Lo shale gas causa terremoti – IlGiornale.it
9 years ago
Lo shale gas causa terremoti. È quanto accertato da uno studio dell’Usgs, il servizio geologico federale degli Stati Uniti. Il sistema dello shale gas, che consiste nella frantumazione di rocce nella profondità della terra per estrarre petrolio da bacini prima inaccessibili, è largamente praticato negli Usa, che con questa tecnica innovativa producono oggi 4 milioni di petrolio in più al giorno, riuscendo anche ad esportarlo, a differenza di prima. Lo shale-gas è estratto in diversi Stati Usa, ma soprattutto nell’area centrale (in particolare l’Oklaoma e il Kansas). In questa area, però, i tecnici dell’Usgs hanno documentato che «fra il 1973 e il 2008 ci sono stati in media 24 terremoti l’anno, di intensità pari o superiore ai 3 gradi della scala Mercalli […]. Dal 2009 al 2015 sono schizzati a 318 l’anno in media, con un picco di oltre mille nel 2015. Solo nei primi 2 mesi e mezzo del 2016 ce ne sono stati 226»
.
«I geologi statenutensi hanno individuato 21 aree in cui la sismicità è aumentata, anche se con intensità minore [rispetto a Kansas e Oklaoma ndr.]. Con l’eccezione del bacino di Bekken, fra Nebraska e Nord Dakota, in cui non si registrano terremoti, la mappa di queste aree si sovrappone quasi perfettamente con quello dello sfruttamento dello shale
».
A riportare i risultati dello studio dell’Usgs è stato Maurizio Ricci sulla Repubblica del 31 marzo.
Nota a margine. Frenato in Europa, lo shale gas rischia di essere causa di controversie anche negli Usa, soprattutto se questi sismi inizieranno ad aumentare di intensità e a causare vittime. Se anche negli Stati Uniti si giungesse a vietare tale pratica tante aziende che hanno investito miliardi di dollari nel nuovo businnes andrebbero in bancarotta, con effetti a catena nel sistema bancario che le ha finanziate. Inoltre verrebbe vanificato il sogno di alcuni influenti ambiti statunitensi, i quali immaginavano che l’America potesse sostituire la Russia nelle forniture energetiche di cui necessita l’Europa. Invece i Paesi arabi, il cui ruolo di maggiori produttori del mondo era stato indebolito da questa nuova industria, ne risulterebbero rafforzati. Detto questo, resta da capire se, qualora in futuro fosse bandita dall’Occidente, come sembra possibile, l’industria dello shale si ritirerà di buon ordine. Oppure se dislocherà i suoi rischiosi strumenti di morte altrove, in particolare nei Paesi poveri. In fondo se a morire sarà qualche negro non importerà nulla a nessuno. Già accade per altre imprese a rischio, che inquinano fiumi vitali per tante popolazioni povere o causano malattie che altrove sarebbero sanzionate. Ma è solo qualche esempio banale.