7 minuti al giorno… oppure 3 ore a settimana? Realtà vs. demagogia
10 years ago
Primo fatto. Sta girando in Italia un testo teatrale di Stefano Massini, “Sette minuti”, che prende spunto da un episodio risalente al gennaio del 2012. In Francia le lavoratrici di un’azienda si trovano dinanzi alla proposta di ridurre di sette minuti la loro pausa, che in precedenza era di quindici. Inizialmente tutte sembrano orientate ad accettare la cosa (temevano di perdere il lavoro…)meno la “madre coraggio” interpretata da Ottavia Piccolo che, un po’ alla volta, smuove però le altre e apre un dibattito sui diritti, sui principi inderogabili, sul rapporto tra lavoro e capitale, sulle rivendicazioni proletarie e via dicendo.
Ovviamente in questo testo tanto ambizioso quanto superficiale non c’è nessuna considerazione sulle questioni vere che sarebbero dovute essere affrontate, a partire dal diritto a negoziare e dalla libertà contrattuale. Se ad esempio incarico uno studente universitario di dare lezioni a mio figlio in cambio di 15 euro, dopo un anno posso chiedergli – magari perché non ho soldi – se accetta di venire lo stesso a 12 euro? Nel caso mi dica di no, posso rivolgermi a un’altra persona? E, d’altra parte, chi ha detto che il primo accordo (15 euro all’ora) fosse giusto? Perché non 20 euro oppure 10 euro?
Gli economisti sanno che i prezzi (tutti) sono soggetti a fluttuazioni, ma non c’è bisogno di essere economisti per capire che gli uomini liberi hanno diritto di contrattare liberamente.
Secondo fatto. Nelle scorse ore è stata resa pubblica la notizia che in Ticino i 400 dipendenti della Agie Charmilles di Losone e tutti quelli del gruppo GF machining solutions dovranno lavorare gratuitamente tre ore in più alla settimana a partire da lunedì prossimo. Possono anche non condividere questa soluzione, ma in tal caso avranno una riduzione del salario pari al 7%.
Il nuovo franco, che dopo qualche anno di una politica monetaria artificiosa ha seguito il suo corso e si è naturalmente rafforzato nel cambio con l’euro, sta obbligando l’intera economia svizzera a rimettersi in sintonia con la realtà: orientando gli investimenti, ad esempio, dove sono davvero più produttivi. Dopo una fase in cui la Bns ha in qualche modo sovvenzionato alcuni settori, ora si torna con i piedi per terra.
Uno degli effetti è questo che si vede nel caso della Agie Charmilles, poiché è normale che quanto è successo finisca per ridimensionare gli stipendi orari di qualche settore.
In Svizzera come ovunque, i sindacati sono sindacati: e non stupisce che la loro reazione sia stata negativa. Ma secondo il Corriere del Ticino le rappresentanze interne avrebbero già avallato la proposta.
In sostanza, alcune volte il teatro è più vero e più veritiero della realtà. Altre volte, però, può essere solo un coacervo di chiacchiere e ideologia.