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    Tetto al contante: un falso mito molto popolare – LeoniBlog

    9 years ago

    Il presidente del Consiglio ieri ha compiuto uno di quei gesti che lasciano senza parole i suoi avversari e il suo stesso partito. Ha annunciato che in legge di stabilità il governo eleverà il tetto all’uso del contante da mille a tremila euro. Non ha fatto solo l’annuncio, l’ha argomentato. Sapendo bene di affrontare un totem sacro al mantra della lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio dei capitali sporchi, ha toccato entrambi gli argomenti. Non credo che la lotta all’evasione si conduca più efficacemente vietando i contanti piuttosto che con le tecnologie dell’informazione e la piena tracciabilità dei pagamenti, ha detto. E ha aggiunto una frasetta che contiene un messaggio politico: basta con la lotta all’evasione impostata sul terrore, abbiamo bisogno di consumi e che chiunque possa pagare in contanti tremila euro non si senta più inibito a farlo, perché se il problema sono i controlli, abbiamo già altri strumenti per farli.

    Da un punto di vista liberale, per me merita un applauso. E il governo in realtà si era già impegnato nello scorso giugno in parlamento a farlo, con un ordine del giorno della maggioranza in cui esplicitamente si assumeva l’impegno a valutare l’innalzamento della soglia stabilita dal governo Monti, in parallelo all’avanzamento degli obblighi di fatturazione elettronica e di tracciabilità dei pagamenti. Ma una cosa è dirlo in un ordine del giorno, altra è assumersi direttamente la paternità di proporlo in legge di stabilità. E a questo punto la vera cosa da fare è spiegare pianamente perché si tratta di una decisione giusta, sapendo che le resistenze saranno fortissime, e con ogni probabilità fortissimamente gridate. Si accuserà infatti chiunque lo sostenga di essere evasore “amico di prostitute e spacciatori”, come mi ha gentilmente definito stamane a radio24 un sottufficiale della Guardia di Finanza.

    In Europa, il tetto a mille euro era condiviso dall’Italia e dal solo Portogallo, alla cui compagnia si è recentemente aggiunta la Francia, per equilibrare le proposte del ministro Macron che molto dispiacciono all’ala sinistra dei socialisti. Persino in Grecia il tetto è più alto, a 1500 euro. In Germania e Olanda non c’è mai stato. In Danimarca supera i 13mila euro. E’ ovvio che per un liberal-liberista come chi qui scrive, i limiti alle forme di pagamento siano ingiuste e improprie compressioni della libertà individuale. Ma il punto non è questo, perché di liberal-liberisti in Italia siamo pochi. Bisogna invece rispondere a chi è fortemente convinto che il tetto al contante sia una forma necessaria per arginare l’evasione.  Tre considerazioni, a questo proposito.

    La prima: chi difende il tetto dimentica che dal 2014 l’Agenzia delle Entrate ha cominciato ad entrare in possesso telematicamente entro il 20 aprile di ogni anno di tutti i nostri rendiconti relativi all’anno precedente. Rendiconti bancari, dei conti correnti e di deposito, deposito titoli, carte di credito e di debito, fondi comuni d’investimento, certificati di deposito, buoni fruttiferi, cassette di sicurezza, compravendita di metalli preziosi, e operazioni extra conto. L’Agenzia delle Entrate oggi sa tutti di noi. Al punto tale che, grazie a una normetta sciagurata approvata nella finanziaria per il 2005 presentata da Berlusconi, cominciò subito a fare accertamenti a lavoratori autonomi e professionisti che, prelevando contante, non erano in grado di documentarne al centesimo l’utilizzo e soprattutto i diretti beneficiari, presumendo che si trattasse di somme usate per pagamenti in nero e dunque equiparate a reddito o ricavi aggiuntivi, evasi e dunque da sanzionare fino al 50% delle somme in questione! C’è voluta una sentenza della Corte costituzionale, nell’ottobre 2014, per bloccare l’Agenzia dal considerare come pagamenti in nero sanzionabili i prelevamenti di contante effettuati da lavoratori autonomi senza indicazione del beneficiario. Gli strumenti telematici dunque esistono eccome, e stabilito dal 2015 l’obbligo per 2 milioni di imprese e professionisti alla fatturazione elettronica verso la PA, tale vincolo verrà nel tempo via via esteso a ogni forma di fatturazione. Siamo entrati appieno nell’era del grande fratello fiscale, altro che tetto ai contanti.

    Secondo: come spiegava bene ieri a radio24 alla versionedioscar il professor Raffaello Lupi, che insegna diritto tributario a Tor Vergata, in realtà i bassi limiti all’uso del contante ottengono un effetto paradossale, molto diverso da chi li concepisce come strumenti anti-evasione. Complicano la vita solo a chi si fa scrupolo di rispettare gli obblighi tributari, mentre gli evasori regolarmente se ne impipano. Se il lavoratore dipendente o il pensionato dovessero accogliere la proposta di un idraulico, o proporre all’idraulico stesso, di evitare fattura e IVA pagando in contanti, non sarà il tetto basso ex lege a fermarli. Nel caso di stranieri, russi arabi cinesi o chi volete voi, che nel loro tour in Italia vogliano comprare capi di moda o gioielli italiani fasci di banconote alla mano, gli obblighi di segnalazione all’Antiriciclaggio ottengono solo due effetti: o rinunciano all’acquisto e ci facciamo del male da soli, oppure il venditore evita la fattura, il pagamento è in nero, e il tetto basso al contante ottiene l’effetto di incentivare proprio l‘evasione contro la quale nasce.

    Terzo: usare di più la moneta elettronica è una battaglia di civiltà, ma passa per un’altra strada. Tra i paesi avanzati, l’Italia ha i più bassi tassi di regolazione dei pagamenti con moneta elettronica, e i più alti livelli di residenti senza conti bancari o postali. E’ chiaramente un segno di arretratezza. Ma deriva dalla bassa persistente cooperazione verticale e orizzontale di intermediari finanziari con imprese ed enti che offrono beni e servizi, e dalle ancora elevate spese di commissione che gli intermediari finanziari e i gestori dei sistemi di pagamento chiedono a chi si serve dei POS, per accettare pagamenti elettronici garantiti. La via per abbattere questi ostacoli è quella che abbassa il digital divide, stimola fiscalmente gli operatori a una cooperazione meno onerosa con i consumatori, spiana i residui ostacoli alla concorrenza, abbatte i rischi di truffa e frode che anche nei pagamenti elettronici esistono eccome. Il tetto al contante non c’entra nulla con tutto questo.

    Eppure, ne siamo certi, le polemiche ora avvamperanno. Ci sarà chi dice che questi sono argomenti “di destra” e “da evasori”. Ma il punto è invece tutt’altro. Liberarsi da inutili e controproducenti vessazioni è un passo avanti per un fisco meno basato su presunzioni teoriche di evasione, e finalmente più ancorato alla possibilità pratica di accertamenti basati su realtà fattuali. Non è questione di evasione, ma di civiltà.

    Tetto al contante: un falso mito molto popolare – LeoniBlog.