( estratto dal PDF “Policies 2.0 e Smart Innovation per un movimento outsider che ricopra cariche governative a livello locale” )

In questa sezione sono illustrate alcune soluzioni di partecipazione dei cittadini strettamente legate alle attività di government e di amministrazione della cosa pubblica. Si tratta di iniziative di:

1) soluzioni di Politica partecipataPolitica 2.0 (Spending Review Partecipata, Rappresentanza diretta o partecipata, Urbanistica partecipata), che creano una situazione di fatto di Democrazia partecipata.

2) soluzioni che portano ad una riforma dal basso del Welfare (Welfare 2.0, partecipato o sussidiato) nei vari settori Scuola, Sanità, Sicurezza, Social Housing, ecc …

  1. Queste soluzioni descritte in questo capitolo sono, ..

STRUMENTI DI POLITICA PARTECIPATA (POLITICA 2.0)

  1. OK

Sono qui esposte alcune soluzioni (basate sulla piattaforma Open Government Platform di Iniziativa Riforma dal Basso) che permettono ai cittadini di partecipare direttamente ad alcune attività fondamentali del government e dell’amministrazione, sviluppando forme di Politica 2.0 (effettivamente partecipate) in grado di produrre una riforma dal basso della attuale Social-democrazia (si tratta di un percorso di creazione della Democrazia partecipata attraverso azioni partecipate).

Sono qui illustrate le soluzioni:

● Spending Review Partecipata

● Rappresentanza partecipata (Rappresentanza 2.0)

Sono disponibili altre soluzioni come:

● Parking di interscambio (con bicicletta o motociclo, di proprietà o in noleggio).

● Villaggio per senzatetto (impostato sul modello della Social Housing illustrato più avanti)

[] (())Spending Review Partecipata

< scarica testo (15 pp) >

Iniziativa Riforma dal Basso offre uno strumento particolarmente efficace per (1) permettere alle persone di costruirsi una “coscienza critica”; e per (2) costituire una opposizione “sostanziale” (documentata in modo irrefutabile) alla attuale gestione della Pubblica Amministrazione: il Sito Spending Review Partecipata.

Si tratta di una piattaforma con la quale è possibile sviluppare una analisi approfondita e completa delle spese effettuate dalla PA. Grazie ad essa i Cittadini (riuniti in gruppi di lavoro dei quali possono far parte anche esperti in ambiti specifici) possono valutare il rapporto costo/beneficio delle Opere per poter individuare gli attuali ingenti sprechi, e quindi sollevare obiezioni circostanziate (ciò è importante soprattutto per i cantieri non ancora aperti, ossia per le opere in fase di programmazione, per poter intervenire con idee progettuali e di metodo). [vedi Urbanistica partecipata]

In pratica, con tale strumento i Cittadini possono monitorare le attività messe in atto dal Governo locale (Comune, Circoscrizione, Aziende pubbliche, ecc …). E’ possibile analizzare sia gli interventi per i lavori pubblici, sia l’attività di gestione della PA in generale (uffici, servizi interni alla PA, ecc …).

Nella versione più avanzata è possibile avere un vero e proprio “Bilancio di Quartiere” creato dal Cittadini.

Lo strumento di Spending Review partecipata è integrato con altri trumenti come il “My Taxes”, che permette al cittadino di sapere quale è il suo contributo da lui fornito attraverso le tasse per ogni singola opera o servizio (può puntare il suo Smartphone sul codice a barre posto su ogni opera pubblica per avere tutte le informazioni necessarie – vedi anche “Open Lavori Pubblici”). Spending Review partecipata è anche con altri strumenti di partecipazione come Open debates, Progettualità partecipata, ecc ..

[] Rappresentanza partecipata (Rappresentanza 2.0)

  1. ……………. (vedi docuento dedicato lb-irdb-solut®) o

< scarica testo (13 pp) >

era anche rappresentanza diretta

Rappresentanza 2.0 è una forma di Rappresentanza partecipata nella quale gli Elettori sono in costante contatto con il Rappresentate eletto, e ne controllano e ne guidano le azioni.

La Democrazia attuale necessita di una riforma che né i Partiti nè i Movimenti fuori dal “gioco dei partiti” sono riusciti, negli ultimi 20 anni, ad attuare. L’Iniziativa Rappresentanza 2.0 è concepita per far fare un salto di qualità alla Democrazia, rimettendo la Politica in mano ai Cittadini.

Con l’Iniziativa Rappresentanza 2.0 si definisce cioè un nuovo modello di Rappresentanza (“Rappresentanza vincolata” o “Rappresentanza diretta”) nel quale il Rappresentante (in Parlamento, Consiglio comunale, ecc …) è vincolato alla Volontà dell’elettore: un Contratto di valore legale lo costringe a seguire, nella sua attività politica, le indicazioni degli elettori (attraverso una piattaforma Web si mettono a disposizione dei Cittadini strumenti di verifica e dialogo); ed in casi estremi, a rimettere il suo mandato nelle loro mani.

L’Iniziativa Rappresentanza 2.0 fa parte del più generale progetto Iniziativa Riforma dal Basso che introduce una nuova forma di Politica dei Cittadini che si organizzano “dal basso” per attuare forme di Government del territorio “in parallelo” rispetto alle Istituzioni (in modo indipendente da esse).

Vedi il documento “Introduzione alla Democrazia diretta” dove sono illustrate nel dettaglio alcune modalità di interazione diretta .tra l’Iniziativa Rappresentanza 2.0 e i cittadini appartenenti ad un Movimento.

Nel successivo capitolo si illustrano altre iniziative integrate con SRP in un percorso di riforma partecipata dei settori del Welfare come gestione della Scuola da parte dei genitori ed amministrazione e progettazione partecipata (es.: Urbanistica partecipata).

WELFARE 2.0
(SOLUZIONI DI WELFARE PARTECIPATO)

dei settori considerati essere “garanzie sociali”)

– questi sono quasi paro paro da IRBD intro lunga – qui sono semplificati, e sono eliminate le pearti che possono indispettire gli ideologizzati TALI PARTI SONO IN TESTO NASCOSTO – OCCHIO CHE ORA QUESTO DOCUMENTO è Più AGGIORNATO DI QUELLO ogp-

ç_issues: dipartimenti

Nel capitolo precedente si sono illustrate alcune declinazioni della Open Government Platform per gestire forme di government (es.: Rappresentanza 2.0) e di amministrazione partecipate (es.: Spending Review Partecipata).

In questo capitolo si illustrano altre declinazioni specifiche della piattaforma di IRDB che possono essere utilizzate per una “riforma dal basso” (in modalità partecipata) dei tradizionali settori del Welfare (oggi gestiti esclusivamente dalle PA).

(queste iniziative sono descritte più in dettaglio nel documento “Verso una Democrazia Diretta”)

Come si è detto in altri punti, in questo documento sono illustrate alcune soluzioni di partecipazione dei cittadini alle attività di government e di amministrazione della Cosa pubblica che comportano, di fatto, una riforma del Welfare (Welfare 2.0, partecipato o sussidiato) nei vari settori Scuola, Sanità, Sicurezza, Social Housing, ecc …

Una riforma del Welfare attuata nell’unica modalità possibile in Democrazia: attuata cioè dal Demos (una riforma attuata in modalità partecipata).

In questo caso sono cioè i detentori dei bisogni che partecipano attivamente alla definizione (e alla gestione) dei servizi di pubblica utilità.

I prossimi capitoli sono appunto suddivisi nei vari settori:

  • Scuola

  • Sanità

  • Sicurezza

  • Lavori Pubblici

  • Urbanistica partecipata e Social Housing

  • Trasporti urbani e Mobilità urbana

Si ricorda che nel presente documento si trattano unicamente questioni che possono essere affrontate a livello locale (comunale), e che quindi non vengono trattait argomenti come quello del Sistema pensionistico, che possono – attualmente – essere affrontati unicamente a livello nazionale.

(+) SCUOLA PARTECIPATA

Uno degli strumenti disponibili sulla piattaforma di IRDB è dedicato alla Scuola partecipata che consiste in un sistema partecipato con molteplici funzionalità di gestione della Scuola dei figli da parte dei Genitori: definizione dei programmi didattici, scelta o creazione del materiale didattico, ecc …

Si tenga conto che i genitori costituiscono una altra categoria di Cittadini molto motivata ad agire per migliorare le cose, viste le attuali condizioni culturali ed organizzative della Scuola in Italia (dal Nido alle Superiori). E che essi hanno pieno diritto, in una Demos-crazia, a co-gestire la Scuola dei figli per almeno due ragioni: la patria potestà, il fatto che essi pagano tariffe specifiche per l’educazione dei loro figli (la cosa sarebbe ancor più vera se si applicasse un sistema di tasse legate allo scopo specifico).

In tale modo si definisce una vera è propria riforma della Scuola dal basso. poichè in questo caso i cittadini (genitori), di fatto, in modo fortemente indipendente dalle istituzioni, modificano la scuola in base alle loro idee.

In questo ambito i genitori si attivano per le seguenti attività:

  • “gestione partecipata” della Scuola pubblica alla quale è iscritto il figlio, e

  • a livello più evoluto progettazione, creazione e gestione di forme private di Scuole ed Asili.

Si tenga conto che vi sono altre attività nelle quali possono essere coinvolti i genitori (sempre con strumenti legati alla piattaforma IRDB): gestione dei parchi gioco dei bambini, gestione di attività educative extra-scolastiche, gestione di un “centro sociale” per le feste per i bambini , ecc …

Ma anche in attività come un “exchange” di abiti e prodotti per i bambini.

In questo modo si offre la possibilità per i genitori di partecipare più direttamente di quanto avviene ora alla gestione della Scuola (nel suo inquadramento legislativo attuale); e possibilità di creare “scuole private” di nuovo tipo (ad esempio con la formula della Scuola parentale).

  1. // SOPSESO PERCHè A-IDEOLOGICO // Questa forma di “riforma della Scuola dal basso” è finalizzata a ridurre i costi, e ad aumentare l’efficienza del Servizio (cosa che vale per tutti i servizi pubblici trattati nel presente progetto). Ma è sopratutto un modo per re-impostare la Scuola dal punto di vista culturale: con un recupero della tradizioni, “teoriche” e pratiche; ma anche con l’introduzione di nuove Filosofie di insegnamento, che eliminino il problema della “formazione socialista” della Scuola attuale che crea adulti “sottomessi” al Welfare; ossia il fine di questa azione è una reintroduzione delle Culture tradizionalmente utilizzate per educare i bambini a diventare adulti responsabili di se stessi (non c’è bisogno di “inventare” dal nulla nuove forma di insegnamento: oggi stanno prendendo piede alcune forme di insegnamento “alternative” – che sono in realtà forme più tradizionali – come quello della Scuola Steineriana, dalle quali si può attingere).

I genitori, in questo nuovo contesto (anche nelle Scuole pubbliche) possono, ad esempio, scegliere il materiale didattico che reputano essere migliore (riattribuendosi un diritto oggi ceduto agli Insegnanti): in questo caso si può ottenere anche un forte risparmio, poiché i Cittadini possono essere stimolati a produrre contenuti per questo scopo liberi da diritti, e molto migliori di quelli attuali (tale materiale può essere convenzionale, e quindi stampato con PC; o essere multimediale).

Si tenga conto che sistemi di questo tipo sono basati su Reti di solidarietà, e che quindi possono attingere da una grande base di risorse.

Si noti che per quanto riguarda le Medie superiori si possono coinvolgere nelle attività partecipate anche gli studenti (vedi Progetto IRDB), che sono un target politico sottovalutato: uno studente di 14 anni è l’elettore che voterà alle successive elezioni (si veda in altro punto).

  1. Questa riforma della Scuola dal basso ha ulteriori sviluppi, qui non illustrati ((ad esempio, i genitori, riattribuendosi la “patria potestà”, e quindi i loro diritti ceduti alle “autorità” scolastiche, possono, riunendosi in “Lobbies” a livello nazionale, imporre l’introduzione di programmi scolastici “locali” al posto di quelli attuali, nazionali)

(+) SANITÀ PARTECIPATA

  1. OK

L’idea attuale (in Socialdemocrazia) è che i Sistemi sanitari nazionali abbiano lo scopo di garantire la Salute dei Cittadini (l’idea può sembrare inverosimile, ma di fatto è così).

Ma la “garanzia” della salute dipende in primo luogo dalla capacità delle persone di gestire se stesse: la salute non dipende dalla “cura”, ma dalla capacità dell’individuo di saper gestire i piccoli problemi di salute quotidiani (e da questa qualità delle persone dipende anche, di conseguenza, la “salute” economica del Sistema sanitario).

Il problema dei Sistemi Sanitari nazionali è appunto, che essi oggi divengono “una stampella” (o, più scientificamente, una “dipendenza”) poichè le persone tendono ad affidarsi ad essi per il più piccolo problema, e quindi aumentano in modo sconsiderato i costi di gestione (dobbiamo considerare, nel computo, anche i costi delle medicine “prescrivibili”).

Il compito che ci si prefigge è quindi di riformare dal basso la Sanità:

  • ottimizzando le strutture attuali

  • trovando una nuova dimensione della Sanità (una dimensione fortemente “dal basso”) che permetta di avere minori costi di gestione e contemporaneamente persone più sane.

Lo scopo, a livello più profondo (livello delle cause prime), è:

  • sottrarre i Cittadini alla dipendenza del ricorso a strutture sanitarie

  • indurre un “uso alternativo” della Medicina; non si tratta necessariamente di ricorrere a “medicina alternative”: si tratta, sostanzialmente, di recuperare le abitudini di qualche decennio or sono (re-inducendo le persone a curare se stesse per i “problemini”),

Si pensa, per quanto riguarda il Sistema sanitario, a (anche attraverso la Piattaforma Web di IRDB):

  • una maggior partecipazione dei Cittadini

  • una maggior partecipazione degli Operatori (Medici, ecc …) all’organizzazione dei Servizi sul territorio. Questi ultimi anche attraverso la partecipazione di nuove Associazioni professionali.

Nel progetto ci si occupa di definire alcune nuove caratteristiche dei servizi di Sanità (che sembrano essere, probabilmente solo sulla carta, le caratteristiche dell’Istituzione “Casa della Salute” – legata a articolo 22 della legge n. 328/2000).

Si pensa inoltre ad un nuovo supporto di servizi Web per la Sanità sia per i Cittadini che per gli operatori.

Si pensi alle possibilità di diagnosi e monitoring remoto offerte anche solo dalle App degli SmartPhone che rilevano, ad esempio, battito cardiaco o contenuto di glucosio nel sangue.

Questo settore, come ogni altro, nella modalità partecipata non può che basarsi in forte misura su una Rete di solidarietà (Solidarity Health Network – Health & Safety Support Network): una rete di sostegno per i malati supportata da strumenti Web e altro (IRDB) che canalizza le nascenti forme di volontarismo, la quale possa eliminare in molti casi il ricorso alle prestazioni del medico e degli ospedali.

Più avanti si descrive un un centro poli-fuzionale che funge, tra le altre cose, utilizzabile come Day Hospital, come base per visite a domicilio, ecc ..

(+) SERVIZI DI SICUREZZA SOCIALE PARTECIPATI
(Smart Public Safety and Security)

  1. OK

La questione della sicurezza viene affrontata sotto i due aspetti:

  • forma di mantenimento dell’ “ordine pubblico”

  • forma di “Pronto intervento di soccorso” (e di “Protezione civile ‘dal basso’)

E’ un sistema che prevede un doppio livello operativo (integrate):

  • interazione con le istituzioni attuali

  • auto-organizzazione dei cittadini

  1. // tit // metodi usati ora (non publbicare)

  2. Giurie dei cittadini: un bluff, sceltae a cso, un minimo potere cosultivo di pernsone senza interesse e competenze ..

  3. del bilancio partecipativo

  4. Bilancio partecipativo: bilancio preventivo dell’ente cioè alla previsione di spesa e agli investimenti pianificati dall’amministrazione.

■ “ordine pubblico”

Si tratta in primo luogo della sicurezza sociale in quanto prevenzione e difesa dai crimini (o infrazioni) che affliggono oggi la nostra società (dai micro-crimini: vandalismo, furti in casa, ecc …; ai crimini più gravi: violenze per strada, …).

Si pensi alle possibilità di organizzare sistemi di controllo attraverso device consumer, come ad esempio, alla possibilità di connettere Webcam private (usate per dagli esercizi commerciali e dai condomini) per create un “network di sicurezza pubblica” (leggi permettendo: con gli opportuni accorgimenti oggi è già possibile).

Lo stesso Sistema può però servire per altri scopi collaterali rispetto alla difesa dai crimini. Ad esempio per la rilevazione di vari tipi di infrazione (facilitando la applicazione delle “multe” a chi adotta atteggiamenti dannosi nei confronti della comunità) come, ad esempio, negli ambiti della circolazione, e del posteggio.

Pur non essendo possibile per i Cittadini arrivare direttamente a comminare sanzioni, tali azioni possono però divenire efficaci nell’ottenere soluzioni per le infrazioni continuative: è possibile, ad esempio, definire nuove forme di “denunce collettive” “super-documentate” di fronte alle quali le Autorità non possono non cercare di porre rimedio – si ricorda che fenomeni di “protesta costruttiva” divengono una forma di propaganda molto negativa per le Istituzioni [vedi più avanti])

■ Pronto intervento di soccorso come Servizio civile di quartiere

rete di solidarietà per il pronto intervento

Vi è inoltre un utilizzo “indotto” del Sistema di sicurezza qui prospettato, come quello di Pronto intervento (in forme che potremo definire di “micro-vigili del fuoco”, “micro-pronto intervento sanitario”).

Ciò può essere creato creando una la rete di volontari pronta ad intervenire immediatamente (grazie anche ad applicazioni per SmartPhone) giorno e notte per questioni di Pronto intervento (per mansioni delle tipologie ambulanza, Vigile del fuoco, ecc …). In questo caso si ha la disponibilità di tre tipi di persone:

  • comuni cittadini che si mettono a disposizione in orari specifici. In particolare si pensi a persone che hanno molto tempo a disposizione come studenti (i quali, ottenendo alcuni vantaggi, possono operare nel Servizio civile) o i pensionati (i quali mantengono comunque le loro capacità professionali).

  • cittadini che hanno conseguito un diplomino ad hoc per esercitare mansioni specifiche (questi corsi dovrebbero essere inclusi nel Servizio civile).

  • operatori professionali specializzati come Medici (che, nelle forme più evolute, possono anche garantire una disponibilità come viene fatto per i Medici che operano negli ospedali).

Si tratta di una sorta di Protezione civile partecipata, poiché queste persone – come è per la protezione civile, medici della Sanità o Vigili del Fuoco – possono essere rintracciate con una app e possono intervenire immediatamente (si parla del contesto del quartiere, e quindi di persone che abitano praticamente sul luogo nel quale si chiede di intervenire).

centri poli-funzionali di volontariato ©

Nell’ambito della Smart Public Safety and Security nel Progetto IRDB sono definiti i centri di quartiere poli-funzionali (Pronto Intervento – Ambulanza, Vigili del Fuoco) nei quali risiedono a turno. volontari (è una sorta di estensione del concetto di Rete di Solidarietà che, di per sé, non avrebbe bisogno di una sede).

Con una sede fissa nel quartiere è possibile non solo avere una reperibilità più sicura, ma anche parcheggiare mezzi e strumenti necessaria agli interventi alla portata degli operatori.

Si veda il progetto in IRDB, nel quale si utilizzano mezzi multi funzionali economici come auto della categoria del Fiorino che possono essere utilizzati sia come ambulanza di base, sia come intervento da Vigili del fuoco (al momento della partenza si possono agganciare al mezzo rimorchi specifici per l’intervento).

Si tratta di interventi di livello minore rispetto a quelli svolti dalle ambulanze sofisticate o dai Vigili del fuoco, ma in questo caso si ha il doppio vantaggio di un intervento molto più rapido (in caso di situazione grave il problema può essere solo “tamponato, in attesa dell’arrivo dei servizi istituzionali) e di un notevole risparmio di costi (per una gran parte dei problemi è sufficiente l’uso di questa modalità locale: si pensi a trasporti in ospedale di malati, agli interventi dei vigili del fuoco per far scendere i gatti dalle piante o aprire le porte di abitazioni).

Nel progetto si definisce anche una modalità di intervento in motociclo, che permette interventi molto rapidi (ad esempio di Guardia medica) poiché, tra le altre cose, non vi è il problema del parcheggio.

Questi operatori locali sono anche, ad un certo livello, Vigili di quartiere (ausiliari), i quali possono, ad esempio, regolare il traffico in caso di incidenti.

  1. Si tenga conto che in questo modo si possono offire serviz publbici di nuovo tipo: intervenendo per aprire una porta ci casa bloccata o pagare un terzo dello sptipendio per apire la porta ..

  2. ● protezione civile partecipata .. (integrata con l’attività centri di quartire poli-funzionali)

la Protezione civile partecipata

Con questa metodologia è possibile creare una vera Protezione civile “dal basso” che è pronta ad intervenire anche per gravi “disastri”; la quale che può comunque servire da supporto alla Protezione civile istituzionale .

  1. // anti-ideologico // (essa può fungere nei confronti della Istituzione di riferimento una sorta di “Protezione civile ombra” che non solo agisce efficacemente sul territorio, ma che segnala anche le inefficienze della Protezione civile istituzionale.

  2. // anti-ideologico // la protezione civile era qui chiamta “privata”

La Protezione civile formata direttaemnte da cittadini può operare nelle varie attività della Protezione civile istituzionale (con vari livelli di coordinamento superiori a quello ultra-locale): previsione (studio e determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, nell’identificazione dei rischi e nell’individuazione delle zone del territorio ad essi soggette) – prevenzione (misure atte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità di danni conseguenti agli eventi) – soccorso ed assistenza (capacità di organizzare interventi di soccorso alternativi, più rapidi perchè con strutture pre-organizzate più localizzate) – superamento dell’emergenza (piani di “risanamento” predefiniti in sede locale, con attenzione per i fattori locali).

  1. ( Emergency response and disaster prevention )

alcune considerazioni sulla Sicurezza partecipata

– verifica che non sia anti-ideologico –

Per quanto riguarda la sicurezza in quanto difesa della persona e della Proprietà, si tratta di attivare un Sistema di Private security.

Questa forma di organizzazione sociale dal basso si scontra, ovviamente, con la concezione delle “Ideologie sociali” nelle quali sembra si voglia proteggere il crimine piuttosto che i Cittadini e la Proprietà: nel caso dei Sistemi di sorveglianza tramite telecamere (ad esempio per proteggere il condominio) sappiamo infatti che il Garante ci tiene a specificare che l’unico diritto dei Cittadini è quello della Privacy (correttamente), ma che si “dimentica” del Diritto fondamentale delle persone di difendere la propria vita e le proprie Proprietà – inoltre esso impone che sia chiaramente specificato quando le telecamere sono collegate con la Polizia!.

Come per tutti gli altri casi di “riforma delle Istituzioni dal basso”, non si tratta di una azione facile, ma molte sono le possibilità di realizzare tale progetto.

E’ molto importante, a questo proposito, riconoscere di dover abbandonare la “mentalità recriminatoria”, per recuperare la mentalità “costruttiva” di un tempo (si tratta, ad esempio, dell’”approccio creativo” con il quale qualsiasi imprenditore apre una attività): invece di dire subito “non si può fare”, chiedersi “come si può fare?”.

Utilizzando in modo “creativo” le Leggi attuali (anche quelle Europee), ed eventualmente attivando forme di protesta da parte dei Cittadini rispetto ai problemi che emergono nell’”ambito progettuale” del Sistema (progettualità partecipata da una gran parte dei Cittadini), è possibile sviluppare le nuove modalità di Politica qui definite (i Cittadini, una volta che sono a loro chiare le possibilità di risolvere problemi come quelli della Sicurezza sociale, sono coinvolti nella causa universale di una “maggior libertà di difesa” – ricordiamo inoltre che nella causa sono coinvolte entità come le Nuove lobbies: quelle dei Professionisti, le Lobbies di proprietari di Condomini, ecc …).

Si definisce nel Progetto anche un Ente privato “centrale”: una sorta di Questura privata di quartiere, inizialmente in forma totalmente privata (indipendente dalle Istituzioni), la quale si occupa di raccogliere dati (in auspicabile sinergia con le Forze dell’ordine), effettuare “indagini private”, coordinare l’azione dei volontari, ecc … (si tratta di una attività probabilmente molto simile a quella definita come “Vigili di quartiere”, ma in questo caso più “incisiva”).

Gli strumenti che utilizzano i Cittadini per rendere efficaci le loro azioni sono, tra gli altri: “denunce collettive”, Class action, un Sistema-rete di telecamere locali (es.: di Esercizi commerciali, di Condomini privati fatti di semplici WebCam collegate ad un computer, ecc ….).

Ogi è possibile .. con droni .. per il pattugliamento del quartiere ..

!! togli le parte non-ideologiche .. sospendile ..

Nel Progetto vi sono altre proposte: come quella della costituzione ad hoc di forme di Impresa legate alla sicurezza (con forme particolari, come quella delle Cooperative sociali): una Azienda di Security (tipo Mondialpol) in gran parte gestita in compartecipazione con i Cittadini. Ma anche Enti privati che possano esercitare l’attività di “Investigatore privato” (in questo caso si hanno a disposizione molte delle facoltà delle forze dell’ordine).

Esistono più figure, tra le quali: Guardia giurata (con licenza personale), “addetti alla Sicurezza”, Istituti d’informazioni commerciali. Inoltre esistono Cooperative di Vigilanza.

Investigatori privati: – rilascio dell’autorizzazione che consente di eseguire investigazioni, ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati; – rilascio dell’autorizzazione che abilita ad effettuare attività investigativa per la ricerca e l’individuazione di elementi di prova da far valere nel contesto del processo penale;

Gli Istituti di vigilanza: La licenza del prefetto prevista dall’art. 134 T.U.L.P.S. può essere concessa a: 1) agli Enti che, a fini di lucro, esercitano l’attività di vigilare le proprietà altrui utilizzando guardie particolari; 2) ai privati singoli i quali vogliano prestare opera di vigilanza o di custodia delle proprietà altrui.

La licenza, che è richiesta per avere la certezza che la mansione di vigilanza e custodia di proprietà altrui sia affidata a persone tecnicamente idonee e con particolari requisiti di affidabilità, occorre anche per esercitare l’attività in modo discontinuo. Le attività che si possono espletare sono, tra le altre: – attività di sicurezza aziendale; – vigilanza e video controllo a distanza; – gestione di servizi antifurto; – sistemi centralizzati di teleallarme; – tele soccorso; – radiomobili in pronto intervento

La vigilanza e la custodia possono avvenire in due modi: a cura dei proprietari che, singolarmente o associati, impiegano guardie particolari giurate a custodia, anche in comune, delle loro proprietà ( art. 133 ); da parte d’Enti o di singoli privati, in possesso d’autorizzazione del Prefetto, i quali esercitano l’attività di vigilanza a richiesta dei proprietari, a scopo di lucro, impiegando guardie particolari giurate ( art. 134 ).

Si deve inoltre tener presente che la Legge prevede che un “normale cittadino” possa “fermare” chi commette un reato.

In questo settore si possono offrire ai Cittadini vari tipi di servizio (un esempio per tutti: mappe sul Web dei crimini, che indicano le zone critiche, come affrontarle, ecc … ).

il Sistema di Sicurezza sociale del vicinato

Si parte dalla creazione di unità “di base” (come può essere una Associazione di Condominio per la Sicurezza dello Stabile) che, ad esempio, decide di dotarsi di un impianto di telecamere a circuito chiuso (questo strumento serve anche per evitare aggressioni, vandalismi come graffiti sui muri, ecc …).

Queste Associazioni di base possono riferirsi ad un Comitato di Sicurezza del Quartiere: una “Impresa sociale” (Cooperativa sociale?) che funge da “Intelligence” e da Coordinatore delle attività locali (con gli strumenti OGP gli operatori volontari possono operare da casa loro, o, in parte, con iPhone). La costituzione di “Imprese sociali” (es Cooperative di Vigilanza) alla quale i Privati (un condominio) sia associano, può divenire un efficace espediente per regolarizzare sistemi di videosorveglianza locali, o di Attività di controllo sul territorio.

Gli strumenti utilizzati da questo “Centro di Sicurezza del Quartiere” sono:

Un Network di Videosorveglianza: una rete che integra i sistemi di videosorveglianza privati (Professionali, privati come condomini, Scuole, ecc….), In questo modo un quartiere può creare un sistema di sorveglianza che copre tutte le strade (che di per sé non è proponibile con la Legislazione attuale).

Il Network di videosorveglianza può anche essere utile ai Cittadini “normali” per “fermare” chi abbia commesso un reato (ciò è previsto dalle leggi attuali!): in questo caso tutto si svolge sotto gli occhi della telecamere: sia l’azione di reato, sia la fase di fermo (si tenga conto che i Cittadini sono invitati a frequentare corsi di “autodifesa” nei quali si impara a “neutralizzare” le gente nel modo migliore).

Un’altra attività sviluppata in questo caso è l’Attività sul territorio da parte di gruppi di volontari.

Il Comitato di sicurezza del Quartiere (o della Circoscrizione) è integrato in Comitati di livello territoriale superiore, al fine di rendere più efficace la sua attività (ad esempio nelle operazioni di “indagini private”).

Si noti che queste attività sono difficilmente attaccabili dalle Istituzioni (ad esempio, dalla Magistratura) poiché, una volta sperimentati, i Cittadini ne conoscono il ruolo efficacemente positivo sul territorio: e le difendono ad ogni costo.

Vi è un’altra considerazione a favore di tali attività: esse sono molto più efficaci, in quanto ad “azione capillare sul territorio, delle Forze dell’ordine (il primo livello di efficacia lo si raggiunge rendendosi indipendenti dalla Magistratura, cosa che non può fare la Polizia). Ed alleggeriscono gran parte del peso che oggi ricade sulle spalle delle Forze dell’ordine (costi delle PA),

  1. Il sitema ad eseprio .. previene vandalismi nei parchi, giochi bimbi (anche perosne perricolose …)

  2. Per le ifrazioni contunuative i sistemi di sorveglianza fornisonco indicazioni “oggettive” (che voengo no portate, nalla forma oporutna, alle autorità) … Ad esmepio la sosta vietata in aree critiche, … ma anche la rilevazione del ruomore notturno di locali di divertimento (in questo caso alle telecamere si aggiugono strumenti certificati di rilevamento del ruomore).

(+) LAVORI PUBBLICI PARTECIPATI

Come si è detto in più punti, in una reale Democrazia (Democrazia diretta o partecipata) è sottile la differenza tra il pubblico ed il privato nei servizi (e quindi nei lavori pubblici).

Ciò per il fatto che la Democrazia è sostanzialmente un sistema di soddisfazione dei bisogni dei cittadini (di servizi ed opere pubbliche), per cui in un reale sistema democratico la partecipazione dei cittadini (degli utenti) alla creazione e gestione della soddisfazione dei bisogni è in grado di produrre notevoli vantaggi.

Il sistema delle “imprese” è un sistema di per sé perfettamente democratico, poiché in esso prosperano solo persone ed enti che ottengono un reale consenso degli utenti (che esprimono il loro consenso attraverso l’acquisto di beni o servizi).

ç_innovazione partecipata

Il fatto è che la “partecipazione” dei cittadini ai lavori pubblici, ovvero un intervento diretto degli utenti nell’opera di soddisfazione dei loro bisogni, produce, come si è visto in altro punto, notevoli risparmi (i cittadini gestiscono direttamente il rapporto con i fornitori), qualità dei lavori (i cittadini co-progettano gli interventi, e li monitorano in tempo reale).

Questa partecipazione dei cittadini ai lavori pubblici può avvenire anche attraverso forme di imprenditoria sociale che vanno dal volontarismo sussidiato a tipologie di impresa semplificate e facilitate – e sussidiate – (le peculiarità di tale tipologia di imprese è di mantenere, rispetto ad una forma ordinaria di business, unicamente il fine della soddisfazione del cliente, poiché qui sparisce quasi completamente l’obiettivo del guadagno essendo in questo caso i proprietari dell’impresa anche i clienti, ed avrebbe poco senso guadagnare denaro che bisogna far uscire dalle proprie tasche).

Tale modalità di partecipazione migliora la qualità del servizio e contemporaneamente diminuisce il costo degli interventi nelle seguenti modalità:

1. interventi molto più efficaci

Ciò che rende particolarmente virtuoso un sistema di lavori pubblici partecipato è il fatto che i cittadini-utenti hanno un interesse diretto nella qualità del lavoro finale (costruzione o manutenzione).

In un sistema di tal genere si ottiene una miglior qualità dei lavori per il fatto che i cittadini seguono dall’inizio il progetto di un intervento: dall’ideazione al monitoraggio dell’esecuzione (e per il fatto che il fornitore opera “sotto gli occhi del cliente” – ed il fornitore è comunque molto più attento poiché in questo caso “ci mette la faccia”).

Si tenga conto che la rete locale di cittadini che sono interessati a seguire i lavori vi sono molto spesso persone molto esperte del settore specifico). Ed anche che i cittadini in un sistema del genere conoscono la reputazione dei loro fornitori, per cui li possono scegliere con cognizione di causa (vi è un albo partecipato dei fornitori – user generated – nella quale sono espresse le qualità di ogni fornitore).

Il fatto che i cittadini possano gestire direttamente problemi come quelli dei buchi nelle strade e nei marciapiedi rende possibile, ad esempio,

interventi molto più tempestivi di quelli delle PA. E in tal modo è inoltre possibile

intervenire laddove l’amministrazione centralizzata non è prorpio in grado di intervenire: si pensi, ad esempio, ai casi di quei buchi nelle strade che in caso di pioggia portano le auto a bagnare chi passa sul marciapiede (molti sono i casi che possono essere risolti in modo efficace e sostenibile da una amministrazione partecipata ultra-locale).

Si tenga conto in questo caso dello scenario profondamente innovato di questa modalità partecipata ultra-locale, nella quale, tra le altre cose, i cittadini possono effettuare interventi diretti con lavoro di volontariato.

2. contenimento delle spese

Un fattore molto importante che bisogna prendere in considerazione, è che nella modalità di gestione partecipata (o diretta) dei lavori pubblici è possibile contenere, di molto, le spese poiché in tal modo è possibile bypassare il pagamento dei lavori attraverso il “ciclo delle tasse”, che ha dei costi di gestione del denaro da parte delle Istituzioni uno sperpero di denaro che può superare il 50% della cifra pagata dai cittadini per effettuare i lavori.

Ma, dal punto di vista della spesa pubblica, è importante comprendere che nel caso di un sistema di lavori pubblici partecipato (e sussidiato) decidono di intervenire solo quando vi è un lavoro per il quale vale la pena spendere.

Ossia con la gestione partecipata dei cittadini alle gestione dei lavori pubblici (per lo meno di gran parte di essi) si crea un sistema virtuoso di spese poiché in tal modo i lavori pubblici vengono gestiti come se fossero interventi privati (ad esempio all’interno del cortile di un condominio)

Ricordiamo che i cittadini nel sistema qui descritto sono incentivati a risparmiare poiché il denaro risparmiato sulla manutenzione del territorio (rispetto a quello che sarebbe speso dalla PA) può essere – in parte – utilizzato da essi per effettuare interventi “costruttivi” (come quelli intrapresi con il Placemaking).

La virtuosità nel sistema della modalità partecipata della gestione dei lavori pubblici risiede quindi nel fatto che i cittadini verificano l’effettiva necessità di effettuare il lavoro. E quindi essi seguono l’evoluzione dei lavori in tutti gli step: dall’assegnazione del lavoro, all’evoluzione degli interventi.

In questo modo i cittadini sono in grado di comprendere dove il fornitore è manchevole, dove si sono utilizzati materiali sbagliati, dove i costi sono eccessivi, ecc …

Si ricorda che in tale modalità è previsto un Albo delle imprese co-gestito dai cittadini il quale rivela, tra le altre cose, la corretta reputazione di ogni impresa.

Un altro elemento di virtuosità è legato al fatto che nel nuovo scenario emerge il volontariato, poiché in tal caso i cittadini, essendo responsabilizzati rispetto alle spese, possono decidere di intervenire direttamente sul territorio. Ciò è molto evidente per lavori di manutenzione del verde o del Placemaking (creazione di spazi attrezzati sul suolo pubblico).

Si noti infatti che molti cittadini sono anche professionisti qualificati per le mansioni che devono essere utilizzate in tale tipo di lavori. E che, in ogni caso, si può benissimo creare un sistema di certificazioni “soft” per cittadini che vogliano operare in tali mansioni.

Il recupero del Volontarismo è un fattore determinante per il miglioramento degli interventi sul territorio (prestazioni gratuite, forniture di materiali a prezzo di costo, ecc…) poiché con esso si recuperano forme di convivenza tradizionali che aumentano il senso di appartenenza al luogo, e quindi si recupera il senso di responsabilità nei confronti del bene pubblico. Sostanzialmente in tale modalità si modifica radicalmente lo scenario del quartiere, e si recupera la modalità della attività conviviali (ad esempio, nelle domeniche, con le attività di manutenzione di un parco, con l’organizzazione di banchetti, ecc …).

■ Open Public Works (Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici)

Come si è detto più volte, per poter funzionare le nuove soluzioni qui descritte devono trovar posto in un contesto profondamente rinnovato. Non necessariamente in un contesto di nuove Leggi: tali soluzioni sono concepite in modo da poter funzionare già nel contesto legislativo attuale. Ma soluzioni sostanzialmente innovative per poter funzionare al meglio devono poter operare in uno scenario innovato in molti dei suoi aspetti.

Per quanto riguarda i Lavori pubblici partecipati sarebbe opportuno che ci si dotasse di un sistema come l’Open Public Works qui delineato, il quale da un lato ● introduca una partecipazione fattiva, aprendo i lavori pubblici alla partecipazione effettiva dei cittadini (vedi più avanti il progetto Open PA), e dall’altro ● offra soluzioni di monitoring come un Albo locale degli esecutori dei lavori pubblici ed un Registro delle Opere pubbliche.

Ovviamente si tratta di un servizio che deve essere gestito da “terzi” rispetto alla Pubblica Amministrazione (altrimenti si ricade nel caso del controllato che controlla se stesso).

A questo proposito dobbiamo ricordare che l’unico fine dei Lavori pubblici è la soddisfazione dei bisogni dei cittadini (quando esistono altre finalità, come spesso accade, è perché si crea un sistema perverso per soddisfare quegli “interessi di parte” che rendono il sistema delle PA economicamente fallimentare e inefficace). E dobbiamo quindi anche considerare che meglio di chiunque altro sono i detentori dei bisogni, i cittadini, che sono in grado di valutare la qualità dei lavori pubblici (l’andamento dei cantieri, la gestione delle Opere pubbliche, ecc …).

E non dobbiamo dimenticare una questione fondamentale: sono i cittadini che mettono i soldi per sostenere i lavori pubblici, per cui meglio di chiunque altro, saranno interessati a controllare le spese.

Ovvero, per poter avere un sistema di Lavori pubblici sostanzialmente efficiente, in una Democrazia, è necessario che i cittadini:

1) possano accedere a tutte le informazioni necessarie per valutare la qualità dei lavori pubblici in progetto o in cantiere (e, già nella fase di emissione del bando, valutare l’effettiva necessità dell’opera).

I cittadini in questo modo possono effettivamente bloccare progetti che essi ritengono essere inutili o dannosi: anche se essi non dovessero disporre di un potere decisionale, la documentazione che sono in questo modo in grado di produrre relativamente ad ogni opera mette la P.A. in condizione di non poter insistere nella loro realizzazione. Ma in questo modo è possibile anche bloccare lavori già iniziati, quando si possano provare irregolarità, o si ha un parere decisamente negativo da parte dei cittadini (ad esempio se si stanno abbattendo piante secolari).

2) e che possano intervenire con critiche e proposte.

Ossia (a) organizzare gruppi di studio che producono relazioni circostanziate. Creare dibattiti online, ed organizzarsi per esprimere le loro opinioni in proposito, denunciare eventuali abusi, ecc …

Ed anche (b) intervenire con loro proposte alternative (idee, progetti, ecc….).

Ciò di cui si parla è, sostanzialmente, un insieme di elementi come – tra le altre cose – un Registro delle Opere pubbliche ed un Albo online degli esecutori dei lavori pubblici che costituiscono una sorta di Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici che permette di avere un efficace monitoraggio di quanto avviene ai vari livelli del settore dei Lavori pubblici (responsabilità delle decisioni politiche a monte, qualità dei progetti e delle esecuzioni, regolarità dei contratti, ecc …).

Si tratta, in primo luogo, dell’organizzazione di dati che le PA sono tenute a pubblicare (Open Data), nei quali ogni cittadino può trovare tutte le informazioni necessarie in forma comprensibile e ri-utilizzabile.

[Si vedano le funzionalità dell’Iniziativa di IRDB denominata Spending Review partecipata]

I cittadini devono cioè poter accedere a qualsiasi dato relativo all’intero processo dalle decisioni iniziali alla gestione delle opere – ubicate nella propria zona – in progetto, in costruzione o già attive. E con appositi strumenti (come quelli delineati nel progetto IRDB) essere in grado di effettuare analisi minuziose, e comparare il progetto ed i lavori con quelli di altre opere (anche di altre località).

Si tenga conto dell’esistenza di nuove tecnologie che aumentano di molto la possibilità di ricevere informazioni a proposito di un’opera, come la “realtà informata” (ovvero la possibilità di leggere online dati aggiuntivi a quelli riportati sui sintetici cartelli appesi all’ingresso dei cantieri semplicemente puntando il proprio SmarPhone sul cartello).

Dati che sono non solo di per sé esaustivi, ma che sono anche corredate da analisi di gruppi di cittadini che analizzano progetti e lavori (assieme ad esperti di vari settori – si ricorda l’esistenza di network di supporto a livello nazionale ed internazionale).

Questo Osservatorio partecipato dei Lavori pubblici definisce una dimensione realmente partecipata, poiché, appunto, i cittadini possono qui non solo intervenire in modalità “critica”, ma anche intervenire in modalità progettuale. Ciò grazie a strumenti di progettazione partecipata (vedi progetto IRDB) con i quali essi possono proporre varianti o progetti alternativi.

Ciò vale, ovviamente, solo per i progetti ancora in progetto (o nelle prima fasi di realizzazione). Ma il sistema è comunque utile perché esso ha un notevole un effetto deterrente per le Amministrazioni, poiché in questo caso ogni persona coinvolta nel progetto ci mette la faccia (ed i cittadini, grazie al sistema di informazioni esaustive legate all’opera, possono individuare nei dettagli gli interventi dei vari politici o funzionari coinvolti nell’opera).

  1. Ovvero tale sistema costringe in qualche modo politici e funzionari ad operare in modo virtuoso ..

Si deve considerare, come si illustra in altro punto, che una reale amministrazione partecipata prevede una partecipazione dei cittadini ad ogni fase dei lavori pubblici. Ovvero in questo caso i cittadini devono poter dire la loro anche a proposito della scelta delle ditte appaltatrice.

  1. i Cittadini costituiscono un complemento importate alla Commissione esaminatrice

  2. Le opinioni dei Cittadini in questo caso sarebbero di gran peso, poiché ai dibattiti su opere specifiche si possono allegare Sondaggi online (facilmente trasformabili in documenti cartacei dal valore legale, da presentare agli Enti pubblici – il Sito presenta infatti un sistema per convocare, in caso di necessità, tutti i firmatari online in luoghi di raccolta firme).

(+) URBANISTICA PARTECIPATA E SOCIAL HOUSING

Uno dei settori nei quali è necessario intervenire per poter creare una Democrazia realmente partecipata è quello dell’urbanistica. Un settore oggi gestito dall’alto in una modalità di ingegneria sociale nella quale si pretende, appunto, di “calare dall’alto” soluzioni con le quali si ha la presunzione di migliorare la vita dei cittadini (come nelle Utopie, che sono, appunto, il contrario della Democrazia reale, partecipata).

Il fatto è che la Democrazia è, per definizione, un regime nel quale sono cittadini a decidere cosa possa essere fatto per loro. Ovvero la Democrazia funziona solo quando è una Democrazia partecipata: ovvero quando i cittadini non dicono più, a proposito di una opera pubblica, “stanno facendo”, ma dicono ”stiamo facendo” (ad esempio, stiamo sistemando un giardino o una scuola; o stiamo costruendo un nuovo centro di incontro).

In altre parole in una reale Democrazia i cittadini in qualche modo:

1) partecipano alle decisioni relative al territorio, e quindi contribuiscono a deliberare in materia, ad esempio, di piani regolatori.

2) partecipano in qualche modo ai lavori relativi alle opere pubbliche, in una modalità che permette non solo di ottenere un notevole risparmio di denaro, ma anche un miglior funzionamento delle strutture (una qualità fondamentale prodotta da questa modalità .è la responsabilizzazione delle persone nei confronti dei beni pubblici – ciò è vero anche, come si vede più avanti, nel caso del Social housing).

[] Urbanistica partecipata

  1. OK

  1. vedi – lb-irdb-solut®_UrbanisticaPartecipata

( c’è testo originale della Scheda del sito, in Indice ragionato )

( abstract )

Urbanistica Partecipata è una iniziativa di Iniziativa Riforma dal Basso (basata sugli strumenti di Open Government Platform) che permette ai Cittadini di partecipare alle attività della Amministrazione pubblica relative all’Urbanistica.

L’Iniziativa Urbanistica Partecipata è finalizzata al contempo ad ● una riduzione delle spese ed ● a un miglioramento della qualità degli interventi sul territorio da parte della PA. Ovvero è finalizzata ad una reale sostenibilità del sistema urbano – anche con l’integrazione di piani di Mobilità/Viabilità illustrati in altro punto – che possa produrre un effettivo miglioramento della qualità della vita all’interno della città.

La piattaforma Web di IRDB in questo caso offre ai cittadini vari strumenti che permettono ad essi di analizzare i Progetti istituzionali di urbanistica, e di progettare nuove soluzioni di urbanistica e nuove opere pubbliche, di analizzare Piani regolatori (ed intervenire con modifiche), ecc … (e, possibilmente, anche dei piani di Mobilità/Viabilità).

Alcuni degli importanti vantaggi: riduzione delle spese grazie alla maggior efficienza amministrativa della modalità di Urbanistica partecipata (risparmio che può essere ancora maggiore se si adottano le funzionalità, opzionali, di Spending review partecipata, con la quale è possibile individuare molte spese superflue: con una piccola parte del denaro risparmiato i Cittadini possono proporre soluzioni urbanistiche alternative di grande utilità sociale) – minor impatto ambientale – maggior rispondenza degli interventi di Urbanistica rispetto alle reali necessità della cittadinanza – ecc …

la necessità di applicare un nuovo paradigma

Attuare un programma di Urbanistica Partecipata significa, in primo luogo, definire un nuovo paradigma di struttura e servizi della città, quando sino ad ora, a livello istituzionale, si è solamente cercato di implementare nelle Amministrazioni nuovi strumenti di pianificazione senza modificare, alla base, i modelli su cui si basano i vari processi.

Si tratta cioè in primo luogo di

effettuare una radicale innovazione
di modelli e processi di gestione della Città

(ed anche delle pratices da parte dei Cittadini).

Ma, si noti, pur trattandosi di un cambiamento radicale, non si tratta di un problema per le forze politiche, le quali possono invece trarre da questo cambiamento notevoli vantaggi.

E’ vero che è necessario che le forze politiche abbraccino, in parte, una nuova mentalità per poter trarre benefici (e non danni) da tale cambiamento. Ma è pur vero che esse, nella attuale condizione di crisi, stanno andando incontro ad un fallimento elettorale (le forze politiche emerse negli ultimissimi anni come una “come nuova” stanno ora rischiando di perdere consenso elettorale poiché non sono in grado di migliorare effettivamente la qualità della vita urbana).

Si noti si tratta di una operazione di “sviluppo delle comunità” all’interno della città – come il Placemaking, descritto in altro punto – che, grazie al coinvolgimento dei cittadini negli interventi urbanistici locali, permette di sviluppare nuovamente il senso di appartenenza al territorio, e quindi il senso di responsabilità nei confronti delle strutture e dei servizi pubblici.

il percorso di sviluppo dell’Urbanistica partecipata

L’Urbanistica partecipata si realizza con l’apertura della Pubblica amministrazione alla partecipazione dei cittadini nei vari processi di amministrazione: nella nuova modalità i cittadini partecipano alle decisioni generali (es.: Piani di intervento) ed alle decisioni più specifiche (ad esempio riguardo all’attuazione di opere specifiche all’interno del Quartiere).

L’Innovazione dal basso è l’unica modalità efficace e sostenibile di innovazione del settore pubblico.

poiché solo i cittadini – che sono i detentori dei bisogni che la struttura pubblica urbana è chiamata a soddisfare – sono in grado di produrre un notevole miglioramento della qualità degli interventi sul territorio. Si tratta dell’unica forma di innovazione (riforma) realmente utile e sostenibile: la sostenibilità deriva dal fatto che i cittadini in questo caso non solo progettano le soluzioni (infrastrutture, piani regolatori, ecc …) a loro misura; ma anche dal fatto che essi, in tale modalità, divengono i co-gestori di tali opere.

la necessità di definire nuovi modelli di sviluppo della Città

Il fallimento delle azioni di innovazione delle città è dovuto al fatto che sino ad ora si è cercato di tamponare” i problemi senza cercare di cambiare a monte il modello della città (questa è, appunto, la causa degli attuali problemi).

Ovvero

per poter intraprendere un percorso di effettiva innovazione del sistema urbano è necessario dotarsi di una nuova Vision della città

(un nuovo scenario ed i processi specifici che si svilupperanno in essi).

Questa nuova concezione della Città deve portare ad individuare sia nuovi processi delle Amministrazione, sia nuove pratices dei cittadini. Pratices legate a nuovi stili di vita, come quelli indicati (in modo peraltro piuttosto ideologico) del Movimento della Decrescita felice; si tratta delle pratices emergenti – vedi i nuovi trend che rappresentano una nuova interpretazione della Sussidiarietà, come il crowd-sourcing.

Piano regolatore decentrato e partecipato

E’ importante considerare come oggi la pianificazione del territorio sia considerata essere un qualcosa da esperti, dimenticandosi in questo modo che tale pianificazione riguarda in primo luogo – direttamente – gli interessi dei cittadini per ciò che concerne la sistemazione del loro territorio (questioni di impatto ambientale, logistica, ecc …). Ed in questo caso i migliori esperti sono proprio loro, gli utenti del territorio.

Si ricorda che, come illustrato nel documento “Verso una Democrazia diretta”, gli esperti professionali possono essere utilizzati dai cittadini in modo migliore di come vengono utilizzati dalle Istituzioni.

E’ doveroso inoltre ricordare che oggi il piano regolatore viene considerato essere – a livello demagogico – uno strumento per difendere in qualche modo i diritti dei cittadini (ad esempio la tutela del paesaggio).

Ma in tale interpretazione non si tiene conto del fatto che attribuire ad un amministratore pubblico il potere di trasformare un terreno da agricolo in edificabile (di aumentare per legge, di molto, il prezzo di mercato di un terreno) significa dare ad esso un potere enorme. Un potere che permette, appunto, alle Pubbliche amministrazioni di organizzare scambio di favori (ma molto spesso anche ottenere vantaggi nei quali si configurano chiaramente reati) con i proprietari dei terreni.

Ovvero ciò che va compreso è che l’attuale gestione dei Piani regolatori non è che una forma di speculazione edilizia gestita in prima persona dalla PA.

In un contesto di Participatory Urban Planning, ovviamente, le Istituzioni governative (ad esempio il Comune) devono comunque intervenire per garantire che non si ledano diritti di altre aree della città. In questa dimensione ogni azione locale deve cioè ottenere l’autorizzazione istituzionale; ma questa autorizzazione è subordinata unicamente all’aderenza del piano locale alle regole generali della città (che devono in ogni caso essere sviluppate in modalità partecipata), e non ad interessi dall’alto.

Ovvero in un contesto di Participatory Urban Planning i cittadini possono più che altro limitare ulteriormente i limiti del Master Plan. In questo caso si ha infatti, più che un vero Piano definito a priori, un sistema dinamico basato su strumenti di deliberazione dei cittadini (definito caso per caso) i quali possono impedire la costruzione di opere che ritengano danneggiare la cittadinanza.

Un esempio: gli abitanti del quartiere potrebbero limitare l’altezza di un edificio in regola con le regole cittadine, ma che porterebbe ombra ad un importante spazio verde del Quartiere.

I Participatory Urban Planning portano un notevole vantaggio per la Città, poiché essi producono una responsabilizzazione dei cittadini rispetto a questioni vitali come, ad esempio, il verde e la sicurezza ambientale (ad esempio per la prevenzione esondazione fiumi). La soluzione di tali problematiche avviene infatti, in tale dimensione, con maggior cognizione di causa.

Questa maggior cognizione di causa deriva dal fatto che non solo le persone che concepiscono le soluzioni in questo caso sono quelle che vivono quotidianamente le problematiche (si noti che spesso si tratta di esperti dei vari settori implicati nel caso). Ma anche dal fatto che ai gruppi di lavoro di progettazione possono partecipare anche abitanti storici che hanno una memoria di eventi catastrofici che diviene una risorsa fondamentale, ad esempio, per preparare piani di sicurezza per il territorio (tali contributi non possono essere raccolti da indagini progettuali istituzionali di dimensione maggiore).

Si noti che questo limitato potere legislativo può essere dalle istituzioni, ma può anche essere esercitato in modo non-istituzionale dai cittadini. Ovvero i cittadini possono trovare accordi per regolare delle aree del loro Quartiere, a prescindere da una effettiva delega dei poteri concessa dalle Istituzioni (es.: dal Comune).

Ciò può avvenire nello sviluppo del citato Placemaking: i cittadini che accedono a certi spazi possono aderire contrattualmente a regolamenti specifici da essi definiti(che limitano i regolamenti comunali – può trattarsi di orari e modalità di utilizzo, ecc..).

  1. alcune caratteristiche del progetto di urbanistica partecipata

SUSTAINABLE SOCIAL HOUSING (sussidiato e partecipato) / Sustainable Living

  1. OK

  1. vedi – lb-irdb-solut®_UrbanisticaPartecipata

  1. “There is growing recognition that urban sustainability will only gain traction if widespread applications are also incorporated into self-help and do-it-yourself housing construction and home improvements, especially those that address lower-income housing markets.” (“Sustainable housing applications and policies for low-income self-build” Esther Sullivan , Peter M. Ward)

  2. // Il sustainable .. è .. … un … metodo .. (è integrato .. a … unito a Urbanistica partecipata)

Il Social housing (o Edilizia popolare) di oggi è concepito come una forma di “ingegneria sociale” molto simile a quella adottata nei paesi del Socialismo reale, il cui approccio contraddice i principi della Democrazia (o, se volgiamo, della Democrazia partecipata) poiché si basa su interventi sul territorio urbani totalmente ideati e gestiti dall’alto (da una classe politica che si ritiene essere “illuminata” la quale pensa di sapere “cosa è meglio per gli altri”). Con il risultato che oggi abbiamo sotto gli occhi: non solo di sprechi di denaro per la costruzione e la manutenzione degli edifici, ma anche scarsa efficienza delle strutture, bassa qualità della vita per i residenti, ecc …

Si noti che gli interventi di “Edilizia popolare” in Italia non sono molto differenti dagli interventi di Ingegneria sociali di edilizia abitativa praticati in passato in Unione Sovietica ed ancora oggi in Cina, dove lo Stato-Partito intendendo plasmare la società secondo modelli ideologici utilizza tali interventi per indurre nelle persone il modello di vita cittadino passivo nei confronti dello Stato e del Consumo.

Ovvero in tali interventi invece di comunità di persone (che si organizzano in sistemi Democratici, ossia in modalità partecipata), si creano delle non-comunità, dei quartieri “di masse passive” dove l’individuo diviene un ● cittadino “politicamente” passivo, poichè non essendoci in tale strutture urbane alcuno strumento di government ed amministrazione partecipata, esso è costretto a subire passivamente il government dall’alto (e le Istituzioni non sono in grado di cogliere i reali bisogni delle persone). E il cittadino diviene ● un consumatore passivo del Mercato di massa: è costretto, non disponendo esso di strumenti che gli garantiscano un minimo di autosufficienza (come quelli previsti, ad esempio, nelle iniziative di “decrescita” sostenibile – vedi documento “Decrescita sostenibile”) a pagare salate bollette “non-ecologiche”, a spendere molto denaro per la manutenzione della casa e degli accessori (non progettati per una modalità di auto-manutenzione), a consumare, secondo il modello del consumismo spinto, prodotti che potrebbe auto-produrre (anche solo disponendo di un orto minimo).

In ultima analisi, nella attuale dimensione di Edilizia popolare si perde l’occasione di creare una reale Urbanizzazione sostenibile creando da zero sistemi partecipati grazie ai quali i residenti possono dall’inizio creare strutture a propria misura. E quindi – grazie anche alla auto-responsabilizzazione dei cittadini che si produce in un sistema di tale genere – gestire in modo partecipato la comunità residenziale. Cose che portano, appunto, al risultato di sostenibilità dell’insediamento urbano (economicità di costruzione e di gestione, efficienza di infrastrutture ed efficacia dei servizi, buona qualità della vita, ecc…).

Nel progetto IRDB è anche definita una iniziativa per i senzatetto: un villaggio auto-sostenibile che è modellato sulla falsariga del progetto Sustainable Social Housing.

un nuovo modello di urbanizzazione

Con l’Urbanizzazione sostenibile qui delineata si va oltre al Social Housing, all’ediliza popolare: questa diviene infatti l’occasione

per creare parti di Città sostenibile (Sustainable Smart City) che,
per quanto piccole,
DIVENGONO IL MODELLO VIRALE CHE PERMETTE
DI DIFFONDERE UNA NUOVA CULTURA DELL’URBANIZZAZIONE
(e della riqualificazione delle aree della città)
ANCHE PER L’EDILIZIA PRIVATA.

Il punto fondamentale di un piano di “affordable/susteinable housing” è che grazie ad esso diviene possibile: ● responsabilizzare i residenti rispetto alle questioni di gestione della loro abitazione e del sistema sociale nella quale è essa inserita (grazie anche alle strutture di government ultra-locale ed amministrazione partecipati); ed è anche possibile ● rendere i residenti competenti rispetto “al fare”: i cittadini, in un tale contesto massimamente aperto a forme di auto-costruzione ed auto-manutenzione, supportati da reti di solidarietà, imparano ad intervenire in prima persona (spesso in cooperazione con altre persone) sulle questioni di gestione della abitazione e del territorio (per lo meno in compartecipazione con le PA).

Gli strumenti adottati possono essere non solo quelli più tradizionali come l’affitto a riscatto (che è in grado di rendere accessibile l’acquisto dell’appartamento anche ai meno abbienti), e strutture di amministrazione partecipata, che permettono, appunto, di abbassare notevolmente sia i costi diretti dei residenti, sia il carico sociale dell’insediamento urbano (ad esempio con un monitoraggio diretto da parte dei residenti degli interventi di manutenzione sulle strade, illuminazione pubblica, ecc …) [vedi documenti “Comunità urbane auto-gestite” e, in “Verso la Democrazia diretta”, la sezione … “Government ed amministrazione nelle Comunità urbane auto-gestite”].

Ma per definire una reale innovazione – che sia in grado di migliorare non solo l’aspetto economico del Social housing, ma anche di garantire un effettivo miglioramento della qualità della vita – si tratta, a monte di tutto, di individuare modelli di housing radicalmente diversi da quelli attuali. Ossia, come si è detto, si tratta di immaginare uno scenario radicalmente innovato di vita urbana (e quindi, in base ad esso, concepire un nuovo modo di concepire ed organizzare la città).

Si tratta, appunto, di definire

uno scenario di reale partecipazione dei cittadini alle decisioni ed all’amministrazione del territorio sul quale vivono

(ovviamente è necessario prevedere, per la fase iniziale, una progettazione partecipata in cui sono coinvolti anche i cittadini preesistenti nell’area).

Uno scenario che è possibile realizzare grazie non solo a

nuovi strumenti politico/amministrativi (strumenti di partecipazione come quelle delineati in IRDB); ma anche ad

una innovazione “tecnica” delle modalità di costruzione e tecnologie utilizzate (a questo aspetto è dedicato gran parte del progetto).

Quest’ultima è sviluppata, ad esempio, con l’utilizzo di moduli abitativi di auto-costruzione flessibili che hanno permesso in molte parti del mondo di creare quartieri residenziali che non hanno nulla da individuare alle villette delle periferie degli USA (come è per esperienze simili, i residenti frequentano corsi che li rendono competenti sulle questioni di costruzione e manutenzione dell’abitazione e delle infrastrutture sul territorio ). E con l’utilizzo di sistemi abitativi nei quali la manutenzione e parte della gestione delle risorse può essere effettuata direttamente dai residenti: produzione di energia alternativa, gestione delle infrastrutture pubbliche (come manutenzione e pulizia delle strade, manutenzione giardini) ecc ….

Si tenga conto che .gli strumenti di cui si parla permettono interventi diretti degli abitanti per la semplicità d’uso dei dispositivi utilizzati (nati per una auto-manutenzione, dalle caldaiette agli impianti tecnici più complessi dell’edificio).

Per comprendere l’economicità del sistema abitativo qui prospettato, si deve appunto tenere conto che esso è anche per lo più basato su un investimento (nella costruzione e nella gestione dell’abitazione) non di denaro, ma del proprio tempo: ciò diviene funzionale alla dimensione attuale caratterizzata della scarsa occupazione lavorativa (e scarsità di denaro) delle famiglie che hanno effettivamente bisogno di ricorrere all’”edilizia popolare”.

Il Sistema di affordable Social housing qui prospettato è ovviamente integrato con la soluzione Urbanistica partecipata – illustrata in precedenza – nella quale i residenti divengono responsabili dei vari interventi sul territorio (ad esempio, di modifiche locali della viabilità, di progettazione partecipata di spazi pubblici, di co-organizzazione della gestione dei rifiuti, ecc …).

la diffusione virale del nuovo modello

Si crea in questo modo, come si detto, un esempio di riferimento anche per l’edilizia privata, che finisce quindi per seguire un modello virtuoso che produce spontaneamente minori costi di acquisto e di gestione dell’abitazione, e una miglior qualità della vita sul territorio (su tale modello possono essere definite, in generale, nuove policy dello sviluppo e la riqualificazione delle aree urbane – vedi anche le iniziative di Placemaking).

Vedi l’esempio di Non-profit Housing Development di Coachella Valley Housing Coalition “dedicated to helping low and very low-income families improve their living conditions through advocacy, research, construction, and operation of housing and community development projects” [https://www.kcet.org/shows/departures/on-the-rise-self-help-housing-families-building-their-own-homes]

il percorso di sviluppo del Sustainable social housing

( cosa si propone ) una iniziativa bi-partisan …

Ciò che si propone qui è una soluzione bi-partisan, – perché caratterizzata dalle qualità obiettivamente riscontrabili (facilmente percepibili già in fase di progetto) – che soddisfi tanto i sostenitori dello Stato sociale (che vedono in primo luogo la necessità di occuparsi di “chi non ce la fa”), sia i sostenitori della Libera iniziativa (i quali abbiano comunque l’intenzione di intervenire laddove vi sia una reale necessità che il cittadino proprio non è in grado di soddisfare da sé i propri bisogni).

La differenza tra le due posizioni può sembrare minima, ma in realtà

● nel primo caso (quello adottato oggi nella Socialdemocrazia europea) l’ideologia socialista che è alla base porta alla creazione di sistema di copertura universale e totale (“dalla culla alla tomba”, per qualsiasi bisogno “sociale”) nel quale osi pera esclusivamente dall’alto. Cosa che produce, appunto, i problemi attuali di deresponsabilizzazione sia degli operatori (sono inseriti in un sistema per nulla meritocratico che toglie ad essi qualsiasi stimolo a migliorare) e degli utenti (che si abituano all’idea “tanto ci pensa lo Stato”; e sono afflitti dalla sindrome del pagare alla romana: “tanto alla fine il conto è distribuito su tutti, e quindi mi conviene consumare il più possibile”).

E da tali problemi intrinseci al Welfare di Stato derivano i danni che affliggono oggi la società europea: sprechi di denaro (e fallimento economico delle Nazioni), scarsa efficacia dei servizi, bassa qualità della vita, ecc …

(si noti che il sistema dei servizi social-democratico ha in sé il grave handicap , dovuto al fatto che esso si basa sul pagamento dei servizi attraverso il “ciclo delle tasse”, che produce un spreco di denaro a causa, tra le altre cose, dei costi di tale gestione del flusso di denaro, che sono di almeno superiori del 50% di quelli che sono i costi di gestione diretta dei “lavori pubblici” locali da parte dei cittadini del quartiere – vedi documento “Politica 2.0: un Programma politico”).

Mentre

● nel secondo caso, rinunciando all’impostazione dell’assistenza totale, è possibile definire

un modello radicalmente differente di “Edilizia popolare”
nel quale, con una modalità sussidiata di Social housing,
i cittadini (che hanno un reale bisogno di una abitazione)
MANTENGONO I VANTAGGI DEL SISTEMA ATTUALE
(ricevono una abitazione
ad un costo per essi assolutamente abbordabile),
MA CONTEMPORANEAMENTE OTTENGONO MOLTI ALTRI VANTAGGI

– come vediamo nei prossimi paragrafi – come i vantaggi derivanti nel fatto di divenire proprietari degli appartamenti (si ricorda che i prezzi di questa tipologia di abitazione sono irrisori rispetto a quelli delle tipologie abitative tradizionali, ed i residenti possono divenire proprietari dell’appartamento pagando per pochi anni un basso affitto), di avere una drastica riduzione dei costi di gestione dell’abitazione (bollette, spese di manutenzione della casa e dei dispositivi in essa presenti, spese “di condominio”, ecc …), e di ottenere una qualità della vita più elevata di quella garantita dall’attuale Social housing.

  1. // forse no // Si tenga conto che la forma di Social housing qui prospettata riduce anche il costo sociale dell’insediamento.

In tale forma di Social housing sussidiato si mettono ● a disposizione dei residenti strumenti per la costruzione e la gestione della casa ma anche ● strumenti per la gestione politico/amministrativa della comunità con i quali vi è la possibilità di definire (in modalità partecipata con le istituzioni) piani di intervento sulle parti pubbliche (comuni) dell’insediamento (vedi in precedenza il progetto di Urbanistica partecipata)

ALCUNE QUALITÀ DEL SUSTAINABLE SOCIAL HOUSING PARTECIPATO

As Martha Thorne recently told the Guardian, “It’s not enough to make community space and say, ‘People are going to see each other’… Architects really have to understand the context from the client – the cultural context, to the bigger context, to the economics, to the future of the residents who’ll live there.”1

Si vuole portare l’attenzione su alcune qualità del sistema di Social housing qui introdotto, che lo rendono drasticamente differente dai sistemi sinora adottati a livello istituzionale.

La differenza sostanziale risiede nel fatto che in questa nuova modalità, pur mantenendosi in essa il proposito del Social housing attuale – di produrre un sistema che permetta a chi ha realmente bisogno, di accedere ad una abitazione – si ribalta l’approccio che prevede una pianificazione dall’alto nei dettagli le caratteristiche dell’insediamento (operando forme di ingegneria sociale che necessitano di ingenti finanziamenti).

Ovvero

1) si approccia la questione con i principi della Democrazia partecipata, applicando già nelle fasi iniziali (di progettazione) una partecipazione della cittadinanza al progetto (dei futuri residenti dell’insediamento, e dei residenti dell’area nella quale si inserisce l’insediamento di SH).

2) si offre un sistema flessibile e che può essere modellato in funzione dei bisogni specifici dei residenti (non solo inizialmente, ma anche durante l’utilizzo delle strutture edilizie).

Nel nuovo approccio, cioè, vi è una effettiva partecipazione di quella della cittadinanza in qualche modo toccata dal progetto, per cui invece di creare teorie a monte e quindi tentare di adattare le persone a tali idee, al contrario si parte direttamente progettando assieme ai futuri residenti la realtà in cui essi dovranno vivere creando le idee in modo partecipato sul campo.

In questo modo si ottiene una realtà abitativa realmente sostenibile, a misura d’uomo (a misura delle persone specifiche che vanno ad abitare l’insediamento) risolvendo così le problematiche insite nell’attuale sistema di SH totalmente gestito dall’alto (Corviale, Zen, Secondigliano, Pruitt-Igoe di St Louis, Villaggio olimpico di Torino, ecc…), di interventi “illuminati” che producono una realtà decisamente poco “a misura d’uomo” (sia dal punto prettamente ergonomico, che da quello della governabilità) proprio perché mancano di una dimensione partecipata (sviluppata già dall’inizio).

I problemi del Social Housing attuale sono:

incapacità di creare (nel breve periodo) un senso di comunità – con la conseguente mancanza di senso di appartenenza al quartiere – che, unitamente alla impossibilità di intervenire direttamente sulle questioni di ordine pubblico, produce, tra gli altri, problemi di ordine sociale.

costi eccessivi per la società e per gli utenti a causa della citata mancanza di una progettazione mirata ad una reale sostenibilità.

scarsa qualità della vita: l’idea di agire in modalità di “Design sociale” (una progettazione a tavolino da parte di Architetti “illuminati”), produce una mancanza di attenzione ergonomica a causa della quale si definiscono abitazioni e ambiente sociale tutt’altro che a misura d’uomo: si producono modelli abitativi che i residenti non trovano funzionali alle loro esigenze; ed ambienti sociali nei quali essi non riescono ad integrarsi.

la necessità di creare una vera comunità

Il nuovo approccio qui delineato consiste, sostanzialmente, in un intervento che favorisce la nascita di un senso di comunità, cosa che si ottiene quando le persone sono coinvolte in una forma di “colonizzazione” del territorio nella quale essi possono organizzare spazi e strutture in funzione delle proprie attitudini culturali (vedi anche iniziative di Placemaking in precedenza)

Si noti come le testimonianze provenienti da esperienze come quelle di Coachella Valley Housing Coalition e, in Londra, dell’iniziativa in Waltham Forest di John Struthers e di quella definita “Walters Way”, emerga come il senso di comunità nasca proprio nella fase iniziale di co-progettazione e di partecipazione diretta ai lavori di costruzione delle abitazioni (modalità di costruzione sviluppata nella modalità solidale, comunitaria tipica delle comunità tradizionali).

  1. // sospeso lettura // ciò vale anche per chi si insedia in una comunità già attiva .. l’integrazione avviene solo se dall’inio ..

Per poter ottenere un insediamento in grado di funzionare realmente come una comunità umana, è necessario anche dotare esso di forme di government locale partecipato delle aree pubbliche.

  1. Una co-progettazione anche di tutte le infrastrutture … edilizia .. aree pubbliche … .. infrastrutture … .. creare strutture ludiche e di publbica utilità .. flessibile e auto-costruibile (e amntenibile) ed auto-governabile ..

i vantaggi del Social housing partecipato

Rispetto all’approccio attuale, nella forma di Sustainable Social housing qui descritta si ha:

  • 1) RESPONSABILIZZAZIONE dei residenti dispetto alle strutture ed alla comunità grazie ai seguenti fattori:

  • la proprietà delle abitazioni (e, se non la comproprietà, comunque la responsabilità diretta sulla gestione delle aree pubbliche).

Si noti che le modalità qui definite rendono l’acquisto della abitazione alla portata anche di persone dal reddito molto basso: ad esempio una abitazione con due camere da letto può costare effettivamente 20.000 € (che con un affitto a riscatto molto basso può essere acquistata in pochi anni).

  • un regime sussidiarietà, ovvero che non supporta in toto il residente, ma interviene unicamente solo laddove vi siano delle necessità che il residente prorpio non è in grado di soddisfare da sè (non vi è più un aiuto “a prescindere”, ma un supporto condizionato a precise realmente ineluttabili necessità che ).

  • 2) ANNULLAMENTO DELLE DISECONOMIE e aumento delle efficienze, grazie:

  • con il superamento della attuale forma di assistenzialità totale si produce, appunto, una responsabilizzazione dei residenti che porta alla creazione di importanti economie (in primo luogo con un interessamento con cognizione di causa delle problematiche della propria abitazione2 ed un interessamento diretto all’amministrazione ed al government del territorio). In questo modo si inducono – grazie anche a strumenti di amministrazione partecipata e ad una strutturazione delle strutture in modalità di self-manteinance – forme di gestione accorta delle spese che rende realmente sostenibile l’insediamento (non vi è più la necessità di intervenire dall’esterno con supporti finanziari).

Il concetto di fondo è quello della cultura cinese (ripreso da Mao): se vuoi fare nutrire ad una persona, non regalargli il pesce, ma insegnagli a pescare (nel progetto sono appunto inseriti i corsi necessari).

  • un sistema fondato su una economia caratterizzate da una drastica riduzione del fattore denaro per ciò che concerne costruzione, manutenzione e servizi tradizionali. Ciò è possibile non solo grazie alle scelte progettuali, ma anche a nuove forme di policy sociali basate sulla solidarietà.

Nelle scelte progettuali si consideri che ● i costi dei materiali sono irrisori; inoltre ● tutto è progettato secondo i criteri della auto-costruzione (supportata in modo da rendere ogni fase alla portata di qualsiasi bricoleur – e per le parti più complesse si ricorre ad alcuni corsi, come avviene in altre parti del mondo).

Ma ciò che risulta essere determinante è anche l’implementazione nel sistema delle nuove policy sociali della solidarietà, con le quali è possibile, come avveniva nella tradizione, svolgere i lavori “in comunità” (in termini moderni: con team di persone nelle quali si uniscono competenze). Queste policy sociali emergenti permettono anche di tornare alle modalità di vita tradizionali nella quali, tra le altre cose, non vi è la necessità si spendere denaro per il caretaking degli anziani (ciò è possibile, ad esempio, grazie alla modularità degli alloggi che possono essere adattati per ospitare un parente anziano; o con strutture di “retirement community”, comunità di anziani in gran parte autosufficienti che eliminano il problema della badante e di costo pensionati.

  • risparmi “indiretti” realizzate grazie alla disponibilità di risorse “produttive” legate alle necessità di vita quotidiana che permettono di ridurre i costi quotidiani della vita nell’insediamento (dalle forme di produzione alternativa di energia, alla possibilità di produrre cibo (leggi orti). Una delle riduzione delle spese è favorita da strumenti e strutture che favorisocno good pratices di approvvigionamento come quella dei gruppi di acquisto o di exchange (vedi soluzioni illustrate in altri punti).

  • l’impostazione della abitazione in modalità flessibile (evolvibile) che può essere modellata nel tempo in funzione del sopraggiungere di nuove esigenze (con spostamento pareti interne, possibili ampliamenti come nell’architettura tradizionale – Architettura organica), cosa che permette di ottenere vari tipi di economie.

Ad esempio, come si è visto in altre iniziative di SH, grazie alla possibilità di sviluppare in modo compiuto l’abitazione nel tempo, è possibile in modo da diluire nel tempo le spese. Ciò permette anche, come si è detto, di aggiungere una stanza per eventuale parente anziano, ed ottenere economie indiretta (risparmio su affitto e spese, drastica diminuzioni dei costi di caretaking, possibilità di tenere a casa i nipoti fuori dall’orario di scuola, ecc …) [vedi anche documento “Ampliamento sostenibile”].

il vantaggio di una Affordable and Sustainable Property

Uno dei fattori sui cui si basa un reale sostenibile Social Housing è la responsabilizzazione dei residenti nei confronti dei beni pubblici e privati e dei servizi dell’insediamento. E, tradizionalmente, la proprietà è la qualità dei beni (e delle azioni) che rende l’uomo responsabile verso di essi.

Nella Iniziativa di SH qui introdotta la proprietà degli appartamenti da parte dei residenti è infatti una delle caratteristiche di base: nel progetto di Affordagble and Sustainable Property si individuano modalità che permettono alle persone meno abbienti di divenire proprietari di una appartamento (ma anche di gestirlo in modo agevole, a costi molto bassi).

La proprietà dell’appartamento è resa possibile, tra le altre cose, da strumenti come forme di affitto a riscatto, l’estrema economicità dell’abitazione, ii bassi costi della vita offerti dalla comunità (che liberano denaro per l’acquisto dell’appartamento), e altro.

Ricordiamo che le abitazioni sono concepite per essere molto economiche, e per essere auto-costruite dalla comunità di residenti; e che che sono economiche nella gestione (manutenzione, consumi, ecc …) e che la vita sul territorio dell’insediamento è piuttosto economica grazie a forme di auto-produzione, consumismo 2.0, ecc …

La responsabilizzazione legata alla proprietà è in qualche modo estesa anche ai beni dell’insediamento (si .attribuiscono ai residenti per lo meno le responsabilità tipiche della proprietà rispetto ai “beni comuni”).

Si noti che questa responsabilizzazione dei residenti nei confronti dei “beni comuni” riduce i costi sociali dell’insediamento.

Ovviamente possono nascere … dubbi sulle modalità di attribuzione della proprietà, poiché si tratta di forme “facilitate” di acquisto che, tra le altre cose, potrebbero portare, in un regime di proprietà non vincolato, alla creazione di speculazioni .. vendendo l’appartamento che si è avuto ad un prezzo molto basso, il quale diviene molto appetibile una volta che si è percepita la qualità della vita del quartiere.

Vi sono però forme di proprietà reali (legalmente riconosciute) ma vincolate che possono risolvere il problema. Ad esempio, è possibile prevedere un meccanismo secondo il quale sia possibile divenire proprietari di una quota di una società – può essere una cooperativa – vincolando la cessione dell’appartamento a precise condizioni economiche (ad esempio la cifra in eccedenza può essere incamerata dalla cooperativa). Il fatto è che il proprietario dovrebbe avere il diritto di avere un “rimborso” di ciò che ha speso, e di ciò che ha “investito” con la propria opera (il lavoro che, nel tempo, ha impiegato per costruire la casa nelle sue componenti).

Inoltre, poichè l’insediamento è stato fondato sviluppando qualità di “comunità” (necessario per garantire sviluppo senso di appartenenza, e di forme di solidarietà spontanea), al momento della cessione di un appartamento la comunità dei residenti potrebbe riservarsi il diritto di scegliere chi subentra al residente originario.

—– puoi sospendere —

  1. alcune caratteristiche del progetto di Sustainable social housing

  2.  

(+) MOBILITÀ URBANA/TRASPORTI URBANI

  1. OK !

sustainable mobility … Intelligent Transport System

Ciò che interessa nelle policies 2.0 illustrate nel presente documento è, sostanzialmente, un miglioramento della qualità della vita urbana (un ridefinire una dimensione della città a misura d’uomo attraverso la creazione di strumenti di partecipazione che permettano ai cittadini di accedere ai processi di ideazione e gestione di strutture e servizi all’interno della città.

Ciò, come si è detto, è determinante nelle questioni di urbanistica, abbandonare l’approccio di gestione dall’alto tipico delle forme di “ingegneria sociale” (con le quali si pretende di migliorare la vita dei cittadini con soluzioni “calate dall’alto”; sostanzialmente come era nelle Utopie, e poi nelle Ideologie totalitarie).

Si deve tener conto che quella della Mobilità è un’area nella quale gli effetti della partecipazione dei cittadini sono particolarmente evidenti rispetto ad altri settori di government/amministrazione (si tratta di un inseme più dinamico, una dimensione di moving target nella quale le decisioni devono essere prese più di frequente).

Qui si propone

una Mobilità sostanzialmente rifondata alle radici la quale contribuisce, appunto, in modo determinante che contribuisce a definire una nuova dimensione della città.

Si propongono cioè qui iniziative e progetti di vario genere fondamentalmente basati su criteri di ● partecipazione: nel duplice aspetto di decisioni progettuali; e di gestione ordinaria del sistema (percorsi, orari, ecc …) grazie ad una forte flessibilità del sistema, che è definito per permette un alto livello di “personalizzazione” di trasporti pubblici e privati ● innovazione sostenibile nella quale si pone da un lato il focus sulle persone (le tecnologie tornano ad essere un mezzo per realizzare una reale qualità della vita); e si ricorre a tecnologie realmente sostenibili dal punto di vista economico (si utilizzano forme di sviluppo Open Source, sia per software che per hardware – e si utilizzano tecnologie low-tech ormai in molti casi più efficaci di quelle hi-tech). Molto importante: in tal modo si è in grado di riportare la “produzione” a livello locale, migliorando la situazione dell’occupazione (ciò vale per i micro-vehicle utilizzati nella soluzione LiteMotive).

Si delineano alcune soluzioni che nelle forme più evolute del progetto definiscono una innovazione radicale che prevede, appunto, non solo una sostanziale innovazione dei mezzi di trasporto pubblici e privati (vi è anche questo), ma anche un modo radicalmente nuovo di concepire lo spostarsi (ridefinisce le necessità dello spostarsi). Vedi doc “Mobilità URBANA 2.0: il nuovo futuro possibile”

(LitemMotive testo base)

( lite motive – abstract )

Il problema fondamentale della mobilità è che sino ad ora si è voluti intervenire senza cambiare il paradigma che è alla base del sistema: in questo modo si finisce immancabilmente per intervenire con la cultura e gli strumenti che hanno prodotto gli attuali problemi (ciò, in realtà, vale per ogni area della Democrazia europea, comprese governance, amministrazione, burocrazia trattate in altri punti)

Più nello specifico l’automobile nella attuale concezione – e l’attuale sistema di trasporti urbani di massa – sono intrinsecamente insostenibili (sono intrinsecamente fallimentari anche le alternative sinora concepite, come le “auto elettriche” prodotte dalla grandi Case Automobilistiche).

Ovvero gli attuali problemi della mobilità devono essere risolti a monte, partendo da un ripensamento sostanziale dei veicoli (pubblici e privati); e quindi della concezione dei modelli di mobilità (modalità degli spostamenti, ecc … ).

brief-flash

Nel progetto LiteMotive si parte, appunto, da una ridefinizione del concetto di Mobilità urbana che produce una innovazione radicale, ovvero produce

un Sistema di mobilità Mobility 2.0 realmente sostenibile,
ed attuabile in modo rapido ed economico.

Si tratta di una Mobilità

● nella quale si ridefiniscono le modalità di utilizzo dell’auto e dei mezzi pubblici, con il risultato di ottenere una vita sociale più sostenibile (si ripensa a monte, tra le altre cose, il concetto di “veicolo privato” e di “mezzo di trasporto”).

Ciò è possibile integrando nel progetto di Mobilità 2.0 le iniziative illustrate in altri punti, come quelle di Urbanistica partecipata, che contribuiscono a ridefinire il modello di Città.

● che è di immediata attuazione, poiché si basa su di un approccio di reale sostenibilità: di estrema economicità (pur mantenendo prestazioni superiori a quelle dei costosi e complessi sistemi di mezzi ed infrastrutture attuali) e di facile implementazione e gestione: una soluzione che può essere adottata nell’immediato anche dai singoli quartieri (e da piccoli centri urbani). E che presenta una forte compatibilità con infrastrutture e modalità attuali (e con l’attuale parco di veicoli pubblici e privati).

L’immediata attuazione della soluzione è dovuta alla prevista possibilità di implementazione progressiva, nella quale è possibile introdurre gradualmente le innovazioni dei vari aspetti della mobilità. Caratteristica che è dovuta, tra le altre cose, al fatto che nel sistema non sono sostanzialmente necessarie infrastrutture (esso si basa sostanzialmente su un sistema virtuale di gestione del traffico e di segnalazione fondato su modalità Peer to Peer, “distribuito” nei vari veicoli). Ed l’economicità del sistema è dovuta in gran parte alla scelta di tecnologie low-tech, oggi in grado di fornire risultati migliori delle tecnologie high-tech utilizzate nelle attuali super-sofisticate soluzioni di mobilità (ed anche all’adozione del nuovo trend dei Makers).

Uno dei vantaggi di questo approccio è che esso permette di portare la produzione degli elementi hardware e software a livello locale.

La forte innovatività della soluzione LiteMotive risiede, tra le altre cose, nella ridefinizione del concetto del mezzo di trasporto: si ottiene un sistema di Mobility 2.0 nel quale si sfuma il limite tra pubblico e privato. Una delle componenti di questo sistema è il Car Sharing 2.0 che propone una innovativa forma di utilizzo della vettura: la Personal Mobility, nella quale ● la vettura “personal” è integrata in un sistema di Car sharing evoluto con il quale si risolvono i problemi del car-sharing attuale (come quello di ridistribuzione della flotta, ricarica delle batterie, ecc …). ● E l’uso della vettura “personale” è integrato, senza soluzione di continuità, nell’uso del sistema dei mezzi pubblici.

  1. mobilità approfondimento (e regole per la mobilità)

SMART TRAFFIC MANAGEMENT SYSTEM

Una delle differenze peculiari di LiteMotive rispetto ai sistemi di Mobilità attualmente in via di implementazione è che questi ultimi sono concepiti come “grandi spese”: ciò significa che le Soluzioni oggi disponibili, allo stato attuale delle cose, sono totalmente insostenibili per le PA (anche le grandi metropoli non possono più permettersi di spendere quanto necessario per implementare tali sistemi).

LiteMotive può invece essere utilizzato oggi non solo dai grandi centri urbani, ma anche nelle cittadine più piccole fino ad ora tagliate fuori dalla possibilità di risolvere i loro problemi “di traffico” (si parla, ad esempio, i piccoli comuni con problemi di mobilità, come i centri turistici). Ma la “leggerezza” e la facilità di implementazione e di gestione di LiteMotive permettono un suo utilizzo anche solo in un singolo quartiere della città.

Smart Traffic Management System

LiteMotive è una soluzione di Mobilità 2.0 che si compone di un Sistema di gestione intelligente del traffico, e di linee di un Piano di Mobilità che, nell’insieme, rivoluzionano il modo di muoversi in città.

Lo Smart Traffic Management System, a differenza di quelli attualmente in auge (tutti perennemente in fase sperimentale perchè, di fatto, irrealizzabili per i costi realmente sostenibili), tra le altre cose: non necessità di infrastrutture (di segnaletica – le strutture informatiche sono minime, acquistabili in un qualsiasi negozio di informatica), non ha bisogno di competenze di alto livello (è alla portata di qualsiasi “tecnico informatico”), è in grado di gestire contemporaneamente il traffico delle micro-SmartVechicle e delle vetture tradizionali (dando la “precedenza” alle prime).

Tale Sistema permette di seguire percorsi urbani (ma anche dalla periferia al centro urbano, tramite le Green-way) nei quali si integrano, senza soluzione di continuità (Seameless Multimodal Mobility), l’uso di vetture “Personal” e automobili, e trasporti pubblici.

In sintesi [informazioni più dettagliate possono essere fornite in una fase successiva], il Sistema di gestione intelligente del traffico si compone di un “sistema informatico” di gestione del traffico (Advanced Traffic Management System) suddiviso in più livelli: di pertinenza della PA (in questo caso l’”Intelligenza generale” del sistema è strettamente integrata l’intelligenza dei singoli veicoli), sistemi “privati” (aziende come Supermercati che gestiscono loro sub-sistemi come parcheggi – tali sub-sistemi divengono parte integrante del sistema generale) e utenti (i device personali, vedi SmartPhones o Tablet, dotati di Apps ad hoc si integrano nel Sistema nella sua parte Peer2Peer).

In ogni caso nel Sistema di gestione intelligente del traffico vengono utilizzate:

  • componenti “consumer” (o, al massimo, apparecchiature professionali oggi presenti in qualsiasi piccola azienda), e

  • software Open Source (si prevede la creazione di una comunità Open Source a livello globale).

Lo Smart Traffic Management System, quindi non necessita di infrastrutture ad hoc (come è invece per le soluzioni attualmente in via di implementazione o progettazione); nè necessita di adattamenti delle infrastrutture per la circolazione preesistenti, basandosi LiteMotive su una infrastruttura virtuale di segnaletica: in esso elementi come stop, segnalazione limiti e divieti, semafori si leggono unicamente sui monitor del Veicolo.

( plus )

Alcuni dei vantaggi specifici dello Smart Traffic Management System:

economicità e rapida implementazione: non essendo necessario creare nuove infrastrutture o modificare elementi esistenti; non essendo necessarie particolari competenze; e consistendo la nuova infrastruttura virtuale in una normale rete di PC con annessi dispositivi Wi-Fi (e poco altro) – le autovetture tradizionali che viaggiano nelle aree dedicate alla micro-SmartVehicle sono compatibilizzate con dispositivi già attualmente utilizzati forniti o gratuitamente dalle assicurazioni, o dalle PA per gli accessi ai centri urbani (in LiteMotive si definisce una semplice evoluzione di tali dispositivi).

flessibilità del Sistema: lo Smart Traffic Management System: permette di modificare in continuazione le modalità di circolazione. Il Sistema permette di avere una estrema modularità delle tariffe in base a orari, comportamenti di guida, ecc …

Ma la modularità/scalabilità di implementazione (si può partire con una parte minima) permette al Sistema di essere facilmente evoluto nel tempo.

correttezza di guida il Sistema permette di ottenere un traffico realmente sicuro per occupanti della vettura e pedoni. Il Sistema è infatti in grado di rilevare i comportamenti delle vetture, e di penalizzare o incentivare automaticamente gli utenti (variando le prestazioni della vettura, e le tariffe applicate).

accessibilità anche da parte di Comuni molto piccoli: si pensi ai centri turistici: in questo caso essi possono ricevere i veicoli non utilizzati nei periodi delle festività nei centri urbani (i veicoli possono essere caricati rapidamente su bisarche (treni o camion), poiché si caricano da sé – la compattezza dei veicoli permette di caricarne molti per ogni bisarca).

LiteMotive: micro-vehicle e Car Share 2.0

Si tratta di una serie di soluzioni realmente sostenibili, con costi (di progettazione ed implementazione, e di gestione) alla portata di Città in grave crisi economica. Soluzioni realizzabili in tempi rapidi con risorse minime (sono sufficienti competenze ed infrastrutture presenti in qualsiasi cittadini di dimensioni medio-piccole).

Più nello specifico in LiteMotive si definisce una nuova generazione di soluzioni per Smart Cities in qualche modo legate alla Mobilità (vedi il documento “Smart approach 4 Smart Cities”) la cui peculiarità più generale è di risultare, di per sé, soluzioni di “real sustaninability” grazie, tra le altre cose, alle seguenti caratteristiche generali:

  • downsizing: SA4SC e LiteMotive sono soluzioni impostate in modo da ottenere un radicale downsizing dei progetti per le SmartCities (e Mobilità).

In questa modalità è possibile partire “dal piccolo” (vedi “Smart Small town”: è molto più facile partire per sviluppare una innovazione radicale dalle piccole cittadine di provincia).

  • indipendenza da ingenti finanziamenti: si tratta, appunto, di soluzioni dai costi estremamente bassi, rispetto a quelli delle attuali soluzioni di Mobilità (le quali, dipendendo da ingenti finanziamenti, sono ora in fase di stallo) che possono essere implementate con finanze, competenze e infrastrutture presenti in qualsiasi area di provincia.

Una delle caratteristiche che permettono a LiteMotive di essere facilmente e rapidamente implementato è, tra le altre cose, l’utilizzo di tecnologie non più hi-tech (dai costi insostenibili sia per l’acquisto che per la gestione dei sistemi), ma di tecnologie consumer (le quali, utilizzate nel modo corretto, sono oggi più “potenti di quelle avanzate).

Una delle qualità fondamentali di LiteMotive è, eliminando esso la necessità di porre l’attenzione sul reperimento di fondi e tecnologie, il permettere di concentrare l’attenzione sui reali bisogni del territorio (sui bisogni delle persone).

Ciò significa che con LiteMotive si ottiene, oltre ad un netto miglioramento della qualità della vita dei centri urbani, un recupero del consenso politico da parte delle Amministrazioni cittadine.

Un ulteriore vantaggio determinante: le soluzioni SA4SC e LiteMotive permettono di ottenere un rilancio dell’economica e dell’occupazione (partendo da ambiti locali).


1 http://www.archdaily.com/779899/when-designer-social-housing-goes-wrong-the-failures-of-winnipegs-center-village-project

2 Come è per esperienze simili, i residenti frequentano corsi che li rendono competenti sulle questioni di costruzione e manutenzione dell’abitazione e delle infrastrutture sul territorio

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