Certo che l’Italia è un Paese strano. Centinaia di migliaia di persone – forse addirittura un milione – si riuniscono in piazza per dire no all’ideologia gender e la notizia viene trattata con sufficienza, alla stregua di un fatto marginale, sebbene non fosse semplicemente una manifestazione cattolica contro il matrimonio tra omosessuali, ma un evento interreligioso che – fatto rarissimo – ha unito la Chiesa, l’Imam di Centocelle e il Rabbino capo di Roma.
Se così tante persone sentono il bisogno di esprimersi, proveniendo da ceti sociali che di solito non sfilano per le strade, significa che il disagio è profondo, reale. Per chi ha capito, davvero. Già perché il punto è che i fautori dell’ideologia gender sono abilissimi nel dissimulare le loro intenzioni. Cavalcano la battaglia per il riconoscimento dell’omosessualità – battaglia sacrosanta anche se in gran parte conclusa – per infiltrare nella società e innanzitutto nella scuola l’idea, aberrante, che la sessualità non sia innata ma frutto di condizionamenti culturali e che pertanto si possa decidere se essere o no gay.
Ho affrontato questo tema in un post che qualche settimana fa ha fatto rumore e che ripropongo oggi qui; ribadendo il mio convinto no all’ideologia gender. E’ una battaglia fondamentale non per negare i diritti dei gay e tanto meno per discriminarli (il passato non deve tornare) ma per scongiurare una pericolosa, assurda, folle manipolazione sociale, volta a inibire la propria naturale sessualità e la forma più ovvia, elementare, naturale di associazione tra umani: quella della famiglia con un padre e una madre. Una normalissima famiglia eterosessuale.
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Il coraggio di dire no al gender,