Lo Stato-mamma ci toglie i vizi ma anche le virtù – IlGiornale.it
9 years ago
Cosa dobbiamo mangiare e fumare e, in generale, come dobbiamo gestire la nostra vita e prenderci cura della salute: è questa, in definitiva, l’ultima frontiera dell’interventismo di Stato.
Un progetto di politica «terapeutica» che ha preso le mosse dal Nord America e che trova sempre più spazio anche nelle legislazioni europee. Grazie a una ricerca dell’Institute of Economic Affairs e di Epicenter (un gruppo di think-tank promosso dall’Istituto Bruno Leoni e da altre organizzazioni in Spagna, Francia, Lituania, Svezia e Regno Unito) ora disponiamo anche di una mappa che ci permette di comprendere quanto lontano gli europei si sono già spinti lungo questa strada.
Lo studio esamina una serie di beni di consumo (alcolici, cibo, bibite gasate, sigarette elettroniche e tabacco), valutando quanto essi siano tassati e regolati. Ne risulta un «2016 Nanny State Index» in cui l’Italia si piazza a metà classifica (diciassettesima su 28), mentre il Paese che meno interferisce nelle scelte individuali su cibo e fumo risulta essere la Repubblica Ceca, che fa meglio anche di Germania, Lussemburgo e Olanda. La società in cui l’intervento paternalistico appare maggiore è la Finlandia, che ha imposte molto pesanti su alcolici, bibite, tabacco e cioccolato. Per giunta la legislazione finlandese proibisce le sigarette elettroniche e perfino gli happy hour. Sotto vari punti di vista, all’origine di questa crescente intrusione nella nostra vita, c’è il desiderio spesso sincero, anche nutrito di buone intenzioni di «salvarci» e impedirci di sbagliare.
La madre di tutti gli Stati paternalistici è certamente l’America del proibizionismo in materia di alcolici che, assecondando le richieste di organizzazioni fortemente motivate sul piano morale e religioso e dominate da logiche puritane, mise fuori legge il consumo dell’alcol e fece la fortuna di tante organizzazioni criminali: a partire dalla mafia. Quanti criticano tale legislazione lo fanno a partire dalla considerazione che tutto ciò è profondamente illiberale, dato che il comportamento di quanti bevono un po’ troppo o si nutrono male è, al massimo, in qualche modo autolesionistico, ma non violento. Come ha sottolineato Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni nel presentare la ricerca, cibo e fumo sono «settori in cui la tentazione di regolare e tassare per educare è sempre molto forte», ma questo mina alla base il rapporto tra libertà e proprietà. In una società aperta
ognuno dovrebbe poter sbagliare, se i suoi errori non comportano un’aggressione ad altri.
Chi vuole affrancarci con la forza dai nostri vizi, alla fine ci impedisce perfino di essere virtuosi. Per giunta, come già avvenne nel caso del proibizionismo statunitense, è discutibile che l’interventismo moralizzatore produca effetti rilevanti. I dati empirici, semmai, sembrano dire proprio il contrario.In Gran Breatagna, dove i forti oneri tributari (i maggiori in Europa) che Londra fa gravare sui consumatori di vino e sigarette, Christopher Snowdon dell’Iea ha evidenziato come non vi sia alcun legame tra la regolazione e le aspettative di vita, tra l’elevata tassazione su fumo o alcolici e la salute della popolazione. Esaminando un po’ nel dettaglio questa ricerca sull’Europa contemporanea, che studia le politiche del continente a partire da una prospettiva del tutto originale, risulta chiaro come da un lato talune cattive performance provengano da ragioni eminentemente fiscali: come nel caso delle elevate imposte in materia di cibo e alcol, in Ungheria, oppure sulle sigarette elettroniche, in Italia. Stati strutturalmente in deficit cercano denaro fresco dove possono e come possono.
È però anche vero che c’è ormai un «politicamente corretto» di origine statunitense davvero pervasivo e che, in altre circostanze, è la prima giustificazione di
questo perbenismo imposto dalle burocrazie pubbliche.
Il guaio è che, anche in società tradizionalmente piuttosto tolleranti, ormai ben pochi sono disposti a contrastare i luoghi comuni di quanti vogliono fare il nostro bene anche contro la nostra volontà. Il risultato è che nel Vecchio Continente si assiste nei fatti a una ferrea alleanza tra esattori e moralizzatori. Quello che ne risulta è un giacobinismo che non promette nulla di buono.
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