Doppia verità: Vizio di sinistra I Corriere della Sera
9 years ago
Dall' autodenuncia di Togliatti al voltafaccia sulla Lega
Ma allora e’ vero che il sonno della ragione, a sinistra, continua a generare mostri? Ha ragione l’ ambasciatore Sergio Romano quando, sull’ ultimo numero di Epoca, denuncia i due pesi e le due misure riservate dai progressisti ad amici e avversari?
E’ un dato di fatto che le intercettazioni telefoniche sono giudicate esemplari e giuste se a un capo del filo c’ e’ Craxi, mentre diventano un’ intollerabile intromissione nella vita privata se coinvolgono l’ ingegner De Benedetti?
Il dubbio e’ piu’ che lecito: per molti, anzi, una certezza. E allora il problema che si pone e’ triplice. Anzitutto: dove affonda le radici questa ideologia della doppia verita’ ? Poi: ammesso che si annidi nei cromosomi della sinistra, l’ altra parte ne e’ davvero immune? Infine: che speranza hanno i progressisti di conquistare l’ opinione pubblica moderata, se prima non riescono a sconfiggere gli integralisti al loro interno?
Risalire alle origini della malattia non sembra difficile a Lucio Colletti, che si dichiara “totalmente d’ accordo con Romano”. Spiega: “La doppia verita’ di sinistra era gia’ contenuta nell’ autodenuncia di Togliatti seguita al rapporto segreto di Krusciov. In omaggio ad essa, Togliatti si libero’ del vice segretario Secchia, allora addetto al compito delicatissimo e decisivo, per il Pci, di capo dell’ organizzazione. Si noti l’ importanza di quel che stava accadendo nel mondo: la repressione sovietica a Budapest. Ebbene, Togliatti arrivo’ ad ammettere che
nella cosiddetta via italiana al socialismo c’ era un elemento di radicale “doppiezza”.
La parola e’ da considerare assolutamente autentica, visto che proviene dalla casa madre”. Dunque, l’ambiguita’ di sinistra deriva dalla doppiezza togliattiana? “Per i leninisti la politica del Pci era morale, anzi era “la morale”: perche’ il Pci era portatore di un destino storico, quello di chiudere la lunga epoca della divisione in classi e approdare all’ avvento della societa’ comunista.
Questa concezione per cui la politica è la realizzazione dell’ etica
si e’ prolungata dagli anni ‘ 70 fino ad oggi, identificando i guasti della società italiana con quelli provocati dalla cosiddetta “questione morale“.
In breve:
i difetti della società non si correggerebbero modificando le istituzioni, la corruzione non si combatterebbe introducendo sistemi di garanzia e di controllo, bensì affidando il tutto agli uomini puri e buoni, cioè i comunisti stessi.
Conclusione: chi sta con i post comunisti, secondo questa visione, è nel regno del bene; gli altri piu’ che avversari sono nemici e appartengono al Maligno.
Come dire che la “doppia verita’ ” fa parte del codice genetico della sinistra“.
Parole dure, cui non si associa Giorgio Galli: “Tutto questo era vero in passato, adesso però si può applicare a chiunque. Non è un segreto che il Pci si sia comportato con doppiezza, ma ormai la regola vale anche per l’ altra parte. L’ imprenditore avversario è sempre demonizzato, l’ amico beatificato. Per questo la distinzione non riguarda destra e sinistra, bensì il prima e il dopo guerra fredda”.
Però, se la doppiezza coinvolge l’Italia intera, non c’è da stare allegri… “Siamo in una fase di transizione istituzionale . osserva Galli . e finchè non si realizzera’ un vero riassetto i politici continueranno a comportarsi così, non perchè siano tutti figli della cultura comunista. In generale direi anzi che la tendenza a mentire si è attenuata, distribuendosi equamente tra le parti”.
Angelo Panebianco non è d’ accordo nè con Colletti nè con Galli. “La tendenza a considerare una pagliuzza i propri difetti e una trave quelli altrui non può essere limitata ad alcuni. A sinistra però c’ è qualcosa di piu’: un grosso problema che è anche causa del suo isolamento.
Tende cioè a presentarsi come partito della moralita’, stabilendo che cosa è giusto e che cosa non lo è”.
Un peccato così diffuso? “Al senso della storia nessuno crede più, eppure è rimasto l’antico vizio, quello di sentirsi dalla parte della moralità. Ma è facile identificare i colpevoli. Sono gli intellettuali, gli stessi che ieri avevano chiamato la Lega “una congrega di fascisti”, e oggi, quando parla di secessione, applaudono D’Alema che la definisce “una costola del movimento operaio”.
Ricordiamo che durante la Seconda guerra mondiale Togliatti ha dovuto girare l’Europa per convincere i compagni che il nemico storico del Partito, il Nazismo, era un ottimo alleato.
In questa sicumera c’è la solita presunzione di moralità e il retaggio del marxismo”. Ma non esiste il modo di uscire dal circolo vizioso?
“Tutti gli intellettuali di sinistra, dai piu’ grandi ai piu’ piccini, non si sentono di contestare il mito della superiorita’ morale. E nei momenti cruciali hanno paura di parlare: chi di loro, ad esempio, ha osato denunciare l’uso vergognoso delle telefonate di Craxi da Hammamet? Nessuno: se ne sono rimasti zitti”.
Eppure, secondo Michele Salvati, non c’ è nulla di nuovo sotto il cielo: “Si parla di un atteggiamento mentale estraneo all’ essere di sinistra o destra. O meglio, comune ad entrambe: io lo definirei di opportunismo vetero italiota”. Insomma, si deve tornare alla denuncia del nostro antico vizio nazionale, l’opportunismo? “Nel senso che da noi si considera buono quel che è utile al momento. Atteggiamento vergognoso, d’accordo, ma come si fa ad attribuirlo soltanto alla sinistra? E poi chi è, in questo benedetto Paese, che non segue questa linea?”
(…)
Il problema non è quando questa è la mentalità di “privati cittadini”, ma quando è la linea seguita dai Politici e da Giudici.