Borghetto, il paese italiano dove i bimbi islamici hanno fatto festa per le stragi di Parigi – Italia – Libero Quotidiano
9 years ago
La sera degli attentati di Parigi c’erano dei bambini che festeggiavano lanciando mortaretti nei tombini e nelle fognature al grido di «Allah akbar», dio è grande. Ma se pensate che si tratti di giovani islamici che vivono in un quartiere di Gaza o in un sobborgo di Kabul vi sbagliate di grosso. Nossignori, quei piccoli in festa per le stragi jihadiste che hanno colpito il cuore dell’Europa stavano a Borgetto Lodigiano, un paesino di neanche 5mila anime in provincia di Lodi, ad appena 56 chilometri da Milano.
La segnalazione è arrivata a Libero ieri pomeriggio. Ed è stata confermata dal sindaco. In quel piccolo borgo lombardo i cittadini sono allo stremo anche perché oramai la situazione lì è al limite. «Siamo preoccupati», ammette infatti Giovanna Gargioni, sindaco leghista di Borgetto: «Il nostro Comune è aperto a tutti quelli che rispettano le leggi e vogliono integrarsi, questi però sono comportamenti imprescindibili per un vivere civile: chi non è disposto a stare alle regole da noi non è il benvenuto».
Già. E dire che in quel piccolo paese del lodigiano stranieri e immigrati ci hanno fatto casa. O meglio, se la sono presa senza chiedere a nessuno. Come è accaduto nei tre palazzi residenziali del centro, a neanche 300 metri dalla sede del Municipio: da anni lì ci vivono 52 famiglie, quasi tutte egiziane, quasi tutte provenienti da El-daqahliyya, una regione a nord del Cairo. In quegli edifici ci stanno illegalmente, manco a dirlo: non pagano le tasse, non sanno nemmeno cosa sia la Tari, la Tarsu o le rette scolastiche dei più piccoli, non hanno un contratto di locazione. Hanno preso possesso di quegli appartamenti qualche anno fa, quando quegli stabili sono rientrati in una procedura fallimentare. «Dovevano regolarizzarsi, non lo hanno mai fatto», racconta Gargioni, «nel 2013 è subentrato un custode egiziano e da allora le chiavi di quelle case sono passate di mano in mano: è difficile anche solo contarli».
Della serie: a Borghetto non sanno nemmeno in quanti ci vivono effettivamente in quel complesso residenziale in pieno centro. «Abbiamo fatto diverse ispezioni, ci risultano almeno 150 persone di cui 70 minori: ma poi non possiamo sapere chi entra e chi esce la sera». Senza contare che gli inquilini di quei palazzi sono tutti immigrati regolari, hanno un lavoro a tempo indeterminato, sono dipendenti di aziende italiane se non addirittura internazionali. Quindi potrebbero tranquillamente permettersi una sistemazione in regola. Eppure non lo fanno.
Quest’estate, poi, sono stati protagonisti di una maxi rissa che ha coinvolto 60 persone, una folla oceanica se paragonata alla popolazione di Borghetto. «Hanno iniziato le donne, noi eravamo increduli e non siamo riusciti a fare niente», chiosa Gargioni. In quell’occasione sono partiti i calci, i pugni, gli spintoni, addirittura le cinghiate, tanto che le autorità hanno dovuto chiudere il parco comunale per cercare di sedare gli animi. «Di problemi ce ne sono parecchi: spesso a terra c’è spazzatura a destra e a manca, i cittadini sono insofferenti. Ora la curatela fallimentare inizierà con i lavori di sgombero, l’amministrazione comunale ha fatto tutto quello che poteva», conclude il sindaco. E dieci giorni fa è arrivata l’ennesima provocazione: quei bambini esultanti mentre a Parigi i terroristi del Califfato nero sparavano nei teatri e nei caffè, uccidendo a caso.
«Siamo preoccupati, ma non siamo sorpresi», commenta Pietro Foroni, consigliere regionale e comunale del Carroccio proprio a Borghetto: «Purtroppo siamo abituati a queste scene: più volte abbiamo visto mussulmani che quando va bene non prendono le distanze dagli atti di terrorismo, mentre quando va male inneggiano alle stragi». Poi conclude: «Quella di Borghetto è una situazione particolare, ma che ci dimostra per l’ennesima volta che l’Islam moderato non esiste. La cittadinanza italiana si guadagna non solo col tempo, ma anche condividendo gli stessi valori della nostra società. E questo i giovani mussulmani spesso non lo fanno».
di Claudia Osmetti