali di comunicazione interattiva (Internet in primo luogo)
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le direzioni operative: rafforzare il rapporto con i cittadini, e attivare strumenti e canali di dialogo
anche come punto di sviluppo operativo in Strutture e Processi
Si tratta quindi di:
■ instaurare un rapporto diretto con i cittadini, rafforzando i canali di comunicazione con essi già attivi (che necessitano di un salto di qualità: la comunicazione deve divenire bi-direzionale e “sostanziale” – vedi il punto successivo).
■ creare nuovi strumenti e canali di partecipazione al government per i cittadini (nel periodo precedenze alla conquista di un ruolo di potere non è stato possibile creare reali strumenti di partecipazione). Tali strumenti devono essere sia su un piano verticale (comunicazione tra i Cittadini e le Istituzioni), sia su un piano orizzontale (organizzazione di attività partecipate tra cittadini).
Più nello specifico, per sviluppare i due punti, è necessario:
■ INSTAURARE UN RAPPORTO DIRETTO CON I CITTADINI (“ASCOLTO”)
In una prima fase è possibile sviluppare unicamente un livello di “ascolto” nei confronti dei cittadini. Ma questo tipo di comunicazione deve essere evolvibile verso una dimensione di partecipazione effettiva a government ed amministrazione.
Per essere coerenti con i principi del M5S, le iniziative di dialogo con i cittadini possono essere:
● attivazione di un tavolo di “ascolto” che possa però permettere di attivare una prima forma di partecipazione effettiva: cogliendo le istanze dei cittadini, con vari strumenti e canali che permettano anche la possibilità di effettuare sondaggi (referendum popolari non istituzionali, promossi dall’alto o dai cittadini stessi).
● attivazione di veri e propri canali di comunicazione interattiva bidirezionale con una piattaforma Web+App SmartPhone che permettano un dialogo con la cittadinanza più efficace.
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Un livello di reale ascolto è determinate per avere sia input da parte della cittadinanza che indichi le azioni specifiche da avviare, sia un feedback rispetto alla azioni già attivate.
■ ATTIVARE STRUMENTI TELEMATICI DI DIALOGO DIRETTO
In realtà per realizzare anche solo un minimo di Democrazia partecipata è necessario disporre non solo di canali di ascolto, ma anche di strumenti e canali che permettano una effettiva partecipazione dei cittadini a government ed amministrazione.
Ricordiamo che in assenza di una dimensione di reale partecipazione al government da parte dei cittadini il Movimento viene a perdere, perdendo la possibilità di supporto della cittadinanza, quel potere “di fatto” che gli permette di sviluppare con successo la realizzazione dei propri programmi.
Come si è detto, sono necessari non solo strumenti di partecipazione verticale (che permettano ai cittadini di interagire con le varie aree di government ed amministrazione), ma anche strumenti di partecipazione orizzontale, che permettano di sviluppare forme di aggregazione ed auto-organizzazione dei cittadini finalizzate ad attivare o supportare iniziative reali “politiche” (non si dica che Meetup e Rousseau sono piattaforme di questo tipo).
Si deve tener conto che, come si è detto, questi canali, rappresentano la possibilità di dare continuità all’azione di sviluppo effettivo dei propri programmi anche nella fase di “dopo-governo”, poiché tali canali permettono ai cittadini di organizzare dal basso una vera e propria forma di progettazione partecipata di azioni da sviluppare sul territorio che nessuna forza politica può permettersi di ignorare (pena una pesante perdita di consenso elettorale).
✛ POLICY RISPETTO AI PROPOSITI ENUCIATI PUBBLICAMENTE
E’ quindi necessario in primo luogo essere fedeli ai propri Principi fondanti per non perdere il supporto dei cittadini che altrimenti non riconoscerebbero più l’identità del movimento che essi hanno in precedenza supportato (si brucerebbero in tal modo le aspettative dei cittadini, che finirebbero per pensare che, sostanzialmente, il movimento non è altro che un “normale partito politico”).
Ma è anche necessario essere coerenti rispetto ai propositi enunciati pubblicamente in varie occasioni (slogan elettorali, ecc…).
Nel caso del Movimento 5 Stelle, riassumendo, le aspettative della cittadinanza sembrano essere riassumibili nei concetti e formule che seguono.
In generale: realizzazione di una Democrazia diretta/Partecipativa, portare Trasparenza, negli attuali processi di government.
Più nello specifico si aggiungono, tra gli altri, i proposti: ● “ripartire dai quartieri, ● dalla qualità della vita, ● dal commercio di prossimità ● e dalla riqualificazione delle periferie”. E ancora: governare “Senza calare progetti dall’alto ma condividendoli con i cittadini“; “accogliere la voglia di cambiamento di tanti Torinesi”; ascoltare le “persone che non si sono sentite ascoltate” .
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Riassumendo, volendo non deludere le aspettative della cittadinanza (rimanendo coerenti con i propri principi e promesse elettorali), si tratta quindi, tra le altre cose, di
realizzare una effettiva Democrazia partecipativa, portare una effettiva Trasparenza nei processi di government.
E di sviluppare, come indicato in campagna elettorale, un processo di riforma del sistema attuale “ripartendo dai Quartieri”, dalla “qualità della vita” “senza calare progetti dall’alto”.
La necessità di un chiarimento sui termini chiave delle proprie strategie (dichiarate)
Per poter sviluppare strategie coerenti con i vari enunciati citati in precedenza, è ovviamente in primo luogo necessario approfondire il significato di tali enunciati (in modo comprensibile e circostanziato).
Ciò vale, si noti, non solo per la comprensione da parte dei cittadini, ma anche per una migliore comprensione da parte della base operativa del Movimento!
Ovvero per sviluppare efficaci strategie è necessario sviscerare i significati di concetti come, tra gli altri, (tra virgolette sono citate le promesse elettorali) ● reale partecipazione ● “ripartire dai quartieri” (dovrebbe significare, ovviamente, creare strutture di reale partecipazione – finora assenti – per le quali si è addirittura creato il Movimento) ● “NON calare dall’alto progetti ma condividendoli con i cittadini” (in una Democrazia partecipata i progetti non devono venire, almeno a livello locale, dai cittadini?) ● “qualità della vita” (per potere progettare una migliore qualità della vita è necessario in primo luogo definire una nuova Vision della vita urbana – anche qui, convincete ed esaustiva ● “riqualificazione (delle periferie)” (sempre, ovviamente,in chiave di Democrazia partecipata).
Questo chiarimento è determinante poiché in caso contrario: non è possibile realizzare i propositi enunciati in precedenza; e i programmi del Movimento vengono presto identificati dai cittadini come affermazioni demagogiche, e si perde il necessario consenso elettorale.
La necessità di una consapevolezza civica da parte della cittadinanza
ç_educazione civica
Per poter chiarire ai cittadini la coerenza rispetto alle proprie strategie è ovviamente necessario avere un uditorio in grado di comprendere il significato di tali strategie.
Ovvero, per un Movimento che voglia essere sostenuto dalla cittadinanza nello sviluppo di una sostanziale riforma della attuale Democrazia è necessario, a monte di tutto, disporre di una cittadinanza dotata di una buona consapevolezza civica (senza tale qualità non è possibile realizzare una reale Democrazia partecipata).
Infatti solo con una corretta consapevolezza civica i cittadini possono comprendere (1) come i programmi del Movimento siano determinanti per risolvere gli attuali problemi del sistema democratico. Ed anche (2) come siano responsabili di tali problemi le precedenti le metodologie (e le figure politiche tutt’ora in auge).
In altre parole solo una reale consapevolezza politica della cittadinanza è in grado di portare effettivamente i cittadini dalla parte dei programmi del Movimento, e quindi di permettere di realizzare, con il potere di fatto che deriva da un supporto attivo della maggioranza dell’elettorato, una riforma della attuale sistema democratico della “Politica dei Partiti” verso una reale Democrazia partecipata.
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La consapevolezza civica, o se vogliamo, consapevolezza “Politica” (ma intesa nel senso originario di capacità di gestione delle questioni del territorio, e non come è ora, di capacità di muoversi nel “gioco dei Partiti”), consiste, tra le altre cose, in una conoscenza – anche a livello basico, ma sostanziale – di cose come il funzionamento dell’economia (reale), della esigenze organizzative e dei principi di amministrazione della struttura di una “impresa” (sia essa pubblica o privata), conoscenza dei diritti/doveri dei cittadini, dei meccanismi del government.
Solo tale tipo di conoscenza permette alle persone di comprendere il significato di riforme delle democrazia in direzione di una reale partecipazione dei cittadini a government ed amministrazione. Ma permette anche di
sviluppare una qualità determinante
per government ed amministrazione partecipati:
LA CAPACITÀ DA PARTE DEI CITTADINI DI CONCEPIRE MIGLIORAMENTI
DEL SISTEMA DI GOVERNMENT/AMMINISTRAZIONE,
E DEL SISTEMA DI SODDISFAZIONE DEI BISOGNI SOCIALI (dei servizi).
In assenza di tale qualità si rimane nella attuale dimensione critica nella quale, operando con gli stessi strumenti che hanno prodotto tali problemi, si finisce per creare soluzioni-tampone che non fanno altro che aggravare la crisi nel lungo periodo (e l’elettorato finisce per scegliere le stesse persone che hanno prodotto i problemi, e, appunto, per non riconoscere valide alterantive alle politiche sviluppate sinora dalle Istituzioni) [vedi documento “Studio per la fondazione di un ente per la diffusione della cultura della Democrazia partecipata”, capitolo “la crisi attuale è prodotta dall’inconsapevolezza dei Cittadini”
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Per inquadrare in modo corretto la questione, è necessario considerare due questioni relative alla attuale condizione di scarsa consapevolezza civica dei cittadini:
1) in primo luogo dobbiamo considerare che oggi manca quasi completamente una “cultura politica” (una Cultura civica) nei cittadini; ovvero oggi manca quella che un tempo era la formazione di “educazione civica” sviluppata dalla Scuola pubblica.
2) ma dobbiamo anche ricordare che la Cultura non è una serie di nozioni, ma qualcosa di più profondo: un “bagaglio” culturale” che proviene nella maggior parte da una esperienza diretta della realtà. In questo caso da una esperienza diretta di partecipazione a forme di government ed amministrazione in attività di pubblica utilità.
Per questa ragione nella Iniziativa Riforma dal Basso si delinea un percorso di riforma della Democrazia verso una forma realmente partecipata che di per sé parte già da forme basiche di government ed amministrazione partecipata (una riforma, cioè, verso una reale Democrazia partecipata attuata attraverso una modalità già di per sé realmente partecipata – vedi di seguito approfondimenti)
Una corretta Cultura civica dei cittadini permette, appunto, al Movimento godere di un sostegno popolare attivo nello sviluppo dei propri programmi; e permette all’elettorato di comprendere la demagogia insita negli attacchi mediatici portati al Movimento.
La dimensione della Democrazia partecipativa a livello di quartiere (in qualche modo diretta)
A mio avviso sarebbe necessario riflettere sul fatto che “condividere i progetti con i cittadini” non è certo un programma di Democrazia diretta nella quale l’input per i “progetti” dovrebbe arrivare dai destinatari delle azioni di government, i cittadini.
E’ inoltre necessario chiarire cosa significa “ripartire da quartieri”, visto che oggi i quartieri non esistono più a livello di government (sono sostituiti da mega-aggregazioni come circoscrizioni o dalle nuove Municipalità). Ma indubbiamente i Quartieri sono la base della Democrazia partecipata, poiché solo a livello di Quartiere è possibile per le persone partecipare in modo effettivo.
La dimensione del quartiere è l’unica che permette una dimensione “diretta”, di reale partecipazione. Poichè solo in tale dimensione è possibile valutare personalmente le questioni da affrontare (con una esperienza diretta di esse), vedersi con i concittadini per discutere su tali questioni, ecc …
E’ bene ricordare che tale dimensione è definita da tradizioni millenarie: è quella della Parrocchia (poi adottata anche nella definizione delle aree servite dalle scuole elementari), nel quale i cittadini possono muoversi a piedi, si conoscono l’un l’altro (anche solo di vista), si incontrano nella quotidianità in luoghi come il mercato, davanti alle scuole, ecc …
Mentre la dimensione della Circoscrizione è già una dimensione “rappresentativa” (tipica della politica “dall’alto”), nella quale il cittadino perde il controllo diretto della situazione, e tutto diviene in-diretto (con l’impossibilità di partecipare effettivamente), tutto si basa sul racconto” da parte di altri. Con impossibilità da parte dei cittadini di individuare inefficienze, sprechi, ecc ….
Una dimensione nella quale vi sono ampie possibilità di sviluppo di una comunicazione demagogica da parte degli addetti ai lavori (e forti difficoltà da parte di questi ultimi di individuare i reali bisogni da soddisfare).
La questione della qualità della vita: verso una Politica dei Cittadini
– c’è un punto cardine più avanti sulla qualità della vita .. –
“Ripartire dalla qualità della vita“ (proposito enunciato dalla Giunta) significa non sviluppare azioni di “politica tradizionale” (pianificazione, design dall’alto, ecc …), ma significa ripartire con una modalità di “Governare” nel suo significato originario: curare le questioni del territorio da parte degli abitanti (nel significato del termine, appunto, del prendersi cura: “governare la casa, la famiglia, l’azienda1“).
La qualità della vita risiede infatti su un piano non-politico:
in una dimensione fatta di sfumature che
la politica non è in grado di cogliere.
Per cui si tratta, appunto, di ripartire dalle persone. Ovvero di “ripartire dai quartieri” (proposito enunciato dalla Giunta M5S) che sono il luogo nel quale è possibile una effettiva partecipazione dei cittadini (solo nel Quartiere le persone possono effettivamente “prendersi cura” del loro territorio, della loro vita sociale sul territorio).
Solo a livello di quartiere è possibile una vera partecipazione: ovvero solo i detentori dei bisogni possono individuare in modo efficace i bisogni da soddisfare (e partecipare effettivamente alla progettazione della soddisfazione di tali bisogni).
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In ultima analisi si tratta di fare un salto di qualità nelle prorpie strategie politiche,
passando dalla Politica “del Partito”
alla Politica dei Cittadini.
Questo è l’unico modo per rendere solida e duratura l’azione di un partito outsider.
■ LA NECESSITÀ DI PREPARARSI A DIFENDERSI DALLE OFFENSIVE DA PARTE DEI PARTITI ISTITUZIONALI
Riassumendo quanto detto in precedenza, si tratta quindi dare la priorità – dall’inizio – a strategie non-convenzionali che permettano di:
1) di mantenere le posizioni istituzionali di potere il più a lungo possibile creando una condizione di “Potere effettivo” fornito da un appoggio sostanziale della cittadinanza (condizione che permetta appunto di contrastare probabili attacchi da parte delle Istituzioni).
2) utilizzare tale finestra di potere (che, appunto, può essere molto breve) per attivare processi irreversibili di “potere effettivo” (che possano effettivamente sopravvivere all’eventuale estromissione dalle posizioni di potere istituzionale) avviando, da subito, strategie che permettano di creare istituzioni esterne al gioco istituzionale di government (istituzioni indipendenti gestire direttamente dai cittadini) grazie alle quali il Movimento possa operare anche in una fase successiva a quella nella quale detiene un potere istituzionale.
Il problema per i Partiti istituzionali è che nel caso in cui tentassero di dissolvere tali Istituzioni indipendenti di government ed amministrazione “dal basso” perderebbero il sostegno dell’elettorato alle successive elezioni.
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3) avere un supporto dei singoli ruoli istituzionali conseguiti attraverso l’appoggio effettivo di un network a livello nazionale, e liason a livello internazionale, (vedi capitolo successivo).
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A monte di tutto è necessario ricordare che è in ogni caso molto difficile (è effettivamente possibile?) operare dall’interno del sistema per cambiare uno status blindato negli anni da regole burocrazia. Per questa ragione è necessario creare una struttura “parallela” a quella dei poteri istituzionali che sia in grado di operare dall’esterno dei meccanismi istituzionali di government ed amministrazione della cosa pubblico.
Ulteriori considerazioni sula consapevolezza civica: i cittadini devono mettere il naso n nelle Aziende pubbliche (e nei conti pubblici)
Dobbiamo inoltre ricordare quando detto in precedenza: a monte di tutto, alla base del buon funzionamento della Democrazia (partecipata) vi è la consapevolezza civica dei cittadini.
Ovvero per poter attuare i propri programmi di riforma verso la Democrazia partecipata in primo luogo i cittadini devono essere consapevoli:
1) delle responsabilità di metodi e persone delle amministrazioni precedenti rispetto ai problemi attuali. Ed essere altrettanto consapevoli
2) delle possibilità di migliorare nettamente le cose ricorrendo alle modalità di government ed amministrazione partecipata proposti dal Movimento.
In ultima analisi solo grazie ad una reale consapevolezza civica descritta in precedenza i cittadini saranno in grado di supportare in modo attivo il Movimento perché in grado di comprendere l’erroneità delle interpretazioni fornite dai media, e delle critiche portate dai politici dell’establishment. E della effettiva bontà dei programmi proposti.
Vi sono almeno due modalità nelle quali è possibile sviluppare questa consapevolezza nei cittadini (vedi prossimi capitoletti):
● partecipazione alle analisi della situazione preesistente creata dalla Politica dei partiti (vedi iniziative proposte in IRDB).
● partecipazione alla gestione delle Aziende pubbliche.
● analisi partecipata della situazione preesistente
Perchè ci si possa rendere conto dell’effettiva cattiva gestione della gestione delle PA è necessario che i cittadini possano sviluppare dal basso una attenta analisi dei conti delle PA: da questa analisi non può che emergere non solo la errata gestione economica – sprechi enormi di denaro – ma anche le errate scelte progettuali ed organizzative dei servizi. [vedi, all’interno del progetto IRDB, la soluzione Spending Review partecipata]
Si sottolinea come solo in modalità partecipata di analisi dei conti pubblici si possa sviluppare una effettiva consapevolezza civica dei cittadini, poiché in tal modo si sviluppa un processo virtuoso di conoscenza da parte dei cittadini dei problemi creati dal sistema attuale. Risultato che non si otterrebbe se invece si effettuasse una analisi commissionata ad esperti.
Si tratta quindi di istituire strumenti partecipati (inizialmente esterni ai meccanismi istituzionali di amministrazione), inaugurando in questo modo una fase di continua (e minuziosa) analisi sull’operato delle PA (in grado di fornire dati circostanziati sulle spese).
Come ricordato in altri punti, gli esperti che è possibile reperire “dal basso” (anche a titolo gratuito, perché coinvolti dall’interesse politico di chiarire le cause degli attuali problemi) possono anche essere di livello superiore a quelli che possono essere coinvolti dalle amministrazioni locali (si ricorda – come si illustra nel prossimo capitolo – che nel nostro caso ci si basa sul supporto di network di supporto a livello nazionale ed internazionale).
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Lo stesso tipo di analisi può confermare direttamente ai cittadini la bontà delle nuove azioni intraprese dal Movimento (poiché queste ultime vengono paragonate, all’interno del sistema definito in IRDB, a quelle delle Amministrazioni precedenti).
Grazie agli strumenti delineati in IRDB, in questa modalità i cittadini possono – seppur ancora in modo esterno alle istituzioni – già operare in modalità progettuale potendo essi concepire alternative ad esistenti soluzioni, sistemi di organizzazione, ecc …
Si consideri il fatto che in tale modalità i cittadini, pur operando dall’eterno delle istituzioni, assumono già, di fatto, un vero e prorpio “ruolo consultivo” (ed in parte possono già contrastare i poteri istituzionali) poiché le critiche e le iniziative sviluppate da essi non possono non essere prese in considerazioni dalle istituzioni, pena una bocciatura alle successive elezioni.
Tutto ciò, come è illustrato nel progetto IRDB, è possibile semplicemente utilizzando al meglio sfruttando le normative attuali, come quelle della trasparenza dei dati; e le comunità di sviluppatori Open Source.
● partecipazione alla gestione delle Aziende pubbliche: il pericolo rappresentato dalle Aziende pubbliche per un Movimento outsider
– vedi in do Advisor 3 “Regole d’oro”
ç_insider sabotage
Un ulteriore passo che permette ai cittadini di sviluppare una effettiva consapevolezza di quanto è avvenuto sino ad ora nella gestione delle PA è la possibilità per essi di mettere in qualche modo il naso (ma anche un “piede”) nell’Amministrazione pubblica (si crea in tal modo una condizione che rende difficile per le istituzioni legate all’establishment ristabilire le situazioni di cattiva gestione precedenti).
A questo proposito si deve considerare la condizione di minaccia che rappresentano per Movimenti outsider che abbiano raggiunto cariche di potere istituzionali, le Aziende pubbliche: alcune Aziende pubbliche detengono poteri effettivi paragonabili (se non superiori) a quelli degli organismi politici dotati di poteri deliberativi. E che possono quindi, grazie al fatto che esse continuano a conservare l’organico in qualche modo fedele all’establishment, sviluppare strategie “politiche” in favore della classe politica (la loro fedeltà deriva dal fatto che il Partiti dell’establishment hanno elargito ad essi il posto di lavoro, e continua a garantire condizioni lavorative di favore).
Le Aziende pubbliche possono cioè mettere – in modo efficace – i bastoni tra le ruote alle nuove amministrazioni outsider. Ad esempio creando disservizi (e scioperi utilizzando come preteso conflitti con la nuova amministrazione) dei quali la cittadinanza attribuirebbe erroneamente la responsabilità alla nuova amministrazione.
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Si consideri ad esempio il caso dei Vigili urbani che possono rendere impopolare l’amministrazione applicando le norme con inusuale severità. Ma altre aziende, come quelle dei Trasporti pubblici e della Raccolta rifiuti, possono creare disservizi in grado di creare forti disagi per la cittadinanza.
Si tenga anche conto dell’importanza delle Istituzioni burocratiche nella attuale Democrazia, istituzioni che hanno assunto un potere in sé (illegittimo in Democrazia)in grado di bloccare iniziative dei cittadini (Private, Imprenditoriali, “Politiche”, ecc …) dei cittadini. [vedi il capitolo “la questione della burocrazia nella democrazia diretta” nel testo “Introduzione alla Democrazia diretta”]
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La questione è quindi che
se un Partito outsider
non assume il controllo delle Aziende pubbliche,
queste potrebbero essere utilizzate dai Partiti
estromessi dalle posizioni di potere
per indebolire il potere di tale Partito.
E poiché non è possibile – giustamente – operare un spoiling system radicale di tali aziende, rimane comunque la possibilità di portare l’elettorato all’interno delle PA in modo che esso si renda conto di cosa sta effettivamente accadendo (della condizione di inefficienza e di sprechi creata dalle amministrazioni precedenti).
Per quanto riguarda la questione dei “poteri occulti” rappresentati dalle Aziende pubbliche e dalla burocrazia, si deve tener conto delle strategie di egemonia culturale attuata dai partiti di matrice marxista. Una di questi è quella attuata attraverso un uso strumentale della Scuola pubblica, la quale preparando cittadini privi di consapevolezza civica, crea adulti passivi che seguono “a prescindere” le indicazioni dei partiti dell’establishment – e del “marketing” [vedi il testo “La manipolazione delle masse”]
STRATEGIE DI SUPPORTO A LIVELLO INTERNAZIONALE: LIASON CON ALTRE ORGANIZZAZIONI
E SVILUPPO DI UN THINK TANK
( §liason )
Per le iniziative descritte in questo capitolo, si ricorda che la piattaforma di Iniziativa Riforma dal Basso permette creare una fondazione virtuale nella quale gli incontri “fisici” e le infrastrutture materiali sono ridotti al minimo, poiché è disponibile un ambiente virtuale (Web) nel quale si può sviluppare tutto il lavoro della fondazione: meeting, svolgimento lavori in team e convengi.
La solidità del potere, per un Movimento outsider, dipende da almeno due fattori esterni ai meccanismi istituzionali di government ed amministrazione:
1) il far parte di una rete di mutuo-supporto (una Task force) nella quale si sviluppino specifici cultura e programmi innovativi di government ed amministrazione delle PA.
Tale struttura è concepita come un Polo di attrazione delle persone interessate a sviluppare, in una dimensione bi-partisan (priva della spinta a realizzare soluzioni ideologiche, che possono, nei casi specifici, essere comunque sviluppate dal Movimento).
Si tratta di una struttura che deve divenire:
● una istituzione di formazione per chi voglia intraprendere attività di “politica partecipata” (può essere un Ente di formazione virtuale online, utilizzando gli strumenti di IRDB)
● un ente di consulenza “politica”: può essere di supporto, ad esempio, a giunte comunali supportandone le attività di sviluppo di programmi innovativi.
● un fornitore di supporto legale: supportando le giunte comunali nel caso di attacchi strumentali sul piano legale.
● e deve anche essere, tra le altre cose, incubatore e facilitatore di iniziative di Democrazia partecipata.
Questa rete di mutuo-supporto può funzionare, sostanzialmente, come una sorta di Governo (ed amministrazione) trasversale rispetto alle istituzioni locali specifiche.
Non si parla però del direttivo di un partito, ma di un organismo bi-partisan, libero da vincoli politici o ideologici, che opera a livello consultivo (l’unico vincolo è la realizzazione di iniziative legate al principio della partecipazione democratica).
l
2) il far parte di una organizzazione “internazionale” di movimenti, partiti ed associazioni che condividono l’idea della necessità di realizzare una Democrazia partecipata o diretta. La quale possa rendere più solida l’azione delle singole giunte locali.
Vedi, ad esempio, l’opera del Primo ministro britannico – May – che pone in primo luogo una rete di alleanze con nazioni di peso (USA, India) che possano aiutarla a contrastare i tentativi della Eu di ostacolare la Brexit.
Think tank
§think tank
Per rendere solida l’azione del movimento è necessario creare un Think tank a livello internazionale che posso produrre idee valide e aggiornate che da un lato, sul piano operativo, facilita lo sviluppo del processo di effettiva la riforma della democrazia europea. E sul piano culturale, permette di comunicare in modo più efficace le ragioni del cambiamento sviluppato (elevando la consapevolezza dei cittadini anche attraverso canali TV e Web – vedi, ad esempio, la soluzione Web TV nella piattaforma Iniziativa Riforma dal Basso).
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Si sottolinea l’importanza fondamentale delle caratteristiche di “universalità”, trasversalità, internazionalità della cultura legata allo sviluppo della Democrazia partecipata (o diretta) che deve essere sviluppata da tale Think tank.
Per trovare forza e autorevolezza, il Think tank deve infatti riuscire ad aggregare il maggior numero di persone (studiosi, politici, ecc…) ed Enti (fondazioni esistenti, Università, ecc…), ovvero deve produrre una forma di pensiero che sia un “minimo comun denominatore” del Pensiero legato alla Democrazia partecipato o diretta.
Questi argomenti universali sono, ovviamente, di interesse internazionale: in ogni nazione .. vi sono pensatori indipendenti o appartenenti a movimenti i quali sono interessati a sviluppare una cultura delle Democrazia diretta per raggiungere i propri scopi specifici.
Le finalità del Think tank:
● studiare come si possano sviluppare pratices di reale partecipazione, analizzando i modelli attualmente utilizzati – anche in aspetti minimi di governance – in ogni pare del mondo. Ma anche analizzare le modalità utilizzate in passato nelle piccole comunità locali.
● studiare come si possano creare piattaforme basate sulle più recenti tecnologie di comunicazione digitale per poter sviluppare al meglio tale pratices. Si tratta di mettere insieme il meglio di ognuno dai tanti strumenti telematici (Web, App di Smartphone, ecc….) già prodotti nel mondo, per definire nuove soluzioni (in questo caso si sviluppa una vera e propria progettazione partecipata che può raccogliere contributi da ogni parte del mondo).
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DECENTRAMENTO DEGLI ORGANISMI DI GOVERNMENT COME PERCORSO DI SVILUPPO SPONTANEO DELLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA
çç_localiltà/federalismo
@_federalismo comunale
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L’idea di fondo è quindi – come esposto nella sezione precedente – che un Partito o Movimento outsider che riesca a raggiungere posizioni istituzionali di potere debba operare anche e soprattutto per il lungo periodo, ovvero sfruttando la sua posizione acquisita per sviluppare strumenti di government e di amministrazione partecipati che possano poi essere utilizzati anche dall’esterno del sistema politico istituzionale (ossia dal momento in cui si è perduta la posizione di potere istituzionale).
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Per questa ragione tale Movimento outsider deve operare con il fine di ridistribuire i poteri decisionali, ovvero portare i poteri decisionali “verso il basso” (de-centrare government ed amministrazione) creando strumenti di reale partecipazione che siano effettivamente in mano alla cittadinanza (in questo caso tali strumenti, appunto, possono essere utilizzati con efficacia anche dall’esterno del sistema istituzionale della politica, e permettere di sviluppare delle politiche da basso in grado di contrastare le politiche istituzionali).
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Ciò può avvenire solo se, a monte di tutto, si è in grado di indurre una nuova dimensione della città basata, tra le altre cose, su nuove modalità di vita e su nuovi processi di gestione del territorio che risiedono su in livello differente da quello della politica attuale.
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Per poter realizzare una reale Democrazia partecipata è cioè necessario produrre una nuova dimensione di città che possa effettivamente funzionare a misura d’uomo; e che quindi sia gestita in prima persona dalle persone.
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Solo allora sarà possibile iniziare a sviluppare un government/amministrazione partecipato (una forma di government/amministrazione in grado di contrastare, dall’esterno del sistema politico, il sistema istituzionale centralizzato della Politica attuale).
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Vediamo in questa sezione come sia possibile arrivare a realizzare una reale Democrazia partecipata solo se si comincia con l’instaurare un sistema virtuoso che porti i cittadini a “fare comunità”, e quindi a cominciare spontaneamente a dibattere a proposito dei problemi riscontrati sul loro territorio. Fornendo ad essi una Vision credibile e motivante, e strumenti di gestione diretta di parti – anche minime – del territorio (come avviene con il Placemaking).
Nel presente documento si delineano nuove modalità della politica, una Politica dei Cittadini basata sul governare nel suo significato originario di “curare il territorio” da parte degli abitanti (come il proprietario governa la sua casa).
[vedi altri documenti legati al progetto Iniziativa Riforma dal Basso]
Come detto, nel caso specifico, si tratta di seguire le finalità generali che stanno alla base del Movimento: andare verso una Democrazia effettivamente partecipata (una partecipazione attiva dei cittadini) utilizzando in gran parte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie interattive (Internet, App degli SmartPhone, ecc…).
E più nello specifico si tratta seguire altri concetti legati all’identità del Movimento (come gli slogan elettorali), ad esempio di partire da quartieri, e dalla qualità della vita. Si tratta quindi di sviluppare un processo che, come si è detto, non può essere praticato attraverso una modalità “politica” (nel senso attuale), ma può essere unicamente sviluppato come processo di “gestione” (prendersi cura) del territorio che parte dal basso nell’individuare bisogni da soddisfare, e nel progettare le soluzioni (in altre parole, un processo che si basa effettivamente sulla partecipazione dei cittadini).
Ovvero si tratta di far
FARE UN SALTO DI QUALITÀ AL GOVERNMENT,
portandolo dalla forma attuale della Politica dei Partiti,
alla forma originaria di Politica dei Cittadini
prevalentemente legata
al “curare” (governare) il territorio
da parte dei suoi abitanti.
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Sarebbe infatti un controsenso qui applicare le modalità della politica attuale, ossia calare dall’alto soluzioni di partecipazione (vedi il concetto espresso dalla giunta torinese del M5S: “senza calare progetti dall’alto”).
Tali strumenti, per essere coerenti, devono essere definiti e messi a punto sul campo, dando inizialmente in mano ai cittadini degli strumenti “in progress” in forma basica (che vengono poi sviluppati con il processo tipico del “progresso” umano: esperienza diretta delle cose, ed evoluzione attraverso un processo di tentativo e correzione dell’errore)
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Gli strumenti che di cui devono disporre i cittadini per poter esercitare una effettiva partecipazione al government devono essere in primo luogo strumenti di comunicazione interattiva sia verticale (comunicazione bi-direzionale con le istituzioni) che orizzontale (comunicazione dei cittadini tra loro, per dibattere questioni, progettare iniziative, ecc ….
(Non si pensi che quelli attualmente disponibili – come Meetup, Rousseau, Facebook – siano strumenti utilizzabili a questo scopo. Si vedano gli strumenti di nuova generazione illustrati in in IRDB )
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Sono necessari strumenti tecnologici (come è indicato nei propositi del Movimento 5 Stelle), ma anche “strumenti reali” che, non dobbiamo dimenticare, sono sempre e comunque alla base del mondo reale, ossia della vita sociale delle persone.
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Un modo di partire dal “mondo reale” è quello praticato con il Placemaking (vedi più avanti): che consiste nel dare ai cittadini la possibilità di appropriarsi di aree pubbliche sul territorio e trasformarle in aree di pubblica utilità.
Partire dal Placemaking significa in primo luogo portare i cittadini a “fare comunità”, sviluppando ordinarie attività quotidiane comuni. Si tratta di un primo livello fondamentale per la costituzione di istituzioni partecipate, poiché in tale dimensione i cittadini cominciano spontaneamente a dibattere le questioni che essi ritengono essere importanti per il loro territorio; e quindi ad organizzarsi per risolverle (a produrre idee, progetti, piani d’azione, ecc …).
E’ molto importante che vi siano dei luoghi fisici come quelli realizzati con il Placemaking che si integrano con i luoghi virtuali in via di sviluppo sempre maggiore (ad esempio i Social Network come MeetUp o quelli previsti da Iniziativa Riforma dal Basso).
■ LA NATURA DEI PROGETTI PER LO SVILUPPO DEL DEMOCRAZIA PARTECIPATA
∙ LA NECESSITÀ DI RIDEFINIRE IL CONCETTO DI CITTÀ
(e di government della città)
ç_localism: ridefinnire le città
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Per poter coinvolgere i cittadini in un processo di sviluppo della Democrazia partecipativa è necessario in primo luogo essere in grado spiegare in modo chiaro e condivisibile (in modalità neutra rispetto alla politica, bi-partisan) cosa significhi realmente partecipazione.
Ritorniamo quindi sull’importanza per una Giunta formata da un movimento outsider, di attivare dall’immediato strategie che possano permettere ad essa di sopravvivere agli attacchi dell’establishment, e di poter continuare lo sviluppo dei propri programmi anche una volta lasciato l’incarico.
Come si è detto si tratta, appunto, di
mettere dall’inizio il focus sulla produzione di
strumenti di partecipazione per i cittadini
per poterli al più presto coinvolgere in una effettiva di partecipazione
(condizione grazie alla quale la Giunta assume un “potere di fatto” che mette in difficoltà eventuali controffensive dell’establishment).
In caso contrario si finisce per praticare una normale politica dei partiti (se si cerca semplicemente di riformare aspetti specifici della amministrazione della città), e ci si espone fortemente al rischio di cedere alle strategie di forte contrasto dei “partiti istituzionali” (si deve tener conto che in tal modo si perderebbe la propria identità di partito orientato ad istituire una Democrazia partecipata, che verrebbe quindi meno il supporto della cittadinanza che lo ha sostenuto alle elezioni).
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Per partire con il piede giusto è quindi necessario definire a monte i propri principi ed obiettivi.
W. Cox (importante esperto internazionale di questioni legate all’Urbanistica) propone di
partire con la domanda:
“Quale è lo scopo della Città?”.
Alla quale risponde “sono le persone”.
Ma il concetto può essere esteso alla Democrazia, che è, appunto, un sistema di government che ha come fine le persone. Ovvero nello stabilire le strategie che portino alla Democrazia partecipata è necessario tener conto che in Democrazia qualsiasi iniziativa non può che essere finalizzata alla soddisfazione dei loro bisogni dei cittadini.
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In altre parole, per partire con il piede giusto,
è necessario riuscire a comunicare una Vision
nella quale i cittadini possano identificare se stessi,
basata su principi ed obiettivi che essi hanno individuato nel Movimento quando hanno deciso di sostenerlo alle elezioni (sostanzialmente l’istituzione di una Democrazia partecipativa).
Questi principi ed obiettivi vissuti dalla maggior parte degli elettori come “teorie” attraverso le campagne mediatiche o gli slogan elettorali,
devono ora divenire un credibile progetto per un futuro possibile,
nel quale i cittadini siano
i protagonisti del government del loro territorio.
Si deve cioè proporre ai cittadini un progetto che si basi appunto su una concezione della Città non più come un sistema composto dagli elementi meccanicistici della attuale concezione (meccanismi di government/amministrazione/burocrazia); elementi gestiti dall’alto da chi pensa di sapere quali sono i bisogni specifici di ogni area della Città.
Ma un progetto basato sulla concezione della città come eco-sistema nel quale ogni cellula che contribuisce al suo funzionamento globale è formata dai gruppi di esseri umani che la abitano: persone accomunate dall’abitare in aree specifiche del vicinato, del quartiere.
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Si tratta cioè di proporre
una Vision che attivi il motore fondamentale del cambiamento
sviluppato in modalità partecipata:
la voglia di migliorare la propria qualità della vita.
Una Vision che deve essere quindi credibile e motivante, nella quale i cittadini possano veramente pregustare (visualizzare) i risultati del processo di cambiamento verso una Democrazia partecipata.
IL PERCORSO DI CAMBIAMENTO
INIZIA DAL RIPENSARE LE CITTÀ
(riforma della governance cittadina – riformare la Urban governance)
La considerazione che è alla base del processo di riforma dei processi di government della Democrazia non può essere quindi che la città attualmente non funziona – ciò sia che si voglia vedere la cosa vedere dal punto di vita delle inefficienze dei servizi, sia del deficit economico o della qualità della vita.
La città è appunto un sistema organico la cui esistenza è dovuta ad un suo “metabolismo”, basato sulle interrelazioni tra le sue “cellule” (gli esseri umani, o meglio tra le micro-comunità create sul territorio dagli esseri umani). Delle componenti complesse, non definibili con modelli razionali.
Il problema è appunto che oggi la città è vista come un insieme di elementi .. razionali – servizi, infrastrutture, strutture burocratiche – le quali sono “sovrastrutture” rispetto all’essenza del “sistema”: le persone.
Non si tratta di retorica: sino a che non si abbandonerà l’attuale concezione che pone l’attenzione sulle “sovrastrutture” vi saranno sempre le attuali gravi inefficienze, ed insoddisfazione delle persone: e di conseguenza vi saranno sempre insostenibilità di costi (e perdita di consenso elettorale).
Un processo di riforma del sistema-città deve quindi partire dal riportare la città ad una dimensione che le permetta di funzionare.
Ovvero riportare la città a quella funzione per la quale sono nate le comunità dell’uomo: la soddisfazione dei bisogni delle persone. Una dimensione della città nella quale le persone sono contemporaneamente il Fine ed il “motore”.
L’attuale approccio alla governance della Città, che pone la propria attenzione sulle “sovrastrutture” (elementi meccanicistici che appartengono al mondo razionale meccanicistico) non è quindi in grado di risolvere i problemi di un sistema di soddisfazione di bisogni umani: l’eco-sistema urbano, che è per sua natura non-razionale, non è riducibile a tale livello, e non “pianificabile”.
Si tratta cioè di vedere la città come un eco-sistema di soddisfazione dei bisogni. E di comprendere come tale eco-sistema della città non possa essere gestito dall’alto, “dal di fuori” poiché in questo caso si entrerebbe in conflitto con il suo metabolismo. Ossia in tal caso la gestione dei bisogni verrebbe a perdere sua qualità più importante: il diretto contatto con i bisogni da parte dei “progettisti” dei servizi (le analisi in tal caso divengono astratte rispetto al contesto reale – è ciò che avviene ora – e le soluzioni che ne derivano sostanzialmente inefficaci).
Il problema è che nell’approccio attuale nel quale si pretende di soddisfare i bisogni dall’alto, si perde la capacità di individuare i bisogni nelle sue sfumature (e quindi l’essenza dei bisogni umani). E si perde la possibilità di seguire i bisogni nel loro trasformarsi continuamente in molti loro dettagli.
Si deve considerare che oggi viviamo in una epoca di cambiamenti, di continue trasformazioni, e la città è difficile da fissare in un modello (sono in continua trasformazione gli elementi che caratterizzano la vita della città: il mondo del lavoro, le questioni di sicurezza sociale, l’educazione scolastica, l’integrazione sociale, ecc … ).
In questa situazione è più che mai determinante la necessità di avere servizi ed infrastrutture capaci di cogliere tali trasformazioni “in tempo reale” (queste istituzioni devono essere di per sè “evolutive”, ossia essere capaci di adattarsi alle continue trasformazioni in atto).
Questo tipo di gestione del processo di cambiamento non può appunto essere gestito interamente dall’alto, ma ha bisogno di una importante partecipazione dei cittadini, che sono le uniche persone in grado non solo di individuare i bisogni nelle loro complesse sfumature, ma anche di monitorare il funzionamento delle soluzioni per correggerne gli errori.
Si tratta quindi di
rimettere la persona al centro
della progettazione della soluzione di bisogni.
Di trasformare i cittadini utenti in attori del cambiamento.
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E per fare in modo che le persone si sentano coinvolte in questo processo di cambiamento, esse devono essere coinvolte con una Vision credibile; e ad esse deve essere proposto un ruolo attivo nel government ed amministrazione della fase di transizione (nella creazione di modelli, regole, servizi, infrastrutture, ecc ..).
la necessità di offrire un percorso esperienziale
Le persone devono cioè essere, tra le altre cose, investite della responsabilità del cambiamento: devono rendersi conto che la qualità della loro vita sociale dipende in massima parte dal loro impegno nel cambiare effettivamente le cose.
Uno dei propositi espressi dalla Giunta di Torino del 2016 è, appunto, ”senza calare progetti dall’alto” .
All’opposto vi è, appunto, l’idea seguita sin dall’unità di Italia, di “fare gli italiani” dall’alto. Ovvero l’idea di avere uno “Stato pedagogo” che riesca ad indurre, “dall’esterno”, nella coscienza dei cittadini il senso di appartenenza e di responsabilità necessario al buon funzionamento delle strutture organizzative del territorio.
Tale modalità non ha prodotto, in un secolo e mezzo di tentativi, il risultato sperato, e l’Italia continua ad essere una Nazione priva della presenza di reali Cittadini. E continua quindi ad essere caratterizzata da una elevata inefficienza delle strutture di government e di amministrazione (e dall’inefficacia dei servizi pubblici).
Ciò che va compreso è che la coscienza dell’essere umano può solo essere sviluppata con un percorso maieutico che preveda una esperienza diretta della realtà (è il metodo indicato dalla Scienza moderna di azione e correzione dell’errore).
Per questa ragione è necessario dare ai cittadini la possibilità di agire in modalità di government ed amministrazione partecipati (fornendo strumenti e processi di reale partecipazione). E, contemporaneamente, la responsabilità delle loro azioni.
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Il Placemaking illustrato nel prossimo capitoletto è proprio una delle possibili modalità per investire i cittadini della responsabilità del cambiamento.
Placemaking: partire dagli spazi pubblici dei cittadini
çç_placemaking (approfondimento)
Per avere una città che sia realmente basata sull’uomo, è necessario ristrutturare le attuali aree urbane partendo dall’uomo.
Ovvero, si tratta di
rimettere il territorio delle città in mano all’uomo
il quale, quando gli è permesso di organizzare direttamente la propria vita, è in grado di progettare e gestire (in compartecipazione con le Istituzioni) le soluzioni di soddisfazioni dei propri bisogni meglio di come possono farlo le Istituzioni centralizzate (nessun è in grado di individuare i bisogni del territorio, e di progettarne le soluzioni di soddisfazione, meglio degli stessi detentori dei bisogni).
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Questo processo di riappropriamento della gestione della città da parte dei cittadini può essere avviato con l’utilizzo di “strumenti virtuali” (descritti in IRDB), ai quali devono però essere affiancati elementi reali, concreti.
Questi ultimi elementi possono essere, appunto, degli spazi di cui i cittadini possono prendere possesso per modificarli in base alle loro esigenze.
Questo gestire direttamente la città da parte dei cittadini delineato in queste pagine non è altro (per lo meno per alcuni aspetti) che una dimensione di Democrazia partecipata. E’ cioè un modo di
INIZIARE A SVILUPPARE
UN GOVERNMENT/AMMINISTRAZIONE PARTECIPATO
PARTENDO PROPRIO DA FORME DI PARTECIPAZIONE SPONTANEE.
Ossia iniziare a sviluppare una Democrazia partecipata partendo da forme di partecipazione tipiche della tradizione della gestione del territorio, nelle quali gli individui si riuniscono spontaneamente come quando si tratta di “governare” il prorpio giardino o cortile. Si tratta di una forma di “politica spontanea” che nella sua dimensione “non-politica” aggrega persone che – pur non desiderando esse essere coinvolte in attività tipiche della politica dei partiti – si sentono in questo caso naturalmente motivate a sviluppare forme di “attivismo” anche molto impegnativo (e, aspetto significativo, con questa modalità si opera su un terreno universale, riuscendo così a coinvolgere persone dalle “preferenze politiche” differenti).
Si noti che il Placemaking è un primo livello di Urbanistica partecipata (illustrata in uno dei capitoli successivi).
Placemaking: la creazione di spazi pubblici per poter sviluppare forme effettive di partecipazione
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Riassumendo, la questione è quindi che un partito che si è presentato alle elezioni con un programma (una identità) che esprimeva la volontà di riformare l’attuale Democrazia verso un sistema di Democrazia partecipata, deve operare dall’inizio in direzione della creazione di strutture governative realmente partecipate. E quindi di coinvolgere i cittadini in questo cambiamento.
E per poter coinvolgere le persone in effettivo processo di cambiamento, un ottimo modo per iniziare è
concedere ai cittadini l’utilizzo di
spazi pubblici da trasformare secondo le loro esigenze
(che essi si possono scegliere all’interno del loro quartiere o vicinato, e sistemare secondo le loro esigenze).
In questo modo si attiva un processo virtuoso di partecipazione che permette ai cittadini di sviluppare maggiore consapevolezza nei confronti di government ed amministrazione ultra-locali partecipate. E, più nello specifico, si possono contemporaneamente mettere a punto strumenti e modalità di aggregazione, comunicazione orizzontale e verticale – tra i cittadini e tra i cittadini e le istituzioni (vedi progetto IRDB)
Con il Placemaking vengono utilizzati di spazi pubblici come piazze o tratti di strade del quartiere da chiudere al traffico, edifici pubblici sotto-utilizzati, ecc … I quali possono essere trasformati in aree di pubblica utilità: semplicemente luoghi di incontro, o aree “attrezzate” nella quali poter svolgere attività di pubblica utilità specifiche di tipo culturale, sportivo, ricreativo, di svago, ecc … [vedi, ad esempio, l’Iniziativa Social Tennis di IRDB, a cui si accenna più avanti]
Si noti che il Placemaking è solo un punto di inizio di un percorso di riforme sostanziali del sistema di servizi attuale. Potendo i cittadini piazzare in questi luoghi pubblici – con spese molto basse di costruzione e manutenzione – piazzare casotti, impianti sportivi, giochi per bambini, dehor ed altro, è possibile sviluppare in questo modo una nuova modalità di Welfare dal basso che può portare ala creazione di servizi migliori (e a costi minori) di quelli attuali
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Si noti che questa modalità di intervento sul territorio è l’unica che permetta una reale valorizzazione (o riqualificazione) del territorio, essendo in questo caso possibile sviluppare un valore effettivo per i cittadini (e non, come è ora, un valore presente nella mente di chi governa il quale, per quanto capace ed onesto, non può che concepire progetti di “design” astratto, e forme di “ingegneria sociale” che pretendono di imporre dall’alto attitudini nelle persone).
Placemaking: una esperienza per IMPARARE NEL FARE
Attraverso la gestione diretta di alcune parti del territorio (bastano, ad esempio, pochi isolati di una strada, o una piazza, o un giardino) si attiva un processo virtuoso nel quale i cittadini possono “imparare facendo” (possono crearsi una consapevolezza di come con una effettiva partecipazione si possano migliorare le cose: questo è il primo requisito per poter indurre i cittadini ad una effettiva partecipazione).
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Un esempio di Placemaking sono le attuali feste di vicinato. In tal caso si tratta di un Placemaking temporaneo (limitato ad una giornata) ed appena abbozzato (con interventi minimali). Ma il Placemaking non è, sostanzialmente, che una evoluzione del concetto delle Feste di vicinato.
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Con il Placemaking si arriva quindi dal basso, ed in modalità essenzialmente partecipata di co-progettazione, ad una ridefinizione della città nella sua dimensione funzionale – ed estetica – ed in quella di government.
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Una delle caratteristiche di questo percorso non-politico di partecipazione al government è che esso
non crea il politic divide
che qualsiasi iniziativa di riforma della città
attuata da una Giunta comunale finisce per produrre.
In questa modalità si definisce infatti una dimensione bi-partisan degli interventi: di “cause comuni” che coinvolgono cittadini di qualsiasi credo politico.
l’importanza del recupero di valori fondanti della comunità locale
Questo percorso di ridefinizione della città basato su un approccio non-politico permette, tra le altre cose, di recuperare quei valori che oggi sono andati perduti, e che sono alla base del funzionamento fisiologico del sistema città (valori che sono stati perduti nella grandi città, ma che sono ancora alla base della vita, e del “government”, nelle piccole cittadine di provincia).
Ciò avviene, alla base di tutto, attraverso la possibilità per i cittadini di “fare comunità”; di rafforzare i legami di prossimità, e di recuperare la dimensione di convivialità delle interrelazioni sociali tra abitanti della stessa area territoriale, ricreando in questo modo la modalità di solidarietà determinante per un buon livello di soddisfacimento dei bisogni sul territorio.
In questo modo, sostanzialmente, si ripristina la dimensione di dialogo tra gli abitanti del quartiere che si è perduta con la sparizione degli spazi pubblici come “la piazza” ed il mercato (tipo di spesa che è sostituito in gran parte dalle visite settimanali agli ipermercati).
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Con il nuovo approccio si crea una dimensione che permette di ricostruire l’identità locale ed il senso di appartenenza al Quartiere (ossia permette di recuperare il legame con il luogo e con i concittadini del luogo).
In tal modo si migliora l’integrazione degli abitanti storici con i nuovi venuti: si crea cioè una situazione nella quale, tra le altre cose, gli abitanti “storici” del quartiere (gli anziani) possono venire a contatto con i nuovi venuti (gli anziani oggi sono relegati in casa mentre nei piccoli paesi di provincia essi hanno ancora una presenza costante nei luoghi pubblici), favorendo l’integrazione di questi ultimi (oggi in Torino stanno sparendo anche i giochi da bocce sparsi nel quartiere).
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Così facendo si è in grado di fermare il degrado dei quartieri migliorandone non solo l’aspetto, ma anche le qualità sostanziali come la sicurezza ed i servizi per i cittadini (sia grazie a servizi dal basso, creati dai cittadini che si riuniscono in associazioni e cooperative; sia grazie all’atteggiamento spontaneo di solidarietà che nasce, appunto, quando esiste una comunità basata su interrelazioni umane più profonde di quelle attuali).
Gli spazi creati con il Placemaking sono sia spazi di incontro, sia spazi dedicati a servizi sviluppati in varie forme di imprenditorialità sociale in modalità sussidiata (ad esempio iniziative di doposcuola per corsi integrativi per bambini che “non ce la fanno”).
Si sottolinea come la nuova dimensione di comunità produca forme di solidarietà organizzata, di volontariato che un tempo erano alla base di molti aspetti del soddisfacimento dei bisogni più critici sul territorio, e che oggi non riescono ad essere soddisfatti dalla Pubblica amministrazione: si pensi ad esempio ai servizi per gli anziani che avrebbero bisogno di chi facesse commissioni per loro.
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Su tale linea si possono anche sviluppare modalità di adozione di parti del territorio oggi curate dalla PA. E’ cioè possibile creare di gruppi di lavoro e di associazioni locali con le quali i cittadini possono gestire, ad esempio, alcune aree verdi e spazi pubblici del vicinato (è possibile in questo modo ad esempio non solo curare parchi o giardini, ma anche le piccole aree verdi distribuite nel quartiere nelle quali i cittadini possono bagnare le piante oggi in difficoltà a causa dei frequenti periodi di siccità; ma anche seminare fiori, ecc …).
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Si tenga conto che l’attivazione di tali “servizi dal basso” permette anche la riduzione delle imposte comunali.
Si noti uno dei fattori fondamentali dell’essere comunità dei piccoli paesi di provincia che manca totalmente nelle città: le bacheche nelle quali sono affissi gli avvisi mortuari.
Decentramento dell’amministrazione e interventi “dal basso” in modalità sussidiata
Il processo qui descritto è sostanzialmente una forma di decentramento amministrativo (dei servizi) e del government, poiché in tal modo, di fatto, si porta (in parte) il livello decisionale (e di conseguenza una parte dell’amministrazione) a livello di quartiere.
Si tratta cioè di un processo nel quale
l’istituzione di governo centrale (il Comune)
cede una parte dei suoi poteri, delle sua competenze
sia ● dal punto di vista della decisioni relative alle spese,
sia ● delle decisioni progettuali.
Più nello specifico nella reale forma di partecipazione qui descritta (definita in Iniziativa Riforma dal Basso) vi sonno due tipi di cessione del potere (parziale) da parte delle Istituzioni, nelle aree delle:
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decisioni di spesa: i cittadini dispongono di una certa somma che essi possono spendere per iniziative attivate da loro stessi nell’area del loro quartiere.
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competenze progettuali: i cittadini hanno la possibilità di co-progettare iniziative locali; ma anche di esprimere la propria volontà rispetto a progetti sviluppati dal comune.
● decentramento: decisioni di spesa
La spesa possibile per i cittadini è di due tipi:
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un budget pre-definito (che deriva da una attribuzione al quartiere di spese in precedenza gestite dalla amministrazione centrale).
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un “budget virtuoso” che consiste nei risparmi (una parte) realizzati con forme di soddisfazione di bisogni sociali create e gestite in modo diretto dai cittadini sul territorio (ad esempio per la cura del verde: se i cittadini, organizzandosi in forme di associazionismo sociale, prendono in mano la cura del verde, e – migliorando la qualità del servizio – sono anche in grado di risparmiare rispetto agli interventi in precedenza effettuati dalla PA, essi possono utilizzare parte del denaro così risparmiato per “investirlo” in altri loro progetti).
In tale modalità i risparmi avvengono anche grazie a forme di volontarismo, come lavoro gratuito (anche da parte di professionisti qualificati), cessione di materiali a prezzo di costo, ecc … Si tenga conto che molte attività di questo tipo sono organizzate come attività conviviali di corvée (la cura del parco può avvenire, ad esempio, le domeniche, con l’organizzazione di banchetti nel parco, ecc …).
Ma in questa modalità possono anche essere praticate collette per finanziare le iniziative (le collette sono un esempio di tasse nelle concezione tradizionale: raccolte di denaro volontarie per la creazione di servizi per la comunità).
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Queste forme di gestione della spesa permette appunto un miglioramento della qualità dei servizi sul territorio, unitamente alla possibilità di ridurre le imposte locali.
● decentramento: competenze progettuali (e “legislative”)
Le persone che detengono i bisogni da soddisfare sul territorio sono anche coloro le quali meglio sanno indicare cosa sia necessario fare per soddisfare tali bisogni.
(si tenga conto che spesso le competenze professionali disponibili nell’area sono sufficienti a supportare progetti di elevata qualità; e qualora tali competenze non fossero sufficienti, è possibile per i cittadini procurarsele all’esterno in modo più efficace di come oggi avviene per le PA, prigioniere delle loro “regole non scritte” – si tenga conto che più Quartieri possono collaborare per quanto riguarda alcuni aspetti della progettazione delle soluzioni locali, e quindi dividere competenze e spese di progetto).
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Nel processo di decentramento amministrativo qui descritto i cittadini divengono quindi coloro i quali progettano (e gestiscono) alcuni tipi di servizi ed infrastrutture del quartiere in vede delle PA.
Si noti che questa forma di Progettazione partecipata produce anche una sostanziale innovazione del sistema-città: porta allo sviluppo di nuovi modelli di attività sul territorio, nuove tipologie di servizio e nuovi modelli di gestione della “cosa pubblica”.
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Si noti che nella modalità qui descritta di decentramento del sistema locale di Government/Amministrazione, la cittadinanza assume in sé anche competenze legislative.
(ossia la cittadinanza acquista un certo livello di autonomia politica, seppur piuttosto limitata – assumono cioè parte del Potere legislativo locale, che prevede la possibilità di “legiferare su argomenti di interesse locale”, “ produrre leggi supplementari a quelle” comunali, “istituire e riscuotere i tributi di loro competenza”).
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Ciò può avvenire per alcune forme di regolamentazione nelle quali l‘interesse locale può prevalere sull’interesse della Città in generale. Sopratutto, probabilmente, ciò può avvenire attraverso limitazioni delle regole più generali definite a livello istituzionale.
Un esempio di potere decisionale decentralizzato è, appunto, la possibilità di chiudere al traffico vie non di interesse generale della città per farne spazi di pubblica utilità.
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Ma un caso equivalente potrebbe essere quello dell’applicazione del piano regolatore: ad esempio i cittadini potrebbero interferire con la costruzione di un edificio in regola con le regole cittadine, ma che porterebbe ombra ad un importante spazio verde del Quartiere. In questo caso i cittadini potrebbero costringere il costruttore ad adeguarsi a regole più limitanti). Si può qui parlare di Piano regolatore decentrato (e, in qualche modo, di Piano regolatore partecipato).
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Si noti che questo limitato potere legislativo può essere dalle istituzioni, ma può anche essere esercitato in modo non-istituzionale dai cittadini. Ovvero i cittadini possono trovare accordi per regolare delle aree del loro Quartiere, a prescindere da una effettiva delega dei poteri concessa dalle Istituzioni (es.: dal Comune).
Ciò può avvenire nello sviluppo del citato Placemaking: i cittadini che accedono a certi spazi possono aderire contrattualmente a regolamenti specifici da essi definiti(che limitano i regolamenti comunali – può trattarsi di orari e modalità di utilizzo, ecc..).
l’importanza di riportare il livello locale alla dimensione del quartiere
E’ necessario considerare che
il livello di quartiere è l’unico nel quale
sia possibile sviluppare
una reale modalità di partecipazione.
Qualsiasi altro livello superiore (ad esempio quello della Circoscrizione) comprende un’area troppo vasta perché si possano avere i fattori della reale partecipazione, tra i quali la possibilità di vivere in prima persona le questioni da affrontare, l’opportunità di discutere quotidianamente con cittadini di tali questioni, la possibilità di raggiungere gli spazi istituzionali a piedi (qualità legate, appunto, alla dimensione del quartiere).
La Circoscrizione appartiene già, ad esempio, ad una dimensione superiore a quella nella quale è possibile applicare forme di government partecipato (da questo punto di vista essa appartiene già alla dimensione del Comune, nella quale è unicamente possibile avere una forma rappresentativa di government).
Nel caso della Circoscrizione si perde infatti l’interesse specifico per molti problemi del territorio affrontati in tale sede (spesso le questioni affrontate sono ubicate al di fuori dell’area di frequentazione dei cittadini).
E diviene, a questo livello, un problema la partecipazione ai meeting o organi istituzionali. E’ infatti per molti cittadini difficile partecipare a tali appuntamenti che trovano luogo lontano da casa (per raggiungerli è necessario prendere i mezzi pubblici, e spesso le riunioni finiscono tardi la sera – o è necessario prendere l’auto con grandi problemi con i parcheggi).
Ed inoltre tali assemblee divengono assai noiose (dispersive) poiché in esse per la maggior parte del tempo il cittadino sente parlare di problemi che proprio non lo interessano, poiché riguardano questioni ubicate in aree esterne a quelle in cui esso vive – tale contesto è estremamente dispersivo, ed è difficile per le persone focalizzare la propria attenzione sui problemi che si vogliono risolvere.
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In ultima analisi, laddove è necessario ricorrere ad assemblee rappresentative non è possibile avere una reale Democrazia partecipata poiché
l’assemblea rappresentativa è
l’antitesi della partecipazione diretta dei cittadini.
L’area nella quale è possibile avere una reale partecipazione è cioè quella “a misura d’uomo” che è definita da tradizioni millenarie, la quale ha caratterizzato per millenni le dimensioni dei “paesini”, e che poi, nelle città, ha caratterizzato (fino alla “rivoluzione” delle Circoscrizioni) il territorio “della parrocchia”, delle scuole elementari, e del mercato rionale (territorio poi identificato con il termine “laico” di Quartiere).
Per questa ragione, se si vuole riformare l’attuale Democrazia riportandola ad una reale dimensione partecipativa, non si può quindi prescindere da un recupero della dimensione “politica” del Quartiere (anche come forma di decentralizzazione delle Circoscrizioni).
Una riflessione sui vantaggi del decentramento delle decisioni di spesa
Uno dei vantaggi del portare parte dell’amministrazione a livello di quartiere è che in questo modo si possono avere (1) interventi molto più efficaci – poiché, ad esempio, potendo gestire buchi nelle strade nei marciapiedi in modo diretto i cittadini possono intervenire molto più tempestivamente della PA (ed inoltre è possibile intervenire laddove l’amministrazione centralizzata non è prorpio in grado di intervenire).
Ma questo tipo di amministrazione partecipata (in qualche modo diretta) (2) permette anche di contenere, di molto, le spese poiché in tal modo i cittadini hanno un controllo diretto del processo di intervento (si pensi anche alle spese più frequenti di manutenzione del territorio).
Ricordiamo che i cittadini nel sistema qui descritto dispongono di un budget limitato, ed in ogni caso sono incentivati a risparmiare poiché il denaro risparmiato sulla manutenzione del territorio (rispetto a quello che sarebbe speso dalla PA) può essere – in parte – utilizzato da essi per effettuare interventi “costruttivi” (come quelli intrapresi con il Placemaking).
Ovvero in questa dimensione si spende solo che ciò che strettamente necessario (e si hanno risultati superiori a quelli ottenuti con la modalità di spesa attuale).
Si noti che si tratta di una modalità di incentivi “passiva”: non viene elargito del denaro a priori, ma viene data una parte del denaro risparmiato al responsabile del risparmio che porta ad una responsabilizzazione dei cittadini.
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In tal modo si sviluppa cioè un sistema virtuoso di spese nel quale i cittadini controllano direttamente il processo dalla scelta di quale lavoro effettuare (e verificano l’effettiva necessità di effettuare il lavoro), all’assegnazione del lavoro, all’evoluzione degli interventi.
L’efficienza del sistema dipende dal fatto che in questo caso i cittadini seguono l’evoluzione dei lavori legati alla specifica spesa, e che quindi capiscono dove il fornitore è manchevole, dove si sono utilizzati materiali sbagliati, dove i costi sono eccessivi, eccetera eccetera.
Uno dei tanti vantaggi di questo sistema di Lavori pubblici partecipato, è che in questo caso è possibile avere un Albo delle imprese co-gestito dai cittadini il quale rivela, tra le altre cose, la corretta reputazione di ogni impresa. In questo caso si ha una sorta di “Autorità partecipata per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture” che funziona molto meglio di un osservatorio istituzionale.
Il recupero del Volontariato
La virtuosità di questo sistema di spesa deriva anche dal fatto che in esso emerge il volontariato, poiché in tal caso i cittadini, essendo responsabilizzati rispetto alle spese, possono decidere di intervenire direttamente sul territorio.
Si noti che molti cittadini sono anche professionisti qualificati per le mansioni che devono essere utilizzate in tale tipo di lavori.
Ed in ogni caso si può benissimo creare un sistema di certificazioni “soft” per cittadini che vogliano intervenire direttamente, ad esempio, per chiudere buchi sui marciapiedi, riparare elementi di un giardino pubblico, ecc … (si tenga conto che oggi i cittadini sono obbligati – per legge – a rimuovere il ghiaccio dai marciapiedi che confinano con l’abitazione, operazione decisamente più critica rispetto a quella di chiudere un buco).
Il recupero del Volontarismo è un fattore determinante per il miglioramento degli interventi sul territorio (prestazioni gratuite, forniture di materiali a prezzo di costo, ecc…) poiché con esso si recuperano forme di convivenza tradizionali che aumentano il senso di appartenenza al luogo, e quindi il senso di responsabilità nei confronti del bene pubblico. Sostanzialmente in tale modalità si modifica radicalmente lo scenario del quartiere, e si recupera la …. modalità della attività conviviali (ad esempio, le domeniche, manutenzione del parco con l’organizzazione di banchetti, ecc …).
Un altro aspetto di questa modalità di spesa (lavori di manutenzione sul territorio) .. è quella di trasformare radicalmente (per certi aspetti) il concetto delle tasse.
In questa modalità di “lavori pubblici” si introduce infatti la good pratice della colletta, che è un significativo esempio di tassa nelle concezione tradizionale (ovvero di “tassa volontaria”): raccolta di denaro volontaria per finanziare la creazione di servizi per la comunità (in linguaggio politico, in tal modo si introduce l’importante caratteristica di option-out rispetto ad una spesa).
() LINEE DI SVILUPPO
DEL NUOVO SISTEMA
DI SERVIZI CROWD-SOURCING
ç_sussidiarietà
Le Smart City vanno viste come Smart community.
O meglio,
le Smart City devono essere concepite come
UN NETWORK DI SMART LOCAL COMMUNITIES:
una rete sociale fatta di “Associazioni di persone” (nuove Associazioni non a scopo di lucro, esistenti forme di solidarietà e sussidiarietà organizzata, nuove forma di Imprenditoria sociale, ecc …). [vedi più avanti il capitolo sulle “Soluzioni private integrate con le PA”]
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Ciò che è fondamentale comprendere, per imprimere una nuova direzione all’innovazione delle Città, è che Smart Cities devono abbandonare l’attuale accezione del termine Smart (intelligenza fornita dalla tecnologie), per adottare un più corretto significato di Smart in quanto sostenibili (in questo caso l’intelligenza è quella dei Cittadini, del Crowd)
I progetti per le Smart Cities devono cioè presentare o goals di una reale sostenibilità dei costi e di un miglioramento della vita psico-fisica dell’uomo: si tratta proprio di quelle qualità che, appunto, sono venute meno nella società urbana a causa della gestione eccessivamente burocratizzata e decentralizzata della Città; e che non si è in grado di ripristinare con l’attuare approccio alle Smart City incentrato sulle tecnologie (e gli alti investimenti, dipendenti da finanziamenti pubblici).
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Nella nuova realtà delle Città realmente sostenibili le PA devono quindi, in primo luogo, non solo guardare più in basso, ma anche
creare delle estensioni verso il basso della loro struttura
con le quali sia possibile
integrare in essa servizi esterni creati nella nuova modalità
(esse devono divenire, per usare termini di moda, delle Open PA). [vedi in precedenza capitolo “Open Public Works”]
Ovvero le Smart City devono organizzare una struttura “nel basso” nella quale i Cittadini si possono organizzare in forme associative private e professionali ed ideare e sviluppare nuove soluzioni per i Servizi pubblici (struttura delineata, appunto, nella Open Platform for Smart Cities o Smart Cities OS).
Ciò può essere fatto, come si è detto, senza dover cambiare di molto le cose (ad esempio integrando questi nuovi servizi nelle Circoscrizioni).
Il progetto Iniziativa Riforma dal Basso definisce anche una piattaforma, la Open PA Platform, che prevede due macro funzioni fondamentali: (1) innovazione dei processi delle PA nell’interazione con i cittadini e nei suoi processi interni; (2) la possibilità di integrare nel sistema dei servizi pubblici nuove forme di servizi “privati” (creati dai cittadini per soddisfare i propri bisogni).
– linee di innovazione per le PA: le Open PA
ç_Open PA
Vediamo quindi quali sono le linee che le nuove PA devono per realizzare una innovazione delle Città che possa produrre Smart Cities veramente sostenibili.
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In primo luogo vanno identificati i vari ambiti di intervento (segue un primo elenco):
* MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI ATTUALI, IN DIREZIONE DELLA SUSSIDIARIETÀ
Cioè un adattamento del Sistema attuale di Servizi pubblici al trend emergente di Sussidiarietà/Crowndsourcing (Open PA: aprendo la struttura della PA alla collaborazione dal basso).
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migliorare L’ACCESSIBILITÀ DEI DATI (delle informazioni). Nel nuovo contesto vi sarà, in realtà, un miglioramento dell’accessibilità delle due tipologie di dati:
1) i dati pubblici attuali (Open Data richiesti dalle Leggi)
2) i dati “privati” prodotti dal Mercato (come le informazioni prodotte dai Media, Università, Istituti di ricerca, ecc ….)
3) i dati Croud-sourcing (copyright free); (a) i dati User Content Generated; (b) ma vi sono anche i dati “del Mercato” divenuti di pubblico dominio, per cessazione del periodo di protezione definito per Legge (come Libri, Musica, Film) .
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Questa ultima categoria è particolarmente importante, poiché permette di rivoluzionare letteralmente, ad esempio, il mondo della scuola. Vi sono già esperimenti di successo nei quali si usa un materiale didattico sia del tipo 2.a che 3.b (molti importante quello sviluppato in Italia). In questo caso il mercato può porre giustificate resistenze.
Ma molto importante è migliorare l’accessibilità dei dati delle PA, come quelli di un registro delle opere pubbliche (anche delle opere ancora in progetto), per permettere ai Cittadini di esprimere giudizi (in questo caso le PA possono porre giustificate resistenze).
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migliorare LA FRUIZIONE DEI SERVIZI ATTUALI (e diminuirne i costi, ovvero le spese dei Cittadini). E’ appunto la direzione che si sviluppa con le Smart City definite nel presente Progetto (ovviamente il miglioramento deriva anche dall’apertura del sistema dei servizi all’integrazione di componenti dal basso).
Vediamo alcuni tipi di miglioramento, prendendo come esempio il caso della Sanità: è possibile, definendo uno scenario radicalmente nuovo “verso il basso”:
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downsizing – decentralizzazione/”localizzazione”: ad esempio con le soluzioni di “micro-ospedali di Quartiere” (ci sono già iniziative delle PA in questa direzione), che possono portare una lunga serie di vantaggi. Sono possibili, in questo caso, due livelli di complementarietà di “servizi “spontanei” dal basso: da parte della parentela (che abita, in questo caso, nelle vicinanze); e da parte di volontari: in un quartiere che vive nella nuova dimensione descritta in precedenza vi è una buona familiarità tra le persone, ed è molto più probabile che in tale situazione le persone si muovano per aiutare qualcuno che conoscono, anche solo per averlo visto molto volte al mercato (si pensi anche ai pazienti che necessitano di lunghe degenze, o cronici).
Naturalmente queste nuove abitudini di vita virtuose devono essere viste in un nuovo contesto nel quale, ad esempio, con nuovi Social network “di quartiere”, si sa cosa è successo alla persona che non si vede più in giro (o meglio, si possono leggere richieste di aiuto, per persone che si conoscono, e sapere quando sono decedute, e partecipare ai funerali – o quando sono ricoverate in ospedale).
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spostamento dell’erogazione del servizio verso l’utente: esempi sono il parto a casa, e gli uffici, come quelli dell’ATM, che, in camper, si spostano di quartiere (o l’esempio citato in precedenza delle apparecchiature mediche di diagnosi).
Una “variante” di questa linea di innovazione è rappresentata, ad esempio, da strutture di accoglienza per familiari di persone ricoverate in ospedale, le quali abitano fuori città.
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( opr out)
* stimolare e facilitare la creazione di NUOVE TIPOLOGIE DI SERVIZI (dal basso)
In questo caso però come si è detto, si tratta non tanto di “creare” nuovi servizi, ma di creare le condizioni affinchè questi vengano spontaneamente ideati dal basso. Come vedremo questi possono essere:
1) “servizi pubblici”, vicini alla concezione attuale, o
2) servizi prevalentemente gestiti dai privati (es.: piccoli asili in appartamenti).
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Per questa ragione la PA, come si visto in un precedente capitolo, deve:
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aprire la sua struttura alla integrazione di servizi dal basso (Crowd-sourcing). Vi sono due livelli di integrazione dei Cittadini: <> “in orizzontale”, con piccoli sviluppatori, come studenti di materie informatiche, piccole software house, ecc … <> “in verticale” con PA, grandi Player del Mercato, enti di supporto come Università, ecc …
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creare responsabilizzazione dei Cittadini (vi devono essere dei meccanismi che premiano l’efficacia dei servizi).
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informare e formare i Cittadini affinchè essi comprendano cosa significa la Sussidiarietà; e quali sono i vantaggi di un nuovo Welfare organizzato dal basso.
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definire una piena integrazione delle Associazioni di operatori con la cittadinanza locale (le loro azioni devono sempre essere legittimate dal consenso dei Cittadini).
– le qualità dei Servizi crowd-sourcing
I Principi di base dello sviluppo delle attività di Servizi dal basso sono:
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esprimersi-informarsi (attraverso canali UGC) [vedi il progetto Web TV]
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comunicare/intraprendere nuove relazioni sociali “costruttive”
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organizzarsi in gruppi operativi
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sviluppare attività (anche le nuove forme di Imprenditorialità).
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queste ultime tre attività vengono sviluppate attraverso il Social Network “costruttivo” analizzato nella sezione precedente.
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le nuove soluzioni vengono sviluppate in modo facilitato dal Framework di sviluppo analizzato nella prima sezione.
Tra la PA e i Cittadini ( e le “Sfere sociali”) si instaura quindi un nuovo rapporto di:
1) autonomia: le nuova Associazioni sociali devono poter operare, erogando i servizi, in parallelo rispetto alle PA (ed in modo integrato con esse).
2) supporto: le PA devono supportare le nuove Associazioni in diversi modi: informazione, competenze, sussidi.
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I nuovi servizi dal basso devono sviluppare le seguenti qualità:
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creare nuove modalità di Servizi che producano maggior soddisfazione dei bisogni dei Cittadini, a costi minori per le PA e per gli utenti (nelle stesse direzioni nella quali deve operare la PA: in primis: downsizing, decentralizzazione/”localizzazione” e spostamento dell’erogazione del servizio verso l’utente)
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migliorare le comunicazioni (multimediali) tra persone (e tra enti e persone).
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creare nuove modalità di Consumo 2.0 (vedi progetti di e-Commerce locale).
– 3 –
INTERVENTI DI INNOVAZIONE DELLE MODALITÀ DI GESTIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE(RIFORMA DAL BASSO)
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Nelle sezione precedenti sono state analizzate le possibilità, per un movimento outsider che detenga delle posizioni istituzionali di potere, di sviluppare policy non convenzionali per far fruttare al massimo tale posizione nell’immediato e nel lungo periodo.
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E quindi sono state analizzate le possibilità di portare la città ad una dimensione di reale Democrazia partecipata con de-centramento (effettivo, e non formale) delle funzioni di government ed amministrativo. Inducendo una nuova dimensione della città basata, tra le altre cose, su nuove modalità di vita e su nuovi processi di gestione del territorio.
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In questa sezione si delineano alcune specifiche Soluzioni di innovazione di infrastrutture ed i servizi che possono divenire la base della Democrazia partecipata che consistono in progetti da me sviluppati negli anni con esperti di vari settori.
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Definendo anche, in tale direzione, uno scenario di innovazione più generale delle strutture sociali (delle modalità di vita all’interno della città) e delle modalità di gestione della Pubblica amministrazione (si delinea, cioè, un percorso di riforma verso le forme tipiche della Democrazia partecipata, e di un Welfare 2.0).
PRENDI FORSE MOLTE COSE DA lb-irdb-solut®—SmartCities e Istituzioni post
qui metti solo accenno .. scuola partecipata .. e parti in Advisor vol 2 –
– qui outline, sviluppato nel cap successivo –
forse il capitolo successivo (approfond.) lo sposti nel secondo documento …..
LA RIFORMA DEL SISTEMA SOCIALE
COME RISULTATO DELLA ATTIVAZIONE
DELLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA
(PREMESSE)
Si è detto che
un Partito o Movimento outsider per poter sfruttare al massimo una carica istituzionale ottenuta, deve creare attorno a sè un consenso che lo porti ad assumere un potere di fatto che gli permetta di neutralizzare le azioni di contrasto portate dai poteri istituzionali precostituiti.
In primo luogo tale Movimento deve produrre azioni che possano confermare ai cittadini (agli elettori che hanno contribuito a mettere il Movimento alla carica governativa attuale) di essere realmente “la cosa nuova” che essi si aspettano (ossia di essere realmente in grado di migliorare le cose, dopo anni di government falsamente dedicati a riformare una Democrazia sostanzialmente fallimentare nella quale la qualità della vita – servizi, traffico, aspetti della vita urbana ..ecc … – è costantemente peggiorata).
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A questo fine è necessario, tra le altre cose, agire (già nel breve periodo) in modo sostanziale in direzione di ciò che si è promesso nella campagna elettorale (per il M5S si tratta di seguire propositi come: “migliorare la qualità della vita”, essere pronti “ad accogliere la voglia di cambiamento dei cittadini” “senza calare progetti dall’alto”, “ripartire dai quartieri”)
Sostanzialmente si tratta di sviluppare una innovazione delle strutture pubbliche (infrastrutture e servizi per i cittadini, processi interni della PA, sistema di government)
secondo i Principi posti alla base del Movimento:
la Democrazia partecipata
(government ed amministrazione partecipati)
Come si è detto, strategie che non si basino principalmente su tali principi ed enunciati elettorali comporterebbe nell’elettorato la percezione del tradimento, e di conseguenza un venir meno del supporto della cittadinanza – nella quotidianità come opinione pubblica (non supportando il Movimento nella difesa contro iniziative di de-stabilizzazione), ma anche come elettori alle successive elezioni.
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Questa innovazione quindi:
● nel breve periodo deve produrre in modo tangibile il miglioramento della vita urbana promesso: vi deve essere percezione immediata del miglioramento in atto – normalmente si parla di una prima fase dei 100 giorni nella quale, accanto a programmi specifici credibili e circostanziati, si creano già iniziative operative sul territorio. E’ importante che tale cambiamento avvenga già dall’inizio nella promessa modalità partecipata (una modalità nella quale la cittadinanza percepisca la possibilità di intervenire direttamente nel processo di soluzione dei propri problemi sul territorio).
● nel medio lungo-periodo deve essere sviluppata una innovazione sostenibile. E tale sostenibilità deve essere documentata in modo credibile già dall’inizio (è necessario spiegare in modo comprensibile in cosa consiste la differenza dei nuovi interventi rispetto a quelli del passato – si tratta quindi di sviluppare una nuova cultura del government che diviene la base dello sviluppo della nuova politica partecipata).
E’ necessario comprendere che la sostenibilità dei nuovi interventi è possibile, appunto, unicamente grazie alla partecipazione dei cittadini all’amministrazione di servizi ed infrastrutture pubbliche. Partecipazione alla produzione di idee sul miglioramento delle cose, ed alla progettazione, creazione e gestione degli interventi.
Solo nella modalità realmente partecipata si può .uscire dall’attuale meccanismo vizioso degli interventi “calati dall’alto” e gestite senza controllo da parte della cittadinanza; modalità nella quale le spese divengono insostenibili ed i servizi inefficaci.
Sussidiarietà e recupero del Volontariato
Come si è detto, nelle varie forme di imprenditorialità sociale dalla modalità sussidiata si recupera non solo la qualità dei servizi e delle opere pubbliche, ma si interviene anche fortemente sulla spesa in primo luogo perché vi è un monitoraggio diretto dei cittadini sulla qualità dei lavori effettuati. Ma anche perché si recupera la componente volontariato (una tendenza spontanea molto sviluppata in questi tempi, che oggi però non oggi può essere applicata a servizi di pubblica utilità a causa della dimensione monopolistica dei servizi della PA protetti da infinite normative vincolanti; quella del volontariato è una tendenza che va invece canalizzata e supportata con nuove regole e strumenti).
Il vantaggio di questa nuova dimensione di volontariato si ha nelle prestazioni dirette dei cittadini (molti di essi sono professionisti), ma anche in altre possibilità, come quella del procurarsi materiarli a prezzi di costo, ecc …
Nel presente documento sono definite soluzioni si servizi pubblici basate in modo sostanziale sul volontariato sussidiato, come quelle del Servizio civile di quartiere con il quale è possibile, ad esempio con una Casa dei servizi polifunzionali (descritti in altro punto) che possono offrire servizi, in scala ridotta (che però possono coprire efficacemente un gran numero di casi, portando notevoli risparmi e aumento dell’efficienza rispetto ai servizi istituzionali attuali) di primo soccorso sanitario o dei vigili del fuoco [vedi più avanti il capitolo “servizi di sicurezza sociale partecipati > Pronto intervento di soccorso come Servizio civile di quartiere”]
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Per poter realizzare un sistema virtuoso di iniziative dal basso fortemente basate su imprenditorialità sociale e volontariato, è importante instaurare una dimensione di sussidiarietà (seguendo la direttiva UE sulla sussidiarietà) nella quale (1) da un lato si instaurino forme di tassazione più libera (più Demos-cratica) nella quale vi sia, ad esempio, la possibilità di option-out dai pagamenti di servizi dei quali non si beneficia e (2) sussidi per chi voglia creare, forme di servizio pubblico con i quali soddisfare direttamente i propri i bisogni (i bisogni di più cittadini associati tra loro).
Un caso di riferimento è quello del cosiddetto bonus scuola per chi non manda i figli alla scuola pubblica, ma provvede in prima persona all’educazione del figlio creando una scuola parentale: in questo caso la PA dando al cittadino solo una parte del denaro speso – sperperato – per educare il giovane nella scuola pubblica, permette alla famiglia di mantenere il figlio in una scuola privata.
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Si noti che queste nuove modalità di organizzazione dei servizi di pubblico interesse sul territorio producono un forte consenso per il fatto che i cittadini in tale modalità possono toccare con mano l’effettivo miglioramento della qualità della loro vita e la riduzione dei costi della vita urbana ottenuto. Si tratta in questo caso di un convincimento “non politico”, bi-partisan, in grado di convincere della qualità delle nuove “politiche” anche oppositori del Movimento.
Il fatto è che queste nuove metodologie non producono unicamente miglioramenti a livello efficienze, ma con esse si crea una nuova dimensione conviviale nelle comunità locali all’interno della città che apporta un miglioramento della vita anche nelle qualità umane più sottili (vedi in latri punti descrizione delle iniziative di Placemaking).
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE COME SERVIZIO AL CITTADINO
ç_Government come servizio
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Per poter perseguire questa riforma sostanziale della PA è necessario riflettere, a monte di tutto, sul significato dei termini implicati nella riforma. In primo luogo è necessario prendere in considerazione la parola “Pubblica” amministrazione: con il termine pubblico si intende un qualcosa la cui finalità primaria è il “pubblico” (i cittadini).
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In altre parole il ruolo sostanziale della Pubblica amministrazione (e del government) è di essere al servizio del cittadino.
Uno dei criteri di democraticità delle componenti di un Sistema democratico è infatti la loro rispondenza alle finalità di soddisfazione dei bisogni del cittadino. Qualsiasi altra finalità introduce un conflitto di interesse che inficia le qualità di base di una iniziativa di servizio pubblico.
Ciò significa che sono illegittime, in una reale Democrazia, non solo le azioni rivolte alla soddisfazione di cosiddetti “interessi politici”, ma anche quelle rivolte alla soddisfazione di interessi “ideologici”: è cioè illegittimo amministrare il territorio applicando idee che si ritengono essere “giuste in assoluto”, ma che non sono idee esplicitamente espresse dai cittadini. Si tratta non solo di un “problema di principio”; si tratta anche di una contraddizione dei principi di funzionamento della Democrazia che nel tempo produce diseconomie ed inefficienze (a causa di un distaccamento della classe dirigente dai reali bisogni della gente).
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In ultima analisi, appunto, qualsiasi ente di government/amministrazione in democrazia deve essere al servizio del cittadino: qualsiasi azione intrapresa da esso deve essere il risultato di un bisogno esplicitamente espresso dal cittadino (e, in una dimensione di reale Democrazia, ossia in un contesto di Democrazia partecipata, le azioni della PA devono essere compartecipate, a livello di progettazione, realizzazione e gestione, dai cittadini).
Un altro modo per vedere la cosa è che il potere esercitato dalle istituzioni di Amministrazione (e di Government) non è un reale potere, ma un riflesso del potere del Demos (in realtà government significa non esercizio di potere, ma amministrazione – per conto di altri).
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Un esempio della necessità di rispettare il concetto della PA al servizio del cittadino lo si ha nel campo della “cultura”, dove oggi si pensa che le iniziative culturali debbano essere gestite dall’alto per educare i cittadini (seguendo l’idea dello Stato pedagogico), mentre in una reale Democrazia le “iniziative culturali” dovrebbero consistere in iniziative che partono su richiesta dei cittadini, i fruitori di tali iniziative (e solo successivamente essere sussidiate dalla PA).
la necessità di una opportuna informazione legata alle iniziative della PA
Si sottolinea il fatto che le azioni intraprese dalla Pubblica amministrazione devono essere necessariamente accompagnate da informazioni finalizzate alla comprensione dell’iniziativa (cosa che oggi non accade affatto).
Uno degli esempi più significativi della mancanza di informazioni legate alle iniziative attuate dalla PA è quello relativo al blocco della circolazione delle auto (anche solo parziale): in tal caso, per un cittadino è di fondamentale utilità (per poter andare al lavoro) conoscere i dettagli dell’iniziativa in tempo utile (oggi spesso i cittadini vengono multati perché non erano a conoscenza dell’iniziativa, e poi devono continuamente inseguire le informazioni per sapere se il giorno successivo potranno utilizzare la loro auto).
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In sintesi una amministrazione realmente democratica deve seguire le seguenti regole:
1) non c’è iniziativa senza partecipazione dei cittadini alla sua concezione. Se manca questa qualità, l’amministrazione di fatto trasgredisce i principi della Democrazia, e segue preconcetti ideologici o comunque “di parte”.
In altre parole l’Amministrazione deve seguire i seguenti criteri::
● le azioni delle PA devono partire da bisogni sentiti dalla cittadinanza (ed esplicitamente espressi da essa), altrimenti la Democrazia si trasforma in un regime ideologico.
● il concetto di cittadinanza, in Democrazia, presuppone la presa in considerazione della maggioranza dei cittadini (non rispettando questo principio, si ricade comunque in una dimensione ideologica, nel quale si decide arbitrariamente – rispetto alle regole della Democrazia – che una minoranza deve essere favorita rispetto ad un altra).
2) non può esserci iniziativa della PA senza che siano portate ai cittadini le informazioni con le quali si comunica la necessità di adeguarsi a quella iniziativa. Oggi si da invece per scontato che il cittadino guardi tutti i giorni il TG locale, o legga il quotidiano della città, ed attraverso tali canali venga a conoscenza dell’iniziativa.
il ripensamento del concetto di trasparenza (trasparenza attiva)
ç_trasparenza attiva (come push)
In tale contesto emerge cioè la necessità di aggiornare il concetto di trasparenza, oggi utilizzato in modo errato.
La trasparenza applicata oggi in realtà non è infatti una qualità che permette ai cittadini di essere informati su quanto fatto dalla PA.
Perchè ciò avvenga (perché il cittadino possa avere una corretta conoscenza della azioni sviluppate della PA affinchè possa adeguare ad esse ii propri comportamenti), le informazioni delle PA devono essere portate al cittadino attraverso canali “push information model” (trasmissione verso l’utente:
le informazioni devono essere spinte verso il cittadino, e non messe a disposizione degli utenti affinchè questi le possano trovare).
Non ha cioè senso l’attuale forma di trasparenza passiva applicata oggi – solo in teoria – nel caso dell’attivazione di iniziative (o di promulgazione di nuove norme), poiché tali azioni perché abbiano effetto
i cittadini devono conoscere l’esistenza di tale iniziativa, e sapere come fare per adeguarsi ad essa,
altrimenti si arriva al paradosso del blocco delle auto finalizzato migliorare le condizioni dell’aria che molti non sanno che esiste (in tal caso si fornisce l’impressione che l’amministrazione miri in primo luogo ad incamerare denaro attraverso le multe).
Le informazioni devono essere cioè:
1) in primo luogo – rilasciate con tempestività – in modo da avvisare (con assoluta certezza) i cittadini dell’esistenza dell’iniziativa (o della norma): senza tale comunicazione effettiva l’iniziativa non può avere reale effetto (non può nemmeno essere considerata, in senso democratico, legittima).
2) ed inoltre l’informazione relativa ad una iniziativa deve indicare con chiarezza le modalità necessarie per adeguarsi ad essa (con eventualmente l’implementazione di funzioni online che possano favorire la fruizione dell’iniziativa, come nel caso degli adempimenti relative agli adempimenti per legge – vedi Open PA)
Il cambiamento, in termini tecnici, è nel passaggio da una pubblicazione (passiva) alla attivazione di un canale attivo nella modalità sottoscrizione/trasmissione: l’utente si iscrive ad un canale (ha la possibilità di selezionare anche solo la trasmissione di alcune informazione specifiche), e quindi riceve le informazioni necessarie appena queste sono disponibili. Mentre nella versione passiva (pull/get o seach/get) l’utente deve andarsi a cercare le informazioni.
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Ciò vale probabilmente per tutte le azioni della PA.
Nella comunicazione è necessario tener conto del digital divide, e ricorrere anche ai canali di informazione più semplici e diffusi di quelli “digitali” (per il caso del blocco del traffico i cittadini dovrebbero potersi iscrivere a servizi di SMS, o anche a telefonate da parte di segreterie telefoniche automatiche).
Può esserci una estensione di questa soluzione a servizi di grande utilità anche se non si tratta di questioni relative all’amministrazione comunale, come la scadenza della patente o del bollo auto, del cambio dell’ora legale (servizi che comunque soddisfano i cittadini).
Si veda più avanti soluzioni come quella dell’Account unico comunale e di Open PA che permettono anche il tracking degli adempimenti, delle multe, ecc …
◘◘◘●●● LE AREE DI INTERVENTO
(in cui sono divise le soluzioni proposte)
Forse le soluzioni
ora sono in Democrazia Diretta (forse in parte ?!?)
I FONDAMENTI DEL PERCORSO DI INNOVAZIONE VERSO UNA DEMOCRAZIA PARTECIPATA
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qui vi è la parte da business plan da advisor di cose dette anche in altri documenti
ovviamente qui, essendo come advisor a livello locale, non sono comprese ● giustizia ecc …
La questione che oggi ci si pone quando si cerca una soluzione per l’attuale crisi delle Democrazia europea (del Welfare 1.0) è quindi: come si può intervenire per riformare un sistema di servizi (e di opere pubbliche) che è endemicamente inefficace ed insostenibile in quanto a spese?
Il fatto è che, appunto, ora esso è intrinsecamente inefficace ed insostenibile perché basato sul sistema di government ed amministrazione centralizzato, nel quale poche persone pretendono di individuare i bisogni dei cittadini (o se volgiamo, in una visione più disincantata, il problema è che in un sistema del genere si crea un conflitto di interessi tra la classe governante e la cittadinanza).
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La soluzione non è altro che ritornare
all’unica condizione che permette alla Demos-crazia
di funzionare in modo corretto:
la partecipazione dei cittadini
(si parla della reale partecipazione, nella quale i cittadini detengono un reale potere decisionale).
Ovvero si tratta di mettere in piedi un sistema di gestione dei servizi e delle opere pubbliche che, come si è illustrato nei precedenti capitoli, presenta il doppio vantaggio:
1) di rendere immediata la percezione da parte dei cittadini del miglioramento apportato rispetto al sistema attuale (miglior qualità della vita che si concretizza in modalità di vita conviviali – si veda in precedenza il Placemaking: le soluzioni nelle quali i cittadini si ritrovano ad operare in corvee che sono anche momenti di svago).
2) del fatto che tali iniziative – strutturate in modo opportuno, vedi Iniziativa Riforma dal Basso – nascono già per operare in modalità piuttosto indipendente dalle istituzioni. Ovvero anche in caso di estromissione dalle cariche politiche del promotore, tali strumenti possono essere resi totalmente indipendenti e gestiti dall’esterno delle istituzioni (è cioè possibile in tal modo continuare ad operare una reale riforma partecipata anche dall’esterno delle istituzioni).
● L’ESSENZA DELL’INNOVAZIONE PROPOSTA: VERSO UN WELFARE 2.0
In questa sezione si illustrano soluzioni di vario genere (gestite direttamente dalle PA, gestite in modalità “privata” ma integrata nelle PA, ed anche soluzioni totalmente indipendenti dalle PA) che nell’insieme, definiscono una nuova dimensione di Welfare: un Welfare sostenibile (Welfare 2.0) nel quale da un lato diminuiscono le spese e dall’altro aumenta la qualità dei servizi.
Ciò è possibile, appunto, con una apertura delle PA all’integrazione di servizi “privati” (e con l’attivazione di strategie di diffusione della cultura dell’Imprenditoria sociale, con l’incubazione di nuove attività, ecc …).
la Smart Citizenship come nuova dimensione della città
Queste soluzioni di Smart Citizizenship si inquadrano in uno scenario di innovazione più generale delle strutture sociali (delle modalità di vita all’interno della città) e delle modalità di gestione della Pubblica amministrazione che definiscono
una città partecipata nella quale
si trasforma la concezione di cittadinanza:
l’attuale cittadinanza passiva nella quale i cittadini subiscono regole e servizi prodotte dalla Pubblica amministrazione, si passa ad una una cittadinanza attiva (non solo in senso “politico”).
Ovvero si trasforma l’attuale situazione nella quale nella quale l’esistenza del cittadino è limitata dalle possibilità dei servizi offerti dalle istituzioni, in una situazione nella quale i cittadini possono migliorare la qualità della vita urbana nella città in modalità indipendente dalle decisioni (e dai permessi) del government e della Pubblica amministrazione.
La Smart Citizizenship è quella dimensione nella quale i cittadini divengono responsabili di se stessi, e sono quindi in grado di soddisfare gran parte dei loro bisogni specifici attraverso soluzioni in gran parte basate sulle nuove tecnologie (comunicazione telematica interattiva). [vedi documento “Smart approach for the Smart cities”].
Si tratta di un ulteriore passo verso la definizione di un nuovo Welfare sostenibile nella quale i cittadini si organizzano per estendere le possibilità dei servizi pubblici (e delle loro risolse private individuali), divenendo in questo modo attori di una innovazione Citizen driven che produce soluzioni in grado di soddisfare effettivamente i reali bisogni delle persone (della Città).
l’innovazione dal basso come innovazione sostenibile
Si noti che una vera innovazione – una innovazione sostenibile – non può essere che una innovazione sviluppata “dal basso” [vedi documento “Smart Cities: Introduzione”]
Innovare significa infatti, in sostanza, creare qualcosa che migliora in qualche modo la qualità della vita delle persone (significa cioè creare strumenti e modalità che aiutino le persone a soddisfare, nel miglior modo possibile, i loro bisogni). Ed in questo senso l’unica forma di reale innovazione è quella prodotta “dal basso” (come è stato per millenni), poiché nessuno meglio delle persone detentrici dei bisogni da soddisfare può sapere cosa è veramente necessario fare per loro.
Per alcuni decenni i grandi player del mercato hanno detenuto il monopolio dell’”innovazione dall’alto” per diverse ragioni.
● la necessità di utilizzare tecnologie avanzate, con le quali venivano prodotte soluzioni che alla fine si sono sempre rivelate insostenibili (troppo care nella creazione e nella gestione).
● la dimensione cosiddetta del Crony capitalism: il supporto “interessato” del mondo della politica che ha supportato i costi insostenibili di tali soluzioni con la “spesa pubblica”.
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Una nuova forma di innovazione dal basso è ora possibile per il fatto che il livello di “potenza” raggiunto oggi dalle Tecnologie consumer uguaglia, per ciò che riguarda la grande maggioranza di soluzioni innovazione dei “servizi pubblici”, quello delle Alte tecnologie. Cosa che permette, appunto, di portare l’innovazione dagli insostenibili centri di ricerca dei grandi operatori del mercato, a livello del crowd.
La possibilità di creare applicazioni in modo semplice e rapido le quali siano in grado di modificare radicalmente modi di vivere la città sono testimoniate dai casi, tra gli altri, di Uber, Airbnb, BlaBlaCar.
Ma oggi è possibile creare anche soluzioni “hardware” crowd-sourcing grazie alla possibilità di integrare in modo semplice ed economico dispositivi hardware consumer come webcam, droni, ecc …
Non va poi dimenticato il nascente trend del Maker: la modalità di produzione hardware che permette di assemblare con semplici competenze di hobbista avanzato degli dispositivi hardware complessi (ci si basa su schede hardware Arduino, sulle stampanti in 3d, ecc …).
Si noti il vantaggio di questa modalità di produzione (anche in fatto di immagine positiva per le Amministrazioni): esso, tra le altre cose, permette di spostare all’interno della città le produzioni delle soluzioni hardware, con grande giovamento per l’occupazione.
In ultima analisi oggi è possibile passare da una innovazione basata su tecnologie sempre più sofisticate (e quindi sempre più costose) – spesso commercializzate nel nome di una ecologicità che è solo sulla carta – ad una forma di innovazione sostanzialmente ripensata nella qual quale si sviluppano prodotti più “semplici”, “meno automatici”, ma dai costi di acquisto (sono anche auto-costruibili) e di gestione nettamente inferiori (presentano anche una durata estremamente superiore ai prodotti attuali). E comunque prodotti che offrono risultati migliori di quelli ad alta tecnologia.
LE PIATTAFORME INNOVATIVE
CHE SONO ALLA BASE DELLE SOLUZIONI QUI ILLUSTRATE
Nel presente documento si introducono alcuni i progetti di Piattaforme informatiche basate sulle tecnologie interattive di comunicazione (Internet, SmartPhone apps, ecc …) che permettono di sviluppare forme di politica partecipata (Open Government Platform), innovazione della gestione delle PA (processi interni e di interazione con i cittadini – Open PA), innovazione del Sistema-città (Smart City OS).
Tali piattaforme sono concepite per essere create e gestite a costi infinitamente inferiori rispetto a quelle attuali (tra le altre cose sono Open Source).
● IL SOTTILE CONFINE TRA PUBBLICO E PRIVATO NEI SERVIZI
Il presente documento è incentrato sulla questione dell’innovazione del sistema dei servizi delle PA (o, se volgiamo, sull’innovazione del Welfare):
in una dimensione di Democrazia (realmente) partecipata
I SERVIZI PUBBLICI DEVONO ESSERE APERTI
ALLA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI.
Ciò avviene, in una reale dimensione di partecipazione, attraverso due modalità:
1) partecipazione nel senso più conosciuto, ovvero con forme di government/amministrazione partecipata (progettazione ed amministrazione partecipata). Ma anche attraverso
2) una integrazione nel sistema dei servizi pubblici di attività create e gestite direttamente dai cittadini (attività “private” sviluppate per lo più secondo la modalità dell’imprenditoria sociale sussidiata).
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A tal proposito è però necessario precisare che
in una Democrazia realmente partecipata
IL CONFINE TRA I SERVIZI PUBBLICI E QUELLI “PRIVATI”
DIVIENE MOLTO SOTTILE.
Per comprendere ciò è necessario ricordare che la Democrazia è sostanzialmente un sistema di soddisfazione dei bisogni dei cittadini (tema illustrato nel documento “Verso la Democrazia partecipata o diretta”). E che in un regime come quello della Democrazia (realmente) partecipata, i cittadini si occupano in qualche modo di progettare e gestire direttamente i servizi (di soddisfare loro bisogni).
E, appunto, in un contesto del genere il confine tra i classici “servizi pubblici” ed i servizi privati (gestiti in modalità di imprenditoria sociale) è molto sottile per il fatto che in entrambe le tipologie di servizio – delle PA e “private” – sono i cittadini che in qualche modo progettano e gestiscono i servizi.
Si noti inoltre che quella l’innovazione del sistema dei servizi pubblici qui descritta è una innovazione radicale (una reale riforma, e non un tentativo di introdurre elementi correttivi in un sistema fallimentare nelle premesse). Il che significa che, per comprendere le innovazioni qui descritte, è necessario immaginarle in uno scenario profondamente rinnovato (vedi documento “Verso la Democrazia diretta”)
Ovvero, in altre parole, l’innovazione qui descritta non può avere luogo se non si cambiano molti dei fattori che oggi rendono fallimentare il sistema dei servizi pubblici (il problema è che ognuno di tali fattori, se profondamente riformato, è in grado di annullare i processi partecipati di innovazione).
Tra questi fattori il più importante è quello delle modalità di partecipazione dei cittadini alle azioni di government/amministrazione): se, a monte di tutto, non si introduce un reale sistema di partecipazione, non diviene possibile avviare un reale processo di innovazione del sistema dei servizi pubblici.
Come si è detto in precedenza, l’unico modo di riformare sostanzialmente (ossia di farlo realmente uscire dalla attuale crisi economica e funzionale) un sistema come quello dei servizi legato alla attuale forma di politica istituzionale, la quale blinda ogni tentativo di reale innovazione (riforma), è di procedere su una strada di Citizen driven innovation la cui efficacia è doppia: non dipende dagli “interessi” del mondo della politica, e si affronta la progettazione del nuovo sistema di servizi basandosi sul contributo di chi detiene i bisogni da soddisfare).
E’ anche necessario, a monte di tutto, chiarire uno degli equivoci di fondo che oggi porta le istituzioni a bloccare l’apertura dei sistema dei servizi pubblici ad iniziative “private”: quando nel presente testo si parla di servizi privati non si intendono iniziative “di Mercato” (ma non si intende nemmeno i servizi delle “cooperative sociali” nella loro concezione attuale, che sono, di fatto, una emanazione delle PA).
Si intende invece, appunto, una nuova forma di “imprenditoria” sviluppata in modalità “social”, che permette di andare oltre quelli che possono essere i problemi prodotti dalle pure iniziative di mercato.
Non si vuole qui demonizzare il Mercato, ma con una nuova generazione di iniziative si imprenditoria sociale sussidiata si possono creare condizioni virtuose che probabilmente non è possibile creare con soluzioni puramente di mercato.
Ciò è possibile per il fatto che tra un servizio privato concepito in modalità business (come è ora) ed un servizio di imprenditoria sociale vi è una differenza sostanziale: il primo ha – giustamente – il profitto come fine, mentre nel secondo il profitto perde di significato poiché l’attività è qui gestita dagli stessi utenti del servizio.
Si noti inoltre che le cooperative nella concezione originaria erano sostanzialmente differenti da quelle che operano oggi: mentre quelle di oggi, in moltissimi casi, non sono altro che forme di business mascherate con una immagine “social” (un business non fine a se stesso, ma che opera come supporto al mondo della politica), le cooperative sociali nella loro concezione tradizionale erano reali associazioni di persone che si univano per soddisfare i loro stessi bisogni (come le Mutue cooperative di soccorso, poi soffocate dall’allargarsi del monopolio dei servizi sviluppato dallo Stato).
Oggi si tratta semplicemente di recuperare quella dimensione virtuosa perduta per inseguire “interessi di parte”, tenendo conto che le tecnologie attuali permettono di gestire tali enti in modo estremamente più efficiente di un tempo.
Uno degli esempi che meglio mostrano come in una reale democrazia (realmente partecipata) la differenza tra i servizi pubblici e quelli “privati” sia molto sottile, è quello della Scuola.
In questo caso la Scuola è un servizio pubblico, ed è solitamente gestita direttamente dalle PA. Ed emergono i limiti di tale impostazione:
1) come detto in precedenza, in questa dimensione il cittadino è costretto ad accettare un servizio predefinito e quindi limitato (per creare servizi “universali” la PA è ovviamente obbligata a fare delle scelte, ovvero a limitare le opzioni offerte).
2) i costi del servizio nel caso della Scuola pubblica sono di molto superiori a quelli degli equivalenti servizi privati (scuole private gestite direttamente dai genitori, come sono le sempre più diffuse scuole parentali).
L’esempio della scuola mostra, appunto, come
i cittadini che condividono gli stessi bisogni possono unirsi tra loro e crearsi da sé un servizio migliore di quello offerto dalla PA.
Portando un vantaggio sia ai cittadini che alla PA (un notevole risparmio di denaro).
Ricordiamo che la PA dando alla famiglia solo una parte del denaro che sarebbe speso dalla scuola pubblica per mantenere lo studente al suo interno, permetterebbe alla famiglia di mantenere il figlio in una scuola “privata” . E ciò vale probabilmente per qualsiasi forma di servizio.
Una Amministrazione locale che voglia divenire realmente partecipata deve quindi, oltre a dotarsi dei conosciuti strumenti di amministrazione/government partecipati, prevedere anche l’integrazione nel sistema dei Servizi pubblici di servizi “privati” (creati e gestiti dal basso in modalità di impresa sociale). E deve anche, ovviamente, a monte di tutto, stimolare e facilitare la nascita di tali forme di servizi crowd-sourcing.
Nel successivo capitolo è definita una piattaforma amministrativa, la Open PA platform (in parte orientata alla innovazione dei processi delle PA), che prevede appunto l’apertura della Pubblica Amministrazione alla tipologia di servizi privati descritta in precedenza.
LA DEFINIZIONE DI UNA REALE POLITICA PARTECIPATA (POLITICA 2.0)
la necessità di sviluppare un reale empowering dei cittadini (ri-distribuzione del potere istituzionale)
m5s Un partito che si proponga come sostenitore dello sviluppo della Democrazia partecipata
deve mettere al primo posto nelle sue strategie
LO SVILUPPO DI UNA MAGGIOR PARTECIPAZIONE
DELLE POLITICHE ED AMMINISTRATIVE.
Si consideri che questa non è solo una questione di immagine, ma è una questione sostanziale: la crisi della Democrazia europea deriva proprio dal fatto che oggi si ha uno scollamento tra la classe politica/amministrativa la vita reale del paese (ovvero ii reali bisogni delle persone). In altre parole l’attuale crisi economica e funzionale della Democrazia deriva, appunto, da una assenza di partecipazione dei cittadini alle attività politico/amministrative (il Demos è l’elemento fondamentale nella Democrazia: senza la partecipazione del Demos la Democrazia per la sua essenza virtuosa).
Per uscire dalla attuale crisi è quindi necessario sviluppare un re-engagement dei cittadini che permetta di recuperare quella reale partecipazione necessaria ad un corretto funzionamento del Sistema democratico.
Si tenga conto che, al contrario di quanto pensa oggi la Classe politica, il cambiamento verso una Democrazia partecipativa (una apertura del Government e della Amministrazione ai cittadini) rappresenta la possibilità per essa di godere di soddisfazioni molto più profonde di quelle godute ora.
Sostanzialmente ciò avviene per la ragione che assecondando questa nuova tendenza storica i Politici si creeranno una nuova immagine grazie al fatto che essi potranno operare a maggior contatto con i cittadini, ed avranno un maggior riconoscimento delle qualità delle loro azioni (le quali saranno, appunto, il risultato di un loro dialogo diretto con gli elettori – vedi documento “Verso una Democrazia 2.0”).
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Uno dei problemi di fondo che portano ad un impedimento dello sviluppo di una Democrazia realmente partecipata è che oggi le (presunte) attività di sviluppo di tale Sistema si basano su equivoci che rendono nullo qualsiasi iniziativa in tale direzione.
Il fatto è, appunto, che oggi quando si parla di Democrazia partecipata non si intende affatto una reale partecipazione: ma una pseudo-partecipazione di facciata che in realtà non fa che mantenere lo status quo attuale.
Ovvero la reale partecipazione non può che basarsi su un reale potere decisionale da parte dei cittadini nelle istituzioni partecipate di government ed amministrazione (per potere accedere ad una dimensione di reale partecipazione non si può prescindere da una ri-distribuzione del potere – per lo meno in una dimensione locale)
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Ciò implica la necessità:
1) in primo luogo di rendere effettivamente funzionanti gli attuali strumenti di partecipazione.
2) introdurre i nuovi strumenti di government ed amministrazione partecipati (come quelli di cui si tratta in questa sezione)
● rendere effettive le attuali forme di partecipazione
In primo luogo una riforma verso una democrazia partecipata vede la necessità di rendere effettivamente partecipate gli strumenti di partecipazione già in uso (o in progetto). Non si tratta di una questione trasparenza [come descritto nel capitoletto “il ripensamento del concetto di trasparenza”], e nemmeno di “dar voce” ai cittadini” (canali di comunicazione dal basso verso le istituzioni che sono comunque utili per avere un feedback dai cittadini).
Si tratta invece di dare ai cittadini ciò che necessita per avere una reale partecipazione: il potere deliberativo (un potere che, per lo meno, possa interagire con il potere deliberativo della attuali istituzioni di government/amministrazione).
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La Democrazia nasce infatti “tecnicamente” come sistema deliberativo. Ed in particolare come sistema deliberativo dal Demos (in una reale Democrazia i cittadini decidono per se stessi).
Si tratta quindi di mettere in mano ai Cittadini il Potere deliberativo, che, sostanzialmente, è la possibilità del Cittadino di esprimere la sua volontà (e non la sua opinione!) nelle questioni di Government della Cosa pubblica (vedi documento “Rappresentanza 2.0 e Liste civiche”).
Il fatto è che il Potere deliberativo implica un “processo deliberativo” che non si determina unicamente nell’azione del Voto (la quale è, anzi, un aspetto marginale del processo).
Il processo deliberativo non si basa solo sulla possibilità dell’uso del Potere decisionale, ma anche sulla possibilità da parte dei cittadini, tra le altre cose, di individuare i bisogni da soddisfare, di progettare le soluzioni ai problemi sociali e di monitorare il funzionamento dei servizi.
Più tecnicamente, un reale Potere deliberativo può essere esercitato solo quando si hanno le condizioni di: informazione (quando esistono i canali basati sul “push information model” descritti in altro punto, attraverso i quali il Cittadino viene informato in modo esaustivo delle attività di government ed amministrazione), dibattito (il Cittadino ha strumenti per mettere a punto le proprie opinioni confrontandole con quelle degli altri); associazione di persone con gli stessi interessi (attraverso strumenti come quelli illustrati in Iniziativa Riforma dal Basso).
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Operativamente si tratta di rendere effettive (ossia portare in una dimensione realmente partecipata) le istituzioni partecipate che oggi si cerca di attivare (come: progettazione ed amministrazione partecipata, urbanistica partecipata, ecc…).
● introdurre nuovi strumenti di partecipazione
In realtà, come si è detto in altri documenti, nello stato attuale delle cose non è possibile, di fatto, attuare una riforma della Democrazia verso una dimensione realmente partecipata, poiché essa è attualmente blindata dai poteri istituzionali nei confronti di reali cambiamenti.
Per poter portare la Democrazia verso una dimensione di reale partecipazione si tratta quindi di operare dall’esterno del sistema politico. Ovvero, come si sente dire spesso, “senza chiedere il permesso” alle Istituzioni (pur senza trasgredire le leggi).
Ciò può avvenire, come è indicato nei vari documenti di Iniziativa Riforma dal Basso (IRDB), in modo completamente indipendente dalle Istituzioni, con un processo di attivazione di Istituzioni create e gestite direttamente dei cittadini, che pur non avendo un ruolo istituzionale ufficiale, assumono un peso politico significativo, che la classe politica non può permettersi di ignorare) ..
Si tratta, come si dice in altro punto, di effettuare una riforma delle democrazia partecipata in modalità partecipata.
Come si illustra nel documento IRDB, l’attivazione di un insieme organico di Iniziative di partecipazione democratica “dal basso” costituisce di per sé già una forma di government partecipato.
le soluzioni proposte
Nei successivi capitoli sono esposte varie soluzioni suddivise nelle seguenti categorie:
A. soluzioni di GOVERNMENT ED AMMINISTRAZIONE PARTECIPATE
Alcune soluzioni di attività partecipata dei cittadini strettamente legate alle attività di government e di amministrazione (basate sulla Open Government Platform) suddivise in:
STRUMENTI DI POLITICA PARTECIPATA (POLITICA 2.0)
Alcune soluzioni che permettono ai cittadini di partecipare direttamente ad alcune attività fondamentali del Government e dell’Amministrazione, sviluppando forme di Politica 2.0 (fortemente partecipata) in grado di produrre una effettiva “riforma partecipata” della attuale Social-democrazia.
WELFARE 2.0 (WELFARE PARTECIPATO) (Scuola, Sanità, Sicurezza, ecc …)
Declinazioni specifiche della piattaforma di Iniziativa Riforma dal Basso che possono essere utilizzate per una “riforma dal basso” (in modalità partecipata) dei tradizionali settori del Welfare (oggi gestiti esclusivamente dalle PA).
B. soluzioni INTEGRATE CON LE ISTITUZIONI DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Soluzioni partecipate di Interactive citizenship non direttamente collegate a funzioni di government o amministrative, che permettono comunque una forte interazione tra PA e cittadinanza.
C. strumenti di SMART CITIZENCHIP PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA URBANA NELLA CITTÀ INDIPENDENTI DAL GOVERNMENT
Soluzioni di Smart Citizenship di per sé totalmente indipendenti dal government ed amministrazione della cosa pubblica, con le quali i cittadini si auto-organizzano nella soddisfazione dei loro bisogni.
D. INNOVAZIONE DEI PROCESSI INTERNI DELLE PA
Soluzioni non più primariamente basate sulla partecipazione dei cittadini, ma progetti di innovazione degli attuali processi istituzionali (government, amministrazione, burocrazia, ecc …).
E. Iniziative ed Eventi per migliorare la qualità della vita delle Città
Iniziative ed Eventi che si differenziano da quelli attuali per essere sostenibili, partecipati ed in grado di rendere affordable attività ricreazionali e sportive oggi alla portata di pochi.
█ a. soluzioni di GOVERNMENT ED AMMINISTRAZIONE PARTECIPATE
(Welfare 2.0)
OK
– MESSO SU SITO come Post … series …-
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In questa sezione sono illustrate alcune soluzioni di partecipazione dei cittadini strettamente legate alle attività di government e di amministrazione della cosa pubblica. Si tratta di iniziative di:
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1) soluzioni di Politica partecipata – Politica 2.0 (Spending Review Partecipata, Rappresentanza diretta o partecipata, Urbanistica partecipata), che creano una situazione di fatto di Democrazia partecipata.
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2) soluzioni che portano ad una riforma dal basso del Welfare (Welfare 2.0, partecipato o sussidiato) nei vari settori Scuola, Sanità, Sicurezza, Social Housing, ecc …
● STRUMENTI DI POLITICA PARTECIPATA (POLITICA 2.0)
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OK
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Sono qui esposte alcune soluzioni (basate sulla piattaforma Open Government Platform di Iniziativa Riforma dal Basso) che permettono ai cittadini di partecipare direttamente ad alcune attività fondamentali del government e dell’amministrazione, sviluppando forme di Politica 2.0 (effettivamente partecipate) in grado di produrre una riforma dal basso della attuale Social-democrazia (si tratta di un percorso di creazione della Democrazia partecipata attraverso azioni partecipate).
Sono qui illustrate le soluzioni:
● Spending Review Partecipata
● Rappresentanza partecipata (Rappresentanza 2.0)
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Sono disponibili altre soluzioni come:
● Parking di interscambio (con bicicletta o motociclo, di proprietà o in noleggio).
● Villaggio per senzatetto (impostato sul modello della Social Housing illustrato più avanti)
[►] (())Spending Review Partecipata
vedi anche in indx iniziative
Iniziativa Riforma dal Basso offre uno strumento particolarmente efficace per (1) permettere alle persone di costruirsi una “coscienza critica”; e per (2) costituire una opposizione “sostanziale” (documentata in modo irrefutabile) alla attuale gestione della Pubblica Amministrazione: il Sito Spending Review Partecipata.
Si tratta di una piattaforma con la quale è possibile sviluppare una analisi approfondita e completa delle spese effettuate dalla PA. Grazie ad essa i Cittadini (riuniti in gruppi di lavoro dei quali possono far parte anche esperti in ambiti specifici) possono valutare il rapporto costo/beneficio delle Opere per poter individuare gli attuali ingenti sprechi, e quindi sollevare obiezioni circostanziate (ciò è importante soprattutto per i cantieri non ancora aperti, ossia per le opere in fase di programmazione, per poter intervenire con idee progettuali e di metodo). [vedi Urbanistica partecipata]
In pratica, con tale strumento i Cittadini possono monitorare le attività messe in atto dal Governo locale (Comune, Circoscrizione, Aziende pubbliche, ecc …). E’ possibile analizzare sia gli interventi per i lavori pubblici, sia l’attività di gestione della PA in generale (uffici, servizi interni alla PA, ecc …).
Nella versione più avanzata è possibile avere un vero e proprio “Bilancio di Quartiere” creato dal Cittadini.
Lo strumento di Spending Review partecipata è integrato con altri trumenti come il “My Taxes”, che permette al cittadino di sapere quale è il suo contributo da lui fornito attraverso le tasse per ogni singola opera o servizio (può puntare il suo Smartphone sul codice a barre posto su ogni opera pubblica per avere tutte le informazioni necessarie – vedi anche “Open Lavori Pubblici”). Spending Review partecipata è anche con altri strumenti di partecipazione come Open debates, Progettualità partecipata, ecc ..
[►] Rappresentanza partecipata (Rappresentanza 2.0)
era anche rappresentanza diretta
Rappresentanza 2.0 è una forma di Rappresentanza partecipata nella quale gli Elettori sono in costante contatto con il Rappresentate eletto, e ne controllano e ne guidano le azioni.
La Democrazia attuale necessita di una riforma che né i Partiti nè i Movimenti fuori dal “gioco dei partiti” sono riusciti, negli ultimi 20 anni, ad attuare. L’Iniziativa Rappresentanza 2.0 è concepita per far fare un salto di qualità alla Democrazia, rimettendo la Politica in mano ai Cittadini.
Con l’Iniziativa Rappresentanza 2.0 si definisce cioè un nuovo modello di Rappresentanza (“Rappresentanza vincolata” o “Rappresentanza diretta”) nel quale il Rappresentante (in Parlamento, Consiglio comunale, ecc …) è vincolato alla Volontà dell’elettore: un Contratto di valore legale lo costringe a seguire, nella sua attività politica, le indicazioni degli elettori (attraverso una piattaforma Web si mettono a disposizione dei Cittadini strumenti di verifica e dialogo); ed in casi estremi, a rimettere il suo mandato nelle loro mani.
L’Iniziativa Rappresentanza 2.0 fa parte del più generale progetto Iniziativa Riforma dal Basso che introduce una nuova forma di Politica dei Cittadini che si organizzano “dal basso” per attuare forme di Government del territorio “in parallelo” rispetto alle Istituzioni (in modo indipendente da esse).
Vedi il documento “Introduzione alla Democrazia diretta” dove sono illustrate nel dettaglio alcune modalità di interazione diretta .tra l’Iniziativa Rappresentanza 2.0 e i cittadini appartenenti ad un Movimento.
Nel successivo capitolo si illustrano altre iniziative integrate con SRP in un percorso di riforma partecipata dei settori del Welfare come gestione della Scuola da parte dei genitori ed amministrazione e progettazione partecipata (es.: Urbanistica partecipata).
● WELFARE 2.0
(WELFARE PARTECIPATO)
ç_issues: dipartimenti (dipartimenti partecipati)
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Nel capitolo precedente si sono illustrate alcune declinazioni della Open Government Platform per gestire forme di government (es.: Rappresentanza 2.0) e di amministrazione partecipate (es.: Spending Review Partecipata).
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In questo capitolo si illustrano altre declinazioni specifiche della piattaforma di IRDB che possono essere utilizzate per una “riforma dal basso” (in modalità partecipata) dei tradizionali settori del Welfare (oggi gestiti esclusivamente dalle PA).
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(queste iniziative sono descritte più in dettaglio nel documento “Verso una Democrazia Diretta”)
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Come si è detto in altri punti, in questo documento sono illustrate alcune soluzioni di partecipazione dei cittadini alle attività di government e di amministrazione della Cosa pubblica che comportano, di fatto, una riforma del Welfare (Welfare 2.0, partecipato o sussidiato) nei vari settori Scuola, Sanità, Sicurezza, Social Housing, ecc …
Una riforma del Welfare attuata nell’unica modalità possibile in Democrazia: attuata cioè dal Demos (una riforma attuata in modalità partecipata).
In questo caso sono cioè i detentori dei bisogni che partecipano attivamente alla definizione (e alla gestione) dei servizi di pubblica utilità.
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I prossimi capitoli sono appunto suddivisi nei vari settori:
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Scuola
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Sanità
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Sicurezza
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Lavori Pubblici
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Urbanistica partecipata e Social Housing
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Trasporti urbani e Mobilità urbana
Si ricorda che nel presente documento si trattano unicamente questioni che possono essere affrontate a livello locale (comunale), e che quindi non vengono trattait argomenti come quello del Sistema pensionistico, che possono – attualmente – essere affrontati unicamente a livello nazionale.
(+) SCUOLA PARTECIPATA
Uno degli strumenti disponibili sulla piattaforma di IRDB è dedicato alla Scuola partecipata che consiste in un sistema partecipato con molteplici funzionalità di gestione della Scuola dei figli da parte dei Genitori: definizione dei programmi didattici, scelta o creazione del materiale didattico, ecc …
Si tenga conto che i genitori costituiscono una altra categoria di Cittadini molto motivata ad agire per migliorare le cose, viste le attuali condizioni culturali ed organizzative della Scuola in Italia (dal Nido alle Superiori). E che essi hanno pieno diritto, in una Demos-crazia, a co-gestire la Scuola dei figli per almeno due ragioni: la patria potestà, il fatto che essi pagano tariffe specifiche per l’educazione dei loro figli (la cosa sarebbe ancor più vera se si applicasse un sistema di tasse legate allo scopo specifico).
In tale modo si definisce una vera è propria riforma della Scuola dal basso. poichè in questo caso i cittadini (genitori), di fatto, in modo fortemente indipendente dalle istituzioni, modificano la scuola in base alle loro idee.
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In questo ambito i genitori si attivano per le seguenti attività:
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“gestione partecipata” della Scuola pubblica alla quale è iscritto il figlio, e
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a livello più evoluto progettazione, creazione e gestione di forme private di Scuole ed Asili.
.Si tenga conto che vi sono altre attività nelle quali possono essere coinvolti i genitori (sempre con strumenti legati alla piattaforma IRDB): gestione dei parchi gioco dei bambini, gestione di attività educative extra-scolastiche, gestione di un “centro sociale” per le feste per i bambini , ecc …
Ma anche in attività come un “exchange” di abiti e prodotti per i bambini.
In questo modo si offre la possibilità per i genitori di partecipare più direttamente di quanto avviene ora alla gestione della Scuola (nel suo inquadramento legislativo attuale); e possibilità di creare “scuole private” di nuovo tipo (ad esempio con la formula della Scuola parentale).
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I genitori, in questo nuovo contesto (anche nelle Scuole pubbliche) possono, ad esempio, scegliere il materiale didattico che reputano essere migliore (riattribuendosi un diritto oggi ceduto agli Insegnanti): in questo caso si può ottenere anche un forte risparmio, poiché i Cittadini possono essere stimolati a produrre contenuti per questo scopo liberi da diritti, e molto migliori di quelli attuali (tale materiale può essere convenzionale, e quindi stampato con PC; o essere multimediale).
Si tenga conto che sistemi di questo tipo sono basati su Reti di solidarietà, e che quindi possono attingere da una grande base di risorse.
Si noti che per quanto riguarda le Medie superiori si possono coinvolgere nelle attività partecipate anche gli studenti (vedi Progetto IRDB), che sono un target politico sottovalutato: uno studente di 14 anni è l’elettore che voterà alle successive elezioni (si veda in altro punto).
(+) SANITÀ PARTECIPATA
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OK
L’idea attuale (in Socialdemocrazia) è che i Sistemi sanitari nazionali abbiano lo scopo di garantire la Salute dei Cittadini (l’idea può sembrare inverosimile, ma di fatto è così).
Ma la “garanzia” della salute dipende in primo luogo dalla capacità delle persone di gestire se stesse: la salute non dipende dalla “cura”, ma dalla capacità dell’individuo di saper gestire i piccoli problemi di salute quotidiani (e da questa qualità delle persone dipende anche, di conseguenza, la “salute” economica del Sistema sanitario).
Il problema dei Sistemi Sanitari nazionali è appunto, che essi oggi divengono “una stampella” (o, più scientificamente, una “dipendenza”) poichè le persone tendono ad affidarsi ad essi per il più piccolo problema, e quindi aumentano in modo sconsiderato i costi di gestione (dobbiamo considerare, nel computo, anche i costi delle medicine “prescrivibili”).
Il compito che ci si prefigge è quindi di riformare dal basso la Sanità:
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ottimizzando le strutture attuali
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trovando una nuova dimensione della Sanità (una dimensione fortemente “dal basso”) che permetta di avere minori costi di gestione e contemporaneamente persone più sane.
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Lo scopo, a livello più profondo (livello delle cause prime), è:
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sottrarre i Cittadini alla dipendenza del ricorso a strutture sanitarie
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indurre un “uso alternativo” della Medicina; non si tratta necessariamente di ricorrere a “medicina alternative”: si tratta, sostanzialmente, di recuperare le abitudini di qualche decennio or sono (re-inducendo le persone a curare se stesse per i “problemini”),
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Si pensa, per quanto riguarda il Sistema sanitario, a (anche attraverso la Piattaforma Web di IRDB):
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una maggior partecipazione dei Cittadini
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una maggior partecipazione degli Operatori (Medici, ecc …) all’organizzazione dei Servizi sul territorio. Questi ultimi anche attraverso la partecipazione di nuove Associazioni professionali.
Nel progetto ci si occupa di definire alcune nuove caratteristiche dei servizi di Sanità (che sembrano essere, probabilmente solo sulla carta, le caratteristiche dell’Istituzione “Casa della Salute” – legata a articolo 22 della legge n. 328/2000).
Si pensa inoltre ad un nuovo supporto di servizi Web per la Sanità sia per i Cittadini che per gli operatori.
Si pensi alle possibilità di diagnosi e monitoring remoto offerte anche solo dalle App degli SmartPhone che rilevano, ad esempio, battito cardiaco o contenuto di glucosio nel sangue.
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Questo settore, come ogni altro, nella modalità partecipata non può che basarsi in forte misura su una Rete di solidarietà (Solidarity Health Network – Health & Safety Support Network): una rete di sostegno per i malati supportata da strumenti Web e altro (IRDB) che canalizza le nascenti forme di volontarismo, la quale possa eliminare in molti casi il ricorso alle prestazioni del medico e degli ospedali.
Più avanti si descrive un un centro poli-fuzionale che funge, tra le altre cose, utilizzabile come Day Hospital, come base per visite a domicilio, ecc ..
(+) SERVIZI DI SICUREZZA SOCIALE PARTECIPATI
(Smart Public Safety and Security)
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OK
La questione della sicurezza viene affrontata sotto i due aspetti:
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forma di mantenimento dell’ “ordine pubblico”
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forma di “Pronto intervento di soccorso” (e di “Protezione civile ‘dal basso’)
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E’ un sistema che prevede un doppio livello operativo (integrate):
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interazione con le istituzioni attuali
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auto-organizzazione dei cittadini
■ “ordine pubblico”
Si tratta in primo luogo della sicurezza sociale in quanto prevenzione e difesa dai crimini (o infrazioni) che affliggono oggi la nostra società (dai micro-crimini: vandalismo, furti in casa, ecc …; ai crimini più gravi: violenze per strada, …).
Si pensi alle possibilità di organizzare sistemi di controllo attraverso device consumer, come ad esempio, alla possibilità di connettere Webcam private (usate per dagli esercizi commerciali e dai condomini) per create un “network di sicurezza pubblica” (leggi permettendo: con gli opportuni accorgimenti oggi è già possibile).
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Lo stesso Sistema può però servire per altri scopi collaterali rispetto alla difesa dai crimini. Ad esempio per la rilevazione di vari tipi di infrazione (facilitando la applicazione delle “multe” a chi adotta atteggiamenti dannosi nei confronti della comunità) come, ad esempio, negli ambiti della circolazione, e del posteggio.
Pur non essendo possibile per i Cittadini arrivare direttamente a comminare sanzioni, tali azioni possono però divenire efficaci nell’ottenere soluzioni per le infrazioni continuative: è possibile, ad esempio, definire nuove forme di “denunce collettive” “super-documentate” di fronte alle quali le Autorità non possono non cercare di porre rimedio – si ricorda che fenomeni di “protesta costruttiva” divengono una forma di propaganda molto negativa per le Istituzioni [vedi più avanti])
■ Pronto intervento di soccorso come Servizio civile di quartiere
rete di solidarietà per il pronto intervento
Vi è inoltre un utilizzo “indotto” del Sistema di sicurezza qui prospettato, come quello di Pronto intervento (in forme che potremo definire di “micro-vigili del fuoco”, “micro-pronto intervento sanitario”).
Ciò può essere creato creando una la rete di volontari pronta ad intervenire immediatamente (grazie anche ad applicazioni per SmartPhone) giorno e notte per questioni di Pronto intervento (per mansioni delle tipologie ambulanza, Vigile del fuoco, ecc …). In questo caso si ha la disponibilità di tre tipi di persone:
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comuni cittadini che si mettono a disposizione in orari specifici. In particolare si pensi a persone che hanno molto tempo a disposizione come studenti (i quali, ottenendo alcuni vantaggi, possono operare nel Servizio civile) o i pensionati (i quali mantengono comunque le loro capacità professionali).
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cittadini che hanno conseguito un diplomino ad hoc per esercitare mansioni specifiche (questi corsi dovrebbero essere inclusi nel Servizio civile).
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operatori professionali specializzati come Medici (che, nelle forme più evolute, possono anche garantire una disponibilità come viene fatto per i Medici che operano negli ospedali).
Si tratta di una sorta di Protezione civile partecipata, poiché queste persone – come è per la protezione civile, medici della Sanità o Vigili del Fuoco – possono essere rintracciate con una app e possono intervenire immediatamente (si parla del contesto del quartiere, e quindi di persone che abitano praticamente sul luogo nel quale si chiede di intervenire).
centri poli-funzionali di volontariato ©
Nell’ambito della Smart Public Safety and Security nel Progetto IRDB sono definiti i centri di quartiere poli-funzionali (Pronto Intervento – Ambulanza, Vigili del Fuoco) nei quali risiedono a turno. volontari (è una sorta di estensione del concetto di Rete di Solidarietà che, di per sé, non avrebbe bisogno di una sede).
Con una sede fissa nel quartiere è possibile non solo avere una reperibilità più sicura, ma anche parcheggiare mezzi e strumenti necessaria agli interventi alla portata degli operatori.
Si veda il progetto in IRDB, nel quale si utilizzano mezzi multi funzionali economici come auto della categoria del Fiorino che possono essere utilizzati sia come ambulanza di base, sia come intervento da Vigili del fuoco (al momento della partenza si possono agganciare al mezzo rimorchi specifici per l’intervento).
Si tratta di interventi di livello minore rispetto a quelli svolti dalle ambulanze sofisticate o dai Vigili del fuoco, ma in questo caso si ha il doppio vantaggio di un intervento molto più rapido (in caso di situazione grave il problema può essere solo “tamponato, in attesa dell’arrivo dei servizi istituzionali) e di un notevole risparmio di costi (per una gran parte dei problemi è sufficiente l’uso di questa modalità locale: si pensi a trasporti in ospedale di malati, agli interventi dei vigili del fuoco per far scendere i gatti dalle piante o aprire le porte di abitazioni).
Nel progetto si definisce anche una modalità di intervento in motociclo, che permette interventi molto rapidi (ad esempio di Guardia medica) poiché, tra le altre cose, non vi è il problema del parcheggio.
Questi operatori locali sono anche, ad un certo livello, Vigili di quartiere (ausiliari), i quali possono, ad esempio, regolare il traffico in caso di incidenti.
la Protezione civile partecipata
Con questa metodologia è possibile creare una vera Protezione civile “dal basso” che è pronta ad intervenire anche per gravi “disastri”; la quale che può comunque servire da supporto alla Protezione civile istituzionale .
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La Protezione civile formata direttaemnte da cittadini può operare nelle varie attività della Protezione civile istituzionale (con vari livelli di coordinamento superiori a quello ultra-locale): previsione (studio e determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, nell’identificazione dei rischi e nell’individuazione delle zone del territorio ad essi soggette) – prevenzione (misure atte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità di danni conseguenti agli eventi) – soccorso ed assistenza (capacità di organizzare interventi di soccorso alternativi, più rapidi perchè con strutture pre-organizzate più localizzate) – superamento dell’emergenza (piani di “risanamento” predefiniti in sede locale, con attenzione per i fattori locali).
alcune considerazioni sulla Sicurezza partecipata
– verifica che non sia anti-ideologico –
Per quanto riguarda la sicurezza in quanto difesa della persona e della Proprietà, si tratta di attivare un Sistema di Private security.
Questa forma di organizzazione sociale dal basso si scontra, ovviamente, con la concezione delle “Ideologie sociali” nelle quali sembra si voglia proteggere il crimine piuttosto che i Cittadini e la Proprietà: nel caso dei Sistemi di sorveglianza tramite telecamere (ad esempio per proteggere il condominio) sappiamo infatti che il Garante ci tiene a specificare che l’unico diritto dei Cittadini è quello della Privacy (correttamente), ma che si “dimentica” del Diritto fondamentale delle persone di difendere la propria vita e le proprie Proprietà – inoltre esso impone che sia chiaramente specificato quando le telecamere sono collegate con la Polizia!.
Come per tutti gli altri casi di “riforma delle Istituzioni dal basso”, non si tratta di una azione facile, ma molte sono le possibilità di realizzare tale progetto.
E’ molto importante, a questo proposito, riconoscere di dover abbandonare la “mentalità recriminatoria”, per recuperare la mentalità “costruttiva” di un tempo (si tratta, ad esempio, dell’”approccio creativo” con il quale qualsiasi imprenditore apre una attività): invece di dire subito “non si può fare”, chiedersi “come si può fare?”.
Utilizzando in modo “creativo” le Leggi attuali (anche quelle Europee), ed eventualmente attivando forme di protesta da parte dei Cittadini rispetto ai problemi che emergono nell’”ambito progettuale” del Sistema (progettualità partecipata da una gran parte dei Cittadini), è possibile sviluppare le nuove modalità di Politica qui definite (i Cittadini, una volta che sono a loro chiare le possibilità di risolvere problemi come quelli della Sicurezza sociale, sono coinvolti nella causa universale di una “maggior libertà di difesa” – ricordiamo inoltre che nella causa sono coinvolte entità come le Nuove lobbies: quelle dei Professionisti, le Lobbies di proprietari di Condomini, ecc …).
Si definisce nel Progetto anche un Ente privato “centrale”: una sorta di Questura privata di quartiere, inizialmente in forma totalmente privata (indipendente dalle Istituzioni), la quale si occupa di raccogliere dati (in auspicabile sinergia con le Forze dell’ordine), effettuare “indagini private”, coordinare l’azione dei volontari, ecc … (si tratta di una attività probabilmente molto simile a quella definita come “Vigili di quartiere”, ma in questo caso più “incisiva”).
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Gli strumenti che utilizzano i Cittadini per rendere efficaci le loro azioni sono, tra gli altri: “denunce collettive”, Class action, un Sistema-rete di telecamere locali (es.: di Esercizi commerciali, di Condomini privati fatti di semplici WebCam collegate ad un computer, ecc ….).
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Nel Progetto vi sono altre proposte: come quella della costituzione ad hoc di forme di Impresa legate alla sicurezza (con forme particolari, come quella delle Cooperative sociali): una Azienda di Security (tipo Mondialpol) in gran parte gestita in compartecipazione con i Cittadini. Ma anche Enti privati che possano esercitare l’attività di “Investigatore privato” (in questo caso si hanno a disposizione molte delle facoltà delle forze dell’ordine).
Esistono più figure, tra le quali: Guardia giurata (con licenza personale), “addetti alla Sicurezza”, Istituti d’informazioni commerciali. Inoltre esistono Cooperative di Vigilanza.
Investigatori privati: – rilascio dell’autorizzazione che consente di eseguire investigazioni, ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati; – rilascio dell’autorizzazione che abilita ad effettuare attività investigativa per la ricerca e l’individuazione di elementi di prova da far valere nel contesto del processo penale;
Gli Istituti di vigilanza: La licenza del prefetto prevista dall’art. 134 T.U.L.P.S. può essere concessa a: 1) agli Enti che, a fini di lucro, esercitano l’attività di vigilare le proprietà altrui utilizzando guardie particolari; 2) ai privati singoli i quali vogliano prestare opera di vigilanza o di custodia delle proprietà altrui.
La licenza, che è richiesta per avere la certezza che la mansione di vigilanza e custodia di proprietà altrui sia affidata a persone tecnicamente idonee e con particolari requisiti di affidabilità, occorre anche per esercitare l’attività in modo discontinuo. Le attività che si possono espletare sono, tra le altre: – attività di sicurezza aziendale; – vigilanza e video controllo a distanza; – gestione di servizi antifurto; – sistemi centralizzati di teleallarme; – tele soccorso; – radiomobili in pronto intervento
La vigilanza e la custodia possono avvenire in due modi: a cura dei proprietari che, singolarmente o associati, impiegano guardie particolari giurate a custodia, anche in comune, delle loro proprietà ( art. 133 ); da parte d’Enti o di singoli privati, in possesso d’autorizzazione del Prefetto, i quali esercitano l’attività di vigilanza a richiesta dei proprietari, a scopo di lucro, impiegando guardie particolari giurate ( art. 134 ).
Si deve inoltre tener presente che la Legge prevede che un “normale cittadino” possa “fermare” chi commette un reato.
In questo settore si possono offrire ai Cittadini vari tipi di servizio (un esempio per tutti: mappe sul Web dei crimini, che indicano le zone critiche, come affrontarle, ecc … ).
il Sistema di Sicurezza sociale del vicinato
Si parte dalla creazione di unità “di base” (come può essere una Associazione di Condominio per la Sicurezza dello Stabile) che, ad esempio, decide di dotarsi di un impianto di telecamere a circuito chiuso (questo strumento serve anche per evitare aggressioni, vandalismi come graffiti sui muri, ecc …).
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Queste Associazioni di base possono riferirsi ad un Comitato di Sicurezza del Quartiere: una “Impresa sociale” (Cooperativa sociale?) che funge da “Intelligence” e da Coordinatore delle attività locali (con gli strumenti OGP gli operatori volontari possono operare da casa loro, o, in parte, con iPhone). La costituzione di “Imprese sociali” (es Cooperative di Vigilanza) alla quale i Privati (un condominio) sia associano, può divenire un efficace espediente per regolarizzare sistemi di videosorveglianza locali, o di Attività di controllo sul territorio.
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Gli strumenti utilizzati da questo “Centro di Sicurezza del Quartiere” sono:
Un Network di Videosorveglianza: una rete che integra i sistemi di videosorveglianza privati (Professionali, privati come condomini, Scuole, ecc….), In questo modo un quartiere può creare un sistema di sorveglianza che copre tutte le strade (che di per sé non è proponibile con la Legislazione attuale).
Il Network di videosorveglianza può anche essere utile ai Cittadini “normali” per “fermare” chi abbia commesso un reato (ciò è previsto dalle leggi attuali!): in questo caso tutto si svolge sotto gli occhi della telecamere: sia l’azione di reato, sia la fase di fermo (si tenga conto che i Cittadini sono invitati a frequentare corsi di “autodifesa” nei quali si impara a “neutralizzare” le gente nel modo migliore).
Un’altra attività sviluppata in questo caso è l’Attività sul territorio da parte di gruppi di volontari.
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Il Comitato di sicurezza del Quartiere (o della Circoscrizione) è integrato in Comitati di livello territoriale superiore, al fine di rendere più efficace la sua attività (ad esempio nelle operazioni di “indagini private”).
Si noti che queste attività sono difficilmente attaccabili dalle Istituzioni (ad esempio, dalla Magistratura) poiché, una volta sperimentati, i Cittadini ne conoscono il ruolo efficacemente positivo sul territorio: e le difendono ad ogni costo.
Vi è un’altra considerazione a favore di tali attività: esse sono molto più efficaci, in quanto ad “azione capillare sul territorio, delle Forze dell’ordine (il primo livello di efficacia lo si raggiunge rendendosi indipendenti dalla Magistratura, cosa che non può fare la Polizia). Ed alleggeriscono gran parte del peso che oggi ricade sulle spalle delle Forze dell’ordine (costi delle PA),
(+) LAVORI PUBBLICI PARTECIPATI
ç_Lavori Pubblici 2.0
Come si è detto in più punti, in una reale Democrazia (Democrazia diretta o partecipata) è sottile la differenza tra il pubblico ed il privato nei servizi (e quindi nei lavori pubblici).
Ciò per il fatto che la Democrazia è sostanzialmente un sistema di soddisfazione dei bisogni dei cittadini (di servizi ed opere pubbliche), per cui in un reale sistema democratico la partecipazione dei cittadini (degli utenti) alla creazione e gestione della soddisfazione dei bisogni è in grado di produrre notevoli vantaggi.
Il sistema delle “imprese” è un sistema di per sé perfettamente democratico, poiché in esso prosperano solo persone ed enti che ottengono un reale consenso degli utenti (che esprimono il loro consenso attraverso l’acquisto di beni o servizi).
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ç_innovazione partecipata
Il fatto è che la “partecipazione” dei cittadini ai lavori pubblici, ovvero un intervento diretto degli utenti nell’opera di soddisfazione dei loro bisogni, produce, come si è visto in altro punto, ● notevoli risparmi (i cittadini gestiscono direttamente il rapporto con i fornitori), e ● qualità dei lavori (i cittadini co-progettano gli interventi, e li monitorano in tempo reale).
Questa partecipazione dei cittadini ai lavori pubblici può avvenire anche attraverso forme di imprenditoria sociale che vanno dal volontarismo sussidiato a tipologie di impresa semplificate e facilitate – e sussidiate – (le peculiarità di tale tipologia di imprese è di mantenere, rispetto ad una forma ordinaria di business, unicamente il fine della soddisfazione del cliente, poiché qui sparisce quasi completamente l’obiettivo del guadagno essendo in questo caso i proprietari dell’impresa anche i clienti, ed avrebbe poco senso guadagnare denaro che bisogna far uscire dalle proprie tasche).
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Tale modalità di partecipazione migliora la qualità del servizio e contemporaneamente diminuisce il costo degli interventi nelle seguenti modalità:
1. interventi molto più efficaci
Ciò che rende particolarmente virtuoso un sistema di lavori pubblici partecipato è il fatto che i cittadini-utenti hanno un interesse diretto nella qualità del lavoro finale (costruzione o manutenzione).
In un sistema di tal genere si ottiene una miglior qualità dei lavori per il fatto che i cittadini seguono dall’inizio il progetto di un intervento: dall’ideazione al monitoraggio dell’esecuzione (e per il fatto che il fornitore opera “sotto gli occhi del cliente” – ed il fornitore è comunque molto più attento poiché in questo caso “ci mette la faccia”).
Si tenga conto che la rete locale di cittadini che sono interessati a seguire i lavori vi sono molto spesso persone molto esperte del settore specifico). Ed anche che i cittadini in un sistema del genere conoscono la reputazione dei loro fornitori, per cui li possono scegliere con cognizione di causa (vi è un albo partecipato dei fornitori – user generated – nella quale sono espresse le qualità di ogni fornitore).
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Il fatto che i cittadini possano gestire direttamente problemi come quelli dei buchi nelle strade e nei marciapiedi rende possibile, ad esempio,
● interventi molto più tempestivi di quelli delle PA. E in tal modo è inoltre possibile
● intervenire laddove l’amministrazione centralizzata non è proprio in grado di intervenire: si pensi, ad esempio, ai casi di quei buchi nelle strade che in caso di pioggia portano le auto a bagnare chi passa sul marciapiede (molti sono i casi che possono essere risolti in modo efficace e sostenibile da una amministrazione partecipata ultra-locale).
Si tenga conto in questo caso dello scenario profondamente innovato di questa modalità partecipata ultra-locale, nella quale, tra le altre cose, i cittadini possono effettuare interventi diretti con lavoro di volontariato.
2. contenimento delle spese
Un fattore molto importante che bisogna prendere in considerazione, è che nella modalità di gestione partecipata (o diretta) dei lavori pubblici è possibile contenere, di molto, le spese poiché in tal modo è possibile bypassare il pagamento dei lavori attraverso il “ciclo delle tasse”, che ha dei costi di gestione del denaro da parte delle Istituzioni uno sperpero di denaro che può superare il 50% della cifra pagata dai cittadini per effettuare i lavori.
Ma, dal punto di vista della spesa pubblica, è importante comprendere che nel caso di un sistema di lavori pubblici partecipato (e sussidiato) decidono di intervenire solo quando vi è un lavoro per il quale vale la pena spendere.
Ossia con la gestione partecipata dei cittadini alle gestione dei lavori pubblici (per lo meno di gran parte di essi) si crea un sistema virtuoso di spese poiché in tal modo i lavori pubblici vengono gestiti come se fossero interventi privati (ad esempio all’interno del cortile di un condominio)
Ricordiamo che i cittadini nel sistema qui descritto sono incentivati a risparmiare poiché il denaro risparmiato sulla manutenzione del territorio (rispetto a quello che sarebbe speso dalla PA) può essere – in parte – utilizzato da essi per effettuare interventi “costruttivi” (come quelli intrapresi con il Placemaking).
La virtuosità nel sistema della modalità partecipata della gestione dei lavori pubblici risiede quindi nel fatto che i cittadini verificano l’effettiva necessità di effettuare il lavoro. E quindi essi seguono l’evoluzione dei lavori in tutti gli step: dall’assegnazione del lavoro, all’evoluzione degli interventi.
In questo modo i cittadini sono in grado di comprendere dove il fornitore è manchevole, dove si sono utilizzati materiali sbagliati, dove i costi sono eccessivi, ecc …
Si ricorda che in tale modalità è previsto un Albo delle imprese co-gestito dai cittadini il quale rivela, tra le altre cose, la corretta reputazione di ogni impresa.
Un altro elemento di virtuosità è legato al fatto che nel nuovo scenario emerge il volontariato, poiché in tal caso i cittadini, essendo responsabilizzati rispetto alle spese, possono decidere di intervenire direttamente sul territorio. Ciò è molto evidente per lavori di manutenzione del verde o del Placemaking (creazione di spazi attrezzati sul suolo pubblico).
Si noti infatti che molti cittadini sono anche professionisti qualificati per le mansioni che devono essere utilizzate in tale tipo di lavori. E che, in ogni caso, si può benissimo creare un sistema di certificazioni “soft” per cittadini che vogliano operare in tali mansioni.
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Il recupero del Volontarismo è un fattore determinante per il miglioramento degli interventi sul territorio (prestazioni gratuite, forniture di materiali a prezzo di costo, ecc…) poiché con esso si recuperano forme di convivenza tradizionali che aumentano il senso di appartenenza al luogo, e quindi si recupera il senso di responsabilità nei confronti del bene pubblico. Sostanzialmente in tale modalità si modifica radicalmente lo scenario del quartiere, e si recupera la modalità della attività conviviali (ad esempio, nelle domeniche, con le attività di manutenzione di un parco, con l’organizzazione di banchetti, ecc …).
■ Open Public Works (Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici)
Come si è detto più volte, per poter funzionare le nuove soluzioni qui descritte devono trovar posto in un contesto profondamente rinnovato. Non necessariamente in un contesto di nuove Leggi: tali soluzioni sono concepite in modo da poter funzionare già nel contesto legislativo attuale. Ma soluzioni sostanzialmente innovative per poter funzionare al meglio devono poter operare in uno scenario innovato in molti dei suoi aspetti.
Per quanto riguarda i Lavori pubblici partecipati sarebbe opportuno che ci si dotasse di un sistema come l’Open Public Works qui delineato, il quale da un lato ● introduca una partecipazione fattiva, aprendo i lavori pubblici alla partecipazione effettiva dei cittadini (vedi più avanti il progetto Open PA), e dall’altro ● offra soluzioni di monitoring come un Albo locale degli esecutori dei lavori pubblici ed un Registro delle Opere pubbliche.
Ovviamente si tratta di un servizio che deve essere gestito da “terzi” rispetto alla Pubblica Amministrazione (altrimenti si ricade nel caso del controllato che controlla se stesso).
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A questo proposito dobbiamo ricordare che l’unico fine dei Lavori pubblici è la soddisfazione dei bisogni dei cittadini (quando esistono altre finalità, come spesso accade, è perché si crea un sistema perverso per soddisfare quegli “interessi di parte” che rendono il sistema delle PA economicamente fallimentare e inefficace). E dobbiamo quindi anche considerare che meglio di chiunque altro sono i detentori dei bisogni, i cittadini, che sono in grado di valutare la qualità dei lavori pubblici (l’andamento dei cantieri, la gestione delle Opere pubbliche, ecc …).
E non dobbiamo dimenticare una questione fondamentale: sono i cittadini che mettono i soldi per sostenere i lavori pubblici, per cui meglio di chiunque altro, saranno interessati a controllare le spese.
Ovvero, per poter avere un sistema di Lavori pubblici sostanzialmente efficiente, in una Democrazia, è necessario che i cittadini:
1) possano accedere a tutte le informazioni necessarie per valutare la qualità dei lavori pubblici in progetto o in cantiere (e, già nella fase di emissione del bando, valutare l’effettiva necessità dell’opera).
I cittadini in questo modo possono effettivamente bloccare progetti che essi ritengono essere inutili o dannosi: anche se essi non dovessero disporre di un potere decisionale, la documentazione che sono in questo modo in grado di produrre relativamente ad ogni opera mette la P.A. in condizione di non poter insistere nella loro realizzazione. Ma in questo modo è possibile anche bloccare lavori già iniziati, quando si possano provare irregolarità, o si ha un parere decisamente negativo da parte dei cittadini (ad esempio se si stanno abbattendo piante secolari).
2) e che possano intervenire con critiche e proposte.
Ossia (a) organizzare gruppi di studio che producono relazioni circostanziate. Creare dibattiti online, ed organizzarsi per esprimere le loro opinioni in proposito, denunciare eventuali abusi, ecc …
Ed anche (b) intervenire con loro proposte alternative (idee, progetti, ecc….).
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Ciò di cui si parla è, sostanzialmente, un insieme di elementi come – tra le altre cose – un Registro delle Opere pubbliche ed un Albo online degli esecutori dei lavori pubblici che costituiscono una sorta di Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici che permette di avere un efficace monitoraggio di quanto avviene ai vari livelli del settore dei Lavori pubblici (responsabilità delle decisioni politiche a monte, qualità dei progetti e delle esecuzioni, regolarità dei contratti, ecc …).
Si tratta, in primo luogo, dell’organizzazione di dati che le PA sono tenute a pubblicare (Open Data), nei quali ogni cittadino può trovare tutte le informazioni necessarie in forma comprensibile e ri-utilizzabile.
[Si vedano le funzionalità dell’Iniziativa di IRDB denominata Spending Review partecipata]
I cittadini devono cioè poter accedere a qualsiasi dato relativo all’intero processo dalle decisioni iniziali alla gestione delle opere – ubicate nella propria zona – in progetto, in costruzione o già attive. E con appositi strumenti (come quelli delineati nel progetto IRDB) essere in grado di effettuare analisi minuziose, e comparare il progetto ed i lavori con quelli di altre opere (anche di altre località).
Si tenga conto dell’esistenza di nuove tecnologie che aumentano di molto la possibilità di ricevere informazioni a proposito di un’opera, come la “realtà informata” (ovvero la possibilità di leggere online dati aggiuntivi a quelli riportati sui sintetici cartelli appesi all’ingresso dei cantieri semplicemente puntando il proprio SmarPhone sul cartello).
Dati che sono non solo di per sé esaustivi, ma che sono anche corredate da analisi di gruppi di cittadini che analizzano progetti e lavori (assieme ad esperti di vari settori – si ricorda l’esistenza di network di supporto a livello nazionale ed internazionale).
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Questo Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici definisce una dimensione realmente partecipata, poiché, appunto, i cittadini possono qui non solo intervenire in modalità “critica”, ma anche intervenire in modalità progettuale. Ciò grazie a strumenti di progettazione partecipata (vedi progetto IRDB) con i quali essi possono proporre varianti o progetti alternativi.
Ciò vale, ovviamente, solo per i progetti ancora in progetto (o nelle prima fasi di realizzazione). Ma il sistema è comunque utile perché esso ha un notevole un effetto deterrente per le Amministrazioni, poiché in questo caso ogni persona coinvolta nel progetto ci mette la faccia (ed i cittadini, grazie al sistema di informazioni esaustive legate all’opera, possono individuare nei dettagli gli interventi dei vari politici o funzionari coinvolti nell’opera).
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Si deve considerare, come si illustra in altro punto, che una reale amministrazione partecipata prevede una partecipazione dei cittadini ad ogni fase dei lavori pubblici. Ovvero in questo caso i cittadini devono poter dire la loro anche a proposito della scelta delle ditte appaltatrice.
(+) URBANISTICA PARTECIPATA E SOCIAL HOUSING
Uno dei settori nei quali è necessario intervenire per poter creare una Democrazia realmente partecipata è quello dell’urbanistica. Un settore oggi gestito dall’alto in una modalità di ingegneria sociale nella quale si pretende, appunto, di “calare dall’alto” soluzioni con le quali si ha la presunzione di migliorare la vita dei cittadini (come nelle Utopie, che sono, appunto, il contrario della Democrazia reale, partecipata).
Il fatto è che la Democrazia è, per definizione, un regime nel quale sono cittadini a decidere cosa possa essere fatto per loro. Ovvero la Democrazia funziona solo quando è una Democrazia partecipata: ovvero quando i cittadini non dicono più, a proposito di una opera pubblica, “stanno facendo”, ma dicono ”stiamo facendo” (ad esempio, stiamo sistemando un giardino o una scuola; o stiamo costruendo un nuovo centro di incontro).
In altre parole in una reale Democrazia i cittadini in qualche modo:
1) partecipano alle decisioni relative al territorio, e quindi contribuiscono a deliberare in materia, ad esempio, di piani regolatori.
2) partecipano in qualche modo ai lavori relativi alle opere pubbliche, in una modalità che permette non solo di ottenere un notevole risparmio di denaro, ma anche un miglior funzionamento delle strutture (una qualità fondamentale prodotta da questa modalità .è la responsabilizzazione delle persone nei confronti dei beni pubblici – ciò è vero anche, come si vede più avanti, nel caso del Social housing).
[►] Urbanistica partecipata
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OK
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Urbanistica Partecipata è una iniziativa di Iniziativa Riforma dal Basso (basata sugli strumenti di Open Government Platform) che permette ai Cittadini di partecipare alle attività della Amministrazione pubblica relative all’Urbanistica.
L’Iniziativa Urbanistica Partecipata è finalizzata al contempo ad ● una riduzione delle spese ed ● a un miglioramento della qualità degli interventi sul territorio da parte della PA. Ovvero è finalizzata ad una reale sostenibilità del sistema urbano – anche con l’integrazione di piani di Mobilità/Viabilità illustrati in altro punto – che possa produrre un effettivo miglioramento della qualità della vita all’interno della città.
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La piattaforma Web di IRDB in questo caso offre ai cittadini vari strumenti che permettono ad essi di analizzare i Progetti istituzionali di urbanistica, e di progettare nuove soluzioni di urbanistica e nuove opere pubbliche, di analizzare Piani regolatori (ed intervenire con modifiche), ecc … (e, possibilmente, anche dei piani di Mobilità/Viabilità).
Alcuni degli importanti vantaggi: riduzione delle spese grazie alla maggior efficienza amministrativa della modalità di Urbanistica partecipata (risparmio che può essere ancora maggiore se si adottano le funzionalità, opzionali, di Spending review partecipata, con la quale è possibile individuare molte spese superflue: con una piccola parte del denaro risparmiato i Cittadini possono proporre soluzioni urbanistiche alternative di grande utilità sociale) – minor impatto ambientale – maggior rispondenza degli interventi di Urbanistica rispetto alle reali necessità della cittadinanza – ecc …
la necessità di applicare un nuovo paradigma
Attuare un programma di Urbanistica Partecipata significa, in primo luogo, definire un nuovo paradigma di struttura e servizi della città, quando sino ad ora, a livello istituzionale, si è solamente cercato di implementare nelle Amministrazioni nuovi strumenti di pianificazione senza modificare, alla base, i modelli su cui si basano i vari processi.
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Si tratta cioè in primo luogo di
effettuare una radicale innovazione
di modelli e processi di gestione della Città
(ed anche delle pratices da parte dei Cittadini).
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Ma, si noti, pur trattandosi di un cambiamento radicale, non si tratta di un problema per le forze politiche, le quali possono invece trarre da questo cambiamento notevoli vantaggi.
E’ vero che è necessario che le forze politiche abbraccino, in parte, una nuova mentalità per poter trarre benefici (e non danni) da tale cambiamento. Ma è pur vero che esse, nella attuale condizione di crisi, stanno andando incontro ad un fallimento elettorale (le forze politiche emerse negli ultimissimi anni come una “come nuova” stanno ora rischiando di perdere consenso elettorale poiché non sono in grado di migliorare effettivamente la qualità della vita urbana).
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Si noti si tratta di una operazione di “sviluppo delle comunità” all’interno della città – come il Placemaking, descritto in altro punto – che, grazie al coinvolgimento dei cittadini negli interventi urbanistici locali, permette di sviluppare nuovamente il senso di appartenenza al territorio, e quindi il senso di responsabilità nei confronti delle strutture e dei servizi pubblici.
il percorso di sviluppo dell’Urbanistica partecipata
L’Urbanistica partecipata si realizza con l’apertura della Pubblica amministrazione alla partecipazione dei cittadini nei vari processi di amministrazione: nella nuova modalità i cittadini partecipano alle decisioni generali (es.: Piani di intervento) ed alle decisioni più specifiche (ad esempio riguardo all’attuazione di opere specifiche all’interno del Quartiere).
L’Innovazione dal basso è l’unica modalità efficace e sostenibile di innovazione del settore pubblico.
poiché solo i cittadini – che sono i detentori dei bisogni che la struttura pubblica urbana è chiamata a soddisfare – sono in grado di produrre un notevole miglioramento della qualità degli interventi sul territorio. Si tratta dell’unica forma di innovazione (riforma) realmente utile e sostenibile: la sostenibilità deriva dal fatto che i cittadini in questo caso non solo progettano le soluzioni (infrastrutture, piani regolatori, ecc …) a loro misura; ma anche dal fatto che essi, in tale modalità, divengono i co-gestori di tali opere.
la necessità di definire nuovi modelli di sviluppo della Città
Il fallimento delle azioni di innovazione delle città è dovuto al fatto che sino ad ora si è cercato di tamponare” i problemi senza cercare di cambiare a monte il modello della città (questa è, appunto, la causa degli attuali problemi).
Ovvero
per poter intraprendere un percorso di effettiva innovazione del sistema urbano è necessario dotarsi di una nuova Vision della città
(un nuovo scenario ed i processi specifici che si svilupperanno in essi).
Questa nuova concezione della Città deve portare ad individuare sia nuovi processi delle Amministrazione, sia nuove pratices dei cittadini. Pratices legate a nuovi stili di vita, come quelli indicati (in modo peraltro piuttosto ideologico) del Movimento della Decrescita felice; si tratta delle pratices emergenti – vedi i nuovi trend che rappresentano una nuova interpretazione della Sussidiarietà, come il crowd-sourcing.
Piano regolatore decentrato e partecipato
E’ importante considerare come oggi la pianificazione del territorio sia considerata essere un qualcosa da esperti, dimenticandosi in questo modo che tale pianificazione riguarda in primo luogo – direttamente – gli interessi dei cittadini per ciò che concerne la sistemazione del loro territorio (questioni di impatto ambientale, logistica, ecc …). Ed in questo caso i migliori esperti sono proprio loro, gli utenti del territorio.
Si ricorda che, come illustrato nel documento “Verso una Democrazia diretta”, gli esperti professionali possono essere utilizzati dai cittadini in modo migliore di come vengono utilizzati dalle Istituzioni.
E’ doveroso inoltre ricordare che oggi il piano regolatore viene considerato essere – a livello demagogico – uno strumento per difendere in qualche modo i diritti dei cittadini (ad esempio la tutela del paesaggio).
Ma in tale interpretazione non si tiene conto del fatto che attribuire ad un amministratore pubblico il potere di trasformare un terreno da agricolo in edificabile (di aumentare per legge, di molto, il prezzo di mercato di un terreno) significa dare ad esso un potere enorme. Un potere che permette, appunto, alle Pubbliche amministrazioni di organizzare scambio di favori (ma molto spesso anche ottenere vantaggi nei quali si configurano chiaramente reati) con i proprietari dei terreni.
Ovvero ciò che va compreso è che l’attuale gestione dei Piani regolatori non è che una forma di speculazione edilizia gestita in prima persona dalla PA.
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In un contesto di Participatory Urban Planning, ovviamente, le Istituzioni governative (ad esempio il Comune) devono comunque intervenire per garantire che non si ledano diritti di altre aree della città. In questa dimensione ogni azione locale deve cioè ottenere l’autorizzazione istituzionale; ma questa autorizzazione è subordinata unicamente all’aderenza del piano locale alle regole generali della città (che devono in ogni caso essere sviluppate in modalità partecipata), e non ad interessi dall’alto.
Ovvero in un contesto di Participatory Urban Planning i cittadini possono più che altro limitare ulteriormente i limiti del Master Plan. In questo caso si ha infatti, più che un vero Piano definito a priori, un sistema dinamico basato su strumenti di deliberazione dei cittadini (definito caso per caso) i quali possono impedire la costruzione di opere che ritengano danneggiare la cittadinanza.
Un esempio: gli abitanti del quartiere potrebbero limitare l’altezza di un edificio in regola con le regole cittadine, ma che porterebbe ombra ad un importante spazio verde del Quartiere.
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I Participatory Urban Planning portano un notevole vantaggio per la Città, poiché essi producono una responsabilizzazione dei cittadini rispetto a questioni vitali come, ad esempio, il verde e la sicurezza ambientale (ad esempio per la prevenzione esondazione fiumi). La soluzione di tali problematiche avviene infatti, in tale dimensione, con maggior cognizione di causa.
Questa maggior cognizione di causa deriva dal fatto che non solo le persone che concepiscono le soluzioni in questo caso sono quelle che vivono quotidianamente le problematiche (si noti che spesso si tratta di esperti dei vari settori implicati nel caso). Ma anche dal fatto che ai gruppi di lavoro di progettazione possono partecipare anche abitanti storici che hanno una memoria di eventi catastrofici che diviene una risorsa fondamentale, ad esempio, per preparare piani di sicurezza per il territorio (tali contributi non possono essere raccolti da indagini progettuali istituzionali di dimensione maggiore).
Si noti che questo limitato potere legislativo può essere dalle istituzioni, ma può anche essere esercitato in modo non-istituzionale dai cittadini. Ovvero i cittadini possono trovare accordi per regolare delle aree del loro Quartiere, a prescindere da una effettiva delega dei poteri concessa dalle Istituzioni (es.: dal Comune).
Ciò può avvenire nello sviluppo del citato Placemaking: i cittadini che accedono a certi spazi possono aderire contrattualmente a regolamenti specifici da essi definiti(che limitano i regolamenti comunali – può trattarsi di orari e modalità di utilizzo, ecc..).
■ SUSTAINABLE SOCIAL HOUSING (sussidiato e partecipato) / Sustainable Living
Il Social housing (o Edilizia popolare) di oggi è concepito come una forma di “ingegneria sociale” molto simile a quella adottata nei paesi del Socialismo reale, il cui approccio contraddice i principi della Democrazia (o, se volgiamo, della Democrazia partecipata) poiché si basa su interventi sul territorio urbani totalmente ideati e gestiti dall’alto (da una classe politica che si ritiene essere “illuminata” la quale pensa di sapere “cosa è meglio per gli altri”). Con il risultato che oggi abbiamo sotto gli occhi: non solo di sprechi di denaro per la costruzione e la manutenzione degli edifici, ma anche scarsa efficienza delle strutture, bassa qualità della vita per i residenti, ecc …
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Si noti che gli interventi di “Edilizia popolare” in Italia non sono molto differenti dagli interventi di Ingegneria sociali di edilizia abitativa praticati in passato in Unione Sovietica ed ancora oggi in Cina, dove lo Stato-Partito intendendo plasmare la società secondo modelli ideologici utilizza tali interventi per indurre nelle persone il modello di vita cittadino passivo nei confronti dello Stato e del Consumo.
Ovvero in tali interventi invece di comunità di persone (che si organizzano in sistemi Democratici, ossia in modalità partecipata), si creano delle non-comunità, dei quartieri “di masse passive” dove l’individuo diviene un ● cittadino “politicamente” passivo, poichè non essendoci in tale strutture urbane alcuno strumento di government ed amministrazione partecipata, esso è costretto a subire passivamente il government dall’alto (e le Istituzioni non sono in grado di cogliere i reali bisogni delle persone). E il cittadino diviene ● un consumatore passivo del Mercato di massa: è costretto, non disponendo esso di strumenti che gli garantiscano un minimo di autosufficienza (come quelli previsti, ad esempio, nelle iniziative di “decrescita” sostenibile – vedi documento “Decrescita sostenibile”) a pagare salate bollette “non-ecologiche”, a spendere molto denaro per la manutenzione della casa e degli accessori (non progettati per una modalità di auto-manutenzione), a consumare, secondo il modello del consumismo spinto, prodotti che potrebbe auto-produrre (anche solo disponendo di un orto minimo).
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In ultima analisi, nella attuale dimensione di Edilizia popolare si perde l’occasione di creare una reale Urbanizzazione sostenibile creando da zero sistemi partecipati grazie ai quali i residenti possono dall’inizio creare strutture a propria misura. E quindi – grazie anche alla auto-responsabilizzazione dei cittadini che si produce in un sistema di tale genere – gestire in modo partecipato la comunità residenziale. Cose che portano, appunto, al risultato di sostenibilità dell’insediamento urbano (economicità di costruzione e di gestione, efficienza di infrastrutture ed efficacia dei servizi, buona qualità della vita, ecc…).
Nel progetto IRDB è anche definita una iniziativa per i senzatetto: un villaggio auto-sostenibile che è modellato sulla falsariga del progetto Sustainable Social Housing.
un nuovo modello di urbanizzazione
Con l’Urbanizzazione sostenibile qui delineata si va oltre al Social Housing, all’ediliza popolare: questa diviene infatti l’occasione
per creare parti di Città sostenibile (Sustainable Smart City) che,
per quanto piccole,
DIVENGONO IL MODELLO VIRALE CHE PERMETTE
DI DIFFONDERE UNA NUOVA CULTURA DELL’URBANIZZAZIONE
(e della riqualificazione delle aree della città)
ANCHE PER L’EDILIZIA PRIVATA.
Il punto fondamentale di un piano di “affordable/susteinable housing” è che grazie ad esso diviene possibile: ● responsabilizzare i residenti rispetto alle questioni di gestione della loro abitazione e del sistema sociale nella quale è essa inserita (grazie anche alle strutture di government ultra-locale ed amministrazione partecipati); ed è anche possibile ● rendere i residenti competenti rispetto “al fare”: i cittadini, in un tale contesto massimamente aperto a forme di auto-costruzione ed auto-manutenzione, supportati da reti di solidarietà, imparano ad intervenire in prima persona (spesso in cooperazione con altre persone) sulle questioni di gestione della abitazione e del territorio (per lo meno in compartecipazione con le PA).
Gli strumenti adottati possono essere non solo quelli più tradizionali come l’affitto a riscatto (che è in grado di rendere accessibile l’acquisto dell’appartamento anche ai meno abbienti), e strutture di amministrazione partecipata, che permettono, appunto, di abbassare notevolmente sia i costi diretti dei residenti, sia il carico sociale dell’insediamento urbano (ad esempio con un monitoraggio diretto da parte dei residenti degli interventi di manutenzione sulle strade, illuminazione pubblica, ecc …) [vedi documenti “Comunità urbane auto-gestite” e, in “Verso la Democrazia diretta”, la sezione … “Government ed amministrazione nelle Comunità urbane auto-gestite”].
Ma per definire una reale innovazione – che sia in grado di migliorare non solo l’aspetto economico del Social housing, ma anche di garantire un effettivo miglioramento della qualità della vita – si tratta, a monte di tutto, di individuare modelli di housing radicalmente diversi da quelli attuali. Ossia, come si è detto, si tratta di immaginare uno scenario radicalmente innovato di vita urbana (e quindi, in base ad esso, concepire un nuovo modo di concepire ed organizzare la città).
Si tratta, appunto, di definire
uno scenario di reale partecipazione dei cittadini alle decisioni ed all’amministrazione del territorio sul quale vivono
(ovviamente è necessario prevedere, per la fase iniziale, una progettazione partecipata in cui sono coinvolti anche i cittadini preesistenti nell’area).
Uno scenario che è possibile realizzare grazie non solo a
● nuovi strumenti politico/amministrativi (strumenti di partecipazione come quelle delineati in IRDB); ma anche ad
● una innovazione “tecnica” delle modalità di costruzione e tecnologie utilizzate (a questo aspetto è dedicato gran parte del progetto).
Quest’ultima è sviluppata, ad esempio, con l’utilizzo di moduli abitativi di auto-costruzione flessibili che hanno permesso in molte parti del mondo di creare quartieri residenziali che non hanno nulla da individuare alle villette delle periferie degli USA (come è per esperienze simili, i residenti frequentano corsi che li rendono competenti sulle questioni di costruzione e manutenzione dell’abitazione e delle infrastrutture sul territorio ). E con l’utilizzo di sistemi abitativi nei quali la manutenzione e parte della gestione delle risorse può essere effettuata direttamente dai residenti: produzione di energia alternativa, gestione delle infrastrutture pubbliche (come manutenzione e pulizia delle strade, manutenzione giardini) ecc ….
Si tenga conto che .gli strumenti di cui si parla permettono interventi diretti degli abitanti per la semplicità d’uso dei dispositivi utilizzati (nati per una auto-manutenzione, dalle caldaiette agli impianti tecnici più complessi dell’edificio).
Per comprendere l’economicità del sistema abitativo qui prospettato, si deve appunto tenere conto che esso è anche per lo più basato su un investimento (nella costruzione e nella gestione dell’abitazione) non di denaro, ma del proprio tempo: ciò diviene funzionale alla dimensione attuale caratterizzata della scarsa occupazione lavorativa (e scarsità di denaro) delle famiglie che hanno effettivamente bisogno di ricorrere all’”edilizia popolare”.
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Il Sistema di affordable Social housing qui prospettato è ovviamente integrato con la soluzione Urbanistica partecipata – illustrata in precedenza – nella quale i residenti divengono responsabili dei vari interventi sul territorio (ad esempio, di modifiche locali della viabilità, di progettazione partecipata di spazi pubblici, di co-organizzazione della gestione dei rifiuti, ecc …).
la diffusione virale del nuovo modello
Si crea in questo modo, come si detto, un esempio di riferimento anche per l’edilizia privata, che finisce quindi per seguire un modello virtuoso che produce spontaneamente minori costi di acquisto e di gestione dell’abitazione, e una miglior qualità della vita sul territorio (su tale modello possono essere definite, in generale, nuove policy dello sviluppo e la riqualificazione delle aree urbane – vedi anche le iniziative di Placemaking).
Vedi l’esempio di Non-profit Housing Development di Coachella Valley Housing Coalition “dedicated to helping low and very low-income families improve their living conditions through advocacy, research, construction, and operation of housing and community development projects” [https://www.kcet.org/shows/departures/on-the-rise-self-help-housing-families-building-their-own-homes]
il percorso di sviluppo del Sustainable social housing
( cosa si propone ) una iniziativa bi-partisan …
Ciò che si propone qui è una soluzione bi-partisan, – perché caratterizzata dalle qualità obiettivamente riscontrabili (facilmente percepibili già in fase di progetto) – che soddisfi tanto i sostenitori dello Stato sociale (che vedono in primo luogo la necessità di occuparsi di “chi non ce la fa”), sia i sostenitori della Libera iniziativa (i quali abbiano comunque l’intenzione di intervenire laddove vi sia una reale necessità che il cittadino proprio non è in grado di soddisfare da sé i propri bisogni).
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La differenza tra le due posizioni può sembrare minima, ma in realtà
● nel primo caso (quello adottato oggi nella Socialdemocrazia europea) l’ideologia socialista che è alla base porta alla creazione di sistema di copertura universale e totale (“dalla culla alla tomba”, per qualsiasi bisogno “sociale”) nel quale osi pera esclusivamente dall’alto. Cosa che produce, appunto, i problemi attuali di deresponsabilizzazione sia degli operatori (sono inseriti in un sistema per nulla meritocratico che toglie ad essi qualsiasi stimolo a migliorare) e degli utenti (che si abituano all’idea “tanto ci pensa lo Stato”; e sono afflitti dalla sindrome del pagare alla romana: “tanto alla fine il conto è distribuito su tutti, e quindi mi conviene consumare il più possibile”).
E da tali problemi intrinseci al Welfare di Stato derivano i danni che affliggono oggi la società europea: sprechi di denaro (e fallimento economico delle Nazioni), scarsa efficacia dei servizi, bassa qualità della vita, ecc …
(si noti che il sistema dei servizi social-democratico ha in sé il grave handicap , dovuto al fatto che esso si basa sul pagamento dei servizi attraverso il “ciclo delle tasse”, che produce un spreco di denaro a causa, tra le altre cose, dei costi di tale gestione del flusso di denaro, che sono di almeno superiori del 50% di quelli che sono i costi di gestione diretta dei “lavori pubblici” locali da parte dei cittadini del quartiere – vedi documento “Politica 2.0: un Programma politico”).
Mentre
● nel secondo caso, rinunciando all’impostazione dell’assistenza totale, è possibile definire
un modello radicalmente differente di “Edilizia popolare”
nel quale, con una modalità sussidiata di Social housing,
i cittadini (che hanno un reale bisogno di una abitazione)
MANTENGONO I VANTAGGI DEL SISTEMA ATTUALE
(ricevono una abitazione
ad un costo per essi assolutamente abbordabile),
MA CONTEMPORANEAMENTE OTTENGONO MOLTI ALTRI VANTAGGI
– come vediamo nei prossimi paragrafi – come i vantaggi derivanti nel fatto di divenire proprietari degli appartamenti (si ricorda che i prezzi di questa tipologia di abitazione sono irrisori rispetto a quelli delle tipologie abitative tradizionali, ed i residenti possono divenire proprietari dell’appartamento pagando per pochi anni un basso affitto), di avere una drastica riduzione dei costi di gestione dell’abitazione (bollette, spese di manutenzione della casa e dei dispositivi in essa presenti, spese “di condominio”, ecc …), e di ottenere una qualità della vita più elevata di quella garantita dall’attuale Social housing.
// forse no // Si tenga conto che la forma di Social housing qui prospettata riduce anche il costo sociale dell’insediamento.
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In tale forma di Social housing sussidiato si mettono ● a disposizione dei residenti strumenti per la costruzione e la gestione della casa ma anche ● strumenti per la gestione politico/amministrativa della comunità con i quali vi è la possibilità di definire (in modalità partecipata con le istituzioni) piani di intervento sulle parti pubbliche (comuni) dell’insediamento (vedi in precedenza il progetto di Urbanistica partecipata)
ALCUNE QUALITÀ DEL SUSTAINABLE SOCIAL HOUSING PARTECIPATO
As Martha Thorne recently told the Guardian, “It’s not enough to make community space and say, ‘People are going to see each other’… Architects really have to understand the context from the client – the cultural context, to the bigger context, to the economics, to the future of the residents who’ll live there.”2
Si vuole portare l’attenzione su alcune qualità del sistema di Social housing qui introdotto, che lo rendono drasticamente differente dai sistemi sinora adottati a livello istituzionale.
La differenza sostanziale risiede nel fatto che in questa nuova modalità, pur mantenendosi in essa il proposito del Social housing attuale – di produrre un sistema che permetta a chi ha realmente bisogno, di accedere ad una abitazione – si ribalta l’approccio che prevede una pianificazione dall’alto nei dettagli le caratteristiche dell’insediamento (operando forme di ingegneria sociale che necessitano di ingenti finanziamenti).
Ovvero
1) si approccia la questione con i principi della Democrazia partecipata, applicando già nelle fasi iniziali (di progettazione) una partecipazione della cittadinanza al progetto (dei futuri residenti dell’insediamento, e dei residenti dell’area nella quale si inserisce l’insediamento di SH).
2) si offre un sistema flessibile e che può essere modellato in funzione dei bisogni specifici dei residenti (non solo inizialmente, ma anche durante l’utilizzo delle strutture edilizie).
Nel nuovo approccio, cioè, vi è una effettiva partecipazione di quella della cittadinanza in qualche modo toccata dal progetto, per cui invece di creare teorie a monte e quindi tentare di adattare le persone a tali idee, al contrario si parte direttamente progettando assieme ai futuri residenti la realtà in cui essi dovranno vivere creando le idee in modo partecipato sul campo.
In questo modo si ottiene una realtà abitativa realmente sostenibile, a misura d’uomo (a misura delle persone specifiche che vanno ad abitare l’insediamento) risolvendo così le problematiche insite nell’attuale sistema di SH totalmente gestito dall’alto (Corviale, Zen, Secondigliano, Pruitt-Igoe di St Louis, Villaggio olimpico di Torino, ecc…), di interventi “illuminati” che producono una realtà decisamente poco “a misura d’uomo” (sia dal punto prettamente ergonomico, che da quello della governabilità) proprio perché mancano di una dimensione partecipata (sviluppata già dall’inizio).
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I problemi del Social Housing attuale sono:
● incapacità di creare (nel breve periodo) un senso di comunità – con la conseguente mancanza di senso di appartenenza al quartiere – che, unitamente alla impossibilità di intervenire direttamente sulle questioni di ordine pubblico, produce, tra gli altri, problemi di ordine sociale.
● costi eccessivi per la società e per gli utenti a causa della citata mancanza di una progettazione mirata ad una reale sostenibilità.
● scarsa qualità della vita: l’idea di agire in modalità di “Design sociale” (una progettazione a tavolino da parte di Architetti “illuminati”), produce una mancanza di attenzione ergonomica a causa della quale si definiscono abitazioni e ambiente sociale tutt’altro che a misura d’uomo: si producono modelli abitativi che i residenti non trovano funzionali alle loro esigenze; ed ambienti sociali nei quali essi non riescono ad integrarsi.
la necessità di creare una vera comunità
Il nuovo approccio qui delineato consiste, sostanzialmente, in un intervento che favorisce la nascita di un senso di comunità, cosa che si ottiene quando le persone sono coinvolte in una forma di “colonizzazione” del territorio nella quale essi possono organizzare spazi e strutture in funzione delle proprie attitudini culturali (vedi anche iniziative di Placemaking in precedenza)
Si noti come le testimonianze provenienti da esperienze come quelle di Coachella Valley Housing Coalition e, in Londra, dell’iniziativa in Waltham Forest di John Struthers e di quella definita “Walters Way”, emerga come il senso di comunità nasca proprio nella fase iniziale di co-progettazione e di partecipazione diretta ai lavori di costruzione delle abitazioni (modalità di costruzione sviluppata nella modalità solidale, comunitaria tipica delle comunità tradizionali).
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Per poter ottenere un insediamento in grado di funzionare realmente come una comunità umana, è necessario anche dotare esso di forme di government locale partecipato delle aree pubbliche.
i vantaggi del Social housing partecipato
Rispetto all’approccio attuale, nella forma di Sustainable Social housing qui descritta si ha:
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1) RESPONSABILIZZAZIONE dei residenti dispetto alle strutture ed alla comunità grazie ai seguenti fattori:
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la proprietà delle abitazioni (e, se non la comproprietà, comunque la responsabilità diretta sulla gestione delle aree pubbliche).
Si noti che le modalità qui definite rendono l’acquisto della abitazione alla portata anche di persone dal reddito molto basso: ad esempio una abitazione con due camere da letto può costare effettivamente 20.000 € (che con un affitto a riscatto molto basso può essere acquistata in pochi anni).
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un regime sussidiarietà, ovvero che non supporta in toto il residente, ma interviene unicamente solo laddove vi siano delle necessità che il residente prorpio non è in grado di soddisfare da sè (non vi è più un aiuto “a prescindere”, ma un supporto condizionato a precise realmente ineluttabili necessità che ).
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2) ANNULLAMENTO DELLE DISECONOMIE e aumento delle efficienze, grazie:
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con il superamento della attuale forma di assistenzialità totale si produce, appunto, una responsabilizzazione dei residenti che porta alla creazione di importanti economie (in primo luogo con un interessamento con cognizione di causa delle problematiche della propria abitazione3 ed un interessamento diretto all’amministrazione ed al government del territorio). In questo modo si inducono – grazie anche a strumenti di amministrazione partecipata e ad una strutturazione delle strutture in modalità di self-manteinance – forme di gestione accorta delle spese che rende realmente sostenibile l’insediamento (non vi è più la necessità di intervenire dall’esterno con supporti finanziari).
Il concetto di fondo è quello della cultura cinese (ripreso da Mao): se vuoi fare nutrire ad una persona, non regalargli il pesce, ma insegnagli a pescare (nel progetto sono appunto inseriti i corsi necessari).
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un sistema fondato su una economia caratterizzate da una drastica riduzione del fattore denaro per ciò che concerne costruzione, manutenzione e servizi tradizionali. Ciò è possibile non solo grazie alle scelte progettuali, ma anche a nuove forme di policy sociali basate sulla solidarietà.
Nelle scelte progettuali si consideri che ● i costi dei materiali sono irrisori; inoltre ● tutto è progettato secondo i criteri della auto-costruzione (supportata in modo da rendere ogni fase alla portata di qualsiasi bricoleur – e per le parti più complesse si ricorre ad alcuni corsi, come avviene in altre parti del mondo).
Ma ciò che risulta essere determinante è anche l’implementazione nel sistema delle nuove policy sociali della solidarietà, con le quali è possibile, come avveniva nella tradizione, svolgere i lavori “in comunità” (in termini moderni: con team di persone nelle quali si uniscono competenze). Queste policy sociali emergenti permettono anche di tornare alle modalità di vita tradizionali nella quali, tra le altre cose, non vi è la necessità si spendere denaro per il caretaking degli anziani (ciò è possibile, ad esempio, grazie alla modularità degli alloggi che possono essere adattati per ospitare un parente anziano; o con strutture di “retirement community”, comunità di anziani in gran parte autosufficienti che eliminano il problema della badante e di costo pensionati.
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risparmi “indiretti” realizzate grazie alla disponibilità di risorse “produttive” legate alle necessità di vita quotidiana che permettono di ridurre i costi quotidiani della vita nell’insediamento (dalle forme di produzione alternativa di energia, alla possibilità di produrre cibo (leggi orti). Una delle riduzione delle spese è favorita da strumenti e strutture che favorisocno good pratices di approvvigionamento come quella dei gruppi di acquisto o di exchange (vedi soluzioni illustrate in altri punti).
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l’impostazione della abitazione in modalità flessibile (evolvibile) che può essere modellata nel tempo in funzione del sopraggiungere di nuove esigenze (con spostamento pareti interne, possibili ampliamenti come nell’architettura tradizionale – Architettura organica), cosa che permette di ottenere vari tipi di economie.
Ad esempio, come si è visto in altre iniziative di SH, grazie alla possibilità di sviluppare in modo compiuto l’abitazione nel tempo, è possibile in modo da diluire nel tempo le spese. Ciò permette anche, come si è detto, di aggiungere una stanza per eventuale parente anziano, ed ottenere economie indiretta (risparmio su affitto e spese, drastica diminuzioni dei costi di caretaking, possibilità di tenere a casa i nipoti fuori dall’orario di scuola, ecc …) [vedi anche documento “Ampliamento sostenibile”].
il vantaggio di una Affordable and Sustainable Property
Uno dei fattori sui cui si basa un reale sostenibile Social Housing è la responsabilizzazione dei residenti nei confronti dei beni pubblici e privati e dei servizi dell’insediamento. E, tradizionalmente, la proprietà è la qualità dei beni (e delle azioni) che rende l’uomo responsabile verso di essi.
Nella Iniziativa di SH qui introdotta la proprietà degli appartamenti da parte dei residenti è infatti una delle caratteristiche di base: nel progetto di Affordagble and Sustainable Property si individuano modalità che permettono alle persone meno abbienti di divenire proprietari di una appartamento (ma anche di gestirlo in modo agevole, a costi molto bassi).
La proprietà dell’appartamento è resa possibile, tra le altre cose, da strumenti come forme di affitto a riscatto, l’estrema economicità dell’abitazione, ii bassi costi della vita offerti dalla comunità (che liberano denaro per l’acquisto dell’appartamento), e altro.
Ricordiamo che le abitazioni sono concepite per essere molto economiche, e per essere auto-costruite dalla comunità di residenti; e che che sono economiche nella gestione (manutenzione, consumi, ecc …) e che la vita sul territorio dell’insediamento è piuttosto economica grazie a forme di auto-produzione, consumismo 2.0, ecc …
La responsabilizzazione legata alla proprietà è in qualche modo estesa anche ai beni dell’insediamento (si .attribuiscono ai residenti per lo meno le responsabilità tipiche della proprietà rispetto ai “beni comuni”).
Si noti che questa responsabilizzazione dei residenti nei confronti dei “beni comuni” riduce i costi sociali dell’insediamento.
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Ovviamente possono nascere … dubbi sulle modalità di attribuzione della proprietà, poiché si tratta di forme “facilitate” di acquisto che, tra le altre cose, potrebbero portare, in un regime di proprietà non vincolato, alla creazione di speculazioni .. vendendo l’appartamento che si è avuto ad un prezzo molto basso, il quale diviene molto appetibile una volta che si è percepita la qualità della vita del quartiere.
Vi sono però forme di proprietà reali (legalmente riconosciute) ma vincolate che possono risolvere il problema. Ad esempio, è possibile prevedere un meccanismo secondo il quale sia possibile divenire proprietari di una quota di una società – può essere una cooperativa – vincolando la cessione dell’appartamento a precise condizioni economiche (ad esempio la cifra in eccedenza può essere incamerata dalla cooperativa). Il fatto è che il proprietario dovrebbe avere il diritto di avere un “rimborso” di ciò che ha speso, e di ciò che ha “investito” con la propria opera (il lavoro che, nel tempo, ha impiegato per costruire la casa nelle sue componenti).
Inoltre, poichè l’insediamento è stato fondato sviluppando qualità di “comunità” (necessario per garantire sviluppo senso di appartenenza, e di forme di solidarietà spontanea), al momento della cessione di un appartamento la comunità dei residenti potrebbe riservarsi il diritto di scegliere chi subentra al residente originario.
(+) MOBILITÀ URBANA/TRASPORTI URBANI
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Ciò che interessa nelle policies 2.0 illustrate nel presente documento è, sostanzialmente, un miglioramento della qualità della vita urbana (un ridefinire una dimensione della città a misura d’uomo attraverso la creazione di strumenti di partecipazione che permettano ai cittadini di accedere ai processi di ideazione e gestione di strutture e servizi all’interno della città.
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Ciò, come si è detto, è determinante nelle questioni di urbanistica, abbandonare l’approccio di gestione dall’alto tipico delle forme di “ingegneria sociale” (con le quali si pretende di migliorare la vita dei cittadini con soluzioni “calate dall’alto”; sostanzialmente come era nelle Utopie, e poi nelle Ideologie totalitarie).
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Si deve tener conto che quella della Mobilità è un’area nella quale gli effetti della partecipazione dei cittadini sono particolarmente evidenti rispetto ad altri settori di government/amministrazione (si tratta di un inseme più dinamico, una dimensione di moving target nella quale le decisioni devono essere prese più di frequente).
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Qui si propone
una Mobilità sostanzialmente rifondata alle radici la quale contribuisce, appunto, in modo determinante che contribuisce a definire una nuova dimensione della città.
Si propongono cioè qui iniziative e progetti di vario genere fondamentalmente basati su criteri di ● partecipazione: nel duplice aspetto di decisioni progettuali; e di gestione ordinaria del sistema (percorsi, orari, ecc …) grazie ad una forte flessibilità del sistema, che è definito per permette un alto livello di “personalizzazione” di trasporti pubblici e privati ● innovazione sostenibile nella quale si pone da un lato il focus sulle persone (le tecnologie tornano ad essere un mezzo per realizzare una reale qualità della vita); e si ricorre a tecnologie realmente sostenibili dal punto di vista economico (si utilizzano forme di sviluppo Open Source, sia per software che per hardware – e si utilizzano tecnologie low-tech ormai in molti casi più efficaci di quelle hi-tech). Molto importante: in tal modo si è in grado di riportare la “produzione” a livello locale, migliorando la situazione dell’occupazione (ciò vale per i micro-vehicle utilizzati nella soluzione LiteMotive).
Si delinean.o alcune soluzioni che nelle forme più evolute del progetto definiscono una innovazione radicale che prevede, appunto, non solo una sostanziale innovazione dei mezzi di trasporto pubblici e privati (vi è anche questo), ma anche un modo radicalmente nuovo di concepire lo spostarsi (ridefinisce le necessità dello spostarsi). Vedi doc “Mobilità URBANA 2.0: il nuovo futuro possibile”
( lite motive – abstract )
Il problema fondamentale della mobilità è che sino ad ora si è voluti intervenire senza cambiare il paradigma che è alla base del sistema: in questo modo si finisce immancabilmente per intervenire con la cultura e gli strumenti che hanno prodotto gli attuali problemi (ciò, in realtà, vale per ogni area della Democrazia europea, comprese governance, amministrazione, burocrazia trattate in altri punti)
Più nello specifico l’automobile nella attuale concezione – e l’attuale sistema di trasporti urbani di massa – sono intrinsecamente insostenibili (sono intrinsecamente fallimentari anche le alternative sinora concepite, come le “auto elettriche” prodotte dalla grandi Case Automobilistiche).
Ovvero gli attuali problemi della mobilità devono essere risolti a monte, partendo da un ripensamento sostanziale dei veicoli (pubblici e privati); e quindi della concezione dei modelli di mobilità (modalità degli spostamenti, ecc … ).
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brief-flash
Nel progetto LiteMotive si parte, appunto, da una ridefinizione del concetto di Mobilità urbana che produce una innovazione radicale, ovvero produce
un Sistema di mobilità Mobility 2.0 realmente sostenibile,
ed attuabile in modo rapido ed economico.
Si tratta di una Mobilità
● nella quale si ridefiniscono le modalità di utilizzo dell’auto e dei mezzi pubblici, con il risultato di ottenere una vita sociale più sostenibile (si ripensa a monte, tra le altre cose, il concetto di “veicolo privato” e di “mezzo di trasporto”).
Ciò è possibile integrando nel progetto di Mobilità 2.0 le iniziative illustrate in altri punti, come quelle di Urbanistica partecipata, che contribuiscono a ridefinire il modello di Città.
● che è di immediata attuazione, poiché si basa su di un approccio di reale sostenibilità: di estrema economicità (pur mantenendo prestazioni superiori a quelle dei costosi e complessi sistemi di mezzi ed infrastrutture attuali) e di facile implementazione e gestione: una soluzione che può essere adottata nell’immediato anche dai singoli quartieri (e da piccoli centri urbani). E che presenta una forte compatibilità con infrastrutture e modalità attuali (e con l’attuale parco di veicoli pubblici e privati).
L’immediata attuazione della soluzione è dovuta alla prevista possibilità di implementazione progressiva, nella quale è possibile introdurre gradualmente le innovazioni dei vari aspetti della mobilità. Caratteristica che è dovuta, tra le altre cose, al fatto che nel sistema non sono sostanzialmente necessarie infrastrutture (esso si basa sostanzialmente su un sistema virtuale di gestione del traffico e di segnalazione fondato su modalità Peer to Peer, “distribuito” nei vari veicoli). Ed l’economicità del sistema è dovuta in gran parte alla scelta di tecnologie low-tech, oggi in grado di fornire risultati migliori delle tecnologie high-tech utilizzate nelle attuali super-sofisticate soluzioni di mobilità (ed anche all’adozione del nuovo trend dei Makers).
Uno dei vantaggi di questo approccio è che esso permette di portare la produzione degli elementi hardware e software a livello locale.
La forte innovatività della soluzione LiteMotive risiede, tra le altre cose, nella ridefinizione del concetto del mezzo di trasporto: si ottiene un sistema di Mobility 2.0 nel quale si sfuma il limite tra pubblico e privato. Una delle componenti di questo sistema è il Car Sharing 2.0 che propone una innovativa forma di utilizzo della vettura: la Personal Mobility, nella quale ● la vettura “personal” è integrata in un sistema di Car sharing evoluto con il quale si risolvono i problemi del car-sharing attuale (come quello di ridistribuzione della flotta, ricarica delle batterie, ecc …). ● E l’uso della vettura “personale” è integrato, senza soluzione di continuità, nell’uso del sistema dei mezzi pubblici.
SMART TRAFFIC MANAGEMENT SYSTEM
Una delle differenze peculiari di LiteMotive rispetto ai sistemi di Mobilità attualmente in via di implementazione è che questi ultimi sono concepiti come “grandi spese”: ciò significa che le Soluzioni oggi disponibili, allo stato attuale delle cose, sono totalmente insostenibili per le PA (anche le grandi metropoli non possono più permettersi di spendere quanto necessario per implementare tali sistemi).
LiteMotive può invece essere utilizzato oggi non solo dai grandi centri urbani, ma anche nelle cittadine più piccole fino ad ora tagliate fuori dalla possibilità di risolvere i loro problemi “di traffico” (si parla, ad esempio, i piccoli comuni con problemi di mobilità, come i centri turistici). Ma la “leggerezza” e la facilità di implementazione e di gestione di LiteMotive permettono un suo utilizzo anche solo in un singolo quartiere della città.
Smart Traffic Management System
LiteMotive è una soluzione di Mobilità 2.0 che si compone di un Sistema di gestione intelligente del traffico, e di linee di un Piano di Mobilità che, nell’insieme, rivoluzionano il modo di muoversi in città.
Lo Smart Traffic Management System, a differenza di quelli attualmente in auge (tutti perennemente in fase sperimentale perchè, di fatto, irrealizzabili per i costi realmente sostenibili), tra le altre cose: non necessità di infrastrutture (di segnaletica – le strutture informatiche sono minime, acquistabili in un qualsiasi negozio di informatica), non ha bisogno di competenze di alto livello (è alla portata di qualsiasi “tecnico informatico”), è in grado di gestire contemporaneamente il traffico delle micro-SmartVechicle e delle vetture tradizionali (dando la “precedenza” alle prime).
Tale Sistema permette di seguire percorsi urbani (ma anche dalla periferia al centro urbano, tramite le Green-way) nei quali si integrano, senza soluzione di continuità (Seameless Multimodal Mobility), l’uso di vetture “Personal” e automobili, e trasporti pubblici.
In sintesi [informazioni più dettagliate possono essere fornite in una fase successiva], il Sistema di gestione intelligente del traffico si compone di un “sistema informatico” di gestione del traffico (Advanced Traffic Management System) suddiviso in più livelli: di pertinenza della PA (in questo caso l’”Intelligenza generale” del sistema è strettamente integrata l’intelligenza dei singoli veicoli), sistemi “privati” (aziende come Supermercati che gestiscono loro sub-sistemi come parcheggi – tali sub-sistemi divengono parte integrante del sistema generale) e utenti (i device personali, vedi SmartPhones o Tablet, dotati di Apps ad hoc si integrano nel Sistema nella sua parte Peer2Peer).
In ogni caso nel Sistema di gestione intelligente del traffico vengono utilizzate:
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componenti “consumer” (o, al massimo, apparecchiature professionali oggi presenti in qualsiasi piccola azienda), e
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software Open Source (si prevede la creazione di una comunità Open Source a livello globale).
Lo Smart Traffic Management System, quindi non necessita di infrastrutture ad hoc (come è invece per le soluzioni attualmente in via di implementazione o progettazione); nè necessita di adattamenti delle infrastrutture per la circolazione preesistenti, basandosi LiteMotive su una infrastruttura virtuale di segnaletica: in esso elementi come stop, segnalazione limiti e divieti, semafori si leggono unicamente sui monitor del Veicolo.
( plus )
Alcuni dei vantaggi specifici dello Smart Traffic Management System:
• economicità e rapida implementazione: non essendo necessario creare nuove infrastrutture o modificare elementi esistenti; non essendo necessarie particolari competenze; e consistendo la nuova infrastruttura virtuale in una normale rete di PC con annessi dispositivi Wi-Fi (e poco altro) – le autovetture tradizionali che viaggiano nelle aree dedicate alla micro-SmartVehicle sono compatibilizzate con dispositivi già attualmente utilizzati forniti o gratuitamente dalle assicurazioni, o dalle PA per gli accessi ai centri urbani (in LiteMotive si definisce una semplice evoluzione di tali dispositivi).
• flessibilità del Sistema: lo Smart Traffic Management System: permette di modificare in continuazione le modalità di circolazione. Il Sistema permette di avere una estrema modularità delle tariffe in base a orari, comportamenti di guida, ecc …
• Ma la modularità/scalabilità di implementazione (si può partire con una parte minima) permette al Sistema di essere facilmente evoluto nel tempo.
• correttezza di guida il Sistema permette di ottenere un traffico realmente sicuro per occupanti della vettura e pedoni. Il Sistema è infatti in grado di rilevare i comportamenti delle vetture, e di penalizzare o incentivare automaticamente gli utenti (variando le prestazioni della vettura, e le tariffe applicate).
• accessibilità anche da parte di Comuni molto piccoli: si pensi ai centri turistici: in questo caso essi possono ricevere i veicoli non utilizzati nei periodi delle festività nei centri urbani (i veicoli possono essere caricati rapidamente su bisarche (treni o camion), poiché si caricano da sé – la compattezza dei veicoli permette di caricarne molti per ogni bisarca).
LiteMotive: micro-vehicle e Car Share 2.0
Si tratta di una serie di soluzioni realmente sostenibili, con costi (di progettazione ed implementazione, e di gestione) alla portata di Città in grave crisi economica. Soluzioni realizzabili in tempi rapidi con risorse minime (sono sufficienti competenze ed infrastrutture presenti in qualsiasi cittadini di dimensioni medio-piccole).
Più nello specifico in LiteMotive si definisce una nuova generazione di soluzioni per Smart Cities in qualche modo legate alla Mobilità (vedi il documento “Smart approach 4 Smart Cities”) la cui peculiarità più generale è di risultare, di per sé, soluzioni di “real sustaninability” grazie, tra le altre cose, alle seguenti caratteristiche generali:
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downsizing: SA4SC e LiteMotive sono soluzioni impostate in modo da ottenere un radicale downsizing dei progetti per le SmartCities (e Mobilità).
In questa modalità è possibile partire “dal piccolo” (vedi “Smart Small town”: è molto più facile partire per sviluppare una innovazione radicale dalle piccole cittadine di provincia).
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indipendenza da ingenti finanziamenti: si tratta, appunto, di soluzioni dai costi estremamente bassi, rispetto a quelli delle attuali soluzioni di Mobilità (le quali, dipendendo da ingenti finanziamenti, sono ora in fase di stallo) che possono essere implementate con finanze, competenze e infrastrutture presenti in qualsiasi area di provincia.
Una delle caratteristiche che permettono a LiteMotive di essere facilmente e rapidamente implementato è, tra le altre cose, l’utilizzo di tecnologie non più hi-tech (dai costi insostenibili sia per l’acquisto che per la gestione dei sistemi), ma di tecnologie consumer (le quali, utilizzate nel modo corretto, sono oggi più “potenti di quelle avanzate).
Una delle qualità fondamentali di LiteMotive è, eliminando esso la necessità di porre l’attenzione sul reperimento di fondi e tecnologie, il permettere di concentrare l’attenzione sui reali bisogni del territorio (sui bisogni delle persone).
Ciò significa che con LiteMotive si ottiene, oltre ad un netto miglioramento della qualità della vita dei centri urbani, un recupero del consenso politico da parte delle Amministrazioni cittadine.
Un ulteriore vantaggio determinante: le soluzioni SA4SC e LiteMotive permettono di ottenere un rilancio dell’economica e dell’occupazione (partendo da ambiti locali).
█ b. soluzioni “PRIVATE” DI INTERACTIVE CITIZENSHIP MA INTEGRABILI CON LE ISTITUZIONI (PA)
ç_Servizi Pubblici 2.0
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A differenza della sezione precedente, nella quale sono illustrate alcune soluzioni di azione partecipata dei cittadini strettamente legate alle attività di government e di amministrazione della cosa pubblica, qui sono illustrate soluzioni partecipate di Interactive Citizenship indipendenti dalla PA, che però sono in qualche modo integrate nel sistema dei servizi pubblici (sono strumenti “privati” che però nascono già in un contesto – normativo, progettuale e tecnologico – in qualche modo creato e gestito dalle PA; per quanto tali strumenti possano anche essere utilizzati in modo autonomo rispetto PA)
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A questo scopo si delinea una Open PA platform che mette in grado la PA di integrare nel proprio sistema di servizi questi nuovi servizi “privati” (sviluppati in modalità di imprenditoria sociale).
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Si tratta di micro-soluzioni che nell’insieme concorrono a creare il Welfare 2.0 sussidiato descritto nel capitolo precedente.
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Tali soluzioni sono, ad esempio, di mobilità privata con finalità di “servizio pubblico” come le Scuole parentali o le micro-soluzioni create da genitori per organizzare il trasporto a scuola dei figli. O soluzioni create dai cittadini per segnalare crimini ed abusi, o il ritrovamento di oggetti smarriti o rubati.
Come si è detto in precedenza, in una Democrazia realmente partecipata (la forma di government alla quale ci si riferisce in questo documento), il confine tra i servizi pubblici e quelli “privati” (per lo più impostati su un regime imprenditoriale “sociale”) diviene molto sottile. (poiché in essa i cittadini si occupano in qualche modo di progettare e gestire direttamente i servizi)
Per questa ragione
qualsiasi istituzione governativa
che voglia aprirsi verso forme di partecipazione
deve prevedere la nascita
di servizi co-progettati (e co-gestiti) con i cittadini
e predisporsi per
L’INTEGRAZIONE DI SERVIZI “PRIVATI”
NEL SISTEMA DI SERVIZI PUBBLICI ESISTENTI
(possibilmente nati attraverso un percorso imprenditoriale sociale – come quello delle cooperative sociali – che deve quindi essere, a monte di tutto, facilitato e stimolato).
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In uno dei prossimi capitoli è definita una piattaforma amministrativa – la Open PA platform – che prevede appunto l’apertura della Pubblica Amministrazione ai servizi privati – con finalità sociali – nel sistema dei “servizi pubblici”.
la necessità di favorire (incubare) una nuova dimensione di Welfare partecipato
Una delle cause della attuale crisi della Democrazia europea è il fallimento (economico e funzionale) del Welfare di Stato, con il quale si è preteso di fornire una assistenza totale (incondizionata), dalla culla alla tomba, al cittadino: un sistema che, pur partendo dagli ottimi propositi si non lasciare indietro nessuno, ha portato ad una profonda deresponsabilizzazione di cittadini ed operatori che ha finito per produrre, tra le altre cose, sovraccarico di domanda, superficialità (e disonestà) amministrative, caos gestionale.
L’alternativa che si sta delineando oggi (ma già dai primi anni ‘90, con la direttiva UE della Sussidiarietà) è quella di
un sistema, che
pur riuscendo a coprire i bisogni di “chi non ce la fa”,
PORTA AD UNA RESPONSABILIZZAZIONE DEL CITTADINO
NEI CONFRONTI DELLA SODDISFAZIONE DEI SUOI BISOGNI
(e del “bene pubblico”). Ed una responsabilizzazione di chi opera per fornire servizi di pubblica utilità.
(non si tratta altro che l’introduzione di principi e modalità della Democrazia partecipata nel sistema dei servizi della PA – e dell’applicazione della Direttiva UE della sussidiarietà per creare un Welfare 2.0, o Welfare della sussidiarietà [vedi in altri documenti “Verso la Democrazia diretta” e “Oltre la Social-democrazia” ]
La maggior responsabilizzazione di chi opera nelle attività di soddisfazione dei bisogni pubblici deriva prorpio, tra le altre cose, dal fatto che in tale nuovo scenario sono i cittadini stessi, organizzandosi in nuove forme di imprenditoria sociale, ad operare in gran parte per la soddisfazione dei loro bisogni.
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Oggi l’amministrazione locale che intenda migliorare la qualità dei servizi pubblici deve quindi
1) in primo luogo focalizzare i propri sforzi su iniziative che possano portare ad uno sviluppo spontaneo sul territorio di questa nuova tipologia di servizi “dal basso”, diffondendo la cultura della partecipazione, dell’imprenditoria sociale; e creando istituzioni come facilitator, incubatori, ecc …
(servizi dai cittadini per i cittadini)
2) aprendo il sistema della PA ad una integrazione di queste nuove attività private di pubblica utilità (vedi appunto il progetto Open PA descritto in altro punto).
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Ovvero, per poter effettuare una riforma del Welfare, è necessario facilitare la formazione di un nuovo scenario, fatto di nuove regole di e nuove “abitudini di vita urbane” (supportate appunto dalla tipologia di servizi descritti in questo capitolo).
E
per facilitare la realizzazione di tale nuovo scenario in cui i cittadini possono soddisfare in gran parte direttamente i loro bisogni sono necessarie nuove regole a livello comunale.
La questione è che
1) le attuali regole (sull’imprenditoria nelle varie forme) sono infatti fortemente limitanti – la concezione attuale di PA come monopolio dei servizi porta all’impossibilità di creare una nuova base di servizi “dal basso”.
2) per favorire i servizi organizzati direttamente dai cittadini è necessario passare alla dimensione dei servizi sussidiati (direttiva UE sulla Sussidiarietà, fino ad oggi snobbata in favore di interessi peculiari delle amministrazioni accentrate).
(si tenga conto che, in ogni caso, le Soluzioni indicate in questo documento sono per lo più attuabili nel contesto normativo attuale).
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Le nuove tipologie di soluzioni “dal basso”, sono appunto in parte sussidiate dalla PA, e si integrano con il sistema dei Servizi pubblici tradizionali. E questi nuovi servizi sono in grado di creare importanti sinergie con le attività gestite direttamente dalle PA.
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E’ importante considerare che i beneficiari delle soluzioni qui proposte sono non solo i “privati” cittadini, ma anche il business svolto all’interno della città. Ciò è di grande utilità per lo sviluppo economico della città.
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Una ulteriore considerazione: in questa nuova dimensione si sviluppano anche si inducono nei cittadini nuove abitudini di vita (nuove good pratices). Infatti in tale dimensione vi possono essere interessanti evoluzioni dei servizi basati sul volontariato, come ad esempio persone che assistono i vicini di casa o anziani.
● ESEMPI DI SOLUZIONI
DI INTERACTIVE CITIZENSHIP “PRIVATE”
(di servizi creati dai cittadini
complementari a quelli pubblici)
Per il fatto che, come si è detto, in una reale Democrazia (una Democrazia partecipata o diretta) il confine tra i servizi (e quindi anche “le app”) prodotte e gestite direttamente dalla PA e quelle “private” è molto sottile (dipende anche solo da piccole sfumature della loro impostazione), dobbiamo considerare che alcune applicazioni possono trovare tanto posto tanto nel presente capitolo (soluzioni prevalentemente “private”) che in quello precedente, dedicato ad una nuova tipologia di servizi partecipati strettamente legati alle PA.
Le soluzioni qui indicate sono principalmente soluzioni di Imprenditoria sociale sussidiata) progettate direttamente dai cittadini; e da essi gestite (il ruolo della PA in questo caso è di creare un sistema di servizi Open, nel quale tali nuovi servizi si possano integrare i odo organico).
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Le iniziative (servizi) dal basso possono porsi come
iniziative complementari ai servizi della Pubblica Amministrazione,
ed alleggerire il carico di questi ultimi.
Si noti che questo alleggerimento di carico dovrebbe essere riconosciuto sussidiando le iniziative che si dimostrano realmente in grado di alleviare il carico (che garantiscono spese per la PA, maggior efficienza, ecc …).
Come si è detto in altro punto, si tratta di una forma di incentivo “passiva” nella quale non viene elargito del denaro a priori, ma viene data una parte del denaro risparmiato al responsabile del risparmio, cosa che porta ad una responsabilizzazione dei cittadini.
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Come si è detto per poter arrivare a questo punto è necessario in primo luogo “liberare” i cittadini dalle attuali regole che impediscono ad essi di operare direttamente sul territorio anche laddove è palese la necessità di intervenire (e l’incapacità della PA di intervenire). Creando, ovviamente, nuove norme per regolare tali interventi (ad esempio autorizzazioni “dal basso”, possibili nelle modalità descritte nel progetto Iniziativa Riforma dal Basso).
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Qui di seguito sono descritti alcuni esempi di tale tipologie di servizio (suddivise per categorie):
Ricordiamo che si tratta di progetti sviluppati assieme ad esperti dei vari settori
■■ esempi di soluzioni-utilities che
MIGLIORANO LA QUALITÀ DELLA VITA URBANA
– vedi in doc SmartApps –
■ OGGETTI SMARRITI E RUBATI (ABBANDONATI)
Una App che permette di segnalare oggetti ritrovati rubati/smarriti (dal cappellino le chiavi alla auto/moto abbandonata).
Funzionamento di massima: vi sono due possibilità, foto dell’oggetto con l’App segna automaticamente la posizione sulla mappa; oppure, più tradizionale, chi ha perduto legge una descrizione superficiale e una indicazione della zona, e deve descrivere l’oggetto affinché chi lo ha ritrovato sveli il luogo preciso (nel caso di chiavi, o oggetti di valore, chi ritrova può portarseli a casa).
Può essere utilizzata per chiavi, animali domestici, ecc …
■ RACCOLTA ALTERNATIVA RIFIUTI INGOMBRANTI (EXCANGE)
App e Sito. Permette di riciclare alcuni degli oggetti che oggi vengono recuperati (ed eliminati) dalle Aziende di raccolta rifiuti.
In parte ciò riguarda la raccolta dei rifiuti pesanti (frigoriferi, armadi, ..) che spesso sono ancora utilizzabili (ma non solo, anche oggetti piccoli che vengono buttati nella spazzatura; vestiti; ecc …).
Ciò presenta almeno due vantaggi: (1) riciclo di oggetti usati; (2) alleggerimento del carico di lavoro della PA.
Poichè molti di questi oggetti sono ancora utilizzabili, si tratta di una vera e propria forma di exchange: una forma di consumismo 2.0 nella quale si riciclano gli oggetti che possono essere in qualche modo ancora utili.
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Vi possono essere due modalità: (1) chi deve liberarsi dell’oggetto pubblica una inserzione sul Sito/App; (2) chi vede l’oggetto sul marciapiede lo segnala sulla App.
Per gli oggetti ingombranti, si tenga conto del vantaggio che può esserci una fase precedente a quella nella quale si mettono sul marciapiede gli oggetti.
si risparmia anche il suolo pubblico.
■ BIBLIOTECA DIFFUSA (VIRTUALE), COMPLEMENTARE ALLE BIBLIOTECHE PUBBLICHE
Le biblioteche pubbliche oltre ad essere notevolmente migliorare da nuovi strumenti software, possono essere affiancate da applicazioni (Web, SmartPhone) che creano biblioteche diffuse, formate da cittadini che si organizzano per scambiare libri che hanno già letto (in modalità simile a quelle delle biblioteche istituzionali; e con servizi integrati con quelli delle Biblioteche pubbliche)
■ RETI WI-FI DIFFUSE
I cittadini possono organizzarsi per creare reti “pubbliche” di spot wifi “peer to peer” (per chi circola per strada): un network di accesso Wi-fi (sui principi della Demos-crazia 2.0) che non costa nulla alla PA (e quindi non deve essere supportato dai cittadini con ulteriori tasse).
Esso consiste molte semplicemente nello sharing degli accessi privati (come già ora fanno in molti con i vicini di casa).
Della rete possono far parte postazioni domestiche o accessi internet da device mobile.
■ RETE DI SOLIDARIETÀ PER IL TRASPORTO URBANO (MOBILITÀ 2.0) – TRASPORTI CROWD (DIFFUSI)
– sposta in mobilità .. e qui sintesi .. –
Si tratta di una App che è una variante si servizi come BlaBlaCar che opera per i servizi dei “trasporti pubblici”: le persone in attesa di un mezzo pubblico possono essere raccolte da chi passa in auto e va nella direzione di chi è in attesa del mezzo pubblico.
Il servizio può essere gratuito (oggi sono molti i servizi gratuiti, come CoachSourfing, nel quale vengono offerti posti letto gratuiti) e/o a pagamento (come Arbnb, Uber, ecc …). Nel caso a pagamento vi possono essere mini-tariffe, anche solo 10 centesimi, che vengono scalate da denaro caricato su una card, come avviene per ToBike).
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Funzionamento: il telefonino di chi si muove in auto si mette direttamente in contatto con l’app di chi è alla fermata. Ovviamente vi sono richieste speciali da parte del richiedente (ad esempio richiede guidatore solo donna). E le forme di reputazione ormai tipiche di questi servizi Web.
Questo servizio può funzionare sia in città, che fuori città.
Vi sono molte possibili declinazioni di questa pratice: si possono creare pooling di persone che, ad esempio, vanno ogni mattina al lavoro.
■■ esempi di soluzioni nel
SETTORE DELLA SICUREZZA E DELLE GARANZIE SOCIALI
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OK – con parti SOSPESE
il ruolo delle authority dal basso (“lobbing sociale” – “lobbies di cittadini”)
ç_Politics by”Lobbies”
Partecipazione significa non solo contributo dei Cittadini al miglioramento dell’attuale sistema dei servizi pubblici, ma anche un cambiamento radicale nell’atteggiamento dei cittadini nei confronti della soddisfazione dei loro bisogni. Significa un cambiamento di paradigma: i cittadini iniziano ad organizzarsi direttamente per:
● gestire bisogni finora non presi in considerazione dai Servizi pubblici (in parte si tratta di nuove pratices possibili grazie all’esistenza di nuove tecnologie della comunicazione).
● far valere i propri diritti creando forme di “authority” che vengono a costituire un vero e proprio potere istituzionale.
Nell’ultimo caso si tratta, di Associazioni di cittadini come le Associazioni di consumatori che, essendo organizzate in modalità efficaci di Democrazia partecipata, sono in grado di assumere un peso rilevante nelle politiche istituzionali.
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In questo caso, per paragonare questo tipo di approccio con forme di “politica” già esistenti, si può parlare di “Lobbies dal basso” (o di un sistema di “Citizen Lobbyng”).
Una dimensione nella quale le lobbies non sono più solo gruppi organizzati che sostengono interessi di settori di potere di fatto della società o del mercato, ma anche gruppi di “semplici” cittadini che si organizzano per sostenere loro interessi specifici (Advocacy groups).
In tali Advocay group i cittadini riescono a svolgere una azione che è in grado di effettuare una effettiva pressione sulle istituzioni in favore della protezione dei loro diritti e del soddisfacimento dei loro bisogni sociali, grazie alla possibilità di utilizzare di strumenti di partecipazione su Social network concepiti ad hoc che permettono tra le altre cose, di sviluppare Class actions (si tenga conto che tale Network permette anche di godere di un supporto fattivo di un network di altre Citizen lobbies).
Queste Lobbies di cittadini possonno essere considerate, sostanzialmente come vere e proprie Authority dal basso che si sostituiscono alle pseudo-Authority attuali che affermando di difendere i diritti dei cittadini in realtà non fanno altro che difendere gli interessi delle Istituzioni politiche e del Mercato.
Si noti che nella nuova dimensione tali enti sono “ancora più dal basso” delle attuali associazioni di cittadini (ad esempio, delle Associazioni di consumatori) poiché sono organizzati realmente con una “piramide piatta” (in modalità di reale partecipazione).
Un esempio di queste “authority dal basso” è rappresentato da App che permettono di filtrare le telefonate grazie alla condivisione tra utenti delle informazioni sullo “spam” (telefonate, mail, ecc….).
Alcuni esempi:
■ CRIME MAP e SEGNALAZIONE TRUFFE
● Mappa dei Crimini: Una mappa continuamente aggiornata che segna le zone pericolose della città (con informazioni circostanziate): dalle aggressioni fisiche e verbali, vandalismi (ad esempio su autovetture) alle rapine per strada ed ai furti in casa.
Si tratta di sicurezza sociale in quanto prevenzione e difesa dai crimini (o infrazioni) che permettano ai cittadini di prendere le dovute precauzioni e di difendersi da esse.
La componente crowd sourcing permette di ottenere documentazioni come descrizione aggiornata dei metodi, video, ecc … Come pe altri casi, questo canale dal basso si integra con l’attività delle Istituzioni: i cittadini possono segnalare in tempo reale i crimini, e favorire gli interventi delle forze dell’ordine; e documentare gli eventi, aiutare le indagini, ecc ..
● Segnalazione truffe (in particolare a livello locale): l’unico modo di risolvere il problema delle micro-truffe sempre più frequenti (nei confronti di automobilisti, pensionati, ecc…) è di segnalare le metodologie utilizzate dai truffatori (vi sono anche foto segnaletiche, identikit, ecc …).
Anche in questo caso la collaborazione dei cittadini può permettere di intervenire arrestando i colpevoli in flagrante, o di favorire le indagini.
■ GARANTE/AUTHORITY PARTECIPATA DI
VIGILANZA SU ABUSI ED INEFFICIENZE (Pubblici e Privati)
Sistema di “Segnalazione abusi ed inefficienze di fornitori di servizi pubblici e privati”. [una Authority partecipata – Authority “dal basso”].
Un Sistema online che permette ai Cittadini di raccogliere testimonianze su abusi (ed inefficienze per quanto riguarda i Servizi delle PA) finalizzato alla soluzione dei problemi.
Nel caso delle PA si tratta di una interazione con i cittadini che oltre ad inviare segnalazione dei problemi (descritti in modalità circostanziata e ragionata) possono anche progettare soluzioni al problema.
Nel caso di abusi da parte di servizi privati, i cittadini possono (1) segnalare alle Istituzioni l’abuso (che viene classificato in un apposito database, e può così essere indagato in modo approfondito – si pensi ad esempio alle telefonate pubblicitarie). (2) Intervenire direttamente con azioni di Class Action.
Un esempio di “authority dal basso” che funziona meglio delle Authority istituzionali è rappresentato dalle App che permettono di filtrare le telefonate grazie alla condivisione tra utenti delle informazioni sullo “spam” (telefonate, mail, ecc….).
■ SCUOLA PARTECIPATA (DAI GENITORI)
Si illustrano in altri documenti Iniziative per la Scuola partecipata, come un Network di genitori di asilo e scuole che possono organizzarsi per gestire in modo partecipato le scuole dei figli (sia negli aspetti didattici che in quelli organizzativi ed amministrativi).
Il Network ospita anche materiali didattici (come PDF).
I genitori sono anche facilitati nella creazione di Scuole parentali, o di forme di doposcuola.
█ c. strumenti di SMART CITIZENCHIP INDIPENDENTI DALLE ISTITUZIONI
– vedi anche doc “rifondaz. sociale e tecnologica” –
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Qui sono descritte soluzioni di Smart Citizenship di per sé TOTALMENTE INDIPENDENTI DAL GOVERNMENT ED AMMINISTRAZIONE della cosa pubblica, con le quali i cittadini si auto-organizzano nella soddisfazione dei loro bisogni.
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Come si è detto in una dimensione di reale partecipazione è sottile la differenza tra servizi pubblici e “privati”. Per cui in tale contesto anche forme di servizio tradizionalmente indipendenti rispetto alle PA (i cosiddetti servizi gestiti da “privati”) concorrono alla definizione del sistema dei “servizi pubblici”.
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In questo caso si tratta di una forma evoluta di Democrazia partecipata, in cui in un certo senso sono i cittadini (i “privati”) che gestiscono dal basso e dall’esterno (delle Istituzioni) il sistema di servizi (in tale contesto le PA intervengo – sempre in modalità partecipata, però – per colmare le lacune del sistema spontaneo di servizi privati).
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In questa sezione sono descritte, tra le altre, soluzioni di ● Smar City e Smart Housing (e domotica) ● Smart consumption (Consumismo 2.0), Social Neighbour ● Eco-solutions (e Smart agricolture, Smart Manufactoring, ecc …) che definiscono, oltre a nuove tipologie di servizi, anche nuove pratices sociali e nuove tipologie di business (Business 2.0, che porta particolare attenzione ai fattori sociali).
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In sintesi, in questa sezione sono descritte soluzioni grazie alle quali i cittadini possono organizzare la soddisfazione dei propri bisogni in modalità indipendente dalle istituzioni della Pubblica Amministrazione – con soluzioni di “imprenditoria” (in questo caso di Imprenditoria sociale, eventualmente sussidiata).
Peculiarità di queste soluzioni è di poter essere comunque, opzionalmente, in diretta interrelazione con le iniziative private con le istituzioni della PA (a differenza delle soluzioni illustrate nel capitolo precedente, in questo caso le soluzioni sono realmente indipendenti, ma possono comunque interagire, anche se “dall’esterno”, con il sistema dei servizi pubblici misto Pubblico/Privato).
Per capirci: in precedenza si sono illustrati Servizi come il Sistema di “Segnalazione abusi ed inefficienze di fornitori di servizi”, che sono direttamente integrati nel sistema di Servizi pubblici. Qui sono invece illustrate ● soluzioni come quelle legate al Commercio di prossimità, ossia soluzioni “di mercato” (qui, in ogni caso, definite in una dimensione altamente innovativa, 2.0 – di Smart Business o Smart Consumption). Oppure ● soluzioni basate su Associazioni nelle quali i cittadini si organizzano per “gruppi di interesse” (come lobby di cittadini) – “consumatori” di beni, servizi ed infrastrutture pubbliche e private – sotto forma, ad esempio, di Gruppi di acquisto o Associazioni per la difesa dei consumatori.
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Si ricorda che in un contesto di questo tipo, di servizi pubblici fortemente basato sulla partecipazione (su iniziative dal basso), diminuisce drasticamente il carico di tasse che oggi affligge, ovvero i cittadini hanno possibilità di spesa molto superiori a quelle attuali. Ciò per il fatto che diminuiscono drasticamente i costi dei servizi pubblici, e quindi la necessità di applicare i livelli di tasse applicati oggi (si deve tener conto che riducendo le tasse – non eliminandole – un cittadino con uno stipendio medio-basso può disporre di più di 10.000 euro – diecimila – all’anno in più rispetto ad oggi).
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(SI tenga conto che in questo contesto si parla di casi “ordinari”, e non dei casi di chi “prorpio non ce la fa”, che si pensa debba in ogni caso essere aiutato in modo più “tradizionale”).
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In un tale contesto di Welfare sussidiato il ruolo delle PA è di porsi come:
● startupper: come stimolatore e facilitatore della nascita di tali servizi privati)
● erogatore di sussidi, trattandosi – in molti casi – di Imprenditoria sociale sussidiata (ma in questo caso l’erogazione dei sussidi avviene in modalità partecipata: le scelte sono effettuate in base alle indicazioni dei cittadini ricevute attraverso strumenti di reale partecipazione).
● Ente che interviene colmando le lacune che si creano nel sistema di servizi dal basso. Ma anche in questo caso il comportamento delle PA è completamente diverso da quello attuale: non si tratta più di scelte dall’alto a proposito di servizi da attivare, ma si rimane anche a livello istituzionale in una dimensione realmente partecipata (ovvero sono i cittadini a decidere in qualche modo quali servizi debbano essere attivati da parte delle istituzioni).
● di intervenire nei casi di chi prorpio non ce la fa. Ma in questo caso si deve tener conto che nel Welfare 2.0 questa categoria di cittadini è già in gran parte supportata da forme di volontarismo e sussidiazione privata.
■ ■ DEMOCRAZIA PARTECIPATA E SMART CITIZENSHIP
(SMART CITIES REALMENTE SOSTENIBILI)
ç_Smart Cities (partecipate)
Le soluzioni proposte nel presente documento, oltre ad essere elementi di un sistema di Democrazia 2.0 (di un Welfare 2.0), appartengono al filone cosiddetto delle Smart Cities: sono soluzioni che producono una innovazione delle modalità di vita della città.
In particolare si tratta di una nuova interpretazione dell’innovazione denominata Smart Cities: un nuovo approccio che ribalta quello attuale, poiché è basata ● sulla sostenibilità economica (si sostituiscono le attuali costosissime soluzioni super-hi-tec con soluzioni basate sulle tecnologie low-tech, le tecnologie consumer per molti aspetti superiori a quelle hi-tec); ● e sul fattore umano: su di una progettazione nella quale si mette al l’uomo centro (e su di una progettualità dal basso – partecipata). [vedi altri documenti come “Uno smart-approach per le Smart Cities”]
Si tratta di un nuovo approccio sostenibile nel quale si definiscono un approccio progettuale radicalmente nuovo, ed anche un nuovo paradigma delle Smart Cities, basato, in primo luogo, su una nuova Vision della Città, fondata su nuove pratices di Urban Life 2.0 (in realtà più che definire nuove modalità di vita, in gran parte se ne recuperano molte perdute nel tempo).
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Ovvero, in ultima analisi,
nel nuovo approccio progettuale si sposta l’attenzione
sulle pratices di vita urbana,
e quindi processi e tecnologie
divengono semplicemente uno strumento tale fine umano.
Ciò è quanto rende realmente sostenibili le Soluzioni: da un lato attribuisce ad esse la capacità di produrre un effettivo miglioramento della qualità della vita urbana; e dall’altro le rende effettivamente fattibili in un periodo di crisi come quello attuale (tali soluzioni sono indipendenti dagli ingenti finanziamenti che sono richiesti dalle soluzioni attuali).
Tali soluzioni sono economiche nella implementazione e nella gestione perché basate, appunto, ● su tecnologie consumer che utilizzate in modo opportuno forniscono risultati migliori delle tecnologie hi-tec; e ● sulle modallità di sviluppo Open Socurce (anche per le componenti hardware, grazie alla nuova modalità di produzione-crowd dei “Makers”); e ● su un gestione delle soluzioni di tipo partecipato.
In questo caso non solo si riducono drasticamente le spese (progettazione, implementazione e gestione), ma si porta anche la produzione delle componenti a livello locale, migliorando la situazione economica del territorio (minori “importazioni”, impiego di risorse umane locali, ecc …).
Si veda, ad esempio il progetto Mobilità 2.0 illustrato in precedenza, nel quale si sostituiscono le attuali super-costose infrastrutture con infrastrutture leggere producibili in ambito locale (ciò vale anche le micro-vetture).
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Il fatto è che
le Smart Cities non possono non essere definite
se non in una modalità di partecipazione democratica.
Non si tratta di una “questione di principio”, ma di una questione di efficacia delle soluzioni: con il termine Smart si indicano soluzioni intelligenti in quanto soluzioni che risolvono in modo efficace (intelligente) i problemi delle persone Ma oggi, la progettazione dall’alto che è sviluppata nei progetti per le Smart Cities in realtà mirata a soddisfare interessi che non sono affatto quelli dei cittadini. E sono quindi tutt’altro che Smart.
Il fatto è che le soluzioni di soddisfacimento dei bisogni delle persone possono essere realizzate con successo solo quando tali persone sono coinvolte direttamente nella progettazione delle soluzioni.
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Questo non è altro che il principio della Democrazia partecipata.
“Uno smart-approach per le Smart City: un nuovo percorso di innovazione della la Città”
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Segue una sintesi di alcuni documenti che fanno parte del progetto “Smart-Approach 4 SmartCities” dal sottoscritto sviluppati in base alle sue competenze di Consulente di innovazione aziendale.
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Nel progetto si delineano soluzioni basate, appunto, su un nuovo paradigma, realmente sostenibile, incentrato su una “Innovazione dal basso” (o comunque “verso il basso”). E si delinea un una Open Platform for smart City composta da: ● Smart City OS ● Framework di sviluppo facilitato. Si pone inoltre una particolare attenzione allo sviluppo di Soluzioni-Makers (Open Source Hardware).
Sinossi del documento: “Uno smart-approach per le Smart Cities: un nuovo percorso di innovazione della la Città”
Il documento consiste in una riflessione sull’innovazione delle Città (Smart City), la quale conduce a conclusioni radicalmente differenti rispetto a quelle che attualmente guidano progetti pubblici e privati in tale ambito.
I contenuti di tali documenti sono, tra gli altri:
1) riflessioni e sulle questioni che hanno portato le attuali strategie in una fase di stallo
2) definizione di una strategia generale per le Smart Cities (basate, in primo luogo, su una nuova Vision di come, in base ai nuovi trend sociali ed all’emergere di nuove tecnologie consumer, sarà lo scenario nell’immediato futuro delle Città. Si definisce un nuovo paradigma delle Smart Cities che rende realmente sostenibili le Soluzioni (indipendenti dai finanziamenti, in grado di produrre reale soddisfazione delle persone e quindi anche consenso elettorale).
3) definizione di progetti specifici per le Smart City.
Una sezione a parte è dedicata a soluzioni nella nuova modalità Open Source Hardware (Mobilità, Energia, ecc…)
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Nel progetto si propone uno Smart Approach, un nuovo percorso di innovazione della la Città, che permette un rilancio di PA e Mercato attualmente in una fase di crisi (arroccati indifesa di privilegi che ormai non esistono più, perdono sempre più consenso e business) – e alcuni progetti specifici altamente innovativi (in settori come: Smart City, Smart House, Smart Mobility).
Il nuovo approccio all’innovazione rende possibile il superamento dei problemi che attualmente pongono in fase di stallo tali progetti: ● la dipendenza dai finanziamenti che, con la nuova fase post-crisi, non sono più disponibili (non è più nemmeno necessario il crowd-founding: con il crowd-sourcing il vero investimento diviene il capitale umano) ● costi insostenibili delle tecnologie adottate, quando oggi le tecnologie consumer (già diffuse sul territorio, in tasca ad ogni Cittadino) sono sufficientemente potenti per attuare una innovazione delle Città ● perdita consenso politico: con il nuovo approccio, che coinvolge i Cittadini in un nuovo percorso di miglioramento della Qualità della vita in Città, può essere recuperato il consenso ora sottratto dai partiti e movimenti emergenti ● perdita di business: il Mercato, con il nuovo approccio che abbraccia il nuovo trend emergete post-industriale, è in grado di rigenerarsi (rendendosi indipendente dai finanziamenti pubblici).
L’innovazione sostenibile
– titolo provvisorio –
Creare Smart Cities non significa focalizzarsi su “invenzioni tecnologiche”, ma significa in primo luogo effettuare una innovazione sociale profonda e pervasiva. Che passa per una riflessione che parte dalle modalità di vita urbana, dalle modalità di creazione e gestione dei servizi pubblici.
E che produce un nuovo scenario di regole (regolamenti locali), nuove modalità di utilizzo del “bene comune”, nuovi modi di operare nel mondo del lavoro (nuove metodologie di lavoro, nuovi modi di fare impresa, ecc …), forme di mobilità radicalmente nuove [vedi progetto Lite Motive]; ed una re-ingegnerizzazione dei processi delle PA (ciò implica, in una certa misura, anche una riforma della Governance, ottenuta attraverso le stesse modalità.
Utilizzando la modalità crowd-sourcing (e nei servizi, la Sussidiarietà) è possibile effettuare una riforma indipendente da nuove leggi (è sufficiente interpretare in modo intelligente quelle attuali) e dai finanziamenti (è possibile utilizzare il “capitale umano”; e le “infrastrutture intelligenti” sono già diffuse sul territorio con i nuovi strumenti inseriti nei device degli utenti: sensori consumer, Web, ecc…).
“Politici” e Mercato non solo non hanno nulla da temere, ma hanno molto da guadagnare: la classe politica (l’amministrazione delle PA) ottiene in questo vantaggi fondamentali, che si traducono in un forte recupero del consenso elettorale. E per i Player attuali del Mercato si tratta di accedere a nuove opportunità di business senza la necessità di attendere nuovi finanziamenti che non verranno più.
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Il processo di innovazione delineato nel documento “Uno smart-approach per le Smart Cities”, che passa per una ridefinizione del Welfare in direzione di una nuova forma di Sussidiarietà, offre i seguenti vantaggi di base: (1) è una strada che non passa per una austerità (rinuncia, ma per una sorta di rinascita del piacere di vivere la Città. (2) porta una diminuzione immediata dei costi del vivere; e, come si è detto, porta contempranemante un milgioramente della “qualità dei servizi”. (3) ri-attribuisce il ruolo attivo dei Cittadini (la qualità di base del Sistema democratico): da ai Cittadini l’idea tangibile di un miglioramento delle loro condizioni, di un futuro (miltiore) possibile. (si da alle persone una nuova prospettiva, nelle quali esse recuperano l’idea di poter “progettare il prorpio futuro”: nuovi stili di vita più gratificanti, nuove tipologie di servizi più efficaci, ecc …)
Si tratta di qualità determinanti perchè esse rappresentano la “molla” che porta i cittadini ad agire in prima persona per cambiare le cose.
messo già in precedenza Si pone una particolare attenzione nei confronti del nuovo trend di progettazione di strumenti hardware in modalità Crowd-sourcing (Makers), che sembra inaugurare una nuova era di innovazione dal basso.
ALCUNI ESEMPI DI
SOLUZIONI DI SMART CITIZENCHIP
INDIPENDENTI DALLE ISTITUZIONI
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OK (con sospesi in loco )
Oltre ai progetti esposti in precedenza legati alla riforma di governance della Democrazia, sono disponibili progetti legati al fione delle Smart Cities che propongono una Innovazione della Città (Urban Life 2.0), nel quale l’attuale approccio alla Smart City si trasforma in un Smart approach for Smart Cities.
Si tratta di porgetti impostati su vari generi, tra i quali: ● Smart Business/Smart Consumption ● Smart Governance (Smart Voting) ● Eco-solutions e Smart housing ● Smart Manufacturing,
(+) SMART CONSUMPTION – SMART BUSINNES
(CONSUMO 2.0)
Molte sono le soluzioni definite nel settore Smart Shopping. Sia dal punto di vista dell’acquirente (Consumismo 2.0 o Smart Consumption), sia da quello del venditore o produttore (Smart Business).
Si tratta di soluzioni le quali permettono alle persone, dall’immediato, di “sperimentare” nuove modalità di vita – per ciò che concerne, appunto, l’organizzazione sociale, il “consumo”, il government locale, la mobilità urbana, l’abitare, ecc ….
In questa modalità i “consumatori” possono, tra le altre cose, creare comunità che in grado organizzarsi per effettuare transazioni commerciali con i fornitori, e per sviluppare forme di informazione che garantiscano un acquisto consapevole.
Ed produttori e rivenditori possono organizzarsi per creare sinergie e sviluppare nuove forme di distribuzione (commercio di prossimità e Local eCommerce).
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Alcune soluzioni sono:
■ Smart Sustainable Shopping – Gruppi d’acquisto
La piattaforma Open Govern Platform delineata in Iniziativa Riforma dal Bsso permette appunto ai cittadini di riunirsi è creare gruppi di acquisto in modalità innovativa. Tale soluzione si integra con il network di produttori a filiera corta.
Si pensa ad alcune soluzioni per organizzare Gruppi di acquisto nei confronti della grande distribuzione ordinaria (Supermercati, Decatholon, Ikea, ecc …), e di servizi come le Assicurazioni (vedi alcune soluzioni post-ObamaCare).
■ Smart Sustainable Business > Network produttori a filiera corta (KM 0)
Una iniziativa che si inserisce nel più vasto progetto di Commercio di prossimità.
Tra le altre cose, nella piattaforma OGP si possono creare forme di business innovative (un Business 2.0 della shared economy) nel quale ad esempio i produttori di alimenti di una specifica area si organizzano in network per distribuire in sinergie tra di essi i loro prodotti (sono primariamente di coltivatori).
Si tratta di una sorta di “Amazon diffusa”, un mercato online “partecipato, nel quale i produttori gestiscono in prima persona la distribuzione dei loro prodotti e possono anche organizzare in modo cooperativo le loro attività produttive. Tale network si integra con il Social Network specializzato nella gestione di Gruppi di acquisto.
La nuova modalità di distribuzione prevede anche le nuove pratices descritte in altri punti, come quella della “Certificazione dal basso” (oltre alla reputazione del fornitore, ormai diffusa sul Web, si definisce anche una sorta di certificazione crowd riconsiuta a livello istituzionale) ..
La distribuzione di tali prodotti si avvale di pratices di Commercio 2.0 (commercio di prossimità).
Ma il Newtork serve anche per altri scopi: ● organizzare mercatini settimanali in città ● organizzare iniziative sul posto (di svago nel Weekend); ecc …
■ Smart Sustainable Business > Negozi a filiera corta (KM 0)
Una variante dell’abbinamento tra soluzioni per Produttori a filiera corta e soluzioni di Gruppi di acquisto è la soluzione di distribuzione attraverso Negozi a filiera corta (una innovazione del modello oggi definito “a chilometri zero”).
Si definisce cioè una nuova modalità di approvvigionamento e di distribuzione di prodotti in modalità innovativa di commercio di prossimità qui caratterizzata da ● una forte integrazione tra fornitore e rivenditore (ciò permette, ad esempio, al rivenditore di ordinare al produttore in modo “intelligente”, praticamente in tempo reale rispetto alle richieste dei clienti); e ● con una forte componente di commercio online (si tratta di un ibrido tra il commercio tradizionale e l’eCommerce).
Ma il modello è caratterizzato anche da una importante “partecipazione” degli utenti, che possono, ad esempio, creare informazioni abbinate ai prodotti.
In tale modello il cliente può ordinare la spesa “al volo” (ad esempio tramite App di smartphone mentre sta tornando a casa) e passare a ritirarla senza la necessità di parcheggiare.
Commercio di prossimità 2.0
Il modello dei Negozi a filiera corta qui descritti appartengono ad una nuova modalità di commercio sviluppata in alcuni documenti definita eCommerce ultra locale che, sostanzialmente, permette di ordinare la spesa online, e ritirarla presso il negoziante di fiducia.
Modello con il quale, tra le altre cose, si ha un recupero di importanti qualità della distribuzione tradizionale, che apporta notevoli vantaggi sia dal lato rivenditore che da quello dell’acquirente: si crea un commercio sostenibile nel quale si annullano le spese di trasporto per la consegna, si recuperano pratices tradizionali che migliorano le relazioni tra venditore e cliente (inesistenti nell’eCommerce), migliorano le relazioni di vicinato tra cittadini (come la possibilità di mettersi d’accordo con il vicino per ritirare al propria spesa – ad esempio una persona anziana), la pratica di portare a casa la spesa (a questo punto senza sovrapprezzo per il trasporto).
In questa tipologia di soluzioni sono anche comprese soluzioni Smart Marketplace che prevedono una rivalorizzazione dei mercati rionali (ad esempio furgoni itineranti di commercio a filiera corta).
Su questo modello si prospettano inoltre negozi dal modello radicalmente nuovo, come i Negozi-campionario.
■ Smart Sustainable Shopping > Spesa trasversale (Consumismo 2.0)
Uno sviluppo ulteriore del modello dei gruppi di acquisto, in direzione di una maggiore de-materializzazione delle pratices: una piattaforma social nella quel i consumatori redigono un elenco dei prodotti di qualità (convenienti) presenti nei vari supermercati. Definendo in questo modo un Supermercato virtuale trasversale nel quali essi possono creare le loro liste spesa ottimali (tale social network permette agli utenti di ottenere un peso contrattuale nei confronti dei supermercati).
In questo modo è ovviamente possibile fare acquisti di gruppo, e trattare i prezzi (e le modalità di consegna).
■ Smart sustainable consumption – exchange
Tra le pratices di Consumismo 2.0 sono definite nuove modalità di acquisto e di scambio beni organizzate dal basso.
Consiste in uno scambio di beni usati tra cittadini (prevalentemente locali), fortemente basate su canali Web, ma che prevedono anche il contatto tra le persone. E’ una modalità simile a quella descritta in precedenza come Raccolta alternativa rifiuti ingombranti.
Si tratta di un Sistema che permette di riuso da parte di altri degli oggetti che oggi si buttano via ma che sono ancora utilizzabili (indumenti, vestiti e giochi per bambini, elettrodomestici, ecc …).
■ ■ SMART SUSTAINABLE MANUFACTORING
Oggi è possibile sviluppare forme di manufactoring radicalmente nuove: il problema è che le nuove tecnologie oggi vengono utilizzate con un paradigma obsoleto.
Ovvero
oggi introducendo modelli di produzione radicalmente nuovi si può avere un radicale cambiamento delle modalità di consumo (consumo 2.0).
Si tratta, sostanzialmente, di utilizzare in modo “partecipato” i nuovi sofisticati strumenti tecnologici gestibili via PC, creando “robot” di facile utilizzo con i quali è possibile creare delle Open Factories nelle quali persone di media cultura di bricolage possono crearsi da se complessi prodotti [vedi “Uno smart-approach per le Smart City: un nuovo percorso di innovazione della la Città”]. Si tratta di una evoluzione del trend definito dei Makers.
(Un esempio tradizionale di questa modalità è quello dei laboratori nei quali gli acquirenti si potevano creare mobili su misura).
Questa auto-produzione è possibile anche grazie al fatto che oggi è possibile utilizzare file in grado di guidare macchinari collegati al PC per sviluppare anche prodotti sofisticati (file che sono condivisi sul Web).
In una Open Factory la maggior parte delle persone sono in grado, ad esempio, di crearsi una piccola vettura elettrica [vedi progetto LiteMotive].
Per comprendere il perché dello sviluppo di questo trend, si deve tener conto del tempo liberato di cui dispone oggi l’individuo, a causa delle sempre minore occupazione lavorativa (individuato, ad esempio, dalle analisi che appartengono al filone Decrescita felice).
In pratica si tratta di utilizzare “le macchine” in una modalità differente da quella utilizzata oggi – la robotizzazione della produzione tradizionale – e rimediare al problema della povertà prodotta dalla disoccupazione con la possibilità di auto-produzione che deriva dalla possibilità di utilizzare le stesse “macchine” in modalità partecipata.
■ ■ ECO-SOLUTIONS E SMART HOUSING
Sono definite in vari documenti eco-soluzioni come generatori elettrici “alternativi” facilmente gestibili dagli utenti.
E varie soluzioni del filone “casa sostenibile” (comprese soluzioni di Smart Housing, che comprendono forme di domotica facilmente creabili dall’utente.
■ d. counseling di
INNOVAZIONE DEI PROCESSI
DELLE
ISTITUZIONI COMUNALI
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Nei capitoli precedentisi sono illustrate soluzioni sviluppate e gestite in gran dal basso (in modalità partecipata), che pur essendo “private” si vanno in qualche modo ad integrare con il sistema delle PA.
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Nel presente capitolo sono invece illustrate innovazione di strumenti e processi istituzionali non più sviluppati in processi partecipati, e con una gestione non necessariamente basata su metodologie partecipate (almeno per ora, fino ad una un fase matura della Democrazia partecipata)
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Le soluzioni qui presentate consistono in progetti di innovazione degli attuali processi istituzionali (government, amministrazione, burocrazia, ecc …).
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OK
innovazione della interazione PA/Cittadino
Non si tratta solo del tentativo di recuperare una dimensione democratica dell’opera delle PA (non è questo il luogo di trattare questioni “politiche”, o morali), ma di recuperare economie, efficienze dell’operato delle PA (e soprattutto, recuperare una maggior qualità della vita dei cittadini).
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L’innovazione dei processi delle PA (amministrativi e di government) qui descritta riguarda sia i processi interni che quelli verso l’esterno (di interazione con i cittadini).
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La finalità di tale innovazione è:
● rendere più efficienti i processi amministrativi/burocratici,
● rendere più facile la fruizione burocratica della cittadinanza, ed in ultima analisi ● migliorare la qualità della vita urbana.
Tale innovazione viene sviluppata, tra le altre cose, ► creando sostenibilità di processi.
Ciò avviene con due modalità principali: ► apportando responsabilizzazione del personale della PA, e ► sviluppando forme di partecipazione della cittadinanza per le attività della PA (per ciò che riguarda monitoraggio, partecipazione allo sviluppo di progetti di miglioramento dei servizi, ecc …).
Si tratta di una forma di Innovazione dal basso, poiché l’innovazione dal basso è l’unica modalità efficace e sostenibile di innovazione del settore pubblico (l’innovazione “dal basso” è ciò che ha garantito per millenni il progresso – sostenibile – dell’umanità). Così come una riforma in modalità partecipata, è l’unica modalità di riforma che possa realmente portare ad una reale Democrazia partecipata. [vedi il capitolo “la questione della burocrazia nella democrazia diretta” nel documento “Introduzione alla Democrazia diretta”]
Nell’innovazione qui descritta si delinea quindi una sorta di gestione partecipata della PA ..
Summary delle soluzioni
Ci si occupa dei due aspetti del funzionamento delle PA:
■ ASPETTO AMMINISTRATIVO
Il fine è migliorare: ● i servizi burocratici (○ aspetti operativi interni: tra le altre cose migliorare l’efficienza dei processi aumentando il fattore responsabilità e l’apporto creativo degli operatori, migliorando la collaborazione tra i vari settori; ○ e aspetti di interrelazione con il pubblico: responsabilizzando i cittadini e coinvolgendoli nei processi); rendendo molto più semplici gli adempimenti (dai documenti di identità al pagamento dei tributi), ecc … ● i canali di informazione; ● ecc …
Si tratta di apportare partecipazione nei processi amministrativi, dalla burocrazia alle Aziende pubbliche. Ovvero di riportare una dimensione di controllo, amministrazione e progettazione da parte dei Cittadini che renda più efficienti ed efficaci i processi delle PA. E di riprogettare i processi in modo da alleggerire l’apparato burocratico.
Tra le altre, si illustra la soluzione ♦ Account Unico del Cittadino, con il quale i cittadini possono accedere – in modalità facilitata – a qualsiasi servizio pubblico (adempimenti burocratici, pagamento tributi, ecc …). Soluzione sviluppata con un approccio sostenibile, e crowd-based (in modalità di Open Source e partecipata).
Tale innovazione è possibile in gran parte grazie alle definizione della piattaforma Open PA.
Sono definite anche altre soluzioni come “Open Public Works” e Circoscrizione 2.0.
■ ASPETTO DI GOVERNMENT
Si definiscono soluzioni e processi innovativi in direzione di un Comune 2.0, soluzioni di Local-Democracy che portano ad una reale partecipazione, ad un de-centramento della governance che permette di risolvere gran parte dei problemi creati dalla Amministrazione subordinata alla “Politica dei partiti”.
Un esempio: la soluzione ♦ Local-eDemocracy (Communal-eDemocracy): un sistema “light-voting”, un “voto leggero” con il quale i cittadini possono continuamente esprimere la loro volontà in referendum, petizioni, ecc … (di facilissimo utilizzo ed a costi praticamente nulli perché incentrato su un sistema telematico basato su forme di sicurezza semplici ma efficaci, ed in gran parte basato su strumenti sistemi esistenti (come i terminali di ricevitore e tabaccherie).
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● altre .. varie come … .. mobliità velocità .. parking ..
● SOLUZIONI “ISTITUZIONALI”
PER GOVERNMENT E PA LOCALI
♦ Local-eDemocracy (Communal-eDemocracy): sistema di Lite voting
Per uscire dalla attuale crisi di inefficacia dei servizi e fallimento economico delle nazioni è necessario riportare la Democrazia alla sua dimensione originaria di Sovranità del Demos, ovvero di partecipazione effettiva dei cittadini ai processi di governance (l’unica dimensione che può offrire le condizioni sine qua non della Democrazia: controllo della correttezza dei processi, sviluppo di soluzioni che soddisfino effettivamente i bisogni sociali, ecc …). [gli argomenti qui introdotti sono approfonditi nel documento “Introduzione alla democrazia diretta”]
Ciò significa anche, tra le altre cose, de-centrare il government (affinchè possa effettivamente essere partecipato dai cittadini – la partecipazione reale non può che avvenire a livello locale, dove i cittadini possono partecipare fisicamente, e dove essi possono affrontare con cognizione di causa le questioni da affrontare).
In questo capitolo sono definiti strumenti e pratices di government che permettono di sviluppare una reale Democrazia partecipata (strumenti e pratices definiti nella piattaforma di Iniziativa Riforma dal Basso).
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Il concetto è: per poter arrivare ad una reale Democrazia partecipata, è necessario creare soluzioni di Local-Democracy (Local-eDemocracy) basate su sistemi di partecipazione effettiva: produzione di idee sulla soluzioni di problemi, dibattiti, aggregazioni di persone attorno a progetti; e sopratutto possibilità per i cittadini di votare a proposito di ogni azione di governance.
Oggi è appunto possibile, con i nuovi strumenti delle tecnologie di comunicazione, creare forme di consultazione popolare a costi quasi nulli, con i quali è possibile definire una dimensione di reale Democrazia partecipata (una reale partecipazione non può prescindere da una attribuzione ai cittadini di reali, completi poteri decisionali).
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Il fatto è che una effettiva partecipazione ha bisogno di strumenti e canali che permettano una consultazione continua tra istituzioni e cittadini (ci si riferisce qui per lo più ad azioni pertinenti ambiti locali o ultra-locali). Con strumenti e canali oggi a disposizione ciò è indubbiamente troppo costoso.
Ma con un opportuno utilizzo delle nuove tecnologie e metodologie sperimentate con successo in altri settori (di semplice utilizzo e dai costi estremamente bassi) è appunto possibile creare un regime dinamico di governance effettivamente partecipato nel quale i cittadini possono continuamente esprimere la loro volontà.
Nel progetto “Local-eDemocracy (Communal-eDemocracy): sistema di Lite voting” si definisce appunto una nuova modalità di voto estremamente semplice ed economica: un “voto leggero” con il quale i cittadini possono facilmente esprimere la loro volontà in referendum, petizioni, ecc …
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In tale soluzione si utilizzano metodologie già applicate in altri settori consumer (cosa, che tra le altre cose, permette di eliminare il problema del divide).
Il Lite-voting può infatti utilizzare metodologie come quelle dell’Account personale (vedi di seguito la soluzione Account Unico del Cittadino), che presenta anche qualità di certificazione riconosciuta per legge, come è per il Posta Elettronica Certificata).
L’eliminazione del problema del digital divide nel Lite-voting è ottenuto con l’utilizzo, otre a quello delle collaudate metodologie “Web” (che permettono già oggi “acquisti sicuri” con la carta di credito), anche di metodologie come quelle utilizzate dalla maggior parte dei cittadini per i pagamenti tramite terminali in ricevitorie, bar e tabaccherie (oggi utilizzate per molti scopi, come quello della ricarica del cellulare).
// lettura sospeso // In questo caso l’esercente può anche guadagnare un po’ di soldi, ma può essere un servizio che gli portaq clienti …
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Nel progetto si risolve anche il problema dei possibili atti di pirateria nei confronti del voto. Non ricorrendo a tecnologie sicure (che, di fatto, non esistono), ma ricorrendo ad un sistema – lo User Verified Voting (o voto verificabile dall’utente) – che permette al cittadino di verificare su un database la cronologia dei propri voti (così come esso può verificare la cronologie delle spese a lui attribuite dal gestore della carte di credito).
♦ Account Unico del Cittadino (Open PA)
Nell’ottica di una semplificazione delle operazioni burocratiche si definisce l’iniziativa Account Unico del Cittadino (AUDC): un account che consiste in una “pagina web” personale (come quella di Facebook, per intenderci) ed un tesserino (in realtà probabilmente può essere utilizzato quello del Codice fiscale) che permette al cittadino di essere identificato all’istante nel suo fruire di servizi pubblici (sportelli dell’Anagrafe, servizi pubblici di ogni genere, pagamenti tributi, ecc …).
Oltre ad una “pagina personale” sul Web, esiste una App dedicata per smartphone attraverso la quale può accedere – in modalità facilitata – a qualsiasi servizio pubblico (adempimenti burocratici, pagamento tributi, ecc …).
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A tutt’oggi sono già stati definiti progetti simili (anche a livello nazionale è – in teoria – in via di attivazione un progetto simile, con il quale AUDC si integrerebbe se tali strumenti dovessero mai funzionare). Ma, in generale, tali progetti sono sviluppati con una approccio insostenibile (sono di fatto irrealizzabili, o per lo meno inutilizzabili): sono infatti sviluppati con l’approccio tipico della Politica attuale, ossia con partner-crony incapaci di concepire processi e strumenti sostenibili e realmente utili; e sono basati su costi insostenibili.
Nel caso di AUDC si utilizza invece di un approccio sostenibile, e crowd-based: sviluppato con le modalità di Open Source (da comunità di volontari sparsi per il mondo che sviluppano la piattaforma), e con modalità crowd-sourcing che permettono la partecipazione degli utenti (cittadini) allo sviluppo delle varie funzionalità.
Ciò permette, appunto, di ottenere costi estremamente inferiori, ed efficacia dei servizi ed usabilità degli strumenti nettamente superiori.
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Il servizio permette al cittadino, attraverso “la “pagina web” o all’App per smartphone, tra le altre cose:
● di avere sotto mano, in un unico account, la propria sua situazione fiscale, l’elenco degli adempimenti da compiere, ecc … .
● di sviluppare le varie azioni come pagamenti, compilazione moduli. Ed anche ricevere supporto per tali azioni (può esserci un Tutor che supporta i cittadini in condizioni più critiche come gli anziani soli – questo tipo di supporto è stato utilizzato per alcuni anni dall’Agenzia delle entrate).
● accedere a tutti i servizi di Sanità (ricevere e conservare (in modo ordinato, classificato) diagnosi, referti, ecc … (tali informazioni possono quindi essere consultati anche da personale della PA come medici).
● per la scuola: i genitori possono gestire un sub-account del figlio (vedi in precedenza capitol sulla Scuola partecipata).
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A questo Account unico comunale può essere abbinato un deposito di denaro necessario per pagare alcuni servizi pubblici (è come una carta pre-pagata che permette ad esempio di pagare parcheggi, servizi come To-bike, ecc …).
■ LA PIATTAFORMA OPEN PA
Come accennato in precedenza il progetto Iniziativa riforma dal Basso prevede la creazione di una piattaforma, la Open PA platform, che permette:
1) di migliorare l’efficienza dell’operato della PA: sia per quanto riguarda le attività interne, sia per le attività rivolte verso l’esterno.
2) di avere una effettiva partecipazione dei cittadini alle attività della PA (e delle Aziende pubbliche); che, come illustrato in precedenza, è l’unico modo per risanare PA ed Aziende pubbliche.
3) di integrare di integrare le soluzioni crowd illustrate nei capitoli precedenti, in un unico sistema organico di servizi pubblici.
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In generale la piattaforma Open PA è finalizzata alla creazione di una PA sostenibile (maggior efficienza, riduzione dei costi, ecc …) attraverso una innovazione dei processi interni e verso l’esterno, e l’introduzione nel Sistema della amministrazione pubblica di forme di responsabilizzazione/partecipazione sia degli operatori che dei cittadini.
Ovvero si tratta di una innovazione qualitativa: si definisce una PA realmente al servizio dei cittadini, verso la quale i cittadini non solo nutrono un senso di rispetto, ma si sentono talmente responsabilizzati al punto da partecipare volontariamente all’operato di essa per contribuire ad una erogazione ottimale dei servizi pubblici.
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Open PA consiste in una piattaforma (integrata con Open Government Platform – la quale, appunto, presenta anche molte funzionalità di amministrazione partecipata) che offre una sezione dedicata alla PA, ed una dedicata alla cittadinanza.
I cittadini possono sia interagire con le PA (partecipando attivamente con funzioni di monitoraggio, proposte, amministrazione partecipata, ecc … – vedi quanto illustrato in precedenza e nel documento “Introduzione alla Democrazia Diretta”). Sia integrare loro servizi ed iniziative nel sistema generale dei Servizi pubblici (è il caso delle Soluzioni dal basso illustrate in questi capitoli).
■ CIRCOSCRIZIONE PARTECIPATA (CIRCOSCRIZIONE 2.0)
Un esempio di funzionamento della piattaforma Open PA è la declinazione di tale piattaforma definita “Circoscrizione partecipata” (o Circoscrizione 2.0), un progetto che prevede una transizione morbida (sostenibile) verso fruizione online delle attività della Circoscrizione in grado di apportare innumerevoli e sostanziali vantaggi tanto alla Circoscrizione quanto ai Cittadini: nella gestione dei processi interni, nelle modalità di erogazione dei Servizi e di partecipazione dei cittadini alle attività politico-amministrative della Circoscrizione.
■ Open Public Works
Come descritto in precedenza, una sezione della piattaforma Open PA è dedicata ai lavori pubblici (Open Public Works). Con essa si può sviluppare una partecipazione fattiva dei cittadini ai processi ralativi ai Lavori pubblici (progettazione partecipata, monitoring, ecc … ).
La soluzione è collegata ad altre Iniziative come l’Albo locale degli esecutori dei lavori pubblici ed il Registro delle Opere pubbliche, che determinano una dimensione di Lavori pubblici nella quale ogni persona coinvolta ci mette la faccia.
I cittadini, grazie al sistema di informazioni esaustive legate all’opera, possono individuare nei dettagli gli interventi dei vari politici, funzionari o fornitori coinvolti nell’opera. Ciò è possibile non solo per i cantieri aperti (nei quali è possibile richiamare tutti i dettagli dell’opera grazie a codici a barre posizionati nei cartelli del cantiere); ma anche per i progetti nelle prime fasi di sviluppo, attraverso il sito Web.
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I cittadini possono cioè agire come una sorta di Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici. Ma anche interagire con i Lavori pubblici con strumenti di progettazione partecipata con i quali essi possono proporre varianti o progetti alternativi.
I cittadini possono cioè effettuare analisi minuziose, e comparare il progetto ed i lavori con quelli di altre opere (anche di altre località). Essi possono riunirsi, sulla piattaforma, in team di lavoro che comprendono esperti di vari settori (si ricorda l’esistenza di network di supporto a livello nazionale ed internazionale).
■ e. INIZIATIVE ED EVENTI PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DELLE CITTÀ
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Se nelle sezioni precedenti si sono illustrate iniziative di Government ed Amministrazione pubblica sviluppate in modalità partecipata dai cittadini, in questa sezione si illustrano progetti di Iniziative ed Eventi finalizzate a migliorare la qualità della vita nelle città relative a questioni non-di-governance (sostanzialmente attività ricreazionali e sportive).
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Tali iniziative ed eventi si differenziano – per la maggioranza dei casi – da quelle sviluppati sino ad ora, in generale, da:
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● dimensione di partecipazione da parte dei cittadini che, tra le altre cose, porta ad
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● una reale sostenibilità (costi irrisori grazie anche a forme di volontarismo – sussidiato – sia come prestazione che come reperimento di materiali a prezzi di favore; o a riciclo di attrezzature, ecc … );
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● affordability: si portano attività sportive e ricreative a chi oggi non se le può permettere (vedi Social-Tennis, Sky4all o Villaggi vacanze low-cost).
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● un sostanziale aumento della qualità della vita urbana attraverso il recupero di una dimensione della città ora perduta; ossia di qualità come il senso di comunità, la convivialità della vita locale (e in parte – tralasciando le implicazioni ideologiche – da forme di “Decrescita felice”).
Si tratta, appunto, di Iniziative ed Eventi non di governance, e non dei servizi del Welfare, ma di iniziative di tipo ricreazionale e sportivo concepite in modo notevolmente differente da quelle attuali, per il fatto che
sono in grado di apportare
un reale miglioramento della qualità della vita dei cittadini, e di rendere accessibili attività ricreazionali e sportive oggi alla portata di pochi;
e di essere sostenibili, poiché molto economiche da attuare e gestire.
Tali Iniziative sono finalizzate a produrre uno “Urban renewal” (o Urban regeneration “revitalization”) sviluppato in modalità soft, e partecipato .(con il coinvolgimento diretto dei cittadini già dalle prime fasi di ideazione, cosa che induce, tra le altre cose, un engagement più generale dei cittadini nei processi di partecipazione democratica)
Le iniziative qui descritte sono integrate con le iniziative illustrate nei capitoli precedenti, ed in particolare con il Placemaking.
Nello specifico, per la città di Torino si sono elaborati (con persone competenti nei settori coinvolti) progetti di iniziative permanenti ed eventi temporanei tra le quali:
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progetti di rivalutazione delle aree urbane nei quali si valorizzano le qualità dell’area (ripristinando quelle che spesso erano caratteristiche tradizionali dell’area, e che si sono perdute con il tempo).
Un esempio è il Po, un tempo uno luoghi più apprezzati di Torino: si definiscono iniziative come ● noleggio barche ● piscina galleggiante ● ponte galleggiante ● lido (con spiaggia, e attrezzature tipiche )
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progetti per portare ai più forme attività ricreative e sportIve oggi appannaggio di pochi ai più.
● Social-tennis: Circoli di “popolari” di tennis in aree pubbliche, autogestiti dai cittadini del quartiere (con formati di campo particolari – più piccoli – e muri di allenamento e gioco con regole sviluppate ad hoc anche per giocare; organizzati attorno a chioschi che fungono da social-club-house, ecc…).
● Villaggi per Vacanze intelligenti (e “popolari”) situati al mare o in campagna o montagna.
1 Treccani
2 http://www.archdaily.com/779899/when-designer-social-housing-goes-wrong-the-failures-of-winnipegs-center-village-project
3 Come è per esperienze simili, i residenti frequentano corsi che li rendono competenti sulle questioni di costruzione e manutenzione dell’abitazione e delle infrastrutture sul territorio
- .Policies 2.0 <0>: the misunderstanding underlying the failure of the “Participatory policies”
- .Policies 2.0 <1>: perchè Policies 2.0?
- .Policies 2.0 <2>: come sviluppare Policies 2.0
- .Policies 2.0 <3>: strategie per la Partecipazione
- ∙Il problema dei tagli economici (dell’austerity)
- POLICIES NON CONVENZIONALI PER UN MOVIMENTO OUTSIDER (POLICES 2.0)
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