Né fascisti, né fanatici anti Ue. La verità sulla svolta polacca
9 years ago
Il voto contro Bruxelles è un rifiuto delle regole imposte dall’esterno, costante della storia nazionale
Il dato più clamoroso delle elezioni polacche, che hanno visto il trionfo del partito conservatore Diritto e Giustizia sui liberali di Piattaforma civica – che pure in otto anni di governo avevano portato a un aumento del Pil del 50% – è che la sinistra, socialista, veteromarxista o riformista che sia, è stata letteralmente spazzata via dal Sejm: per la prima volta nella storia, non avrà neppure un deputato.
In altre parole, a fronteggiarsi in Parlamento saranno solo i nazionalisti euroscettici capeggiati dal superstite dei gemelli Kaczynski, che formeranno il governo, e i centristi filoeuropei, incapaci di sostituire il loro carismatico leader Donald Tusk, che l’anno scorso è diventato presidente del Consiglio europeo.
Ma come è stato possibile che il più importante membro orientale della Ue, che più di tutti ha beneficiato dei fondi strutturali, abbia compiuto una simile svolta? Le ragioni sono tante, ma quella addotta più spesso, che Varsavia voglia seguire le orme autoritarie di Budapest, è la meno rilevante: basti dire che mentre l’ungherese Orbàn è ammiratore e amico di Putin, Kaczynski e la sua protetta Beata Szydlo, che dopo una carriera nell’ombra si appresta a diventare premier, sono tra gli europei più ostili alla Russia. A determinare il successo di Diritto e Giustizia, di tre punti superiore ai sondaggi, è stato un complesso di fattori che hanno interagito tra loro. Proviamo a esaminarli uno per uno.
1) La influenza ancora profonda di una Chiesa cattolica avversa alle novità, che vedeva in Piattaforma civica il partito che incoraggia il femminismo, favorisce i diritti dei gay e mina la compattezza della famiglia. I vescovi hanno appoggiato senza riserve – specie attraverso la potentissima radio Maria – Diritto e Giustizia. È significativo che la stessa Szydlo abbia un figlio seminarista.
2) La profonda spaccatura tra un Ovest del Paese ormai proiettato verso l’Europa, sempre più legato alla economia tedesca e con una disoccupazione quasi fisiologica, e un Est ancora in gran parte contadino, che ha un reddito pro capite nettamente più basso e perciò ha deciso di votare in massa per il partito che, invece del liberismo di Piattaforma civica, promette sussidi a pioggia, stipendi più alti e una finanza di marca populista.
3) La vertenza sull’obbligo di ospitare un certo numero di profughi siriani tra Bruxelles e i principali Paesi dell’ex patto di Varsavia: Kaczynski in persona li ha accusati di «portare malattie», e la gran massa dei polacchi, cittadini di un Paese che è stato sempre in prima linea nella lotta contro l’Impero Ottomano (fu il suo re Giovanni Sobieski a salvare Vienna dall’assedio dei Turchi nel 1683), si è istintivamente ribellata all’idea di una sia pur modesta, e inedita, «invasione» musulmana.
4) Il tradizionale spirito di indipendenza dei polacchi, reduci da quasi mezzo secolo di forzata sottomissione all’Urss, li ha portati, quasi inconsciamente, a paragonare Bruxelles a Mosca e a equiparare le direttive europee, specie se di ispirazione tedesca, agli ordini del Cremlino: di qui – soprattutto – è nato l’euroscetticismo di Kaczynski e dei suoi seguaci e la conseguente ondata di nazionalismo.
Tutto ciò non significa che la Polonia diventerà da un giorno all’altro una roccaforte dell’antieuropeismo con cui diventerà impossibile trattare. Diritto e Giustizia non farà nulla che pregiudichi i vantaggi che l’appartenenza alla Ue porta al Paese, a cominciare dal diritto per i suoi cittadini di andare a lavorare dove si guadagna di più. Ma è un altro segnale d’allarme sulla insofferenza che certe decisioni di Bruxelles possono creare, su una certa ineluttabilità del «contagio» populista che si avverte anche nell’Europa occidentale e che forse, in Polonia, ha trovato un terreno più fertile che altrove.
Né fascisti, né fanatici anti Ue. La verità sulla svolta polacca – IlGiornale.it.