Orban contro Soros – Gli occhi della guerra
8 years ago
Open Society Initiative for Europe, una delle fondazioni-ombrello del miliardario Soros, non appena appresa la notizia dell’imminente votazione al parlamento ungherese, ha contrattaccato condannando l’iniziativa come una minaccia per “i valori europei”. Sempre secondo Buldioski infatti: “La democrazia e la libertà sono sempre più lontane dall’orizzonte degli interessi dell’Ungheria.” Ad aiutarci a inquadrare meglio l’opera dell’Open Society Initiative for Europe è un testo pubblicato dalla fondazione stessa (Reliable allies in the European Parliament), un fascicolo che riferisce i nomi di 226 deputati (su 751) ‘amici’ di Soros A rispondere per le rime al direttore dell’Open Society ci ha pensato Zoltan Kovacs, Segretario di Stato e portavoce del governo di Orban, che ha accusato le ong di non avere alcuna legittimità democratica: “In una democrazia la rappresentanza dovrebbe essere concessa dopo delle elezioni, non secondo la volontà delle potenze straniere.” E, in effetti, nelle Ong non risulta che si tengano elezioni per designare i loro funzionari. Le organizzazioni non governative presenti in Ungheria forniscono già una serie di documentazioni sull’origine dei loro fondi, ma secondo il governo non è abbastanza perché molto spesso la vera origine dei flussi di denaro rimane oscura. Orban, durante una trasmissione radiofonica nazionale del 24 febbraio, si è scagliato contro le ong: “L’Ungheria non può permettere che sul suo territorio agiscano organizzazioni che si muovono nell’ombra, non dichiarando da chi ricevono i finanziamenti e per quale ragione. Le ong che fanno capo a Soros hanno superato ogni limite: non possono incoraggiare i migranti a entrare nel nostro Paese, perché ciò vìola le nostre leggi.” Il miliardario di origine ungherese George Soros ha iniziato la sua opera di “beneficenza” durante la Guerra fredda finanziando i dissidenti che volevano ribellarsi (o che lui stesso spinse alla ribellione) contro il regime sovietico. Questa forma di “esportazione della democrazia” fa parte, storicamente, dell’attitudine degli Stati Uniti. A ricordarlo sono le più recenti campagne in Afghanistan, Iraq, e Libia, che tutto hanno portato in questi Paesi tranne la pace e la stabilità tanto promesse prima della loro invasione o del rovesciamento del regime che li governava. A tal proposito, fin dagli albori della sua candidatura, Trump ha promesso un progressivo disengagement dalle questioni internazionali e dai teatri di guerra del Medio Oriente, attitudine che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti. Non a George Soros però, che si oppone al nuovo presidente degli Stati Uniti in ogni modo, anche attraverso le recenti manifestazioni femministe anti-Trump, che è accusato di aver orchestrato. La battaglia della nuova amministrazione della Casa Bianca contro il magnate Soros ha dato coraggio a molti stati dell’europa centrale e orientale. Non solo all’Ungheria. Nenad Mircevski, fondatore del movimento macedone “Stop Operation Soros”, indaga da mesi sulle attività di Soros in Macedonia tenendo costantemente informato il parlamento. Anche in Romania, il leader del Partito Social-Democratico Liviu Dragnea,durante un’intervista di gennaio su Antena 3, disse: “Sono preoccupato delle azioni di Soros. Le fondazioni di quest’uomo operano sul territorio rumeno dagli anni ’90. E vi assicuro, non hanno fatto nulla di buono per il paese.”
Goran Buldioski, il direttore dell’