Se gli americani scoprono le zone grigie della politica – IlGiornale.it
9 years ago
Le manovre poco trasparenti dei partiti irritano un elettorato che si sente beffato
New York – La notte americana è sempre più buia, ma con qualche lampo improvviso. La tensione è molto forte e si riversa ormai sulle strade, diventa contestazione e si ritorce contro la politica, che urla o balbetta.
Almeno finora.
Gli americani si chiedono che razza di sistema sia quello delle loro primarie, se poi decidono le grandi compagnie finanziatrici e i funzionari di partito.
Scoprono che, come nella «Fattoria degli animali» di Orwell, tutti sono uguali ma alcuni più uguali degli altri perché hanno in tasca i super-delegates capaci di ribaltare il tavolo. Ed ecco spiegato perché Hillary Clinton di rimanere in testa al testardo Bernie Sanders, benché quest’ultimo la metta al tappeto, Stato dopo Stato. E poi vedono che le grandi aziende hanno speso miliardi nell’anti-pubblicità, quella in cui paghi per demolire l’avversario e non per mandare avanti il tuo.
Naturalmente la piramide che barcolla di più è quella di Trump che spera fra pochi giorni di rifarsi a New York. Tutti sperano di rifarsi a New York. Trump perché l’ha asfaltata di case popolari, Bernie Sanders perché viene dagli anfratti degli ebrei polacchi di Brooklyn, Hillary Clinton perché ha nella Grande Mela il suo seggio senatoriale e Ted Cruz perché sta organizzando i tumulti elettorali contro Trump in territorio nemico. Ma questi Orazi e Curiazi appaiono piuttosto incerti e barcollanti.
Questo è lo scenario di fronte al quale si trovano sia l’opinione pubblica, disorientata e anche irritata, che gli stati maggiori dei due partiti. Certo, la situazione dei democratici è meno drammatica perché Hillary Clinton ha dalla sua parte i finanziamenti delle grandi aziende e i quadri dirigenti del partito, in veste di super-delegati. La situazione nel GOP, il grande partito repubblicano, è invece drammatica perché si sono coagulati movimenti che non vogliono portare alcun candidato, ma soltanto sbarrare la strada a Trump. Questo è il motivo per cui spuntano da un giorno all’altro i nomi di possibili candidati fantasma, o candidati a loro insaputa, sui quali i dirigenti e i maggiorenti (e i finanziatori) stanno ragionando. Il primo di questi grandi nomi possibili è venuto fuori annunciato da un bel numero di articoli sui maggiori giornali e proprio ieri è caduto per decisione dello stesso interessato.
È il caso di Paul Ryan , meno che cinquantenne, di destra e però molto libertario, che per una serie di circostanze si è trovato presidente della Camera il 29 ottobre dello scorso anno e da questa posizione era stato considerato naturalmente sulla rampa di lancio verso l Presidenza. Ma Ryan, vistosi chiamare in campo, ha subito detto di no, ha negato di avere alcuna intenzione di candidarsi e ha fatto quanto possibile per tirarsi fuori dal ring. Almeno, è quello che scrive il Washington Post. Inutile chiedersi se questa smentita corrisponda a uno stato d’animo o a un calcolo. Il fatto è che se per caso Ryan accettasse di essere proposto alla Convention, potrebbe poi restare a mani vuote perché nessuno può garantirgli numeri certi. E anche una sconfitta come candidato presidenziale dell’ultimo momento gli taglierebbe le gambe.
Resta il fatto che la voce sia circolata, insieme ad altre e che tiri aria da coltelli in tasca. Prova ne sia che il candidato finora più controverso e danneggiato dagli scontri provocati anche da lui stesso, Donald Trump, improvvisamente emerge come un pacificatore dicendo che per lui andrebbe benissimo avere come vice il suo più feroce nemico interno, da lui umiliato e beffeggiato, Marco Rubio. Ma non soltanto: gli vanno bene adesso anche i governatori John Kasich e Scott Walker, che lo vedono come il fumo negli occhi. Sembra una corsa disperata «Oh sì, lui mi piace perché no?» alla ricerca di uno straccio di unità, senza la quale la candidatura è destinata a spegnersi come un lume di candela.
Per ora la politica è in stallo e la società americana altrettanto. L’antipolitica di cui Trump è stato finora il geniale e rustico interprete, serpeggia nella classe media che comprende i neri di successo, i latinos di successo ma anche i venditori di aspirapolveri e gli agenti immobiliari. Si sentono tutti poveri o impoveriti. Sanders ha facile gioco ad usare l’utopia socialista, così insolita in America: «Che razza di democrazia sarebbe questa, se l’uno per cento della popolazione possiede il novanta per cento della ricchezza?».
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